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19


Attendere il tramonto fu più difficile del previsto per Edward, che trascorse le ore rimuginando sul fatto che i vecchi Quileute avessero spiato la sua vita. Se da una parte il vampiro poteva trovare una giustificazione al loro comportamento, dall'altro s'innervosiva all'idea che la tribù ancora non si fidasse della sua famiglia. Tuttavia, decise di rimanere tranquillo: non valeva la pena farsi vedere da Bella così agitato.

Quando parcheggiò l'auto sul vialetto di casa Swan, attese qualche secondo prima di scendere dal veicolo, gustandosi un po' dei discorsi padre e figlia. Sentiva Charlie abbastanza nervoso all'idea che Bella trascorresse la sera con lui, ma non c'era più gelosia di quanta Edward già conoscesse. Suonò il campanello e sentì i passi pesanti dell'uomo, seguiti a breve distanza da quelli leggeri di lei.

"Entra, Edward" disse Charlie con autorevolezza. Il vampiro sorrise e varcò la porta.

"Grazie, ispettore" disse Edward, rispettoso. Sapeva che Charlie amava i rapporti vecchio stile, nei quali il giovane porta un ossequioso rispetto al padre della ragazza. In questo campo, il vampiro si riteneva sufficientemente sicuro di non sbagliare: in fondo, proveniva da un'epoca dove il linguaggio era estremamente importante.

"Chiamami tranquillamente Charlie. Dammi il giaccone". Il tono dell'uomo era volutamente perentorio ed Edward lo sapeva: capo Swan era burbero ma non cattivo e sotto quell'aspetto duro ed autorevole, vi era semplicemente un padre agitato.

Si sedettero in salotto: Edward fu molto attento a permettere che Bella si sedesse accanto al padre sul sofà, in modo da non intromettersi fra i due. Sapeva quanto fossero fondamentali quegli atteggiamenti per fare bella figura e diede la massima attenzione. Così, si sedette sull'unica sedia, davanti al divano.

"E allora ho sentito che porti mia figlia a vedere una partita di baseball". Il modo in cui capo Swan disse mia figlia, strappò un sorriso cordiale ad Edward.

"Si, signore, quello è il programma". Edward rimase colpito dalla capacità di Bella di rimanere il più possibile aderente alla verità raccontando a suo padre tutto, ovvero che avrebbe assistito ad una partita, tralasciando l'unico particolare rilevante: sarebbe stata l'unica umana in un gruppo di vampiri. Seguirono alcune frasi di circostanza alle quali Edward non diede più di tanto peso: non vedeva l'ora di uscire da lì per poter tenere la mano di Bella.

"Tratta bene mia figlia, intesi?". Edward sorrise fra sé: era da diversi minuti che Charlie si chiedeva se dire o meno quella frase e, alla fine, aveva scelto di farlo. Il capo Swan non voleva sembrare scortese, eppure le sue preoccupazioni erano vivide, perciò aveva deciso di fare quella velata minaccia. In quella frase vi era tutta la determinazione di un poliziotto, e di un padre, di assicurarsi giustizia nel caso in cui Edward avesse trattato male la figlia.

"Le prometto che con me sarà al sicuro, signore". Edward aveva scelto con cura quelle parole e fece centro. Charlie si tranquillizzò e sorrise benevolo a quella promessa.

Giunti al bosco, Edward fermò la jeep. Sarebbero dovuti andare a piedi fino alla radura che i Cullen usavano per giocare. Ovviamente, a Bella l'idea di rivivere la folle corsa non piacque per nulla e tentò di fare resistenza.

"Sai una cosa? Ti aspetto qui", disse lei convinta e strappandogli un sorriso.

"Dov'è finito il tuo coraggio? Sei stata così brava stamattina...".

"Non ho ancora dimenticato l'ultima volta", ribattè sicura. In effetti, era trascorso solo un giorno... un singolo ed interminabile giorno. Eppure, per Edward, era passata una vita.

Doveva tranquillizzarla... ma come? Decise che avrebbe spostato l'attenzione di Bella su altre... cose. Così si avvicinò a lei e lentamente le parlò all'orecchio.

"Dimmi di cos'hai paura", le chiese sussurrando.

"Beh, ecco di sbattere contro un albero... e di morire. E poi di avere la nausea". Edward soffocò una risata a quelle parole, sia perché suonavano abbastanza ridicole sia perché il tono che Bella usò per dirle era decisamente poco convinto. Il vampiro avvicinò, lentamente, le sue labbra all'incavo caldo del collo, sentendo il battito del cuore di Bella aumentare.

"Adesso hai ancora paura?", le domandò malizioso. Era... inebriante la sensazione che stava provando: un fuoco che si liberava dallo stomaco fin nella sua testa, portandolo alla pazzia. Sentiva ogni parte di sé ricercare la pelle di lei e gli occhi si chiusero da soli, in quell'attimo di perdizione.

"Si", rispose quasi ansimando Bella. Anche lei faticava a rimanere concentrata. Era un gioco quasi perverso: Edward metteva alla prova se stesso mentre portava al limite anche Bella. Il vampiro continuò a seguire la linea del mento con le labbra, sfiorando appena la pelle calda e morbida di lei. Ad ogni bacio, entrambi sentivano una scossa partire dal punto di contatto e pervadere tutto il corpo. Edward controllava sia i movimenti sia la velocità: faticava a rimanere concentrato ma non voleva dar libero sfogo alla voglia di lei. Un po' per volta... un passo dopo l'altro... si diceva mentre poggiava le sue labbra sempre più vicino a quelle di lei.

"Vedi?", disse Edward rimanendo a pochi millimetri dalle sue labbra, "Non c'è nulla di cui avere paura".

"No", fece eco Bella più per istinto che per coerenza. Era giunto il momento che aveva desiderato dall'inizio di quella discussione: Edward prese con foga la testa di Bella fra le proprie mani e la baciò. Non fu un contatto tenero, ma passionale. Il vampiro muoveva con decisione le proprie labbra su quelle di Bella, inspirando il fiato di lei. Era un vortice di emozioni per Edward, tutte nuove eppure ataviche, naturali che venivano dal profondo di una natura, quella umana, che pensava sepolta dagli anni di maledizione. Bella strinse i suoi capelli, avvinghiandosi al suo petto e dischiudendo la propria bocca alla ricerca della sua. Fu un attimo, solo un istante nel quale Edward perse il controllo. La vista sembrò annebbiarsi, perduta in un fiume in piena. Ma riprese coscienza, prima del previsto. Si staccò da lei con occhi famelici, desiderosi.

"Accidenti Bella! Tu mi vuoi morto!", disse quasi urlando e facendo perdere l'equilibrio alla ragazza.

"Tu sei indistruttibile", sussurrò delusa Bella. Indistruttibile? Forse. Capace di controllarsi? Decisamente no, almeno non senza una fatica immane.

"Lo credevo anch'io, prima di conoscerti. Adesso andiamocene da qui prima che io combini qualche grossa stupidaggine", ringhiò più a se stesso che a lei. Non voleva allontanarsi, né voleva interrompere quel momento. Eppure era necessario: non era ancora sufficientemente forte da trattenersi. Doveva ancora imparare molto su di sé, prima di potersi concedere il lusso di godersi Bella.

Edward corse a perdifiato su per la montagna leggero e felice, sebbene ancora turbato dall'emozioni provate poco prima. Quando giunsero a destinazione, Bella cadde nel fango mentre cercava di scendere dalle sue spalle, facendo ridere di gusto il vampiro. L'espressione della ragazza, però, era sentitamente arrabbiata.

"Non essere arrabbiata con me. Avresti dovuto vedere la tua faccia...", cercò di giustificarsi Edward, trattenendo le risa.

"Ah, l'unico a cui è concesso di arrabbiarsi sei tu?". Edward colse la nota acida e tornò serio.

"Non ero arrabbiato con te"

"Bella tu mi vuoi morto!" gli fece il verso. In effetti era arrabbiato ma non con lei. "Eri arrabbiato", concluse.

"Sì", rispose convinto Edward e l'espressione di Bella cambiò.

"Ma sei hai appena detto che..."

"Non ero arrabbiato con te! Non capisci, Bella?". C'erano frustrazione e delusione nelle sue parole. Edward non riusciva più a spiegarle quanto lui fosse arrabbiato con se stesso, col fatto che fosse un vampiro. Era così difficile da capire? Se lui non fosse stato un mostro, non avrebbero avuto tutti quei problemi, lui non avrebbe dovuto faticare a strale lontano e lei non avrebbe rischiato la propria vita in continuazione. Edward accarezzò la sua guancia, dolcemente.

"Non sono mai arrabbiato con te e come potrei? Ciò che mi fa infuriare è l'impossibilità di proteggerti... la mia stessa esistenza è un rischio per te", Edward abbassò lo sguardo, vergognandosi per le proprie parole.

"A volte mi odio dal profondo. Dovrei essere più forte, capace di...", ma Bella gli mise dolcemente una mano sulla bocca, interrompendo quello sfogo.

"No", disse con semplicità. In quel piccolo monosillabo, vi erano l'amore e la fiducia di chi parla con il cuore in mano. Un cuore che non appartiene più al proprio corpo ma alla persona che si ha davanti. Edward sorrise.

"Ti amo. È una giustificazione banale per quanto faccio, ma sincera". Era la prima volta che le dichiarava così il proprio amore e, soprattutto, era la prima volta che lo diceva senza paura. Aveva donato se stesso alla persona migliore che potesse incontrare e ciò bastava.



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