Capitolo 27
Esco dal bagno sbadigliando, pronto per mettermi il pigiama ed andare a letto.
Quando mi avvicino alla scrivania per prendere il caricabatterie del mio Iphone, vedo un telefono che non è mio sulla scrivania.
Sorrido, perché ho il sospetto di chi sia, ma lo accendo comunque per vedere lo sfondo e confermare la mia teoria.
Lo sfondo del telefono è una foto degli Imagine Dragons, e non ho dubbi: è di Sil.
Probabilmente l'ha poggiato qui quando è venuta e andandosene l'ha dimenticato.
Abbiamo passato un bel pomeriggio in videochiamata con Dominic, Aus, Lucie e Clare, ed è rassicurante che si trovano tutti simpatici.
Non che mi importasse granché: loro non possono mutare i miei sentimenti per lei, ma è sempre meglio così.
Infilo il suo cellulare nella tasca posteriore dei miei jeans, poi mi affaccio dalla mia finestra.
Tutte le luci di casa sua sono spente, eccetto per quella di camera sua.
Probabilmente sta leggendo o vedendo qualche serie televisiva.
Anche se è tardi, cercando di non fare rumore, sgattaiolo fuori casa fino a trovarmi nel suo giardino, con l'aria tiepida che mi fa rabbrividire leggermente.
Ho solo una canottiera sportiva addosso.
La mia prima idea è di bussare, ma subito l'immagine di un Matthew o una Susan con i capelli arruffati mentre mi aprono la porta mi viene in mente.
Preferirei evitare di dire al fratello e alla madre della mia ex ragazza perché voglio vederla alle due di notte.
Così opto per l'opzione più strana che potessi scegliere: arrampicarmi sull'albero difronte la sua camera e sperare che mi veda.
Sotto l'albero mi sale il panico. Non so dove mettere le mani, non cosa potrebbe succedere se cado e se mi faccio male.
Poi vedo un ramo non troppo distante da me, così lo afferro con tutte e due le mani e mi corico su.
L'albero è abbastanza alto ed i rami sono abbastanza robusti da reggermi. Spero.
Una volta salito sul primo ramo è facile: mi arrampico sul secondo e poi sul terzo.
Già dal sesto inizio a vedere metà della sua camera.
Dal settimo invece vedo lei.
È stesa sul letto con un libro tra le mani. Sta leggendo, lo vedo dagli occhi che zigzagano da una parte all'altra.
Purtroppo camera sua è sulla soffitta, quindi non ha un balcone.
Però se allungo la mano riesco a sfiorare la finestra.
Prendo un rametto più piccolo degli altri, e lo lancio con leggerezza sul vetro.
Sil solleva subito lo sguardo, e quasi urla quando mi vede.
Poi mi ricordo di una cosa: qui fuori è buio e non mi riconosce.
Le faccio segno di stare zitta e lei accende la luce dal lampadario, dato che prima aveva acceso solo una lampada.
Credo che solo ora mi riconosca, infatti apre la finestra.
«Ma sei impazzito?» bisbiglia piano, ma comunque con gli occhi spalancati ed un tono di rabbia.
«Ciao anche a te.» rispondo ironico.
Sil inarca un sopracciglio e guarda in basso, probabilmente per vedere quanto è alto da qui.
Sospira prima di riportare gli occhi su di me. Accenna un sorriso. «Entra, scalatore di alberi.»
Io soffoco una risata per non svegliare il vicinato.
Faccio una piccola corsetta e poi mi butto a capofitto dentro la camera, dato che il ramo finiva prima e la finestra non ha appigli.
Ringrazio il cielo che ci sia un divano sotto la finestra.
«Stai bene?» mi chiede appena entro e mette il suo amato libro a posto, vicino gli altri.
Guardo di sfuggita il libro: "Tutte le volte che ho scritto ti amo."
Devo ricordarmi di comprarlo.
Annuisco e lei mi guarda. Prima che possa dire qualcosa, le porgo il telefono.
«Avevi dimenticato questo.»
«Oh. Grazie.» mi sorride imbarazzata prendendo il cellulare, poi lo posa sulla sua scrivania. «Potevi darmelo anche domani.»
È vero, potevo, ma ho subito colto l'occasione per rivederla.
Alzo le spalle, fingendo che la cosa mi abbia sfiorato la mente quando, in realtà, non l'ho neanche considerata un'opzione.
«Ho visto che eri sveglia e mi annoiavo, così... perché non venire qui?»
Sil ridacchia.
Poi si avvicina di qualche passo, ancora con un sorriso divertito sulle labbra. «Quindi non devi già tornare a casa, no?»
Scuoto la testa.
Si allontana ed apre l'armadio. Prende dall'ultimo cassetto una coperta in cotone, di colore beige ed una s rosa ricamata sopra.
Poi apre l'altra anta dell'armadio, e prende un cuscino.
«Ma cosa-» stai facendo.
Vorrei chiederle, ma vengo interrotto proprio da lei.
«Shh, fidati e basta, Ias.»
Mi prende la mano ed in silenzio scendiamo le scale.
Chiudiamo piano la porta e quando le chiedo se ha le chiavi mi risponde che ci sono quelle di scorta sotto lo zerbino.
Andiamo nel retro del giardino, dove è tutto buio a causa delle luci spente.
Legato tra due piccoli alberi sempreverdi, c'è un'amaca.
«Stenditi.» sussurra dopo aver sistemato la coperta ed il cuscino.
Corrugando la fronte, faccio ciò che mi dice. «Che hai intenzione di fare?» chiedo ridendo.
«Nulla di strano, Eaton. Tranquillo.»
Vorrei dirle che non posso stare tranquillo con lei, perché riesce a mandarmi in fumo il cervello, ma non lo dico perché lei si stende vicino a me.
Sto per spostare il cuscino per farlo mettere anche sotto la sua testa, quando Sil appoggia la nuca sul mio petto.
Il cuore mi batte forte nel petto e, dal sorriso che fa, so che se ne è accorta anche lei.
Metto un braccio intorno alla sua vita, in modo che siamo abbracciati.
Tra le foglie degli alberi intravedo la luna. È piena e le stelle vicine sono grandi e luminose.
Gli unici suoni che si sentono sono i grilli ed il vento.
Fino a che lei non decide di spezzarlo.
«Ho immaginato per così tanto tempo come sarebbe stato rivederti.» Inizia a fare cerchi immaginari sul mio petto, vicino a dove è poggiata la sua testa.
«Magari ti avrei rivisto con Zeke o Shauna. O per sbaglio sarei venuta nella città dove stavi, Los Angeles, e per caso ti avrei visto. Ma non mi ero mai immaginato questo. Da quanto sapevi che saresti ritornato?»
«Da questo ringraziamento. E fidati, ho contato ogni singolo giorno.» bisbiglio girando leggermente la testa per guardarla.
«Mentre eri fidanzato?» chiede con voce strozzata.
Mi sto sul serio pentendo di averle detto di Sam, ma da una parte sono contento di essere stato onesto con lei.
«No. Ma anche quando lo ero ti pensavo. È cattivo, lo so, ma è così. Cercavo nella mia ragazza qualcosa che mi dicesse che era come te, ma il punto è che nessuno è te.
«A lei piacevo e mi sentivo in colpa quando sentiva le scosse quando la toccavo, o provava amore nei miei confronti, perché io non lo provavo. Ma lo sto provando ora, con te.»
«Chi la biasima.» cerca di ridere, ma esce un verso strozzato. «Come si fa a non innamorarsi di te?»
La stringo forte, cercando di portarla ancora più vicina, ma più di così non si può.
Sil continua. «Come si chiama?»
«Samantha.»
«Fantastico, ha un bel nome e scommetto che è bellissima.»
Si alza di scatto, e sento subito un vuoto dentro di me.
Così mi alzo a mia volta, ed ora siamo seduti, non più stesi.
«È bella.» concordo, perché non posso negarlo.
Poi prendo la mano di Sil e le bacio le nocche. «Ma tu sei bellissima, e ti amo.»
Quasi spalanca la bocca e la sua ingenuità mi fa sorride. «Tu... uhm... ancora-»
Rido. Non mi importa di svegliare l'intero vicinato.
Mi sento meglio ora che le ho detto tutto. Non ho più segreti con lei.
«Già.» dico una volta calmato. Le porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, come facevo sempre a Miami. «Ti amo.»
Poi l'avvicino a me e, lentamente, le dò un bacio sulla fronte.
Se avete gradito questo capitolo, vi chiedo gentilmente di lasciare un voto.
Grazie ancora a chi ha votato, sia ora che nei capitoli precedenti. Lo apprezzo veramente molto e mi fa davvero piacere.
Vi amo. ❤️
-sil
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