32. FINALE ALTERNATIVO
Legenda personaggi:
Lorenzo Galieni
Andrea Fadani
Andrea, Lisu, Lisandri
Matteo, Roffo, Roffino, Roffini
Davide Sandella
Leonardo, Floro, Floreani
Simone De Pisis
Paolo, Masco, Mascolini
Andrea Marianni
Alice Ferrari
GALIENI'S POV
Mi svegliai e la prima cosa che vidi fu la luce che filtrava attraverso la finestra; riuscivo solamente a muovere leggermente la testa ed avevo dolori dappertutto.
«Lorenzo, ben svegliato» mi salutò l'uomo che stava accanto al mio letto.
Lo guardai, confuso, e, a giudicare dal suo abbigliamento, mi accorsi che era un medico.
«C'è stato un incidente e ti abbiamo tenuto in coma farmacologico per undici giorni, adesso stai bene e, se continua così, domani ti dimettiamo, stasera verranno a trovarti tutti» continuò, con calma.
«Fada? Come sta?» domandai, agitato.
«Lui sta bene, non è ricoverato, verrà con gli altri, tranquillo» mi rassicurò.
«Menomale, ma voglio vederlo adesso» dissi, cercando di mettermi a sedere, così il dottore mi sollevò lo schienale del lettino per aiutarmi.
«Sarebbe meglio che tu ora ti riposassi, lo vedrai più tardi».
«Per favore, ho bisogno di vederlo, sto bene» lo pregai.
«Questo fallo giudicare a me» ridacchiò, iniziando i controlli necessari.
«Hm, okay, stai abbastanza bene per ricevere una visita, Fada dovrebbe essere proprio qua fuori, quindi, se per te va bene, ti chiamo lui» ammiccò, uscendo dalla stanza, non appena lo ebbi ringraziato.
Ero davvero felice che Andrea stesse bene, ed era quasi incredibile che fosse sopravvissuto, praticamente illeso, dopo quell'incidente.
«Lory? Posso?» sussurrò Fada, sporgendosi dalla porta.
Annuii, sorridendo; notai che aveva molti cerotti su tutto il corpo e sul viso, ma non sembrava niente di serio.
«Per fortuna ti sei svegliato, iniziavi a mancarmi tanto» affermò, avvicinandosi e sedendosi sul lettino, accanto a me.
«Ed io che pensavo che non ce l'avresti fatta, quel camion ti ha preso in pieno» confessai, prendendogli la mano.
«Lorenzo, vuoi riposarti? Torno stasera».
Fece per alzarsi, ma io lo fermai: «Amore, resta con me» lo implorai.
Fada si risedette: «Lory...» bisbigliò.
«Sto bene, davvero, ho voglia di stare con te, il medico ha detto che posso» cercai di convincerlo.
«Va bene, rimango qua» acconsentì.
Appoggiai la testa sulla sua spalla, delicatamente, per non sentire troppo dolore, e rimanemmo così, in silenzio, mentre lui mi abbracciò e cominciò ad accarezzarmi il braccio, dolcemente.
«A proposito, Andrew» intervenni, all'improvviso, «come facciamo per la festa? Dobbiamo rifarla per forza, non è un matrimonio senza il ricevimento» scherzai, sperando di risollevare il morale ad entrambi.
«Quale festa? Quale matrimonio?» chiese, perplesso, guardandomi negli occhi.
«Andrea, non fare il cretino, non è il momento» sentenziai.
«Io... Non capisco di cosa tu stia parlando, mi dispiace» continuò, spaventato.
«Ci siamo sposati, prima dell'incidente, non ti ricordi?» domandai, allarmato, poi gli presi la mano per mostrargli la sua fede, ma non la trovai sul suo dito, «Dov'è il tuo anello?».
«Io non porto anelli, lo sai».
«La fede, Andrew» puntualizzai, mentre sentivo il mio cuore iniziare ad accelerare.
«Non c'è nessuna fede, Lorenzo, non c'è stato nessun matrimonio» spiegò.
Le lacrime iniziarono a scendermi, non riuscivo a controllarle e non riuscivo a capire perché Fada non ricordasse, così provai con i tatuaggi: «Forse questi possono aiutarti» ritentai, abbassando, all'altezza del petto, la mia maglietta del pigiama e la sua canottiera.
«Lory, che stai facendo? Non c'è niente, che cosa stai cercando?» insisté, sempre più confuso.
Guardai la sua pelle, poi la mia, ma non vi trovai niente, così mi bloccai, impanicato, non capendo più nulla; Andrea mi accompagnò verso il materasso, facendomi appoggiare, poi: «Lorenzo, stai tranquillo, dev'essere ancora l'effetto dei farmaci, ora ti spiego tutto» mi rassicurò.
Lo guardai spaesato, aspettando delle risposte a tutto quel casino, anche se avevo paura di sentirle.
«Allora, stavamo andando in Spagna, ricordi? L'aereo è precipitato in mare, è una fortuna che siamo ancora vivi; ti hanno tenuto sotto sedativi fino ad oggi, hanno detto che era per degli ematomi, non ci ho capito molto, ma mio padre continuava a dirmi che ti saresti svegliato. Ho avuto tanta paura, ma tu stai bene, adesso conta questo» raccontò, con gli occhi gonfi di lacrime.
Mi tornarono in mente tutte le scene di quell'accaduto e finalmente capii: in quei giorni di coma avevo sognato ogni cosa, la vacanza in Spagna, la mia vita con Andrea, quei tre anni insieme, tutto; ma in realtà eravamo ancora nel 2016, io avevo ancora vent'anni, Andrea era ancora il mio migliore amico, ma i sentimenti che avevo sognato di provare erano ancora tutti dentro di me.
«Scusa, ora ricordo, puoi lasciarmi da solo? Per favore» mormorai, senza guardarlo.
«Va bene, ci vediamo stasera con gli altri, riposati» disse, alzandosi e lasciandomi un bacio sulla fronte, prima di uscire dalla stanza.
Avevo la testa che mi scoppiava, ripensai a tutto ciò che era appena successo e mi sembrò completamente assurdo. Ero davvero innamorato di Fada? Più tentavo di capirlo e meno ci riuscivo, forse quello che provavo era dovuto soltanto ai farmaci, quindi presto sarebbe tornato tutto alla normalità. Allora, con quei pensieri in testa, chiusi gli occhi e, stanco, mi addormentai di nuovo.
Fui svegliato da una mano sulla spalla, aprii gli occhi ed incontrai quelli verdi di un infermiere: «Lorenzo, è ora di cena» mi informò, aiutandomi ad accomodarmi e spingendo il carrellino verso di me.
Cominciai a mangiare il brodino, ma non riuscii a finire il secondo perché aveva un sapore veramente orribile; in quel momento sentii bussare alla porta ed entrarono mio padre e quello di Fada, che era a capo di quell'ospedale.
«Oh mio Dio!» esclamò mio babbo, «Lory, stai bene!» e mi abbracciò.
«Sì, pa'» risposi, stringendolo appena.
«Jacopo, ti avevo detto che non era grave» si intromise Diego, «Lory, non preoccuparti, starai meglio presto».
«Fuori ci sono i tuoi amici e zia Alice, te li chiamo?» affermò mio babbo.
Non vedevo l'ora di vedere la zia, ma avevo paura di incontrare di nuovo Fada, gli avevo praticamente detto che lo amavo e, probabilmente, avevo rovinato la nostra amicizia per sempre, come pensavo nel mio sogno, così: «Fai entrare prima Alice, per favore?» chiesi.
«Va bene, ci vediamo dopo» acconsentì, per poi andare via insieme a Diego.
Entrò poi zia Alice, che corse verso di me e mi strinse forte: «Finalmente, come stai?» domandò.
«Bene, ma ancora un po' intontito dai farmaci».
«È normale, ma passerà» mi confortò.
Le raccontai tutto ciò che avevo sognato e quello che era successo con Fada, così: «Non ti preoccupare, Lory, dev'essere stato a causa dei farmaci, sono sicura che l'abbia capito anche Andrea» mi rassicurò.
«Però quello che provavo per lui, lo sento ancora» sussurrai, cercando di trattenere le lacrime.
«Lorenzo, ne sei sicuro? Pensa bene a quello che senti davvero».
«È da quando mi sono svegliato che ci sto pensando» risposi, «amo Andrea».
Non avevo ancora effettivamente detto quelle parole ad alta voce, e, nel farlo, avvertii una morsa allo stomaco che mi fece venire la nausea. Iniziai a piangere, così: «Lory, parlagliene il prima possibile; qualsiasi siano i suoi sentimenti, conosci Fada, lui non ti lascerà» mi consolò la zia, accarezzandomi la testa, teneramente.
«Grazie, Ali, ti voglio bene» sorrisi, asciugandomi le lacrime.
«Dai, ora faccio entrare i tuoi amici, ché vogliono vederti» disse, alzandosi, così la salutai ed uscì dalla stanza.
Quando arrivarono i ragazzi, quasi tutti avevano qualcosa di rotto e cerotti ovunque, tranne Simone, Masco e Marianni, che non erano sul volo; notai che Davide rimase sulla porta e, quando si accorse che lo stavo guardando, mi sorrise ed io ricambiai.
«Loré, stai bene, grazie a Dio!» esclamò Roffo, sollevato.
Come lui, anche gli altri mi chiesero come stessi ed espressero la loro felicità nel vedermi. Iniziammo a chiacchierare, finché non mi accorsi che il Lisu non era ancora arrivato, così: «Ragazzi, Andrea non viene?» chiesi.
Subito calò il silenzio, poi Simone scoppiò in lacrime, nascondendo la testa sulla spalla di Fada, che lo abbracciò; tutti gli altri si guardarono allarmati, cercando di evitare i miei occhi e di trattenere il pianto.
«Ragazzi... Dov'è Andrea? Sta bene?» continuai, spaventato.
Fada trascinò Simone, che ancora continuava a piangere, fuori dalla stanza, seguito da Davide, che, evidentemente, si sentiva di troppo; Paolo strinse Floro, che si appoggiò a lui, distrutto, mentre Roffo abbassò lo sguardo e si allontanò, arrabbiato.
«Cazzo, ditemelo!» sbottai, abbandonandomi al pianto.
Marianni sì avvicinò a me: «Lorenzo, l'incidente è stato grave, sono morte molte persone, non ce l'ha fatta neanche Andrea» spiegò, con calma.
«Chiamatemi Simone, voglio parlare con lui» ordinai, iniziando ad annaspare.
Il battito del mio cuore accelerò notevolmente, così tanto che dovettero accorrere i medici, allarmati dal suono della macchina a cui ero attaccato; mandarono via tutti e, mentre tentavo di ribellarmi, notai che stavano iniettando del liquido dentro al tubicino della flebo. Sentii tutti i muscoli rilassarsi ed il cuore tornò ai suoi battiti regolari, così ricominciai a respirare normalmente, mentre i medici mi aiutavano a tranquillizzarmi.
«Adesso dormi, i tuoi amici torneranno domani» affermò uno dei dottori presenti.
«No, voglio Simone» contestai, imperterrito.
«No, non è possibile, devi riposare, buonanotte» continuò, uscendo, insieme agli altri, dalla stanza.
Vidi Fada sulla soglia, che mi guardava triste, poi: «Lory, chiedo a mio padre se può fare un'eccezione per te» disse, allontanandosi.
Non riuscivo a credere che Andrea non ci fosse più, ero così abituato alla sua presenza che non avevo mai pensato alla possibilità che lui potesse andarsene; come tutti i miei amici, lui era una parte fondamentale -adesso sparita- della mia vita e del nostro gruppo. Mi sarebbe mancato vedere la sua stupida faccia, ascoltare le sue stupide battute, assistere al suo stupido modo di gestire l'ansia, mi sarebbe mancato quello stupido e nessuno avrebbe potuto rimpiazzarlo. In realtà Andrea sarebbe mancato a tutti, ma non riuscivo neanche ad immaginare quanto sarebbe mancato a Simone: il loro era un amore raro, di quelli che pensi che esistano solo nei film, in cui nessuno dei due riuscirebbe mai a vivere senza l'altro; e questa non era un'esagerazione, quei due ci avevano provato già una volta a starsi lontani, ma non erano durati più di una settimana: Simone aveva lasciato la sua famiglia all'estero per tornare da Andrea, erano appena all'inizio della loro relazione e da quel momento non si erano più separati. Come avrebbe fatto Simone ad affrontare una vita intera senza di lui? Per questo volevo vederlo, per questo volevo parlargli, volevo fargli sapere che non era solo, che a queste cose orribili si riesce a sopravvivere, che l'avremmo aiutato tutti noi a sopravvivere; ci saremmo aiutati l'un l'altro e ce l'avremmo fatta insieme, senza mai dimenticare com'era quando lui era al nostro fianco, ma non rimanendo bloccati a quel periodo, saremmo andati avanti, perché questo era quello che avrebbe voluto lui.
Sentii bussare, poi entrò Simone, ancora con gli occhi gonfi: «Scusami, Lory» sussurrò, sedendosi accanto a me.
«Scusami tu, non potevo saperlo, non avrei voluto farti pensare alla situazione più del dovuto» lo rassicurai, dispiaciuto.
«Diego ha detto che posso rimanere quanto voglio, volevi parlarmi?» chiese, cambiando argomento.
«Come stai?» domandai.
«Male, mi manca, ogni giorno di più» confessò, cercando di non piangere, «vorrei tanto abbracciarlo ancora, ma non posso».
Cercai di fargli sentire il mio sostegno appoggiando la mia mano sulla sua, e, dopo aver preso un bel respiro, ricominciò: «Mi manca tutto, mi manca la sua voce, dolce e delicata, che mi racconta la sua giornata, mi manca perdermi nella sua risata e ridere insieme a lui, mi manca sentirlo tutti i giorni, mi manca l'odore di cannella che emanava la sua pelle, mi manca la morbidezza dei suoi capelli -anche se questo mi mancava già prima, dato che li aveva tagliati, ma adesso so che non ricresceranno mai più-, mi manca il sapore del suo respiro, mi mancano i suoi occhi, che si illuminavano ogni volta che mi guardava, mi mancano le sue mani gentili sul mio corpo e le sue braccia che mi stringevano caldamente; mi manca davvero tutto di lui, cazzo, sapere che una persona così speciale esistesse, e che esistesse proprio al mio fianco, mi aiutava ad andare avanti; avrei dovuto rivederlo dopo una settimana, in questo momento saremmo dovuti essere insieme ad Amsterdam, a festeggiare i nostri due anni di felicità, e invece sono qua, solo io, lui non c'è e, come lui, tutta quella felicità non ci sarà mai più, quindi, la cosa che più mi manca è sapere che lo rivedrò presto, quando invece non accadrà mai. La cosa che mi fa incazzare di più è che non mi abbia salutato, non si è degnato neanche di dirmi addio, mi ha semplicemente lasciato qui: la mattina era accanto a me che rideva e scherzava, la sera era su quel letto d'ospedale dove il suo cuore ha smesso di battere; è successo e basta, nessuno ha potuto farci niente, e poi il mondo è andato avanti, come se lui non fosse mai esistito, ma cazzo, io non sono andato avanti, e cazzo, lui è esistito davvero».
Disse tutto quello tra le lacrime ed i singhiozzi; neanch'io ero riuscito a trattenermi, così, piangendo: «So che ti manca, manca a tutti, ma questo vuol dire che siamo stati fortunati ad averlo conosciuto, perché, se possiamo provare questo, vuol dire che abbiamo avuto accanto una persona davvero speciale, per cui vale la pena sentire la mancanza» borbottai.
«In questo momento non posso sentirmi fortunato, non posso sentire niente, se non la sua assenza, e non riesco a trovare nessun motivo per continuare a vivere, per provarci e per respirare, mi sento solo tanto stanco: la notte rimango steso sul letto, vorrei piangere e gridare mentre penso a lui, ma che senso avrebbe? Sveglierei tutti, e basta, niente potrà riportarlo da me, quindi lascio che il dolore si insinui nel mio cuore e che mi distrugga da dentro».
«So cosa significa, ci sono passato, anch'io mi sedevo sul bordo del letto nel pieno della notte, con la testa tra le mani, pensavo che non sarei sopravvissuto, volevo soltanto che tutto finisse al più presto, ma poi tutto continua e si sopravvive; guardaci, noi due ne siamo un esempio perfetto, ci siamo già passati, io con mia madre e tu con tuo padre, forse non lo ricordi perché eri troppo piccolo, ma io ti giuro che ce la faremo tutti e ce la farai anche tu; sii forte, proprio come lo è stata tua madre, sicuramente te l'ha insegnato: le persone che ci amano e che noi amiamo non vanno tanto lontano, ma restano per sempre nei nostri cuori, nei nostri ricordi e nelle nostre emozioni, vivono in noi» gli ricordai, accarezzandogli il dorso della mano.
«Tutto questo non mi sembra neanche vero, com'è possibile che lui non ci sia più, proprio lui, tra tutte le persone su quel volo, perché proprio lui? Perché il Paradiso ha avuto bisogno della sola persona di cui ho bisogno io? Perché in ospedale non mi ha ascoltato? Gli ho chiesto di lottare per noi, ma non l'ha fatto, se n'è andato come se io non fossi mai stato un motivo sufficiente per rimanere, eppure non è questo ciò che diceva quand'era ancora vivo? Che lui non se ne sarebbe mai andato, che non mi avrebbe mai lasciato, e non riesco a credere che, invece, l'abbia fatto. Come faccio a svegliarmi da quest'incubo, se non sto nemmeno dormendo?» continuò.
Io non conoscevo la risposta a nessuna di quelle domande e non sapevo neanche più che parole usare per confortarlo, in realtà ero distrutto anche io per la morte di Andrea, l'unica cosa che potevo fare era stringerlo, così gli feci spazio e si sdraiò accanto a me.
Non so quanto tempo passò, ma rimanemmo in silenzio, finché: «Lorenzo, mi sono sfogato finora e non ti ho neanche chiesto come stai, scusami» esordì Simone.
«Starei meglio senza tutti 'sti farmaci, ma credo che ci sia anche un altro problema» affermai.
«Vuoi parlarne? Sai che ti ascolto».
«Si tratta di Fada» cominciai, «ti sembrerà assurdo, ma mentre ero in coma ho sognato quattro anni della mia vita e, durante quella maledetta vacanza in Spagna, ci eravamo messi insieme; adesso l'effetto dei medicinali dovrebbe essere quasi sparito, eppure, ogni volta che lo vedo, sento di amarlo per davvero».
«Gliene hai già parlato?» chiese, mettendosi di nuovo seduto.
«Non proprio, sa del sogno, ma non del resto» risposi, tentando di alzarmi.
«Stai giù, tranquillo» mi fermò Simo, «comunque, non sprecare l'occasione, digli che lo ami e quanto significa per te, non sai cosa ha in serbo per te il domani, non sai quando e dove vedrai una persona per l'ultima volta».
«Ma ho paura di rovinare tutto» ribattei, sull'orlo delle lacrime.
«Cazzate, Lorenzo, non so se ti rendi conto di quanto tu sia importante per lui, è stato l'unico a venire a trovarti tutti i giorni, almeno tre volte al giorno, quando andava bene che suo padre non lo faceva entrare» ridacchiò, «digli tutto, sono sicuro che le cose andranno bene».
«Grazie, Simo, torna qui, dormi con me» lo obbligai, tirandolo per un braccio, così si sdraiò di nuovo accanto a me e, in poco tempo, ci addormentammo entrambi.
Il mattino seguente ci svegliò l'infermiere dagli occhi verdi, che fece uscire Simone, per poi eseguire i controlli necessari alla mia dimissione. Quando mi disse che potevo andare, mi sistemai ed uscii dalla stanza; nel corridoio, insieme a Simone, trovai anche Fada, che era venuto a prendermi. Appena lo vidi, ogni mia incertezza sparì, quello che provavo non potevo più ricondurlo ai farmaci, era reale, lo sentivo davvero, ed ero deciso a dirglielo.
Prima di tornare a casa, passammo dal cimitero: non avevo potuto assistere al funerale, quindi volevo salutare il mio amico, lasciandogli dei fiori colorati sulla tomba. Dopo una mezz'oretta, io ed Andrea decidemmo di andare via da soli e lasciammo Simo con il suo ragazzo; prendemmo il primo autobus che ci avrebbe condotti a casa mia, dove Fada sarebbe rimasto per la giornata.
Adesso che eravamo soli, era il momento perfetto per parlargli di tutto ciò che provavo, così, appena ci sedemmo in corriera, presi un bel respiro, ed iniziai: «Andrew, devo dirti una cosa».
«Dimmi tutto, Lory» mi incitò.
«Ricordi il sogno che ho fatto durante il coma?» chiesi; Fada annuì, così continuai: «Pensavo fosse tutto a causa dei farmaci, però adesso il loro effetto non c'è più, riesco a distinguere ciò che è accaduto nella mia testa e ciò che è accaduto veramente, ma quando sono con te mi sento al sicuro, mi sento capito, mi sento amato, ed è sempre stato così, fin da quando eravamo bambini, mi ci è voluto solo tanto tempo per capirlo, credo che quel sogno mi abbia messo di fronte ad una verità che non riuscivo ad accettare da solo, era solo un sogno, ma è stato il più bello che io abbia mai fatto; ieri non ero capace di comprendere se i miei sentimenti fossero dovuti al mio sogno o se il mio sogno fosse dovuto ai miei sentimenti, adesso l'ho capito: è la seconda» confessai, tutto d'un fiato.
«Lory... Non ho capito» ammise, ingenuamente; iniziai a ridere tra il divertito ed il nervoso, poi lo guardai negli occhi, perdendomi in quell'azzurro mare.
«Sono innamorato di te».
NdA
Ciao a tutti! E finalmente siamo arrivati alla conclusione definitiva di questa storia; scusate se siamo ripetitive, però questo è il finale alternativo, non collegato al sequel, ma, se riusciremo a completarla, legato ad una one-shot con protagonista Simone: inutile dirvi che ci farebbe molto piacere se la leggeste. Detto questo, che pensate del finale alternativo? Quando avete capito che Andrea è morto? Quando che i quattro anni passati con Fada sono stati tutto un sogno di Lorenzo? Avete il vostro lieto fine -a parte per il Lisu e Simone-, forse... chissà cosa gli risponderà Fada!
Ringraziamo moltissimo chiunque abbia letto la nostra storia, e, ancora una volta, un ringraziamento speciale va ad evelyn80 ed a Vermilia Bohem! (Ed un ringraziamento va anche alle nostre beta, che ci hanno supportate capitolo dopo capitolo!).
Speriamo di avervi fatto sorridere (e, all'occorrenza, piangere) con questi nostri personaggi, a cui forse vi siete affezionati anche voi.
Un bacione enorme a tutti. Alla prossima storia!
Sofia e Luna
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