Novella Extra II
Si narrerà dell'importanza di essere sinceri coi bambini e di non sottovalutare la loro capacità di affrontare e saper accettare situazioni enormemente spiacevoli.
***
La luce penetrata dalle grandi vetrate inondava la stanza di calore. Solo l'ombra di due dame pareva esser un luogo invitante dove sostare, così chiusi la porta e decisi di unirmi anch'io alla conversazione. Lycoris_h e Calypsofiorenascosto discutevano allegramente tra di loro, l'una dinanzi all'altra, e, vedendomi, mi sorrisero entrambe amichevolmente.
«Mie care dame, vi vedo di buon umore nonostante il caldo. Mi sembra di star per sciogliere!» dissi facendomi aria con una mano.
«Sally, tesoro, avvicinati alla finestra, ti vogliamo mostrare qualcosa che ti farà sciogliere il cuore!» disse Greta spostandosi leggermente indietro.
«Che non mi faccia sciogliere più di questo sole, spero» dissi divertita, facendo un passo in avanti e sbirciando dalla finestra. Un pulcino zampettava avanti e indietro, portando nel becco umidi fili d'erba che lasciava delicatamente davanti a una gallina, probabilmente la madre. Alla gallina mancavano parte delle piume e aveva una cicatrice ben visibile sul collo. Socchiusi gli occhi osservando quella scena.
«Non è commovente?» chiese Lycoris_h alla mia destra, persa a guardare quella scena. Rimasi in silenzio, annuendo soltanto. «Anche se non può fare molto, quel pulcino sta cercando di tutto per prendersi cura della madre».
«Se solo anche gli adulti si affidassero e confidassero maggiormente con i loro figli» disse Greta sospirando.
«Greta, mia cara, il tuo sospiro mi ha ricordato la novella del piccolo Raffael, che ne dici di raccontarla a Sally per distrarci dal caldo?» propose Lycoris_h guardando la compagna.
«Mi sembra un'ottima idea!» annuì decisa l'altra iniziando a narrare:
- Davvero si crede che un bambino non sia capace di comprendere a pieno alcuni argomenti e situazioni solo per la sua tenera età? La storia che segue dimostrerà il contrario, che l'età non conta quando si parla di emozioni e che, molto spesso, sono proprio loro coloro che li comprendono maggiormente, perché i più genuini e spontanei.
Il cielo era sereno quel giorno, ma il vento tirava un po' più forte del solito. Raffael rincorreva con lo sguardo una foglia sulla strada verso casa, noncurante delle biciclette che gli passavano accanto. Il sole illuminava il suo percorso, colorandolo con varie sfumature, rendendolo così diverso da come se lo ricordava.
«Mamma!» urlò entrando in casa, ma non ricevette nessuna risposta. Posò lo zaino accanto al portaombrelli, le chiavi su un tavolino e salì le scale in punta di piedi, volendole fare una sorpresa. Percorse il corridoio trattenendo un timido sorriso che tradiva tutta la sua felicità. Giunto quasi alla stanza della madre, sentì delle voci provenire da essa.
«Non posso dirglielo, Cla, Raffael è ancora un bambino e...»
«E cosa? Non capirebbe? Andiamo, Ali, ha già otto anni, non otto mesi!» un breve silenzio seguì quell'affermazione. Raffael sentendo il proprio nome si nascose dietro alla porta socchiusa, curioso di ciò che stavano parlando. Qualcuno sospirò. Un altro silenzio.
«Ali, so che è difficile per te parlarne, ma dovresti dirglielo, perché è tuo figlio e so che se ti vedesse...» un singhiozzo interruppe ciò che stava dicendo, facendo sospirare l'altra donna. Raffael, anche se riusciva a cogliere tutte le parole, non ne comprendeva appieno il significato. Cosa avrebbe fatto di male un bambino se avesse saputo la verità? Non capiva. Che non lo volesse più perché si era comportato male? Percorse con la mente tutte le cattiverie che aveva fatto di cui ne aveva memoria. Iniziò a piangere e anche se cercava di non far rumore, la madre dovette accorgersene perché sentì dei passi farsi sempre più vicini e la porta aprirsi. Una donna dai capelli castani raccolti goffamente, gli occhi segnati dalle occhiaie e la pelle meno luminosa di quanto ricordasse, gli comparve davanti.
«Mamma! Non dovevo mangiare il budino di Rachele, non dovevo mentire dicendo che era stato un gatto ad aver rotto il tuo bicchiere preferito e sono stato sempre io a finire i cioccolatini che ti piacciono tanto, ma... ma...». La donna sembrava sorpresa quanto preoccupata, non sapendo cosa fare.
«Tesoro, cosa è successo?» chiese, cercando un fazzoletto per asciugargli le lacrime.
«Mamma, ti prometto che non lo farò più, che mi comporterò bene. Per favore, per favore non lasciarmi.» disse tra un singhiozzo e un altro. La donna sorrise accarezzandogli i capelli castani.
«Sciocchino, la mamma è qui e non ti lascerà mai.» sussurrò abbracciandolo.
«Allora cos'è che non vuoi dirmi?»
«Tesoro, sono cose di noi grandi,» e lì chiuse il discorso, ma Raffael non aveva ancora ottenuto le risposte che voleva e sapeva che la mamma non glielo avrebbe detto, per cui decise di scoprirlo da solo.
Passarono diversi mesi da quel giorno, Raffael non aveva ancora scoperto nulla, ma era un bambino paziente e sapeva che per alcune cose sarebbe servito più tempo. L'unica cosa che aveva notato è che la mamma aveva smesso di fare molte cose assieme a lui e che passava molto del suo tempo a riposare, sembrava sempre stanca. Aveva smesso di giocare con lui col pallone, non facevano più le lunghe passeggiate a cui erano abituati, e piano piano aveva anche smesso di cucinare i dolci che gli piacevano tanto. Molto spesso usciva lasciandolo a casa di Claudia, sorridendogli e rassicurandolo che sarebbe tornata a prenderlo appena avesse finito di lavorare. Quale tipo di lavoro poteva renderla così stanca e priva di forze? Non se lo spiegava, ma voleva saperlo.
Passarono mesi. L'estate, con i suoi venti sereni e le sue ciliegie succose era arrivata, portando messaggi di speranza e fuga dalla scuola. Raffael, sebbene lieto per l'avvicinamento della fine delle lezioni, non smetteva di pensare a sua madre e ai suoi comportamenti anomali. Essi erano aumentati e avevano assorbito quasi completamente la madre, portandola a non cucinare più, a sonnecchiare e a lamentarsi in continuazione. Il piccolo era sempre più lontano dalla donna. Avrebbe voluto scoprire ogni cosa su quello che la stava danneggiando, ma non vi era abbastanza tempo. Tra compiti, verifiche e interrogazioni non riusciva a parlare con lei.
Finalmente, una sera, dopo aver divorato la sua frittata, Raffael si diresse verso la sua stanza. La luna disegnava ritagli argentei sulle pareti di legno, mentre i suoi piedi emettevano leggeri rumori, che potevano essere difficilmente captati anche dai più attenti ascoltatori. Il bambino, per un istante, udì un fruscio: uno spiffero si era insinuato nella dimora. Sollevato, Raffael continuò a camminare, fino a giungere alla porta della camera della madre.
Attento a non disturbare, il bimbo prese il pomello con delicatezza e cominciò a sbirciare. Sconvolto, vide qualcosa di tragico e raccapricciante. Sua madre, pallida sotto il chiarore della luna, giaceva sul letto. Il capo, privo dei morbidi capelli ramati, posava con debolezza sul cuscino. Il volto della donna era scavato e le labbra avevano perso la loro lucentezza. Delle lacrime spaventate caddero dal volto di Raffael. No, non poteva essere sua madre! Quell'ombra femminile non era colei che lo aveva messo al mondo! C'era un errore! Entrò nella camera e si sedette sul materasso.
La donna, udendo i singhiozzi del suo bambino, si svegliò e prese il pargolo tra le braccia.
«Tesoro, che succede?» domandò, accarezzandogli i capelli.
«Mamma... che ti è successo?» chiese Raffael di rimando, scosso dai singhiozzi.
La malata rimase in silenzio, guardandosi con amarezza. Che avesse scoperto la verità?
«Non è niente...» sussurrò «Non è niente... vai a dormire...» Ma il piccolo scese dal capezzale, imbronciato. Sua madre stava mentendo!
«No, non è vero! Tu stai male! Non cucini più la torta al cioccolato, non giochi più con me a calcio, non fai le passeggiate con me. Sei cambiata, mamma! Dimmi che succede. Perché stai male? Che cos'hai?» sbottò. La donna inspirò lentamente l'aria satura di anidride carbonica e tossì.
«Scusami, sono solo un po' stanca... ti prometto che tutto tornerà come prima...» replicò.
«Bugiarda! Ho sentito te e Claudia discutere. Ti ha detto che ho otto anni e non otto mesi e che sei completamente malata. So che sono piccolo, ma non sono stupido, mamma!» gridò tra i singhiozzi, pentendosene subito poco dopo vedendo l'espressione addolorata della donna.
Le si arrossarono gli occhi, sentendosi divorare dal senso di colpa. Dio, perché aveva nascosto la verità? Come aveva potuto celare la sua malattia? Perché nonostante l'unica cosa che desiderava fosse di proteggerlo, non faceva altro che ferirlo? Sorrise amara. Aveva sbagliato, se ne era resa conto. Sebbene fosse un bambino, Raffael era stato così bravo da scoprire il suo male anche se aveva cercato di nasconderlo il più a lungo possibile. Si era sbagliata a ritenerlo troppo piccolo per comprendere certi mali, perché la comprensione non si formava nel corso degli anni, bensì nasceva dalla sensibilità.
«Raffael, tesoro mio, scusami. La mamma non voleva nasconderlo, ma se te l'avessi detto... credevo non avresti capito, non lo avresti accettato e l'unica cosa che vorrei è vederti soffrire. La mamma è malata» iniziò a spiegare, accarezzando la schiena del suo bambino, con lo sguardo rivolto alla finestra. «Scusami se ho smesso di passare molto tempo con te, lasciandoti alla più totale solitudine» Raffael scosse la testa, facendo sorridere la donna, sentendosi più leggera. «Sono davvero stanca, tesoro mio, ma voglio che tu sappia che ti amo, bambino mio, ti amo più di qualsiasi cosa abbia al mondo. E se...» si fermò, sentendosi incapace di continuare per le lacrime che cercava di trattenere e un groppo che si era formato alla gola. Cercò di stringere maggiormente il figlio a sé, senza troppi risultati. Raffael piangeva silenziosamente, attento ad ascoltare ciò che la madre gli stava sussurrando. La donna sospirò. «Claudia mi ha promesso che si sarebbe presa cura di te durante la mia terapia, ma devi promettermi che farai il bravo, che farai tutto ciò che lei ti dirà, che mangerai tutto ciò che lei ti cucinerà, anche quelle verdure che non ti piacciono. Ricordati di ringraziarla, di aiutarla e quando puoi fare le cose da solo, non disturbarla. E se la mamma non riuscirà a vederti crescere, ti prego, non farmene una colpa». Sussurrò l'ultima frase, lasciando finalmente cadere le tacite lacrime.
Raffael fu bagnato dal dolore che la donna stava sentendo. Quanto avrebbe voluto scoprire il contrario, essere sgridato da lei perché l'aveva svegliata anche se erano appena le dieci di sera. Avrebbe dato tutto pur di vedere la madre migliorare, anche il suo tenero orsacchiotto, la cosa alla quale teneva di più, ovviamente dopo la madre. Aveva finalmente capito perché il padre gli avesse permesso di trascorrere tutto quel tempo con lei, nonostante glielo avesse sempre negato. Com'era triste tutto ciò e com'era triste il mondo degli adulti. L'abbracciò in silenzio, senza dire nulla, con il cuore colmo di un segreto straziante. -
(Novella scritta da Lycoris_h e Calypsofiorenascosto)
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