Capitolo 4
4
L'Argentina vinse il Mondiale. Il famoso prodotto magico di Daniel, però, non funzionò, e il raccolto del 1978 andò completamente perduto. Mio padre riuscì a tergiversare per un po' nel pagamento della sua scommessa, ma non troppo a lungo. Così, nel 1981, nacqui io: Diego Armando Sentini. Per mio padre ero "il predestinato", colui che avrebbe fatto vincere altri tre Mondiali all'Argentina.
Nacqui il 12 agosto, pesavo 4,2 kg ed ero lungo 57 cm. Altissimo per un neonato. Adelina era più felice che mai, e anche Daniel, sebbene la mia altezza lo preoccupasse. Come avrei mai potuto somigliare al suo pupillo calcistico, che era poco più di un nano, se ero così alto? Non si arrese. Così, nelle pause dal lavoro, dedicò cinque anni alla costruzione di un mini campo da calcio intorno a casa, con un muro per gli esercizi e una zona dedicata agli allenamenti.
Diventai bravo con i piedi e, a soli sei anni, fui incluso nella rappresentativa dei migliori bambini di Valcheta. Non ero certo un fenomeno, e la mia altezza spiccava tra i compagni. A otto anni, nella squadra giovanile della città, segnai 32 gol in 18 partite. Portavo il numero 10 sulla maglia e, fisicamente, ero il doppio degli altri bambini.
Nel frattempo andavo a scuola e aiutavo i miei genitori nei campi. Mi piaceva molto l'odore della terra, dei frutti, delle foglie e dell'acqua. Mi affidarono la gestione completa di un melo: un compito tutt'altro che semplice per un bambino di otto anni. Seguendo i consigli di mio padre, riuscii a produrre mele perfette, grandi e succose.
A nove anni mi affidarono la cura di nove meli, più uno vecchio e malato che chiamai Arturo. Mi dedicavo a loro con grande attenzione: imparai a curarli, a coccolarli e persino a viziarli. Quel lavoro mi piaceva moltissimo. Intanto, nella stessa stagione, segnai 38 gol in 17 partite.
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