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4. Il mare

Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea Fadani
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffini
Fabio, Langio, Langello
Giacomo, GiaLiga, Ligambi

GALIENI'S POV

Maledizione. Tutto ciò che non doveva succedere era successo. Ma come avrei potuto oppormi? Dopotutto, non era una situazione poi così spiacevole: la stessa stanza, il letto matrimoniale... Dovevo solo sperare di riuscire a controllarmi. Finii di sistemare i nostri indumenti e mi recai al piano di sotto, trovandovi i due Andrea distesi sul divano, l'uno sull'altro, a ridacchiare, e sentii lo stomaco contorcersi di fronte a quell'immagine; sperai che fosse solo fame, così: «Andiamo a fare la spesa!» dissi, interrompendoli.

«Andiamo io e te?» propose Fada, alzandosi di scatto alle mie parole.

Non volevo rimanere da solo con lui, così: «Certo! Chiamo gli altri» risposi, e, prima che potesse replicare: «Ragazzi!» urlai, «Andiamo tutti insieme a fare la spesa!».

Mi ritrovai, in un secondo, il Langio di fianco: «Ci sto, così compro anche dei vestiti!» esclamò, felice.

«Matte, vieni almeno tu!» urlai ancora; se fosse successo qualcosa con Fada avrei avuto bisogno di uno dei miei migliori amici, e il Lisu non sembrava molto propenso ad alzarsi da quel divano.

«Io non ti bastavo?» domandò Fadani, accigliato.

«Andrew, siamo stati insieme finora, adesso mi prendo un po' Roffo» ribattei, allungando il braccio intorno alle spalle di Matteo, che, nel frattempo, era arrivato in sala.

Questi mi stampò un bacio sulla guancia, trascinandomi fuori dalla casa, e sentii Fada lamentarsi: «Io starò col Lisu e il Langio, allora».

«Ma io non volevo venire» protestò il Lisu, mentre Fada lo costringeva ad alzarsi.

Quindi, tutti e cinque insieme, ci avviammo alla ricerca del centro di Salou. Il Langio tentò di chiedere informazioni a un passante, ma dovemmo arrangiarci con quel poco di spagnolo che sapevamo, in quanto avevamo incautamente lasciato Giacomo a casa; così ci ritrovammo a girare a vuoto per dieci minuti, finché non ci imbattemmo miracolosamente in un mercatino: eravamo su una strada lungo il mare, costeggiata da palme altissime e stracolma di persone e banchetti di ogni genere. A un tratto, Fabio corse verso una bancarella, urlando: «La mia valigia gialla!», così tutti ci girammo verso di lui, sconcertati, e lo trovammo ad abbracciarla; quando tornò da noi, felice del suo acquisto, riprendemmo a camminare, perdendoci tra gli odori e i colori del mercato.

Qualche ora più tardi, eravamo pieni di cibo e vestiti, così ci spostammo dalla folla per dirigerci sulla strada parallela e tornare a casa; ci ritrovammo a camminare sulla sabbia, evitando qua e là qualche turista disteso a prendere il sole del tardo pomeriggio. L'acqua era limpida e, osservando i suoi colori, non potei che pensare a tutte le sfumature di azzurro in cui ogni giorno annegavo guardando negli occhi di Andrea. Non potevo negare l'evidenza, ormai, lui era in ogni cosa in ogni momento, un pensiero fisso che non riuscivo ad arginare, mi inondava la mente, il cuore, l'anima: lui era il mio mare.

Ero innamorato di Andrea.

L'avevo appena realizzato e subito sentii gli occhi colmarsi di lacrime, così lasciai andare i sacchetti che tenevo in mano, chiamai Roffino, l'unico al mio fianco, e, con uno sguardo, gli feci capire che avevo bisogno di aiuto, poi corsi a riva, tra gli sguardi perplessi degli altri.

«Vado io, lasciateci soli, vi raggiungiamo a casa» sentii dire a Matteo, mentre con una mano fermava Fadani, che già mi stava raggiungendo.

Mi sedetti sulla sabbia bagnata, incurante delle onde che si infrangevano sulla riva, facendomi aderire i vestiti al corpo.

«Ehi, ricciolino» disse Roffo, sedendosi al mio fianco e poggiandomi una mano sulla spalla, «che succede?» domandò, dolcemente, asciugandomi le lacrime che mi rigavano il viso.

Di nuovo il pianto prese il sopravvento, impedendomi di parlare, così mi gettai tra le braccia di uno dei miei migliori amici di sempre, che mi accolse stringendomi a sé e accarezzandomi i capelli, nel tentativo di tranquillizzarmi.

Non appena riuscii a calmare i singhiozzi, mi allontanai leggermente dal suo petto: «Posso fidarmi di te, vero?» domandai, e Matteo annuì serio, pronto ad ascoltarmi, quindi, fissando la sabbia, iniziai a parlare: «Ci ho riflettuto tanto, ormai da qualche mese; credevo di impazzire, anzi, lo credo ancora, forse sono davvero impazzito e rovinerò tutto, come farò, Roffo?» chiesi, prendendo un bel respiro e combattendo contro nuove lacrime.

«Lory, non ho ancora capito di che parli, ma mi preoccupi, stai tranquillo e dimmi tutto, troveremo una soluzione insieme» rispose, stringendomi la mano.

«Ho bisogno di parlare con qualcuno e non sapevo a chi rivolgermi, tu sei il mio migliore amico, ti prego, aiutami» implorai.

«Lory, parla, per favore» disse, agitato, «vuoi che chiami anche il Lisu e...?».

Lo interruppi subito, non volevo che mi lasciasse da solo per andare a cercare gli altri, e in quel momento non avrei avuto la forza per parlarne con altre persone; prima o poi avrei detto tutto anche al Lisu, ma adesso c'era Roffino e mi bastava.

«Fammi chiamare almeno Fada» continuò.

A sentire quel nome non potei più trattenermi e mi abbandonai di nuovo al pianto; cercai di asciugarmi al meglio il viso, poi guardai Matteo negli occhi, presi coraggio e quasi urlai: «È lui il problema!».

Roffino mi guardò sconcertato, a bocca aperta, poi: «Spiegati meglio, che cosa è successo con Andrea?» domandò, confuso.

«Sono innamorato di lui» sussurrai, più a me stesso che al mio amico, infatti: «Come hai detto?» chiese.

«Sono innamorato di Andrea!» ammisi, stavolta ad alta voce.

Sentirmi pronunciare quelle parole mi faceva un effetto strano: Fada era sempre stato il mio migliore amico, fin da quando eravamo nati, e ora io mi ero innamorato di lui e non mi sembrava una cosa concepibile.

«Lui lo sa?» chiese Matte, interrompendo i miei pensieri.

«No, e non deve saperlo, mi passerà» sorrisi, fingendo di crederci per davvero, «ho solo bisogno del tuo sostegno, adesso».

«Tu hai il mio sostegno adesso e lo avrai per sempre, ma non è di questo che hai bisogno, tu devi parlargliene, guarda come cazzo stai, non ti vedo così da mesi».

«Non posso, non voglio rovinare tutto, se glielo dicessi lo perderei anche come amico e non credo che riuscirei a vivere» confessai; Fada, infatti, era un etero convinto, quindi non c'era la minima possibilità che potesse ricambiare i miei sentimenti, e, se glieli avessi rivelati, non sarei più riuscito a stargli accanto e non avrei potuto sopportarlo.

«E così pensi di riuscire a vivere?» continuò Roffo.

La verità mi colpì dritta in faccia, chiusi gli occhi e sussurrai: «No».

Avvertii il tocco delle sue braccia avvolgermi in una calda stretta, in cui mi rifugiai fino al tramontar del sole, quando mi alzai, sentendomi più forte di prima, e dissi: «Adesso andiamo a casa, Roffo, grazie di tutto».

«Ti voglio bene» rispose, sorridendo, «e io che pensavo fosse un attacco di panico! Tirami su, scemo, ché per colpa tua mi si è addormentato il culo» rise, poi allungò le mani verso di me.

Mi unii alla sua risata e le afferrai, aiutandolo ad alzarsi; ci incamminammo, poi, verso casa, immersi in uno di quei silenzi che valgono più di mille parole.

NdA
Ciao! Scusate il ritardo, ma abbiamo avuto parecchio da fare ieri; speriamo che con questo capitolo possiate perdonarci. Fateci sapere cosa ne pensate e cosa, secondo voi, succederà nei prossimi capitoli. Grazie ancora a chi ha recensito, ma anche ai lettori silenziosi!
Sofia e Luna

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