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Capitolo 2

Stephen cominciò a chiedere in giro, ma nessuno sembrava conoscere un dottore che corrispondesse alla sua descrizione. Eppure aveva un look eccentrico – quei capelli! E quelle scarpe! - che non sarebbe di certo passato inosservato nell'università.

La sparizione della cabina gli faceva credere di aver subito una banale allucinazione da studio intensivo, ma quella spiegazione non lo soddisfaceva; nonostante ciò l'accettò perché non aveva altra scelta.

Così i successivi mesi passarono senza intoppi e sotto il vecchio castagno non comparì nessuna cabina blu né di un altro colore.

Poi le persone cominciarono a sparire.

Quasi non si notava, perché i professori scomparsi venivano subito sostituiti da nuovi e così gli alunni. Ben presto la classe di Stephen si ritrovò dimezzata e rimpiazzata da completi sconosciuti, iscritti nel bel mezzo delle lezioni.

Era sicuramente questo che intendeva il Dottore con "strano", ma non sapendo come contattarlo, Stephen gli lasciò un messaggio, sperando nella storia del viaggiatore del tempo.

Uscì di mattina presto, armato di un taglierino che gli aveva regalato qualcuno per il suo compleanno, e incise sulla corteccia del castagno giusto un paio di cose. 

"Dottore, ho trovato qualcosa di strano"

Appena il tempo di finire l'ultima parola che un suono tremendo lo spaventò.

Sembrava il respiro goffo e affannato di una balena ubriaca. Si stupì di se stesso per aver elaborato un tale similitudine. Accanto a lui lampeggiò una sagoma azzurra, che diventò sempre più concreta fino a che la cabina blu non si stabilizzò del tutto a un passo da lui.

Il Dottore uscì dalla cabina con un largo sorriso: «Il quinto salto! Il quinto è sempre quello buono!»

Stephen non sprecò tempo a chiedere spiegazioni e riportò quello che stava succedendo nell'università, ma non solo. In città le persone sparivano senza preavviso dalle case e nessuno ne sapeva niente. Probabilmente succedeva anche fuori, forse persino a Londra

«Contatterai i tuoi colleghi? È una cosa da Gallifrey?» concluse, mentre il dottore si passava una mano sul mento, pensieroso. Si irrigidì a quella domanda e non rispose stringendo a pugno l'altra mano.

«Non penso possano fare qualcosa.» rispose con un sospiro «Me la caverò da solo.»

«Se vuoi posso aiutarti.»

«Potrebbe essere pericoloso.»

«Motivo in più per accettare il mio aiuto.»

Il Dottore annuì, con mal celato sollievo, e si avviò a passo veloce verso l'università. Stephen lo seguì.

La noia universitaria cominciava a farsi sentire, nonostante gli argomenti fossero tutto quello che amava; come dire di no a un mistero del genere?

Quelli riguardo l'universo e la realtà avrebbero aspettato per un po'.

«Parlami dei professori.»

«Quelli nuovi, dici? Sembrano normali, nulla di strano.»

Oxford cominciava a svegliarsi e per evitare di attirare attenzione indesiderata, Stephen fece strada per la mensa, che sarebbe rimasta vuota per almeno un paio di ore.

«Qualcuno li conosce? Non lo so... Hanno qualche riconoscimento accademico? Magari hanno insegnato altrove!»

«No, è la prima cattedra per tutti.»

«Strano! Oh, questo è un bel po' strano!»

Il Dottore gironzolò per la grande stanza e trovò diversi cesti di frutta di giornata incustoditi.

Passò davanti a mele e pere, prese una banana e la divorò in pochi bocconi, lasciando la buccia sul tavolo.

«Colazione.» spiegò, vedendo lo sguardo confuso di Stephen «Sono giorni che non mangio» aggiunse, pulendosi le mani sul cappotto.

Realizzò che Stephen aveva sempre lo sguardo confuso, più o meno da quando era entrato dalla finestra.

«Quindi non hanno nulla di particolare»

«No. Direi di no.»

«Niente di niente? Anche cose stupide, come un brufolo sul naso o le orecchie a sventola...»

Stephen scosse la testa: «Nessuno ha nemmeno gli occhiali» aggiunse, indicandosi la montatura semplice e nera sulla punta del naso. Il ponte tra le due lenti era tenuto insieme da un nastro adesivo perché era affezionato a quegli occhiali e non gli avrebbe cambiato per nulla su questa terra.

Comunque quell'affermazione poteva sembrare stupida o inutile, ma si trattava pur sempre di insegnati, di universitari e per quanto sia probabile trovare un dottorato con ancora tutti e dieci i decimi, è quasi impossibile che proprio nessuno di loro porti gli occhiali. A forza di studiare, leggere e scrivere, è più che normale che ci siano dei piccoli danni alla vista, nulla di preoccupante o che un paio di occhiali non possa risolvere.

Ma in quel gruppo, nessuno li portava. Sembravano tutti...

«Perfetti!» esclamò il dottore. Scavalcò un paio di tavoli, correndo verso l'uscita. Stephen lo seguì a stento, troppo occupato a seguire quello strano personaggio per chiedere spiegazioni.

«Sono esseri umani perfetti! Nessun difetto, nessuno!» fece, procedendo a caso per i corridoi «E voi umani avete un pregio meraviglioso!»

Stephen lo afferrò per la manica del cappotto, ricordandogli di fermarsi una volta tanto.
Non pensava ci sarebbe stata la necessità di correre con un dottore.

«Quale?» domandò, riprendendo fiato.

« Siete un'accozzaglia d'imperfezioni, nessuno escluso! Siete imperfetti!»

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