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È stato bello

Le luci e la musica di Nino creavano un'atmosfera bellissima quella sera.
La palestra era affollatissima di studenti che ballavano o chiacchieravano.
Alya, come sempre, stava sul palchetto del DJ a fare compagnia al suo ragazzo, mentre io salutavo i miei compagni, che per lo più mi ringraziavano per i miei anni di dolcezza e lavoro come rappresentante di classe.
Io sorridevo, come sempre, eppure mi sentivo spezzare dentro.
Avevamo sconfitto Papillon, che si rivelò essere Grabriel Agreste e gli abbiamo portato via il miracolus, oltre al fatto che da quel momento in poi è stato controllato con attenzione dalla sua assistente, Natalie.
Ho preferito evitare di coinvolgere Adrian, anche se Chat non era d'accordo.
Avevo dovuto restituire Tikky con una scelta davvero sofferta e mi sono sentita sola.
Ho allontanato Ladybug, Adrian e Chat, ovunque egli fosse in quel momento.
Ero solo la imbranata Marinette e la cosa mi logorava lentamente.
I miei hanno notato un po' di malinconia nella attuale me, ma ho cercato di nascondergli tutto il più possibile.
Sotto obbligo di Tikky continuo a disegnare, ma non trovo più lo stile che avevo una volta.
Sono cambiata.

Lanciai un ultima occhiata alla stanza e mi diressi fuori dalla scuola.
Vidi cadere le prime gocce di pioggia mentre indossavo il cappotto.
Stava piovendo, come il primo giorno.
La vita era così maledettamente ironica.
Vidi una figura sorpassarmi, una alta, con i capelli chiari e gli abiti scuri.
Nella mano sinistra teneva un ombrello nero e gli occhi verde chiaro si spostarono dalla strada a me.
Tese il braccio, porgendomi l'ombrello, sostenendo il mio sguardo.
"È troppo bello quel vestito per essere bagnato." Disse piano, sorridendomi.
Sentii gli occhi punzecchiare, poi riempirsi di lacrime e infine il modo in cui esse scorrevano sulle mie gote chiare rigandole.
"È stato bello, grazie." Mi forzai a mugugnare.
Camminai sotto la pioggia, sorpassandolo, non potendo sostenere quell'emozione tanto devastante.
"Marinette!" Mi chiamò a gran voce.
Non riuscii a non fermarmi su quegli scalini.
"Perché piangi?" Chiese.
"È tutto finito. Tutto. E tu lo stai chiudendo definitivamente. La pioggia, l'ombrello, quel gesto...non ce la faccio, non posso lasciar andare." Dissi, continuando a guardare dritto davanti a me, la strada, mentre lui era alle mie spalle, con l'ombrello sulle nostre teste, che ci impediva di essere toccati dalla pioggia.
"Non è finito nulla, abbiamo tutta la vita: l'università, il lavoro, la pensione, la famiglia." Elencò.
"Non sono brava a cambiare, mi manca la mia vita, mi mancano delle persone, mi mancano i miei impegni, mi manca quella che ero e non riesco a diventare quella che sarò senza quella parte della mia vita. Ha portato via con se tutta la sicurezza." Mormorai con la voce che usciva a fatica dalla gola.
"Ti capisco, ma hai ancora molto. La tua famiglia, Alya, Nino, Manon...mi hai allontanato e me lo sono fatto andare bene, ma questa non è la fine. Non voglio chiudere, prendilo come un nuovo inizio." Cercò di incoraggiarmi.
"Non ci riesco." Ripetei, abbassandomi e iniziando a piangere copiosamente seduta sul gradino bagnato.
"Chi hai perso?" Chiese piano.
"Me, lui, lei...non ho risolto niente! Adrian...io ero Ladybug e non riesco più a vivere da sola, senza il mio kwami Tikky e senza Chat...non svegliarmi senza la vocina di lei e non addormentarmi senza la voce di lui e le sue stupide battute...non ho risolto nulla! Non ho avuto la forza di consegnare Papillon alle forze dell'ordine, ne di andare avanti senza Tikky." Blaterai senza freni.
Lo sentii stringermi tra le sue braccia e lasciare l'ombrello.
"Bastava chiedere...Purrrincipessa.
E non ti ho mai ringraziato per non aver messo in galera mio padre.
Comunque sapevi che ti cercavo, potevi anche dirmelo... mi sento quasi offeso My Lady." Disse ridendo, facendomi irrigidire.
"C-chat...?" lo chiamai.
"Si insettina?" Chiese con un gran sorriso.
Lo fissai in silenzio, con le labbra schiuse, incredula.
Era stato lui tutto il tempo.
Non mi aveva mai lasciata.
Era Chat, il mio Chat.
L'unica persona di cui mi fidavo tanto ciecamente da sentire che se me lo avrebbe chiesto lo avrei seguito in capo al mondo.
Era stato davanti a me.
Mi aveva osservata, salutata, sorriso.
Non aveva mai smesso di essere il mio gattino.
Sentii le lacrime scendere senza freni, le parole che morivano in gola e le gambe che non mi avrebbero mai più permesso di rialzarmi.
Lo strinsi forte, scoppiando in un pianto quasi disperato.
Mi era mancato come l'ossigeno.
Appena mi calmai leggermente lo baciai sotto il suo sguardo confuso.
"Non sparire mai più, mai. Ti prego." Sussurrai prima di dargliene un altro.
"P-pensavo ti piacesse A-Adrian..." Replicò lui.
"In realtà mi sono innamorata di Chat al terzo anno..." Ammisi.
"E perché mi respingevi?" Chiese confuso.
"Sono Marinette, non Ladybug, non avrei mai potuto sfruttare lei." Spiegai.
"Anche io sono più felice che ami Chat, è lui quello vero." Disse.
"Ascolterò stupide battute per il resto del mio tempo in tua compagnia?" Domandai divertita.
"Ovviamente, hai detto che ti miaw-ncavano." Rispose.
"Mi va benissimo." Ammisi baciandolo.
"È da quando mi hai allontanato che mi sono accorto quanto fossi essenziale nella mia vita, mi dispiace." Sussurrò.
"Vi amo Adrian e Chat." Mormorai al suo orecchio.
"Ti amo Marinette, che già possiedi le qualità di Ladybug." Mi imitò.
"Ci ammaleremo." Dissi guardando il cielo ancora grondante.
"Abbiamo fatto di peggio: almeno non siamo di ronda sui tetti." Ridacchiò.
"Verissimo." Lo imitai, sciogliendo l'abbraccio, ma tenendo una mano sulla sua mascella, per accarezzarlo.

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