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Non riuscivo a riprendere sonno. Ero sveglia ormai da mezz'ora, e la sveglia digitale di fianco a me segnava le quattro di notte. Daniela ci aveva ordinato di essere giù al buffet almeno per le otto e mezza, perciò mi conveniva riposare ancora un poco. La mia testa, però, non voleva sentire ragioni. Era proprio impossibile addormentarmi.
Marc-André giaceva accanto a me, e la luce verde della sveglia gli illuminava il viso senza imperfezioni.
Si poteva dire tutto sul tedesco, come che era insopportabile, con idee insensate, orgoglioso e austero, ma non che fosse un bel ragazzo.
-Mi stai mettendo ansia.-Disse lui, con la voce biascicata, aprendo all'improvviso un occhio. Quasi mi presi un infarto, perché fra tutte le opzioni possibili mai mi sarei aspettata di essere beccata in flagrante mentre lo studiavo.
-Scusami, non riuscivo a dormire.- Affermai, un po' dispiaciuta per averlo svegliato.
-Nemmeno io dormo tanto la notte, a dir la verità.- Ammise lui, facendo spallucce.
-Come mai?
Lui si passò una mano nei suoi corti capelli biondi, e fece una smorfia. -Semplicemente, ho il sonno leggero. Mi accorgo di tutto.
-Beh, saresti perfetto come guardia del corpo. Ti accorgeresti subito di una rapina.- Scherzai un poco, per sciogliere l'atmosfera. Lui sembró apprezzare.
-E tu? Come mai non dormi?-
-Forse era più facile chiedermi di raccontarti il primo canto della divina commedia con la bocca piena d'acqua.- Sussurrai, strappandogli un sorriso. -Non so, solitamente ho il sonno pesante, forse ho solo freddo.
Davvero, volevo mettermi li e raccontare che avevo problemi di sonno causati da non so quale motivo, ma in realtà ero solita dormire con un sasso una volta toccato il letto.
Lui sembró avvicinarsi a me, e fece un gesto che mai mi sarei mai aspettata da lui: mi abbracció.
Nonostante dormisse solo con i boxer, era caldo, a differenza mia che indossavo anche il pile.
Stare fra le sue braccia era strano, ma non mi lamentai.
-Va meglio?- Mi chiese, e sentii il suo sospiro sulla mia pelle. Mi mise i brividi.
-Si, grazie.- Mormorai in risposta, prima di addormentarmi come un sasso.
[...]
-Odio Daniela.- Mormorai a Marc-André. Avevamo deciso di fare una passeggiata, e Daniela aveva optato per quel percorso tortuoso e faticoso.
Lei e Manuel ci avevano superato di molti metri, e sembravano non avere difficoltà, al contrario mio. Continuavo ad inciampare, e mi sentivo stanca e spossata.
-Credo che tu non abbia torto a farlo, poteva scegliere una passeggiata più semplice.- Affermò Marc-André con tranquillità, come se non fosse affatto stanco.
-Ma se sei così calmo e rilassato, tu! Saresti capace di mettermi a correre.- Lo schernii, un po' irritata dal fatto che sembravo l'unica a soffrire.
Lui rise, mettendo in mostra i suoi denti candidi e dritti.
-Sono abituato, ma non posso lasciarti qua. Non riusciresti a sopravvivere nemmeno un secondo senza di me.-
-Pieno di se' il ragazzo, eh?- Borbottai, dandogli un pugno sulla spalla, in maniera giocosa. -Non ho bisogno di te, sono in grado benissimo di farcela da sola.
Lui alzò gli occhi al cielo, e aumentó il passo, lasciandomi da sola.
Sbuffai sonoramente, e continuai a camminare, senza badare al fatto che mi avesse davvero assecondato.
Avevo freddo, ero stanca, e inoltre il cielo minacciava di piovere.
Da quanto avevo capito, mancava ancora un'oretta per il primo rifugio, ma Daniela aveva deciso che avremmo mangiato al rifugio dopo, distante dalla mia attuale posizione di almeno due orette e mezza.
Ero certa che Marc-André sarebbe tornato indietro da me, ma invece nulla, sembrava aver messo il turbo.
Feci un respiro profondo, e decisi di darmi una mossa.
Eppure la stanchezza aveva intenzione di giocarmi un brutto scherzo.
Appoggiai male il piede e ruzzolai a terra, con la faccia nella polvere.
-Cazzo.- Sussurrai, esasperata, pulendomi la faccia come meglio potevo, e rialzandomi con fatica.
La caviglia mi doleva, ma non avevo alternative: dovevo continuare.
Presi la borraccia dallo zaino, e versai un po' di acqua sulla caviglia malandata, poi ripresi il percorso, zoppicando.
Non avevo affatto idea di quanto sarei resistita.
-Rin, sei proprio una lumaca. Ti davo per dispersa.- Dopo venti minuti, ecco che il biondo fece la sua comparsa.
Appena notó che zoppicavo, però, diventó serio.
-Ti lascio un attimo e ti trovo in pessime condizioni. Cosa ti è successo?- Mi domandó, chinandosi ad esaminare la mia caviglia, gonfia e non un granché da vedersi.
-Sono caduta, niente di grave.- Minimizzai io, ma lui non sembró crederci.
Ancora una volta, si prese cura di me.
Mi mise un mio braccio intorno al suo collo, con l'intenzione di farmi da supporto.
-Ci fermeremo al primo rifugio, manderò un messaggio a Daniela o a Manuel appena avrò campo. Di sicuro ci hanno superato di un bel pezzo.- Prese in mano la situazione, e devo ammettere che quel suo modo di fare mi faceva sentire protetta.
-Sei sicuro di voler farmi da bastone? Ti rallento soltanto e poi posso farcela.-
Lui si fermò, e mi guardò esasperato.
-Non puoi farcela, non in queste condizioni. Smettila di fare la dura, so che hai un grande potenziale, ma accetta il fatto che non ti lascerò qua.- Il suo tono era così perentorio, che non ebbi il coraggio di fiatare. Mi limitai a stare zitta, mentre camminavamo lentamente.
Forse quella era l'occasione per chiedergli spiegazione riguardo alle parole di Manuel, ma sinceramente, non sapevo da dove iniziare.
Mancava ormai poco ad arrivare al rifugio, forse dieci minuti, quando incominció a piovere. Dapprima la pioggia era debole e discontinua, poi si fece sempre più fitta ed incessante.
-Ti prendo in spalla e mi metto a correre. Va bene?- Mi chiese Marc-André, guardando critico il cielo. C'era aria da temporale, di quelli tosti.
-No!- Dissi contrariata, non appoggiando affatto la sua idea. -Puoi farti male anche tu, non trovo la tua idea affatto intelligente.
-Che carina che sei, ti preoccupi per me!- Disse lui, forse per prendermi in giro. Nonostante avessi detto di no alla sua folle idea, lui non mi diede ascolto, e mi caricó sulla schiena, mettendosi lo zaino davanti. Cominció a camminare velocemente, come se non sentisse il mio peso, e io mi strinsi forte a lui, chiudendo gli occhi per la paura. Temevo di scivolare.
-Rin, siamo arrivati. Puoi anche lasciarmi andare, sei al sicuro.- Neanche mi ero resa conto che Marc-André si fosse fermato.
Aprii lentamente gli occhi, ancora tremante, e scesi dalla sua schiena.
-Io ti sono debitrice.- Affermai con solennità, pulendo le scarpe sullo zerbino del rifugio.
Eravamo entrambi bagnati fradici, e non vedevo l'ora di entrare al caldo.
-No, non mi devi nulla.- Disse lui, semplicemente, mentre apriva la porta di legno.
Il caldo e l'odore di torta ci invase, e ciò non fece altro che aumentare la mia fame.
Trovammo un posto libero, nonostante ci fossero tante persone, e ci sedemmo comodamente uno di fronte all'altro.
-Credo che Daniela e Manuel non siano qua, gli mando un messaggio sperando che stiano bene.- Disse il tedesco, armeggiando con il suo telefono.
-Sai, io non capisco una cosa di te. Sei sicuro di provare qualcosa per Daniela?- Forse quello fu il momento meno adatto per parlare, ma ciò che volevo era solo capire.
Manuel mi aveva detto che secondo lui Marc-André non provava più nulla per Daniela e che era lei ad amarlo ancora, mentre il biondo continuava ad insistere sul contrario.
-Si, sennò perché ti avrei coinvolto?- Sembrava sincero, o almeno, convinto. -Perché mi fai questa domanda?
Mi puntó i suoi penetranti occhi azzurri, e per un momento pensai di non avere via di fuga.
-Volete ordinare qualcosa?- Ci domandó la cameriera, venuto al nostro tavolo.
-Per me una torta alle carote e un tè verde, grazie.-
Marc-André non mi staccava ancora gli occhi di dosso, e ciò mi mise ansia. -Per me un tè alla vaniglia e una torta al cioccolato.- Disse solamente, distogliendo finalmente gli occhi da me, per fissare la bella cameriera.
Come notai che la stava mangiando con gli occhi, mi venne spontaneo dargli un calcio sotto al tavolo.
-Qualcuno è gelosa qui?- Mi provocò lui, e io feci una smorfia di disgusto.
-Stavi mettendo la cameriera a disagio. Solo questo.- Replicai, nonostante la strana sensazione di fastidio che avevo provato quando lui aveva guardato un'altra.
-Certo.- Disse lui poco convinto, ma divertito dalla scena. -Dove eravamo rimasti?
-Mi avevi chiesto perché ti ho fatto quella domanda.
Semplicemente, credo che anche tu non sappia quello vuoi. Perché l'hai lasciata, allora?
Il suo sguardo sembró scurirsi e il suo corpo divenne rigido e serio.
-Non lo so, te l'ho già detto.- Affermò duramente lui. -Finiamo di mangiare e poi proseguiamo. Credi di farcela?
Io annuii, sebbene fuori continuasse a diluviare. e sapevo con certezza che stavolta non mi avrebbe più aiutata.
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