Novella VI
Raffael e Fiona, giovani e innamorati, devono affrontare l'ignoranza e la perfidia di chi non sa andare oltre il colore della pelle.
***
L'amore può basarsi su molte cose. Sull'empatia, sulla forza, sul coraggio e sulla giustizia, ad esempio. Fiona, una donna delle pulizie dalla pelle color cioccolato, era l'amante segreta di Raffael, primogenito della signora Perkins, direttrice di un'industria che produceva cosmetici. I due giovani si erano incontrati in una giornata di primavera. Fiona si trovava nel corridoio e stava spolverando quadri antichi, quando il ragazzo, della sua medesima età, posò gli occhi indiscreti sulle sue dolci forme. Fiona si girò lentamente ed ebbe quasi un infarto.
"Signore, c'è qualcosa che non va?", domandò tremante. I raggi del sole incorniciavano il bel viso del ragazzo, rendendolo angelico. Com'era bello... pensò lei.
"Stavo andando in giardino. Vuoi venire con me?", le aveva chiesto con dolcezza. Da allora, i giovani, circondati dalle ortensie, dalle rose delicate e dai candidi gelsomini avevano passeggiato tra i sentieri di ghiaia bianca, osservandosi a vicenda. Le parole scorrevano docilmente dalle loro labbra ed esse, quasi per magia, avevano fatto sbocciare il fiore dell'amore. Quella pianta – cielo! - aveva aperto i suoi petali invisibili, giorno per giorno. Aveva maturato il dolce rapporto tra Fiona e Raffael, i quali non riuscivano a stare più da soli. I giorni, i mesi si confusero e si persero in un unico arco di tempo e, finalmente, i ragazzi si giurarono eterno amore. Un pomeriggio, mentre erano seduti sul divano del soggiorno, Raffael prese le mani di Fiona che cominciò a tremare come una foglia, i suoi occhi luccicavano per l'emozione.
"Raffael... io... è da tanto che volevo dirtelo", incominciò lei, "ti amo, ti amo tanto. Vorrei stare con te, vorrei avere dei figli da te e un futuro sereno insieme", soggiunse. Le loro labbra erano vicine a mordere il frutto segreto dell'amore.
"Oh, Fiona, angelo mio. Anche io voglio stare con te. Sei la mia rosa. Non riuscirei a stare senza di te. Non riuscirei a non sentire la tua voce. Anche io ti amo."
Ed ecco, le loro dita si stavano intrecciando, i due stavano divenendo una cosa sola. Quelle bocche, i loro occhi chiusi e poi... Poi si sentì uno sbatter d'uscio e un grido animalesco. I due ragazzi si girarono in direzione del rumore, ma non scorsero nessuno.
La signora Perkins, essere scheletrico, pallido e ottuso, aveva visto i due ragazzi che si stavano baciando. Digrignando i denti e stringendo i pugni, avrebbe voluto trascinare la giovane per i capelli, farla urlare e piangere dagli insulti: "Sgualdrina... come puoi baciare mio figlio? Sei nera! I neri non possono innamorarsi dei bianchi!", avrebbe desiderato urlarle contro. Nacque in lei il desiderio irrefrenabile di darle una lezione e di farlo pubblicamente.
Dopo qualche giorno, Fiona, mentre spolverava il comodino della signora Perkins, vi notò adagiata una collana di perle che la donna era solita custodire dentro il portagioie. Pensò avesse dimenticato di riporla; la sollevò leggermente per ripulire il mobile e la riadagiò così come l'ebbe trovata.
Il pomeriggio stesso, Fiona venne fermata dalla polizia con l'accusa di aver sottratto alla Signora Perkins un oggetto di grande valore. Poco più in là sarebbe stata trascinata in tribunale.
Si era fatta sera. Le ultime luci del tramonto filtravano attraverso la finestra, mentre il giudice, uomo severo e vuoto, dava inizio al processo.
"Signorina Fiona Ardhuulu, lei è rea di aver operato un furto a danno della donna per la quale lavora. Che cosa ha da dire a sua discolpa? Sa benissimo che il fatto risulta per di più aggravato dal tradimento della fiducia che da sempre la signora Perkins ha riposto nei suoi confronti!"
Fiona si guardò attorno, si sentiva spaesata in quel discontinuo succedersi di azioni e parole. Fino a un momento prima si trovava tra le braccia del suo amato, onorata di prestare il proprio servizio per una famiglia che stimava e che la lodava continuamente per il suo operato; invece ora sedeva davanti a un giudice, accusata di aver tradito la fiducia di persone che amava.
Volse gli occhi verso Raffael, anch'egli tremante di rabbia e sconcerto per quello che era chiaramente un pretesto utilizzato dalla madre per scongiurare il concretizzarsi della loro passione amorosa. Come poteva l'amore essere condannato?
Fiona sarebbe riuscita a risolvere la situazione, doveva. Non aveva un avvocato, non glielo avevano concesso e con quanto possedeva non poteva neanche permettersi un lusso del genere. Era sola e da sola avrebbe dovuto superare quella situazione, così come da sola ne aveva superate tante; che ne potevano sapere loro?
Raffael era ancora lì e lei non avrebbe potuto reggere ancora a lungo la preoccupazione che leggeva nei suoi occhi. Prese un respiro, dopodiché alzò lo sguardo decisa.
"Signor Presidente, mi pedoni se si sentirà offeso dalle parole che dirò, ma le assicuro che questa non è affatto la mia intenzione. È la prima volta che mi trovo in una situazione di questo tipo...", cominciò a discorrere Fiona, quando un signore subito la interruppe con un commento davvero poco gradevole:
"Ci mancherebbe solo che non fosse la prima volta! Oltre ad essere una ladra, lei oltraggia il buon nome di mio figlio! Le donnacce come lei andrebbero condannate a prescindere, non dovrebbero nemmeno godere dell'opportunità di un processo; avrebbe preteso, forse, anche un avvocato? Come se qualcuno potesse difenderla!". Era stato il signor Perkins a intervenire. I suoi occhi pieni di disgusto fecero contrarre il volto di Fiona in un'espressione sofferta.
"Silenzio!" Tuonò la voce possente del giudice che invitò la giovane, con un gesto della mano, a continuare il suo discorso.
"La ringrazio, Signore. Non avrò bisogno di un avvocato, né tanto meno oserei pretendere di averne uno, perché dimostrerò di essere innocente e che ciò che voi ritenete colpe in realtà non siano altro che i frutti dolci di cui si ciba ogni amore. Ebbene sì, signor Presidente, non nego di aver toccato quella collana di perle, ma lo feci solo per adempiere meglio alle mie mansioni, che conclusi in fretta e in maniera impeccabile, tanto che ora sfiderei voi per primo a controllare personalmente quante e quali impronte stiano ora impresse sul comodino della Signora Perkins, se non le sue o quelle di chi ve le avrà lasciate al momento di prelevare il gioiello con l'intento di incastrarmi."
Mentre pronunciava l'ultima frase, voltò il viso in cerca di quello sguardo che da sempre la vedeva per ciò che era realmente, non limitandosi al colore della sua pelle. Raffael stanco di quel processo che a suo avviso era una farsa, avanzò deciso verso Fiona e le prese le mani, poi si rivolse al giudice, "Non può in alcun modo aver preso lei quella collana, perché non era sola quel giorno nella stanza dei miei genitori. C'ero anch'io! L'avevo raggiunta per convincerla a scappare con me, visto l'astio dimostrato dai miei nei suoi confronti."
Fiona gli strinse le mani e continuò "Amo questo ragazzo, lo amo con tutta me stessa. Non sopporterei l'idea di essergli lontana. E non potrei mai fare una cosa del genere in casa sua. Persino il breve separarsi dopo una giornata trascorsa assieme per me è duro. Purtroppo non ho prove per questo sentimento, ma sono certa che nessuno potrebbe avere delle prove che dimostrino che si è realmente innamorati di qualcuno; eppure posso assicurarvi che è vero: sarei disposta a fare qualsiasi cosa, purché non mi venga chiesto di separarmi da lui". L'espressione di sofferenza che le segnava il volto si alleviò solo a pronunciare il suo nome.
Infine Raffael aggiunse: "Se mettessimo in fila i pochi baci che Fiona ed io ci siamo assai castamente scambiati, non riusciremmo a comporre una collana altrettanto lunga; ma, Signor Giudice, le posso assicurare che quantomeno risulterebbe di gran lunga più preziosa, perché composta da vere perle di puro amore, al contrario di quelle che si usa spacciare come simbolo della propria devozione e che in realtà non compongono altro che un insulso monile." Fu quella l'ultima frase pronunciata in aula prima del verdetto finale.
"Dichiaro la qui presente signorina Fiona Ardhuulu innocente" pronunciò il giudice poco più tardi, scandendo le parole con estrema lentezza e chiarezza.
La luna rischiarava le nuvole, accompagnata dalle stelle. Fiona e Raffael erano di nuovo insieme, a dispetto di tutto. I genitori di lui probabilmente non avrebbero mai accettato quell'unione, ma per il ragazzo ormai quello non contava più nulla, perché al suo fianco aveva la donna che più amava, e lei ricambiava pienamente i suoi sentimenti.
(Novella scritta da Lycoris_h e Calypsofiorenascosto)
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