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5. Sangria

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea Fadani
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffini
Fabio, Langio, Langello
Giacomo, GiaLiga, Ligambi
Simone De Pisis

FADANI'S POV

Stavamo camminando sulla spiaggia per tornare a casa, quando sentii, dietro di me, il rumore dei sacchetti che cadevano sulla sabbia; mi voltai e vidi Lory pietrificato, che chiamò Roffo e lo guardò spaventato e con gli occhi lucidi, per poi correre via sulla riva. Stavo per inseguirlo, ma Matteo mi fermò con una mano sul petto, dicendo: «Vado io, lasciateci soli, vi raggiungiamo a casa».

Avrei voluto replicare, ma Roffino se n'era già andato da Lory, e il Lisu mi trascinava per un braccio; con la mano libera afferrai i sacchetti di Lorenzo e seguii i miei amici, imbronciato e preoccupato.

«Perché non potevo andarci io?» mi lamentai.

«Ha chiamato Matte, ci sarà un motivo» rispose Fabio.

Iniziai a pensare che forse Lorenzo non voleva condividere con me i suoi problemi; in effetti, sia sull'aereo, quando stavamo scegliendo come dividerci nelle camere, sia a casa, quando avevamo deciso di andare a fare la spesa, sembrava che il mio amico volesse evitarmi. Avrei dovuto scoprire cosa gli stava passando per la testa al più presto, perché non avevo intenzione di perderlo.

«Quando torneranno a casa, chiederemo spiegazioni» mi rassicurò il Lisu.

«Ma stava piangendo!» ribattei, arrabbiato.

«Ma smettila! Non è successo niente, avrai visto male, stai tranquillo, Lorenzo sta bene ora» contestò il Langio.

«No, non mi sono sbagliato, conoscete tutti i suoi problemi, e se stesse peggiorando di nuovo?» continuai, liberandomi dalla stretta di Andrea, «Io ci sono passato già, so meglio di voi come prendermi cura di lui!».

«Sei sicuro che sia solo il tuo migliore amico? Secondo me fate prima a fidanzarvi» sbottò Lisandri.

«Cos'è, sei geloso? Tu pensa a Simone ché a Lory ci penso io!».

«Guarda che Lorenzo è anche mio amico! Anche io ci sono stato in tutti questi anni».

Sapevo che il Lisu, come tutti gli altri, era stato accanto a Lorenzo in quel brutto periodo della sua vita, ma io e Lory avevamo condiviso ogni momento: la mia famiglia era anche la sua e viceversa, anche noi avevamo risentito di tutto ciò che era accaduto a loro, e io ero stato vicino al mio amico come mio padre era stato vicino a Jacopo -il padre di Lorenzo-; quindi nessuno poteva neanche pensare di essere stato presente nella loro vita quanto me e di aver sofferto insieme a loro quanto noi.

«Non quanto me!» replicai, alzando il tono della voce.

«Ragazzi, basta!» urlò Fabio, interrompendomi.

«Fanculo» sussurrai a denti stretti, allontanandomi e andando nella direzione opposta alla loro.

Le ultime cose che sentii dai miei amici furono il mio nome chiamato da Langello, e il Lisu che lo fermava, dicendo: «Lascialo perdere», per poi continuare verso casa.

Iniziai a girare a vuoto per le strade di Salou, a testa bassa, andando a finire contro svariate persone e non curandomi delle loro presunte imprecazioni in spagnolo. Ero sicuro di quello che avevo visto: negli occhi di Lorenzo non c'erano semplici lacrime, vi avevo letto la paura, e probabilmente adesso Lory stava piangendo tra le braccia di Matteo, facendosi rassicurare da lui, dopo avergli raccontato quale fosse il problema; avrei dovuto esserci io al suo posto, invece non conoscevo neanche il motivo del suo pianto improvviso.

Perché aveva preferito Matteo a me? Avevo fatto qualcosa di sbagliato senza saperlo?

Perché era scoppiato a piangere dal nulla? Era per caso colpa mia?

Perché non mi aveva rivolto nemmeno uno sguardo?

Lorenzo si comportava in modo strano nei miei confronti da quella stessa mattina: perché, se aveva qualche problema, non ne parlava direttamente con me?

Eravamo amici da sempre, poteva parlarmi di tutto e lo sapeva. Si era forse stufato della mia presenza? I sei anni di amicizia con Roffino avevano annullato i venti anni della nostra?

La testa cominciava a scoppiarmi, i pensieri erano troppi e mi assillavano; avevo voglia di piangere ma non potevo, mi sembrava una cosa stupida: quando ero piccolo, i miei genitori erano costantemente a lavoro e mio padre mi ripeteva sempre che un bambino coraggioso come me non avrebbe dovuto piangere per certe cose, quindi ero cresciuto con l'idea che per essere forte e potermi prendere cura degli altri non avrei dovuto tirar fuori una lacrima.

Entrai nel primo bar che incontrai e chiesi qualcosa di alcolico, nella speranza che capissero il mio linguaggio, misto tra italiano e spagnolo; fortunatamente fui subito accontentato e il barista mi porse un boccale di quella che sembrava Sangria. Pagai e mi sedetti su uno sgabello al bancone di legno, ignorando i sorrisi della cameriera che serviva i clienti ai tavoli, poi, in pochi minuti, finii la mia bevanda e uscii dal locale.

Decisi di rientrare a casa, nella speranza che Lorenzo e Matteo fossero tornati, così mi guardai intorno, cercando di capire dove fossi e quale direzione prendere; camminai per circa dieci minuti ma tornai al punto di partenza, così presi il telefono e inviai un messaggio a Giacomo, chiedendogli l'indirizzo della villetta. La risposta non tardò ad arrivare, presi un taxi e, in poco tempo e con pochi spiccioli, giunsi a destinazione. Entrando in casa, vidi il Lisu sporgersi dal cucinino e lo sentii dire sarcasticamente: «Sei tornato».

«Lory?» domandai, ignorandolo.

«Non c'è ancora» si intromise Floro.

«Dannazione!» imprecai, sbattendo i sacchetti sul tavolo; afferrai il cellulare dalla tasca e composi il numero di Lorenzo, che sapevo a memoria.

«Pronto?» sentii dall'altro capo, ma non era la voce che mi aspettavo.

«Matteo, dove siete? Dov'è Lorenzo? Come sta?» chiesi, agitato.

«Non ti preoccupare, stiamo arrivando» rispose.

Attaccai e andai in giardino, ignorando le domande degli altri ragazzi, e iniziai a ripercorrere il vialetto avanti e indietro, nervoso.

Perché aveva risposto Roffino al telefono di Lory? Stava così male da non poter parlare? O aveva visto che era il mio numero e non voleva rispondermi?

Perché Matteo non mi aveva detto se Lorenzo stava bene e cos'aveva?

«Che è successo?» domandò confuso Fabio, uscendo dalla porta e riportando i miei pensieri alla realtà.

«Stanno arrivando» lo informai, spazientito; Langello capì che volevo rimanere da solo, così annuì e tornò in casa.

A un certo punto sentii il cancelletto aprirsi, così mi voltai di scatto e vidi entrare Lorenzo e Matteo: il primo a testa bassa, dietro al secondo. Corsi verso di loro e strinsi Lory tra le braccia, forte sul mio petto; non feci neanche in tempo a godermi il suo profumo, ché Matteo gli afferrò la mano e me lo portò via, trascinandolo in casa.

Mi arrabbiai così tanto che li seguii di corsa e iniziai a urlare: «Cazzo fai, Roffini? Galieni, perché mi eviti?».

Lorenzo non mi degnò di uno sguardo e andò di sopra, così feci per seguirlo ma Roffino mi fermò: era la seconda volta quel giorno e non mi piaceva affatto.

«Che problemi hai, Matteo?» gridai, scansando il suo braccio.

Nel frattempo il resto del gruppo ci aveva raggiunti, richiamati dalle mie urla.

«Il problema ce l'ha Lorenzo, Fadani» rispose, secco, Matteo, «e, se ti calmi, vi spiego tutto».

Iniziai a preoccuparmi sul serio: avevo ragione, Lory stava davvero male, quindi mi zittii e incrociai le braccia al petto, aspettando che Roffino iniziasse a parlare.

«Ragazzi, non vi preoccupate, non è nulla di grave: prima Lory si è sentito male, ha chiamato me perché ero il più vicino e non voleva farvi preoccupare tutti, adesso sta meglio, ha solo bisogno di riposare» spiegò.

«Si è sentito male? Cosa aveva?» domandai, spaventato, «Un attacco di panico? Di nuovo?».

«No, gli girava un po' la testa e si sentiva svenire, deve aver scaricato l'ansia dell'aereo».

«Per fortuna non è niente di grave; Andrea, ti avevo detto che avevi visto male» sentenziò il Lisu.

«Certo, avete sempre ragione voi» sbottai, «ora vado da lui, o devo chiederti il permesso, Matteo?».

«Forse è meglio se lo lasci riposare, ho detto, intanto noi prepariamo la cena» propose.

Non avrei permesso a Matteo di darmi ordini su ciò che potevo fare o meno con Lorenzo, quindi mi avviai verso le scale, ma Giacomo mi prese per un polso: «Fada, ragiona un attimo, Lory ha bisogno di riposare, dopo cena potrai salire».

«Preparatevela da soli la cena» inveii, infastidito, poi mi gettai sul divano e rimasi lì, mentre gli altri si dirigevano verso il cucinino, con vari gesti di disapprovazione; li ignorai completamente, abbandonandomi a mille pensieri: niente di tutto quello mi convinceva.

NdA
Ciao! Siamo tornate con un nuovo capitolo, speriamo vi sia piaciuto, ne abbiamo molti altri in serbo per voi. Fateci sapere cosa ne pensate!
Sofia e Luna

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