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Capitolo 5-Quarantott'ore di tempo, un vincitore!

La sala era adornata con grandi decorazioni nivee, che nella penombra risultavano color crema.
Le persone già danzavano accompagnate da una corposa orchestra che suonava i suoi migliori brani, ridevano e bevevano i drink che venivano serviti loro da un barman in smoking perlaceo.
Sembrava di essere entrati in un set cinematografico di un film d'epoca.
Vince camminò per qualche metro tra la folla e potè osservare quanto gli abiti degli invitati fossero fuori moda.

Le donne volteggiavano in lunghi vestiti di seta o in abiti di raso decorati con una fitta rete di frange metalliche.
Gli uomini portavano completi dai colori chiari e dalla linea antiquata.

Quanto la musica fosse fuori moda.
Charleston.

Vince alzò il capo e osservò di nuovo l'enorme striscione posto all'entrata.
Perfino i caratteri usati per scriverlo erano vintage.
Il ragazzo si sedette su una delle piccole poltrone poste al centro della sala e più di una volta vide passare a pochi centimetri da sé coppie impegnate in un ballo.

«Ehi, sei qui anche tu» esordì un voce dietro alle spalle di Vince. Dal tono si poteva percepire che l'interlocutore stava sorridendo.

Il ragazzo si girò e davanti a lui trovò Nolan, con uno sghembo sorriso fra le labbra sottili, a vestirlo un semplice completo moderno.
Tutti lo guardavano, chiedendosi quale moda stesse indossando il giovane.
Lui sembrava non notare tutte quelle veloci occhiate.

Che cosa posso dire?

Domandò a se stesso Vince, poi si limitò ad accennare una lieve incurvatura della bocca e rimase in silenzio.
Nolan sembrava stesse per dire qualcosa, ma subito si ammutolì.

Vicino a lui si era accomodato un giovane dal portamento raffinato, il volto apparentemente severo.
Gli occhi pallidi tracciavano i contorni di ogni persona a lui circostante con sguardo scientifico e minuzioso.
Evander.
Dopo aver concluso le proprie tesi su ognuna delle persone che gli passavano vicino, Theodore strinse la mano ad entrambi i ragazzi, ma non mostrò nemmeno la parvenza di uno di quei sorrisi che gli riuscivano così bene.
All'improvviso una goccia cremisi percorse repentina la sua guancia, ma prima di raggiungere il mento lui la soppresse con un panno di lino, che subito ripiegò e ripose nella tasca della giacca color cenere.

Sanguina dagli occhi.
Pensò Vince.

«Sono lieto che vi siate uniti a noi nei festeggiamenti. Sapete, il Gala è molto importante qui a Fostemoon» affermò.

«Estremamente importante. Vero, Theodore?»
Emeline appoggiò con delicatezza una mano sulla spalla di Evander e lui prontamente la raccolse nella sua.

«Emeline, prego, allietaci con la tua compagnia» esclamò il sindaco facendo spazio alla ragazza e lei di rimando lo guardò con aria falsamente infastidita e quasi divertita.

Qualcosa fece intendere a Vince che il tono usato da Evander fosse sarcastico.

Un uomo coraggioso
Pensò il ragazzo.

Theodore osservò, con un enigmatico sguardo, la ragazza compiere dei movimenti tanto aggraziati quanto ghiacciati.
Il vestito smeraldino che Emeline indossava ondeggiò appena quando si sedette, lei sistemò le pieghe che il tessuto aveva formato sulle gambe, ma non si accorse di un'indocile ciocca che le scorreva sulla clavicola.
Vince pensò diverse volte se alzarsi con disinvoltura e scappare fino all'hotel, ma non lo fece.
Non si alzò, non aveva nemmeno la forza di muoversi.

Nolan era come sparito dalla sua visuale, davanti a Vince ora esistevano soltanto quei due assurdi individui che lo osservavano con criptica benevolenza.

«L'estrazione di oggi ci ha nominato come sfidanti, Nolan. Non sei emozionato?» chiese Emeline con circospezione.
Sembrava stesse analizzando le emozioni e i comportamenti di Anderson.

Non sei emozionato?

Tutte le parole sembravano così fredde e distanti quando era lei a pronunciarle.

«Ecco, a proposito. Per cosa dovrei essere euforico?» domandò perplesso Nolan.

«Non abbiamo detto che dovresti essere euforico» negò Emeline incrociando le braccia.

«Non lo abbiamo mai detto» ripetè Evander quasi accavallando la sua frase con quella della giovane.

Nolan aprì la bocca per dire qualcosa, ma la ragazza lo zittì.
«Fortuna, Fortuna Adversa. Ad ognuno il suo compito» dichiarò lei, abbozzando un sorriso contenuto.

Nolan sentì la gola seccarsi e un senso di calore invadergli completamente il viso, come se fosse trafitto da migliaia di aghi.
Un attimo prima stava bevendo il suo drink, si stava godendo la festa ed era riuscito a scacciare le preoccupazioni dovute all'estrazione e avere finalmente un po' di pace, eppure in quel momento, nell'esatto istante in cui era arrivata Emeline, la miriade di pensieri che per qualche attimo avevano smesso di stritolarlo erano tornati a comprimergli la mente e lo stomaco.

«Cosa sta succedendo?» riuscí a dire infine Anderson, osservando con occhi ingenui e confusi Vince.

Lui contraccambiò l'occhiata per qualche secondo, poi incrociò le iridi turchine di Emeline e subito dopo quelle ferrigne di Theodore, ancora cerchiate da una lieve colorazione rosa dovuta al sangue.
Distolse lo sguardo.

Avrebbe voluto parlare, chiedere anche lui cosa diamine stava accadendo, eppure qualcosa lo bloccava ancora una volta dal muoversi, dal parlare e dall'essere vivo.
Forse la causa era da cercarsi nella chioma sanguigna di Emeline, e in tutte quelle piccolissime fiammelle che le cadevano dall'acconciatura.
Oppure la colpa era della densa nebbia che tingeva di perlaceo gli occhi di Evander e del modo in cui faceva roteare ipnoticamente lo champagne nel calice.

«Ora ascoltiamo.» Emeline zittì nuovamente Anderson, ma lo fece con estrema dolcezza.

Un uomo traballante salì sul palco e l'orchestra gli cedette il ruolo di protagonista.
Era lo stesso individuo che aveva aperto le estrazioni quel pomeriggio.
Il Presentatore.
Si schiarì la gola una o due volte e poi, con estrema vitalità, iniziò il suo discorso.

«Signori, signore, sono felice di vedervi in molti qui, stasera. Come sapete oggi ci sono state le prime estrazioni di quest'anno, quindi ora mi sembra il momento migliore per elencare tutte le tradizionali regole del gioco!» esclamò l'ultima frase con un ambiguo tono, forse ricco di sarcasmo o forse veramente saturo di convinzione.

Tutti gli invitati si voltarono verso la parete, dove iniziò ad essere proiettato un video in bianco e nero, dall'aria veramente...
Vecchia?

Il filmato parte, dopo un conto alla rovescia. Si vedono delle immagini ritraenti Fostemoon in diverse stagioni dell'anno.
Fostemoon con la neve, Fostemoon in primavera, Fostemoon bagnata da un sole cocente e... Fostemoon in autunno, quel momento dell'anno.
Una scricchiolante voce maschile inizia a parlare allegra.

«Due persone, due concorrenti, stranieri e cittadini, Fortuna e Fortuna Adversa!»

Vengono inquadrati due attori, che esultano dopo essere stati nominati da un fittizio sindaco.

Nolan si sforzò di sorridere nonostante la preoccupazione, poi sussurrò a Vince:
«Sembra un vecchio filmato, tipo Lumière.»

Vince si limitò a contraccambiare il sorriso, poi si rivoltò a osservare lo schermo.

«Una volta a settimana, partendo dal ventiquattro di Novembre, nella nostra bella città, due persone vengono scelte per partecipare al gioco.»

La visuale cambia, i due attori ora sono davanti a un orologio che segna lo scoccare della mezzanotte.

«Quarantott'ore di tempo, un vincitore!»

I due protagonisti corrono in due parti diverse dello schermo, poi la visuale cambia e si vede uno di loro... affilare un coltello.

Un coltello?
Pensò immediatamente Vince, sentendo una goccia fredda scendergli lungo la tempia.

Nolan si voltò verso di lui, gli occhi terrorizzati e la bocca che non riusciva ad emettere alcun suono.
Vince si avvicinò all'orecchio del ragazzo e mormorò:
«Andiamocene immediatamente»

Lui annuì flebile, poi entrambi si alzarono dalla poltrona tenendo lo sguardo incollato su Theodore ed Emeline. Lei aveva gli occhi limpidi e divertiti incollati allo schermo, sembrava non aver visto i due alzarsi. Theodore ogni tanto si asciugava le lacrime di sangue.
Nolan riuscì ad arrivare quasi alla porta d'uscita, Vince lo precedeva.

«Oh, no! Non sia che gli ospiti decidano di andarsene prima della fine del filmato! Esso è fondamentale!» annunciò la voce narrante.

Vince si bloccò in mezzo alla sala, mentre tutti gli invitati lo osservavano e bisbigliavano. Nolan rimase con la mano bloccata sul pomello della porta d'uscita.

Come... com'è possibile? È stato il narratore del video a parlare?
Si chiese allibito Vince.

Poi si girò verso Emeline. Lei fissava lo schermo e sibilava qualcosa tra i denti.
Poco dopo, la voce nel video ricominciò a parlare.
«Forza, ospiti, tornate ai vostri posti.»

Era lei. Era lei che comandava cosa dire al doppiatore.

Non è... possibile.
Pensò Nolan atterrito, poi, come mosso da una forza estranea, tornò sui suoi passi e si rimise a sedere, immobile e tremante come l'essere più indifeso.
I suoi occhioni scuri erano spalancati e terrorizzati.

Non voleva essere lì.

Voleva essere a casa, ad aspettare nel letto il suono della sveglia.
Avrebbe preferito essere a lavoro, il suo lavoro orribile, piuttosto che stare in quella sala.

Vince cercò di richiamarlo a sé, ma l'altro sembrava non sentire alcuna delle sue parole.

Vince guardò il proiettore fermo, in stand-by ad aspettare solo che lui tornasse a sedere bravo ed educato.
Finalmente il ragazzo prese posto vicino a Nolan, stringendo convulsamente i braccioli della poltrona.

«Quando il tempo a disposizione partirà» il narratore tornò a parlare, «la Fortuna Adversa avrà un'ora per nascondersi, dopo, la Fortuna dovrà stanarla.»

Stanarla.
Pensò Vince, deglutendo e schizzando lo sguardo da un punto all'altro della sala.
Vide gli altri stranieri terrorizzati quanto lui, che si muovevano a scatti sulle poltrone e si sussurravano qualcosa.

«La Fortuna Adversa dovrà essere molto abile a sfuggirle,» sentenziò la voce, «altrimenti, perirà.»
I due attori tornano in scena, uno di loro è morto e viene trascinato dall'altro, esultante.

Uno scroscio di applausi permeò l'aria, le dame applaudivano con delicatezza ed entusiasmo velato mentre gli uomini si alzavano e compievano il gesto con orgoglio.

No.
Pensò Vince.

La Fortuna è l'assassino. La Fortuna adversa... la vittima.

«E ricordate, se la Fortuna Adversa riuscirà a vivere oltre le quarantott'ore i ruoli dei due estratti s'invertiranno!» esclamò il narratore, quando il silenzio calò nuovamente sulla sala, interrotto solo da qualche bisbiglio.
Vince osservò Emeline.
Puntava con precisione un bersaglio ignaro e spaventato.
Gli occhi di lei erano colmi di una strana quanto inequivocabile luce.
Le sue labbra amaranto s'incurvarono quando incontrò lo sguardo di Vince.

Quarantott'ore sarebbero bastate sicuramente.

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