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Ovviamente non ebbi una notte tranquilla tutt'altro, verso le 3 di notte mi svegliai da un incubo tremante. Facevo fatica a respirare e le pareti della cabina sembravano voler scomparire e lasciarmi esposto al vuoto cosmico. Il respiro si stava facendo sempre più corto, la testa iniziava a girarmi e la vista ad appannarsi. Ne avevo avuto parecchi di attacchi di panico durante i primi anni di accademia e sapevo riconoscerli molto bene, se fosse stato un attacco di panico molto acuto avrei rischiato di morire di soffocamento perché il mio sistema nervoso avrebbe deciso che l'unica soluzione per calmarsi sarebbe stata quella di cessare di respirare. Stupido sistema nervoso. Avevo bisogno di aiuto e l'unico aiuto che potevo sperare di ricevere era dai due marine che stazionavano davanti alla mia porta; barcollando mi diressi verso la porta e mi ci appoggiai. La fotocellula della porta mi vide e aprii la porta, con la mancanza di ossigeno che mi tormentava non riuscii a riacquistare l'equilibrio prima di cadere a terra. Immediatamente venni afferrato da due forti paia di mani che mi aiutarono delicatamente ad alzarmi "Signore, tutto bene?"mi chiese uno dei due marine, evidentemente interpretarono le mie occhiate e i respiri corti come un no "Portiamolo alla infermeria più vicina" disse l'altro "Va bene". Non volevo andare in infermeria, non volevo che altri membri dell'equipaggio mi vedessero stare male, già non sopportavo io questi stati in cui perdevo il controllo. Avevamo ormai raggiunto l'infermeria quando riuscii a recuperare abbastanza aria da sussurrare fievolmente "Non in infermeria, ma da Alice alloggio doppio 356" "Ma signore dovete andare assolutamente in infermeria" "No" cercai di recuperare fiato, sembrava che avessero tolto tutto l'ossigeno dalla nave "Da Alice, subito" "Ma..." tentò uno dei due marine "Obbedite" risposi io; dopo essersi scambiati uno sguardo cambiarono strada e mi portarono nella sezione dedicata agli alloggi.
Questa era una delle tante sezioni dedicate agli alloggi, ogni porta aveva indicato il numero dell'alloggio e gli occupanti, mi venne da ridere notando che la prima tipologia di alloggi era per due persone, erano abitati generalmente dai membri più giovani della nave, e quindi con il grado più basso, perciò condividevano l'alloggio con altri pari grado. Poi arrivammo agli alloggi singoli destinati ai sottufficiali e agli ufficiali giovani, erano ampi e dotati di molte comodità, poi a parte rare eccezioni come i miei amici, si raggiungeva un'età in cui si aveva raggiunto quasi la vetta della scala gerarchica e/o senti la necessità di un compagno, allora vieni trasferito in un alloggio che ha dimensioni doppie rispetto a quello precedente e adatto a ospitare comodamente due persone. Noi ovviamente ci stavamo dirigendo nella zona dedicata al terzo tipo di alloggio, finalmente raggiungemmo l'alloggio di Alice e Joseph e il marine più grosso si fece carico completo del mio peso mentre l'altro premette il pulsante sul display al lato della porta, una sorta di campanello. Venne ad aprire un assonnata Alice che sorpresa chiese ai marine "Cosa ci fate qui a quest'ora?" poi si accorse di me "Cosa gli è successo?" il marine che mi sorreggeva provò a rispondergli "Non lo sappiamo, ci ha chiesto aiuto uscendo dal suo alloggio", Alice non aveva ascoltato una singola parola "Perché lo avevate portato da me? Vedete che non respira, dobbiamo portarlo in infermeria" questa volta risposi io "No infermeria. Attacco di panico. Calmanti" riuscii a dire in una pausa dalla mia continua ricerca di ossigeno. La nave era dotata di un sistema di cunicoli in cui veniva sparato un oggetto richiesto, ovviamente l'oggetto doveva essere di piccole dimensioni ed era una tecnologia riservata solo agli ufficiali. Si poteva chiedere quasi qualsiasi cosa: io ero solito chiedere o una piccola barretta energetica ai mirtilli per fare merenda oppure un tè: sopratutto di notte quando non volevo svegliare il cuoco e gli inservienti. Purtroppo però c'erano delle limitazioni solo il personale medico aveva le autorizzazioni per "richiamare" i medicinali per questo ero venuto da lei. "Aspettate fuori" disse autoritaria Alice, i due marine si scambiarono uno sguardo e stavano per ribattere, ma uno sguardo minaccioso da parte dello scienziato li convinse a uscire. Appena fummo soli Alice corse preoccupata da me che nel frattempo mi ero accasciato sul tappeto del loro alloggio, "Come ti sei conciato così?" chiese mentre verificava il mio polso e che le vie respiratorie fossero libere "Non respiro" le feci notare io indispettito da quell'interrogatorio mentre stavo soffocando. Finalmente si decise a somministrarmi il calmante per cui si diresse in un angolo della stanza, dove incassato alla parete c'era una piccola scatola con rifiniture cromate e uno sportello in plastica opaca sul davanti e selezionò il medicinale nell'elenco sul display a fianco della scatola. Passarono solo pochi attimi da quando Alice aveva fatto l'ordinazione al momento in cui si senti' un leggero tonfo e una luce a intermittenza gialla indicasse l'arrivo del calmante. Ero troppo in debito di ossigeno per farmi impressionare dalla siringa che la mia amica stava infilando nel mio collo. Il calmante ebbe subito effetto e il respiro si fece molto più regolare e profondo. Quando finalmente mi fui ristabilito abbastanza da mettermi a sedere al tavolo Alice iniziò il suo interrogatorio "Voglio sapere tutto, quindi non provare a eludere le mie domande intesi?" "Va bene. Però, prima di iniziare non mi offri nulla da bere?" irritata si alzò e si diresse verso la stessa scatola di prima "Vuoi qualcosa?" mi chiese con finta gentilezza "Molto gentile, gradirei un tè alla menta". Tornò pochi minuti dopo con il mio tè e per lei una cioccolata calda con panna "Come fai a bere una cosa del genere in piena notte "gli chiesi shoccato "Così" disse bevendone un lungo sorso "Ora devi rispondere alle mie domande" annunciò dura, annui sconfitto "Come mai non riuscivi a respirare?" mi chiese con un tono molto più dolce "Era un attacco di panico" bevvi un sorso di tè "Mi vergogno a parlarne, quindi evita di farne parola in giro. Detto ciò l'attacco di panico è stato provocato da un incubo" venni interrotto da alice che scoppiò in una profonda risata, aspettai pazientemente che finisse e continuai leggermente ferito "Vorrei vedere te, dopo un sogno in cui vedevi i tuoi amici e tutto l'equipaggio della nave che hai giurato di proteggere venir uccisi da un alieno sconosciuto. Vorrei vedere la tua reazione nello sbarcare sulla Terra colpita dalla stessa arma biologica che ha colpito il pianeta di Elen e vedere lo stato degli abitanti." "Scusami, ma comunque se pur terribile come hai raccontato, un sogno non può provocare un attacco del genere di quella gravità" "Infatti hai ragione non è stato soltanto quello" bevvi un altro sorso di tè e mi presi un momento per trovare il modo giusto per dirlo "Per farla breve soffro di claustrofobia acuta, insomma mi faccio prendere dal panico negli spazzi chiusi" "Perdonami Jules, ma perché allora ti sei arruolato nella flotta e sopratutto come hai fatto a resistere fino a qui?" sorrisi "Sono sempre riuscito a controllarmi da solo, fino a quando non sono arrivati gli esami finali, allora lo stress mi ha impedito di controllarmi e una notte, il nostro professore di strategia mi ha trovato a rantolare nei corridoi mentre cercavo di arrivare in infermeria. Anche lui aveva avuto il mio stesso problema da giovane e mi aiutò a perfezionare le mie tecniche di controllo del panico" "Allora perché stanotte hai ceduto?" feci un sorriso triste "Prima di andare a letto, ho commesso l'errore di leggere il rapporto sulle vittime: abbiamo perso 29 membri dell'equipaggio, oltre ai sopravvissuti che abbiamo tentato di salvare. Ogni uomo morto sotto il mio comando comporta una chiamata ai suoi parenti più vicini e comunicargli l'accaduto, non hai idea della sofferenza che provoca la mia chiamata".
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