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17.

Prima ora. Stessa storia.
Se la lezione non fosse così noiosa probabilmente…resterei in classe.
Ricevo una chiamata da un numero sconosciuto.
«Pronto?», rispondo.
«Hai ricevuto la scatola di cioccolatini?», domanda una voce maschile.
«Scusa, ma forse devi aver sbagliato numero».
«No, non ho sbagliato numero. Tu sei Catherine».
«Sei lo stesso ragazzo che mi lasciato quella rosa sul banco?».
«Puo' essere».
«M-ma come fai sapere il mio nome e, soprattutto, come fai ad avere il mio numero?».
«Due domande a cui non posso rispondere».
«Hai voglia di prendermi in giro? Ma che razza di scherzi sono?».
«Niente scherzi, fai appena qualche passo in avanti e fermati un attimo».
«Mi stai spiando? Ma dove sei?».
Questa telefonata incomincia a mettermi paura.
«E dai Catherine, non essere la solita, fai quello che ti ho detto».
«La solita? Ma come...?».
«Noi due siamo più vicini di quanto tu possa immaginare».
«Se non mi dici chi sei, riattacco immediatamente».
«No, non farlo».
«Perché non dovrei?».
«Guarda dietro di te».
Per un attimo faccio quello che mi dice e vedo un bambino.
«Tu sei Catherine?», domanda con voce tenera.
«Si, sono io».
«Tieni questa è per te», senza dire altro si avvia verso l'uscita.
É una scatola a forma di cuore contenente dei cioccolatini ricoperti di cioccolato bianco. I miei preferiti. Ne assaggio uno. Squisito.
«Dimmi... ti piacciono?», lui è ancora in linea
«Si, ma avrei alcune domande da farti».
«Non restare ferma in questo corridoio».
«E dove dovrei andare?».
«Trova un posto che non sia un corridoio e che abbia qualcosa su cui sederti».
«Volendo potrei anche sedermi per terra».
«No no».
«Ma a te che differenza fa?», sbuffo.
«Lo so io», rimane in silenzio per qualche secondo. «Ma se non vuoi fare quello che ti dico, puoi anche riattaccare».
«É proprio quello che ho intenzione di fare».
«Ma so già che non lo farai».
«Chi ti da tutta questa sicurezza? Si tratta solo di premere un tasto».
«Tu sei fin troppo curiosa di sapere chi sono. Sbaglio?».
«Non sbagli, hai ragione».
«E allora trova un posto dove sederti», insiste.
«Io davvero non ti capisco».
Per fortuna vedo una classe vuota, così mi siedo sopra uno dei tanti banchi.
«Adesso che ho fatto quello che mi hai chiesto, puoi anche dirmi chi sei»
«Impara a fidarti di me», risponde. «Lo scoprirai poco alla volta».
«E come? Mandandomi dei cioccolatini tramite un bambino?».
«Può darsi».
«Smettila di scherzare. Voglio solo sapere chi sei».
«Se te lo dicessi rovinerei tutti i miei piani», fa tutto il segreto.
«Ma di che piani stai parlando?», incomincio a perdere la pazienza.
«Tranquilla, non è quello che pensi».
«Io non sto pensando a nulla. Sto solo cercando di capirci qualcosa».
«Più avanti ti dirò tutto, ciao».
«Aspetta un momento, io...», mi accorgo che ha riattaccato.
«Ma chi puo’ essere?», osservo la scatola di cioccolatini.
Come faccio ad essere la persona più importante della sua vita se io e lui non ci siamo mai visti?
O forse... si.
E se fosse Giulio?
«Nah...», lo escludo. «Non avrebbe alcun motivo per farlo».
Però... a pensarci bene... lui qui ad Amsterdam è l'unica persona che mi conosce.
Infilo il telefono nella tasca dei pantaloni, e ritorno in classe con questo dubbio in testa.
La professoressa non c'è, deve essersi allontanata per un momento, ed Emily ne approfitta per farmi uno sgambetto.
«Ehi ma sei impazzita?».
«Sei tu che devi stare attenta a dove metti i piedi».
«Ma si può sapere che cosa ti ho fatto?», mi rialzo con il ginocchio un po’ ammaccato.
«Niente», avvicina la sua faccia alla mia. «Voglio solo farti capire che non ti conviene metterti contro di me».
«Mettermi contro di te? Ma che diamine stai dicendo?
«Ascoltami bene», mi minaccia. «O stai con me o contro di me. Decidi tu, la scelta è tua».
Oggi la capisco meno del solito.
«Lasciami in pace. Non voglio avere nulla a che fare con te».
«Peggio per te», fa una smorfia di disprezzo. «Io ti ho avvertita», dopo aver detto ciò se ne va.
Ma che le è preso? Cosa le ho fatto questa volta?
Arriva a prendersi gioco di me anche quando non le ho fatto niente? É davvero... assurdo.
«Lasciala perdere», dice Federico.
«Eh?».
«É solo invidiosa di te».
«E questo le dà il diritto di comportarsi in questo modo?».
«Ti fa ancora male?», si preoccupa.
«Il ginocchio? Dici?», guardo in basso.
«Si».
«Ah no, tranquillo. É tutto okay».
«Meglio così», sorride più rilassato.
«Posso farti una domanda?».
«Dimmi».
«Perché qui tutti sembrano avere paura di Emily?».
«Perché se solo provi a contraddirla o a metterti contro di lei beh...ti renderà la vita un vero incubo e non è facile poterne uscire».
«Proprio come sta facendo con me», dico tristemente.
«Esatto e mi dispiace tanto».
«Perché proprio con me? Non mi conosce neanche e io non conosco lei».
«Ai suoi occhi sei apparsa come la sua rivale. Una di cui sbarazzarsi velocemente».
«Rivale? Io?», sorrido amaramente.
«Esatto, a giudicarti non sembrerebbe ma, come puoi vedere dai suoi comportamenti...».
«Si direbbe proprio che lo sono», aggiungo.
«Sta tranquilla prima o poi capirà di aver sbagliato e, solo allora, potrai riprenderti la tua rivincita».
«Io non voglio riprendermi nessuna rivincita. Non sono mai stata quel tipo di ragazza. Io vorrei solo che lei mi lasciasse in pace, che mi lasciasse vivere la mia vita».
Lo vorrei davvero. Non mi sembra di pretendere troppo.

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