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Capitolo 28

La prima cosa che faccio, appena mi rendo conto che sono sveglio, è guardare l'ora.

È quasi l'una del pomeriggio, ma sento di avere ancora sonno.

Io e Sil siamo rimasti a parlare, in giardino, fino alle cinque del mattino. Abbiamo visto un po' l'alba e poi siamo ritornati a dormire.

Il mio cellulare si illumina, avvisandomi che qualcuno mi ha mandato un messaggio.
Allungo il braccio per vedere chi mi ha scritto e, appena leggo il nome, sorrido.

Da Sil:

Mi hanno appena svegliato... i miei vogliono fare un pranzo in giardino o una roba del genere, mi vieni a salvare dalla noia? :,)

A Sil:

Apri la porta, sto arrivando

Appena premo "invio", mi alzo velocemente dal letto e inizio a frugare nell'armadio cercando qualcosa di decente da mettere.

Voglio fare bella impressione.

Ho ancora le persiane e le tende chiuse, per cui quando mia madre entra rimane sorpresa nel vedermi già alzato.

«Non so cosa mettermi!» le dico nel panico mentre analizzo altre magliette.

Mia madre sbuffa. «E poi dicono alle ragazze...»

«Mamma.» la richiamo. «È importante, sul serio. Se faccio qualcosa di sbagliato, o pensa che mi sono vestito male? Io non posso-»

«Quel paio di jeans e la felpa dell'hard rock di Los Angeles, quella che ti ho preso quando siamo andati noi tre, Dominic ed Austin.» mi interrompe lanciando un'occhiata all'armadio.

Mia madre è un genio.

L'abbraccio. «Ah mamma, ti adoro.»

Evelyn ride e ricambia. «Dai, vai a vestirti. Tra poco dobbiamo stare lí.»

«Volo.» dico e mi catapulto in bagno.


* * * *

Mentre varco l'ingresso per il giardino di Sil, la guardo giocare con Dylan.

Ha una camicia bianca in pizzo a maniche lunghe e dei jeans chiari.
Mi chiedo come faccia a non morire di caldo.

Appena alza lo sguardo e mi vede, sorride e mi viene incontro.

La abbraccio appena sono abbastanza vicino a lei.

Nonostante le ho già dato il buongiorno, alle cinque del mattino, la risaluto.
«Buongiorno di nuovo, nanetta.»

Ridacchia e poi, solo per darmi fastidio, mi scompiglia i capelli.

«Sil!» le dico cercando di trattenere un sorriso. «Ci ho messo mezz'ora per pettinarli.»

Mia madre appare magicamente vicino a me. «Lasciano stare stamattina come stavi. Ti dico solo, Silvia, che ha iniziato ad andare in crisi ed urlare per la casa che non sapeva cosa mettersi.»

Scoppiano tutte e due a ridere mentre io mi sento arrossire.

Cosa di "non mettermi in imbarazzo davanti a lei o la mia famiglia" non ha capito mia madre?

«Serio?» domanda bisbigliando appena mia madre va a salutare la sua.

«Bè, sì, ma non dovevi saperlo.» sussurro di rimando.

Intanto Matthew raggiunge me e sua sorella.
Mi dà un paio di pacche sulle spalle in segno di saluto, poi si rivolge a sua sorella. «Puoi andare a prendere il mio telefono in camera mia? Mamma mi ha chiesto di apparecchiare la tavola.»

Annuisce e mi prende per il polso. «Va bene. Mi accompagni, Ias?»

Le dico di sì sorridendo.

Due minuti dopo siamo nella stanza di Matt ed io mi prendo qualche secondo per osservarla, mentre Sil fruga sopra la scrivania e dentro i cassetti.

Ha le pareti gialle canarino, non tanto acceso. Sono piene zeppe di poster riguardanti lo sport, per lo più sul baseball.

«Non c'è.» borbotta Sil sbuffando, poi con la testa mi fa segno di seguirla. «Forse l'ha lasciato in camera mia quando mi è venuto a svegliare.»

Mi spiega mentre saliamo le scale per camera sua.

Eccetto per ieri sera non ci sono mai salito.
Una volta a Miami mi ha spiegato perché vive praticamente in soffitta. Prima condivideva la stanza con Matt.

Dato che Maya non abita più qui, le chiedo perché non prende la sua stanza.

«È più spaziosa la mia.» risponde entrando. «Ho un bagno tutto mio e poi non è così male. Alcune volte è umido, è vero, ma io ho la finestra con sotto proprio il divano e mi metto sempre lí a leggere la sera o di notte. In camera di Maya non si può e non la cambierei per nulla al mondo.»

Meglio così. Penso. La mia si affaccia proprio sulla sua, Mentre quella di Maya è dall'altra parte della casa.

È più facile vederla da qui.

Ieri quando sono venuto qui era praticamente buio pesto ed ero così emozionato di ritrovarmela davanti, che non ho proprio osservato la sua camera.

Le pareti sono blu scuro ed una parete intera e le ante dell'armadio sono ricoperte di foto.

In alcune ci sono anche io, così mi fermo ad osservarle.
In una siamo a Disneyland. Io le sto dando un bacio sulla guancia e lei sta facendo una faccia buffa. Abbiamo tutti e due le orecchie di Topolino e Minnie.

In un altra stavamo ancora ad Atlanta. Mi ricordo che abbiamo chiesto ad un passante di farcela, dopo l'Hard Rock.

In un altra ancora ci siamo noi sulla spiaggia di Miami tutti sorridenti. Mi ricordo di quella giornata: avevamo appena finito di surfare e Sil era riuscita a rimanere in equilibrio senza il mio aiuto.

«Oh, eccolo.» dice ad un certo punto Sil, riferendosi al cellulare di suo fratello.

Io non rispondo e continuo ad osservare le foto. Se mi concentro e penso ai ricordi, alle sensazioni, capisco quanto ero felice e quanto mi è mancata in realtà.

Sapevo che mi mancava a Los Angeles, era il mio punto fisso ed il dolore al petto me lo ricordava sempre. Ma ora, guardando le foto, ricordando tutti i momenti, mi accorgo che mi è mancata più di quanto pensassi.

La sento affiancarmi e guardare la foto che sto osservando anche io. Gli unici suoni sono le risate dei nostri genitori a due piani sotto.

«È stato bello, eh?» chiede dopo poco. Non so se si riferisce al viaggio o alla nostra storia.

«Potremmo ritornarci qualche volta, magari.» dico io.

Mi giro a guardarla: ha gli occhi gonfi di lacrime.
Mi affretto ad accarezzarle una guancia e con voce dolce le chiedo cosa non va.

«Va tutto bene. È che non pensavo ti avrei più rivisto ed ora sei qui. So che è passata quasi una settimana ma, io...-»

Non finisce la frase perché la bacio. La avvicino di più a me prendendola dai jeans, esattamente dove dovrebbe stare la cintura, mentre le sue piccole mani avvicinano il mio viso al suo.

«Ias?» mi chiede dopo qualche secondo che abbiamo smesso di baciarci.

Faccio segno di continuare. «Sai quando hai detto, ieri sera, che mi ami?»

«Sí.»

Sorride ed io mi sento il ragazzo più felice del mondo. «Ti amo anche io.»

Le dò un bacio sulla fronte, poi mi schiarisco la voce.

«Sil Prior, vuoi essere la mia ragazza?»

Lei mi guarda con gli occhi spalancati. «Me lo stai chiedendo sul serio?»

Io rido. «Devi dirlo, altrimenti lo prendo come un no.»

Mi salta praticamente in braccio, neanche le avessi detto di sposarmi.

«Sì! Sì! Sì!»

Così mi ritrovo a baciarla di nuovo, quasi vedo i cuoricini volarmi sopra la testa.

Sto capendo che quando due persone si amano sul serio, trovano sempre il modo per far continuare a funzionare le cose.

Noi ci abbiamo messo davvero tanto tempo, eppure eccoci qui.

Lei è nata per essere mia. Io sono nato per essere suo.

Se avete gradito questo capitolo, vi chiedo gentilmente di lasciare un voto.
Grazie ancora a chi ha votato, sia ora che nei capitoli precedenti. Lo apprezzo veramente molto e mi fa davvero piacere.
Vi amo. ❤️
-sil

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