8.
«Ehi, Catherine svegliati», grida Andrea.
«Che s-succede? É già ora di andare a scuola?», apro lentamente gli occhi.
«Esatto».
«Ma che ora è?», prendo il cellulare e mi accorgo che sono ancora le sei del mattino.
«È ancora presto per andare a scuola, se pensi che io mi alzi a quest'ora ti sbagli di grosso, lasciami dormire ancora un po'», chiudo gli occhi.
«Tu, invece, ti alzi ora», si avvicina e comincia a farmi il solletico.
«No, dai sai che non lo sopporto», rido talmente tanto da farmi venire i crampi allo stomaco. «Lo so ed è per questo motivo che lo faccio, almeno così ti svegli», ride anche lui.
Dopo un po' smette.
«Okay d'accordo, me ne vado svegliati quando vuoi ma non fare tardi».
«Finalmente».
Andrea si allontana dalla mia stanza e chiude lentamente la porta.
Cerco di riaddormentarmi ma appena chiudo gli occhi sento la suoneria, a tutto volume, della sveglia, rimbombare nelle orecchie.
«Ehi! Sei impazzito. Ma che ti prende?», grido.
«Non sapevo come farti svegliare», si scusa.
«Scusa, non avevi detto che avrei potuto alzarmi quando volevo?».
«Non ricordo niente di tutto questo», finge.
Prendo il cuscino e lo lancio contro di lui.
«Dai», insisto. «Lasciami riposare».
«No».
«Nemmeno altri dieci minuti?», lo supplico.
«Niente da fare».
«Proprio a me doveva capitare un fratello così?», incrocio le braccia al petto.
Si avvicina.
E adesso cosa vuoi fare?», chiedo.
Devo stare attenta con lui, mi gioca sempre dei brutti scherzi.
«Chi io? Nulla», mi dà le spalle.
Mi distraggo un attimo: accento il mio telefono e in quel momento lui si gira velocemente mi toglie le coperte e le getta per terra.
«Non è giusto, mi ci vorrà una vita per rifarlo».
«Ottimo, una buona scusa in più per alzarti presto», ride.
«Antipatico».
«Me lo dicono in tanti, ma che vuoi farci».
«Vorrà dire che dormirò anche senza coperte».
Vediamo adesso cosa s'inventerà.
«Non ho ancora esaurito i miei metodi», mi avverte.
«Ah, sì?», lo sfido. «Quali sarebbero?».
«Credimi non ti conviene non saperlo».
«Okay, mi hai convinto, non ho voglia di passare la mattina a scoprirli».
«Ti ho preparato la colazione, scendi sotto».
«Sei sicuro di stare bene? Non avrai mica la febbre?», gli tocco la fronte.
«Catherine? Sto bene».
«Hai ragione».
«Dai scendi sotto».
«I nostri genitori non ci sono?».
«No, sono andati a lavorare presto».
«Ah» rispondo una po' delusa, in realtà avrei preferito che ci fossero.
«Tu non vieni?», gli chiedo guardandolo ancora seduto nel mio letto.
«No ti aspetterò qui, voglio darti una cosa».
«Di cosa si tratta?», chiedo.
«Niente domande, sorellina prima fai quello che ti ho detto e poi lo scoprirai».
«Okay», gli do un bacio sulla guancia e scendo in cucina.
Mm... un bicchiere di latte e una fetta di crostata alla frutta. Niente male.
Appena finisco di mangiare torno in camera.
«Rieccoti qua, adesso siediti».
Mette una mano sulla tasca dei pantaloni ed estrae un piccolo scatolo.
«Tieni, questo è per te».
Lo apro. Dentro c'è una collana con un ciondolo a forma di cuore. È bellissimo.
«Perché questo regalo?», lo guardo sorpresa.
«Se non la vuoi, la riprendo», me la toglie dalle mani.
«Ehi! Restituiscimela», mi alzo in punta di piedi e cerco di afferrarla ma lui alza le braccia ancora più in alto.
«Ridammela, dai. Devo ancora prepararmi».
«Okay, tieni. Apri il ciondolo e guarda all'interno» mi ordina.
Cerco di fare ciò che mi dice ma è chiuso talmente bene che non ci riesco facilmente.
«Per essere una ragazza di quindici anni, non sei molto sveglia», mi dice con lo sguardo di chi è convinto di saper fare tutto.
«Ehi! aprilo tu invece?» mi fingo offesa.
«Ecco, fatto. Non era poi così difficile», si mette a ridere.
Io imbarazzata gli do un calcio.
«No dai non essere così, sto solo scherzando, comunque adesso guarda».
Vedo una foto di quando eravamo piccoli: io sei e lui otto anni. Mi ricordo perfettamente quel giorno i miei avevano organizzato una gita a Milano e mio fratello aveva insistito a fare una foto con lui vicino ad una piazza. Adoro questa foto, mi ricorda i bei momenti passati insieme con lui.
Lo abbraccio «Come facevi a sapere che questa è la mia preferita?» gli chiedo.
«Semplice», si libera dal mio abbraccio «Perché è anche la mia».
«Prima mi hai chiesto il perché di questo regalo».
Prima che potesse continuare, lo interrompo.
«No, fammi indovinare, forse è perché mi vuoi molto bene?».
Lui mi fa un sorriso.
«Me la fai una promessa?».
«Un'altra?».
«Quella l'hai proposta tu».
«Si, è vero».
«Vorrei che tenessi questa collana sempre con te e quando ti sentirai triste o non saprai cosa fare», nel frattempo me la mette al collo «Stringila nelle mani e ripensa a tutte le belle cose che abbiamo fatto insieme. Ti aiuterà».
A queste parole i miei occhi si riempirono di lacrime.
«Grazie fratellone».
«Non ringraziarmi, piuttosto sbrigati. Adesso ti lascio preparare con calma».
«Okay, dammi solo dieci minuti».
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