Edera
"Ed era notte quando accadde", forse così avrei dovuto iniziare. E invece no. Era giorno, uno strano giorno sfocato di fine ottobre, quando l'estate muore e nasce l'inverno. La vita che fa spazio alla morte.
Il mio corpo vibrava come le ali di una falena quando saltai giù e lasciai che la corda mi stritolasse il respiro. Mi dimenai, perché faceva male perdere la vita, era logorante sentirla uscire lentamente.
Ed infine, come ultimo scherzo del destino, scoprii che la morte non era affatto la fine di tutto.
Tik, tok... Il tempo non passa mai neanche quando si diventa cibo per la terra, quando l'incertezza fa spazio al bisogno che diviene ricerca di ossigeno incessante.
È ciò che cerco è la carne. Carne calda, retaggio di ciò che ho perso. Mentre le ossa vengono nascoste dalle edere soffici, lasciando credere che nulla sia successo.
Attendo, aspetto e fiuto ciò che presto arriverà. Perché se la paura a volte allontana, con curiosità avvicina. Il mistero dell' inspiegabile diviene missione che io, meticolosamente, realizzavo.
Non aveva più importanza se un tempo anche io ero stata viva, non aveva più importanza il motivo per cui ero diventata così, spirito divoratore di uomini. Volevo solo mangiare, nutrirmi, seguire un circolo che si ripeteva ogni notte che l'odore umano mi risvegliava.
E quanti erano? Due, tre, dieci? Sentivo i loro passi piegare l'edera, gracchiare fra le ossa nascoste sotto i loro piedi. Nessuno sapeva che ne avrebbe poi arricchito il suolo.
E tik, tak... il tempo trascorreva, l'edera mi aiutava a fermarli, e le urla pian piano si spegnavano sotto le mie fauci, tra sangue e carne viscida. A volte scura, a volte dura.
E poi ancora fame, fame soffocante e urlante, silenziosa e famelica, perché un impiccato non ha più una gola con cui gridare.
(Nota: le immagini sono state create con l'intelligenza artificiale)
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