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6. Andrew, vieni?

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea Fadani
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffini
Leonardo, Floro, Floreani
Fabio, Langio, Langello
Giacomo, GiaLiga, Ligambi
Paolo, Masco, Mascolini


GALIENI'S POV

Mi stesi sul letto, senza forze, e affondai la testa sotto al cuscino: abbracciare Fada, vederlo in quelle condizioni e poi ignorarlo mi aveva distrutto ulteriormente. Non riuscii, di nuovo, a trattenere le lacrime, così mi abbandonai all'ennesimo pianto della giornata, fino ad addormentarmi, sfinito.

Mi svegliai quando sentii bussare alla porta, così: «Chi è?» chiesi, con la voce impastata dal sonno.

Sperai che non fosse Fada, non volevo vederlo, avevo paura di scoppiare a piangere non appena si fosse avvicinato e non avrei saputo cosa inventarmi per non rivelargli tutto.

«Sono io, posso?» rispose Roffo.

Tirai un sospiro di sollievo, mettendomi a sedere, poi gli dissi che poteva entrare; Roffo aprì la porta con un vassoio in mano: «Ti ho portato la cena».

«Grazie, ma non ho fame» mi lamentai.

«Guarda che Floro si offende, ha cucinato lui la pasta, con la "ricetta speciale di Masco"» ribatté, sorridendo.

Ridacchiai: «Ma è solo una pasta al pomodoro!».

Paolo, il fidanzato di Leonardo, si vantava sempre dei suoi spaghetti al sugo, decantati come i più buoni del mondo, e Floro li aveva denominati "pasta alla Masco" -dal suo cognome Mascolini- e gli aveva rubato la ricetta; in realtà, era soltanto una passata di pomodoro del supermercato versata su un piatto di spaghetti.

«Ssht, non farti sentire da Floro, ché poi ci resta male!» sussurrò, appoggiando il vassoio sul comodino e portandosi un dito sulle labbra.

«Grazie ancora, Matte» bisbigliai, facendogli spazio accanto a me.

Lui si sedette e mi aggiornò: «Gli ho detto che ti sei sentito male, Fada è molto preoccupato, mi ha informato Fabio che è rientrato da solo, poco prima di noi; il Lisu mi ha spiegato che avevano litigato e che sembrava geloso di me».

«Perché dovrebbe essere geloso?» domandai, confuso; non c'era motivo per cui Fada dovesse comportarsi in quel modo, quindi forse il Lisu si stava sbagliando.

«Non lo so, ma ha dato la stessa impressione anche a me» continuò Roffo.

«Non può essere, sa che è il mio migliore amico» ribattei, convinto: si stavano sicuramente sbagliando.

«Mi manca già, Roffo» aggiunsi poi, amareggiato.

«Lo so. Stasera che vuoi fare? Cambiamo stanza?» propose.

«No!» dissi subito, «Questa notte voglio provare».

«Vuoi dirglielo?!» chiese, sconvolto.

«No!» quasi urlai, «Voglio provare a stare solo con lui per vedere se riesco a passarci del tempo senza stare troppo male e senza che lui si accorga di ciò che provo; devo imparare a stare bene perché non posso perderlo».

Roffino annuì, poi prese di nuovo il vassoio e me lo mise sulle gambe: «Ora mangia qualcosa, dai».

Lo accontentai e presi qualche forchettata di spaghetti, sforzandomi per mandarla giù; non riuscii a mangiarne più di metà, ma Matteo non contestò e riportò le stoviglie sporche al piano di sotto.

Ormai erano le dieci, così decisi di prepararmi per andare a dormire: mi rinfrescai in bagno e indossai una t-shirt bianca sopra i boxer. Dopodiché presi il cellulare, respirai profondamente e composi un messaggio.

A: Andrea
Andrew, vieni?

Avevo deciso di scrivergli perché mi mancava e volevo vederlo, inoltre volevo chiedergli spiegazioni su ciò che era successo quel pomeriggio con gli altri e, dato che sapevo che si era preoccupato per me, volevo tranquillizzarlo.

Non passò neanche un minuto che sentii, di nuovo, bussare alla porta, ma non feci in tempo a rispondere ché Andrea era già entrato.

«Tutto bene?» domandò, allarmato.

Annuii: «Ora che ci sei tu, sì».

Mi maledissi per ciò che avevo appena detto, ma poi mi resi conto che spesso io e Fada ci parlavamo in quel modo, quindi, molto probabilmente, per lui non era così strano, infatti mi sorrise e si sedette accanto a me, afferrandomi la mano: «Ti senti meglio?».

«Sì, tranquillo» lo rassicurai, stringendo la sua un po' più forte, «mi ha detto Roffo che sei rientrato tardi e hai discusso con gli altri, cos'è successo?».

«Ero preoccupato per te, gli altri non mi capivano e non avevo voglia di stare con loro».

«In che senso non ti capivano?» indagai, perplesso.

«Ero sicuro che ti fosse successo qualcosa e loro continuavano a dire che in realtà non era niente, mi hanno fatto arrabbiare e me ne sono andato» raccontò, come se fosse la cosa più normale del mondo.

«In realtà hai già conosciuto una bella spagnola, vero?» scherzai, per evitare che mi chiedesse cosa fosse davvero successo.

«Beh, in effetti, la cameriera di un bar mi lanciava qualche occhiata» commentò, come se l'avesse appena realizzato.

Cercai di nascondere la gelosia che mi colpì bruscamente, così lo spinsi leggermente, ridacchiando: «Solitamente non te le fai scappare».

«Non mi importava affatto di lei, Lory» affermò, serio, «ero così preoccupato per te che a malapena me ne sono accorto».

Gli lasciai la mano e, non resistendo all'impulso di abbracciarlo, lo strinsi a me: «Scusami» mormorai.

Quello che mi aveva detto era tanto dolce e mi era piaciuto moltissimo, però realizzai subito che da parte sua era solo amicizia, quindi mi allontanai: «Ora dormiamo?» chiesi.

«Certo, vado a mettermi il pigiama» disse, alzandosi.

Afferrò una maglietta a caso nei cassetti e si diresse verso il bagno; tornò dopo pochi minuti con una canottiera grigia e un paio di boxer dello stesso colore. Dal tessuto si intravedevano i muscoli definiti ma non troppo, soprattutto nella schiena e nelle braccia, dovuti agli anni di nuoto in cui si era allenato molto; avevo sempre riconosciuto la sua bellezza, nonostante non fosse molto alto, ma soltanto in quel momento realizzai quanto mi piacesse davvero il suo corpo. Dovetti lottare contro me stesso per non osservarlo in ogni suo movimento: aver realizzato i miei sentimenti rendeva le cose molto più complicate e avevo paura che se ne sarebbe accorto. Si distese sul letto e io lo imitai, coprendomi, imbarazzato, col lenzuolo, e tenendomi il più vicino possibile alla sponda.

Non era la prima volta che io e Fada dormivamo nello stesso letto -anzi, capitava spesso-, ma quella sera tutto era diverso.

D'un tratto Andrea si avvicinò, arrampicandosi sulla mia spalla per lasciarmi un bacio umido sulla guancia: «Buonanotte» sussurrò poi al mio orecchio, facendomi rabbrividire.

Sperai non se ne fosse accorto: «Notte» ricambiai, col fiato sospeso.

Fada, fortunatamente, si allontanò, e calò il silenzio. Dopo pochi minuti sentii il suo respiro appesantirsi, così mi voltai verso di lui e lo contemplai mentre dormiva, con la bocca socchiusa e un ricciolo che gli ricadeva, delicato, sugli occhi. Non so quanto restai a guardarlo, finché non si mosse verso di me, appoggiando una mano sul mio fianco; era così vicino che sentivo il suo respiro caldo sul volto. Il mio cuore e il mio corpo mi suggerivano di annullare ogni distanza, ma la mia testa mi ricordava che potevo solo stare fermo, senza svegliarlo; cercai, quindi, di addormentarmi, tra la voglia di baciarlo e il dolore di non poterlo fare.

NdA
Ciao a tutti! Eccoci di nuovo qui. Ringraziamo ancora una volta chiunque abbia letto e chiunque abbia recensito, arrivando fino a qui. Continuate a farci conoscere le vostre opinioni, leggeremo e risponderemo con piacere!
Sofia e Luna

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