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I fiori come parole

King era conosciuto per la sua parlantina inesauribile, al punto tale da essere davvero fastidioso anche per i suoi amici, nonostante negli anni fossero riusciti a farci l'abitudine, ignorandolo completamente quando iniziava a blaterare senza senso, eppure in quel momento era muto come un pesce, seduto nel lato del passeggero con la testa poggiata contro il finestrino freddo, nella speranza di alleviare il martellare costante che sentiva nelle tempie. I suoi occhi scuri e allungati erano puntati sullo schermo ormai spento del suo cellulare, come se attraverso quel nero immobile avesse ancora potuto leggere l'ultimo messaggio che gli era stato inviato da Ram, il quale lo aveva guardato allontanarsi a bordo di quell'auto diretto verso sua nonna.

"Non ero ubriaco ieri notte".

Quelle cinque parole erano state sufficienti a far sprofondare il cuore di King, dilaniato tra pensieri irrequieti che rimbalzavano come palline da ping-pong nella sua mente che ripercorreva, suo malgrado, gli eventi della sera passata. Egli ricordava perfettamente il peso sulla bocca dello stomaco che si era trascinato dietro da tutta la giornata, sin da quando aveva allontanato bruscamente Ram dicendogli di godersi il viaggio con i suoi amici, un sospiro fuoriuscì dalle sue labbra, era difficile per lui poter stare al suo fianco quando aveva realizzato che non poteva più fuggire dalla consapevolezza di volere qualcosa di ben oltre l'amicizia e provava un profondo dolore per questo, dopotutto sembrava sbagliato avere quel tipo di idee verso qualcuno che si fidava tanto ciecamente di lui, si sentiva come se avesse tradito la fiducia di quel ragazzo taciturno. Questo spiegava la pessima decisione che prese quella stessa sera, ovvero affogare nell'alcol le sue preoccupazioni, ovviamente non aveva pensato a quanto fosse poco sicuro a causa delle sue già precarie condizioni di salute, con i punti alla testa che già gli avevano dato dei problemi da sobrio e neppure aveva riflettuto sul fatto che spesso gli ubbriachi parolano troppo, ecco forse sarebbe meglio dire che non aveva pensato affatto.

Per questo la nottata era terminata con lui che veniva trascinato dal più alto nella tenda che condividevano insieme e disinibito da quello che aveva ingurgitato, aveva finito con il cercare di spingere via Ram in maniera davvero brutale sia nelle parole che nei gesti e solo nel silenzio dell'abitacolo, con la mente non più appannata, si era reso conto dell'espressione addolarata del ragazzo che amava o di come gli avesse detto che non se ne sarebbe andato finché non gli avesse detto il motivo, in preda alla sbronza non aveva neppure percepito come la sua voce avesse tremato, nel capire come lo aveva fatto sentire una fitta dolorosa lo spinse incosciamente a stringere tra le dita il tessuto della propria magliettal ora che era lucido poteva afferarre tutti i dettagli che non aveva colto la notte. Prese un grosso respiro per poi espirare profondamente, lasciando che le parole che disse riaffiorassero alla sua mente: «Perché è una tortura! Mi sento tormentato» «A causa mia?» rammentava di aver annuito, sapeva che non era colpa sua ma non sembrava riuscire a fermarsi: «Si!Perché mi fai stare bene, è una tortura» aveva ignorato l'espressione abbattuta di Ram e aveva continuato impossessato dalla frustrazione che lo aveva perseguitato per settimane: «Lo sai quant'è difficile per me tratteneremi quando ti sono vicino?» e ancora una volta aveva ripetuto che era una tortura «Perciò voglio che tu mia stia lontano, così non dovrò più provare questo dolore, è questa la ragione, ora lo sai, soddisfatto?Sei soddisfatto?!» aveva urlato spingendolo e se normalmente la sua forza non avrebbe potuto smuovere di un centimetro quel lottatore di box professionista, in quel momentò basto perché cadesse.

Poi però Ram si era alzato e per qualche assurda ragione King aveva creduto che fosse una buona idea tirarselo contro e baciarlo e se tutto quello che era successo quella notte era leggermente sbiadito, ma comunque rintracciabile nei suoi ricordi con un po' di sforzo, il momento nel quale si era allontanato e le grandi mani gentili del più alto si erano posate sulle sue guancie, con i pollici che le avevano accarezzate brevemente, per poi avvicinarlo al viso del loro proprietario in un altro contatto, era impresso a fuoco nella sua mente. Le loro labbra si erano unite ancora ed ancora in quella piccola tenda, con un calore rassicurante che ancora permaneva nel suo petto, chiedendosi il motivo per il quale fosse riuscito a notare la dolcezza nei gesti del più giovane solo in quel momento, scosse la testa per liberarsi dei troppi pensieri che la affollavano e si voltò contro il finestrino, osservando la natura abbracciare la strada che stava percorrendo, pregava che in qualche modo potesse dirgli come comportarsi ed ecco che, come ad esaurire le sue preghiera, una rivelazione mise a tacere tutto il suo panico, lasciandolo spiazzato: Ram aveva detto che quella sera non era ubbriaco, ciò significava che era cosciente di quello che stava facendo quando aveva scelto di baciarlo. Forse ricambiava i suoi sentimenti?

No, non poteva essere, forse qualcuno di tanto privo di esperienza come lui non aveva saputo in che altro modo agire davanti alla disperazione del suo amico, magari non aveva voluto farlo sentire peggio di quanto stesse e per questa ragione lo aveva assecondato. Un mezzo ringhio di frutrazione gli scappò dalla gola mentre chiudeva la portiera, quel dannato ultimo messaggio non chiariva un bel niente, in sé non aveva alcuna sfumatura, proprio come spesso erano le risposte secche del meticcio e se normalmente la cosa non lo infastidiva in quanto riusciva a comprendere quello che intendeva, poiché solitamente si trovavano faccia a faccia e poteva esaminare l'espressione, questa volta la situazione era completamente diversa. King da quelle poche parole aveva potuto notare che non avevano con loro un sentore di pentimento o disgusto, però nemmeno uno di accettazione o felicità, quindi, come diavolo avrebbe dovuto comportarsi passati quei pochi giorni che avrebbe speso a casa della nonna, considerando che appena fosse tornato se lo sarebbe trovato davanti?

«-ing... King?» il castano si riscosse dal suo profondo flusso di coscienza e guardò confuso la propria nonna, che preoccupata era pronta a tirargli uno schiaffo se, alzando la voce, non fosse riuscita ad ottenere la sua attenzione: «Che diavolo, ti ho chiamato almeno cinque volte... Ora posso sapere cos'è quello?» domandó corrucciata puntando al pezzo di garza che svettava tra i capelli lisci, lui sorrise spiacente raccontandole come, poco prima del campo fosse andato a fare un giro al parco con Ram, però era stato aggredito da un uomo probabilmente non molto sano di mente, forse era anche un senza tetto dato l'aspetto e le cose non erano peggiorate oltre qualche punto, solo perché l'altro era intervenuto prontamente, portandolo all'ospedale. Ella annuì, mettendo ben in mostra il collo rugoso ma ancora tonico a causa del fatto che fosse molto attiva, si pizzicò il mento con una luce furba nello sguardo, eh si, il nipote le somigliava proprio: «E perché sei tanto fuori di te?» lui si morse la lingua, la curiosità e l'ostinazione che lo caratterizzavano erano state ereditate da lei, ben più caparbia del nipote.

«Come va con il giardino?» era un amante sfegatato delle piante, non era strano come improvvisamente in una conversazione introducesse l'argomento cambiando completamente il centro della discussione, l'anziana rise, facendo finta di sistemare la capigliatura candida già perfettamente raccolta, come per prendere per i fondelli quel giovincello che ancora cercava di fargliela sotto il naso: «Nong, non cambiare discorso con me. Sei ferito e avere troppi pensieri nella testa non aiuta, poi la tua mente è così contorta, pensi sempre troppo a tutto, quindi vuota il sacco che sicuramente avrò qualche consiglio da darti. Queste rughe non sono mica qui per decorazione» sbuffò con fare altezzoso come a sottolineare che probabilmente aveva vissuto il doppio di lui e qualcosa doveva pure averlo imparato, però King davvero non se la sentiva di confessare tutto, gli pulsava la testa a causa della sbornia e della ferita, dunque si chinò leggermente e chiese alla nonna di rimandare quella pesante conversazione a quando si sarebbe sentito meglio, le fu grato e si rinchiuse sotto le coperte.

Aveva chiuso gli occhi dopo essersi cambiato, si era subito rilassato e il suo corpo malaticcio aveva abbracciato quello strano stato di dormiveglia con letizia, solo che la mente lo aveva riportato a quella mattina, quando si era ritrovato avvolto da un calore piacevole, per poi scoprire di star beatamente dormendo sul morbido bicipite di Ram, con questo che gli avvolgeva la vita con il braccio libero, sebbene quel gesto fosse stato lasciato morbido e privo di forza tanto che, senza fatica, era riuscito a spostarsi. Ovviamente non si era lasciato sfuggire l'occasione di osservarlo dormire, notando come egli non indossasse la classica espressione gelida che aveva dato origine al soprannome "ragazzo freddo" che King gli aveva affibiato, anzi, le sue sopracciglia erano rilassate, le palpebre dolcemente posate sui suoi occhi, le guance imporporate dal calore dei loro corpi vicini e le labbra dischiuse, come incantevoli fiori di pesco, ancora un poco colorati dagli avvenimenti della notta passata e per quanto fosse già combattuto e nervoso, non poteva negare a se stesso la felicità che lo aveva pervaso o quanto tranquillo fosse stato il suo riposo, quello era l'enorme ascendente che il silenzioso individuo aveva su di lui.

Poi ancora caddero su di lui come pioggia le memorie di tutte quelle volte che in un modo o in un altro quel giovane studente di ingegneria si era preso cura di lui, o come si fossero avvicinati lentamente e una volta che il loro legame si era consolidato, era rimasto stordito e allo stesso tempo ammaliato da quei piccoli sorrisi, genuini piegamenti di labbra che il "ragazzo freddo" aveva cominciato a rivolgergli sempre più spesso. Non poteva avere più dubbi, era decisamente innamorato di Ram, ogni piccolo gesto che egli gli dedicava lo portava a sfiorare il cielo con le dita, come quella volta in cui si era aperto con lui, raccontandogli di aver visto suo padre tradire la madre con quella che il ragazzo considerava una preziosa amica, era una delle prieme volte che gli aveva regalato un sorriso dicendogli: «La persona che mi comprende, sei tu» e King avrebbe giurato di essere stato sul punto di avere un piccolo infarto in quel momento, anche perché gli era stato rivelato che non ne aveva fatto parola con nessuno, non voleva dare altri pensieri a Duen quando la sua relazione con Bohn era già complessa e nemmeno voleva che sua madre o suo fratello sentissero lo stesso dolore che lo faceva soffrire. Ridacchiò nel buio della sua stanza, la gente fraintendeva troppo spresso quel ragazzo dall'espressione fredda e dato che aveva imparato a conoscerlo, capiva la sua scelta di non parlare con gente della quale non si fidava, dopotutto aveva un cuore enorme, estremamente gentile e aveva potuto vederlo con i suoi stessi occhi, quando si affezzionava a qualcuno lo faceva così profondamente che rimanerne ferito gli risultava fin troppo semplice.

Si chiese cosa stava facendo Ram in quel momento? Come si sentiva dopo quello che gli aveva detto nella tenda? Perché lo aveva assecondato quando aveva finto di non ricordare nulla la mattina? Era triste, solo, nell'appartamento di King pieno di piante?

Si tirò a sedere premendo i palmi contro le palpebre, voleva davvero vederlo, dirgli che non pensava quelle cose che gli aveva urlato, che non avrebbe mai voluto allontanarlo né tantomeno ferirlo, però ancora non aveva la minima idea di come affrontarlo, come avrebbe potuto dirgli tutto quello che sentiva dentro e come avrebbe potuto vincere il senso di colpa che lo divorava per il fatto che non poteva essere l'amico di cui necessitava, perché il suo cuore aveva lungamente superato quel confine e non riuscì a trattenersi, non sapeva nemmeno perché scoppiò a piangere, seppe solo che il dolore alla testa aumentò finché fu capace di addormentarsi, con gli occhi gonfi e i lasciti di lacrime ormai asciutte lungo il viso.

La mattina dopo sua nonna lo accolse con un sorriso confortante a tavola, dove lo aspettava insieme ai piatti preferiti dal nipote, come se già avesse compreso che il tormento del ragazzo fosse più serio di quello che aveva intuito al suo arrivo e non gli fece domande, lasciò che la aiutasse con l'enorme giardino, con una piccola pausa pranzo e un rilassante pomeriggio seduti sul portico in legno, con i piedi appoggiati sul gradino che il separava dalla vivace natura, con leggere e frivole conversazioni sospese nei lunghi silenzi che le intervallavano, finché si sentì un cane abbaiare in lontananza, King voltò il capo nella direzione dalla quale proveniva quel suono e malinconico, dimenticandosi la sua fobia per il genere canino, ricordò quella sera piovosa nella quale aveva incontrato Ram, con i suoi tre husky e lo sguardo perso, anche quella volta aveva ignorato i suoi timori ponendo al primo posto delle sue preoccupazioni il meticcio, invitandolo a stare a casa sua per quanto avesse voluto, facendo in modo di ricavare uno spazio per i tre animali e fu la prima volta che lo vide piangere. Avrebbe voluto stringerlo in un forte abbraccio ma non era certo che fossero abbastanza in confidenza perché gli venisse permesso, motivo per il quale, cautamente, poggiò una mano sulla sua spalla e notando che egli non si scostava, ma che anzi, sembrava necessitare quel tipo di contatto, avvolse il braccio attorno al suo busto, lasciandogli spingere il viso nel proprio finaco mentre piangeva, assistendo a questo suo momento di sconforto si chiese come potesse essere stata tanto crudele la vita con lui, perché suo padre non aveva pensato a quanto profondamente avesse potuto ferire suo figlio, invece che assurarsi che egli non ne facesse parola con nessuno.

Era completamente distratto dai suoi pensieri, tanto che non si era accorto del vicino che si era mostrato per una visita con il proprio cane, nemmeno si era reso conto di starlo accarezzando riflettendo sul fatto che avesse finalmente compreso perché a Ram piacessero, era perché non gli richiedevano di parlare, non volevano nulla in cambio del loro amore ed erano fedeli nei confronti di chi si prendeva cura di loro, pronti a rimanere al fianco delle persone amate anche quando scacciati, già, erano in tutto e per tutto come lui. La nonna lasciò che un verso di sorpresa lo raggiungesse prima di chiedere preoccupata: «Nong, sei sicuro di sentirti bene?» lui la guardò stranito, puntò gli occhi sull'animale che se ne stava tranquillamente seduto, ansimando con la lingua tra i denti a causa del caldo e che si godeva le mani del ragazzo lungo il capo, perché non avrebbe dovuto, stava solo accarezzando un cane... Oh dannazione, stava accarezzando un cane! Nel realizzarlo ebbe una piccola scarica di panico a percorrerlo, poi però si calmò riallacciandosi ai suoi pensieri precedenti: i cani potevano assomigliare ad alcune persone e proprio come gli esseri umani, ce ne erano di violenti, ma non per questo temeva tutte le persone che incontrava, allora per quale ragione avrebbe dovuto fare di tutta l'erba un fascio con quegli animali? Solo perché uno di loro lo aveva morso non significava che tutti lo avrebbero fatto e quello che stava vedendo ne era una prova, dunque annuì distratto con lo sguardo puntato nella direazione nella quale era situato il suo appartamento, chissà come avrebbe reagito se lo avesse visto accarezzare tranquillamente i suoi husky, forse sarebbe stata una buna occasione per carpire una nuova espressione al "ragazzo gelido".

Era già il secondo giorno da quando King aveva sentito per l'ultima volta Ram e non fu sorpreso nel constatre che era cominciato a mancargli da qualche ora dopo aver preso l'auto, non che avesse potuto evitarlo dato che la sua mente faceva in modo di ricordargli ogni paio di minuti quanto fosse innamorato, trovando sempre nuove cose di lui che gli piacevano. Certo, quello di cui era sicuro erano i sentimenti che lo animavano, ma prima di allora non si era mai davvero fermato a chiedersi quali cose in particolare gli piacessero di quello studente amante dei tatuaggi, si morse il labbro inferiore ricordando la prima volta che lo aveva notato nella biblioteca della scuola,  mentre prendeva dei libri aveva liberato una parte di scaffale e aveva così visto per caso un ragazzo alto, con i capelli scuri che teneva fra le mani un libro sui cani, sarebbe stato adorabile se non avesse avuto un'aria seria e un tatuaggio raffigurante uno scaccia sogni sul lato del collo, ricordava di averlo trovato curioso, però in quel momento provava una certa attrazione verso quei disegni sulla sua pelle, lo rendevano ancora più sexy dato che si legavano perfettamente ai muscoli gonfi dei suoi bicipiti. Scosse la testa e si diede un paio di schiaffi in faccia, si guardò attorno allarmato per assicurarsi che sua nonna non avesse visto nulla di strano e poi, di sfuggita, si accertò di non aver avuto nessuna reazione al basso ventre, fortunatamente era tutto normale, pensò di potersi rilassare, solo che l'anziana, come se avesse letto l'improvviso calo di guardia del nipote, piombò nel salotto con fare deciso e le sopracciglia corrucciate: «King, ora basta, è il momento di vuotare il sacco, che succede?» doveva essere preoccupata perché non lo aveva chiamato con l'affettuoso appellativo che si adotta in Tailandia per le persone più giovani, egli esitò ma si disse che se da solo non riusciva a venire a capo della situazione, parlarne con qualcuno che non avrebbe avuto modo di impicciarsi fisicamente nella cosa poteva giovargli, perciò le raccontò tutto quello che era successo, nei minimi dettagli.

«Oh Nong quindi finalmente anche tu hai dei problemi di cuore» sorrise la donna più tranquilla, mettendogli una mano sulla spalla per cercare di calmarlo un po' dopo essersi agitato nel ripercorrere quegli avvenimenti per l'ennesima volta: «Se ho capito bene, la cosa che ti causa tanta preoccupazione è il dubbio di aver in qualche modo tradito la fiducia di questo Ram?» egli annuì mogio, non aspettandosi una lieve risata dalla nonna, che poi aggiunse: «Voi giovani pensate troppo, o magari sei solo tu, comunque è stato per caso lui a dirti che avresti dovuto trattenerti o a dire che aveva bisogno che tu fossi suo amico e nulla di più? E soprattutto mi sembra che abbia già degli amici per conto suo, a qesto punto mi sembra evidente che se non ti avesse considerato come qualcosa di più ti avrebbe rifutato, gentilmente e con cura, ma non avrebbe dato vana speranza ai tuoi sentimenti per poi ferirti...» lui annuì, effettivamente il "ragazzo gelido" aveva Duen e tutto il suo gruppetto, perciò se le cose avevano preso una piega diversa nella tenda, doveva esserne pienamente consapevole e soprattutto era gentile, proprio per questo, come l'anziana gli aveva fatto notare, avrebbe posto un limite alla relazione, quindi forse non tutto era perduto, ora restava un ultimo grosso problema, non riusciva a parlare chiaramente con lui dei propri sentimenti, il timore ancora non lo aveva abbandonato ma voleva che in qualche modo Ram potesse sapere cosa provasse prima del suo ritorno e fu proprio la donna a dargli la soluzione quando disse che c'era un linguaggio segreto, antico quanto l'amore stesso che si addiceva perfettamente ai loro problemi comunicativi.

Ram era tornato all'appartamento di King e aveva fatto in modo di scoprire come prendersi cura di ognuna delle piante al suo interno, aveva cercato tra gli appunti del ragazzo perdendo buona parte della sua giornata e ringraziò di avere l'abilità di concentrarsi completamente su una cosa, poiché solo in questo modo era riuscito a tenere il suo senior d'ingegneria fuori dai suoi pensieri, chiaramente però la cosa era terminata e lo aveva lasciato ansioso sul divano di quella casa troppo silenziosa per i suoi gusti. Si ritrovò a chiedersi come aveva reagito il castano quando aveva scoperto che effettivamente lui era stato cosciente dall'inizio alla fine quando si erano baciati, in realtà inizialmente aveva assecondato l'altrui recita nel non ricordare niente perché temeva cosa sarebbe potuto accadere al loro rapporto, poi però aveva realizzato che se quello che l'ebro gli aveva confessato nell'intimità della tenda era vero, allora i sentimenti che nutriva per lui, ai quali non sapeva dar voce, forse non erano poi così senza speranza come aveva immaginato.

King non aveva risposto a quel messaggio, però lo aveva letto, non gli aveva fatto sapere nulla e ciò non mitigava l'ansia che egli cercava di combattere in tutti i modi, uno di questi fu mettersi a pulire l'appartamento da cima a fondo, tanto che ci si poteva specchiare sulle superfici, poi in preda alla disperazione si attaccò persino agli esercizi di calcolo che da solo non riusciva mai a risolvere, aiutandosi con gli appunti del proprio senior che però non erano efficaci come la sua bella voce che spiegava quale fosse l'errore e come se il fato gli si fosse messo contro, tra le mani si ritrovò la matita che King gli aveva dato, dove aveva inciso il nome di Ram e sulla quale aveva recitato una sorta di formula magica, tutto perché il più giovane aveva perso la sua fattagli dalla madre.

Un grattare di unghie sul pavimento lo aveva avvertito della presenza dei cani nella stanza, era andato a prenerli dalla casa di Duen perché proprio non se la sentiva di stare da solo, passò una mano sulla testa dell'husky che gli si era avvicinato e sorridendo disse: «Sembrate contenti di poter gironzolare in giro, ma è solo fino a quando P'King non torna» indirettamente stava cercando di convincersi che lo avrebbe fatto, spingendo nell'angolo più remoto della sua mente la possibilità che le cose avrebbero potuto prendere una pessima piega. Si sentiva come se il mondo gli fosse crollato addosso dopo aver scoperto del tradimento del padre, pensava che non avrebbe mai potuto superare la cosa o sentirsi meglio, eppure erano bastate poche parole di conforto da parte dell'altro per essere rincuorato, mai nessuno lo aveva compreso tanto a fondo quanto lui e mai nessuno gli aveva mostrato tanta gentilezza, in tutte quelle piccole cose che ad occhi estranei sarebbero potute risultare senza valore: come per esempio aiutarlo con i propri esercizi nonostante venisse ignorato, il dargli la propria matita, l'accettare che non parlasse e proporre un metodo alternativo di comunicazione tramite i messaggi, l'essere disposto ad invitarlo a casa sua, a mostrargli e dargli libero accesso al suo posto segreto ed essere stato persino capace di mitigare la propria fobia perché cosciente di quanto amasse i propri cani, queste erano alcune delle cose che gli avevano fatto piacere tanto King.

Era qualcosa di completamente diverso da quello che sentiva per Duen, suo più caro amico e per il quale provava un forte senso di protezione, per lui infatti era stato pronto a ferire Bohn, non aveva pensato neppure per un istante di ucciderlo, eppure quella sorta di pensiero aveva trovato spazio nella sua mente per quello sconosciuto che aveva osato aggredire King, era pronto a prendersi cura di lui non importa quanto fosse stato male o il perché, gli sarebbe sempre rimasto accanto, anche se fosse stato rifiutato e questa per lui era una cosa senza precedenti, per quell'affascinante ragazzo che si spostava sempre i capelli da davanti al viso, sarebbe davvero stato disposto a superare quei limiti che non aveva mai valicato neppure per la sua famiglia. Con questi pensieri nella mente sentì il trillare del proprio cellulare e quando realizzò che si trattava di un messaggio, si gettò sul divano dove giaceva abbandonato il dispositivo un brivido gli risalì la schiena quando lesse il nome di colui che amava sul display, aprì la chat con timore e vide che si trattava di una foto scattata con cura ad un fiore che non aveva mai visto prima, i suoi petali erano viola, altri candidi come neve e nella parte esterna si apriva come una stella, mentre in quella più interna era costituito da morbidi lembi incuravati, i quali sembravano cerare un contenitore per i pistilli, sotto l'immagine una breve didascalia con quello che doveva essere il nome della pianta: Aquilegia Vulgaris.

Sapeva che il ragazzo era un'amante della flora, eppure non capiva perché in una situazione tanto tesa come quella nella quale si erano lasciati, avesse deciso di mandargli proprio quello scatto che fissò interdetto per una manciata di minuti: poteva comprendere che il più grande non volesse parlare di ciò che era accaduto tra loro, almeno non per via messagistica, eppure senza una parola inviare qualcosa del genere era davvero strando, beh anche per il particolare migliore amico di Bohn. Più ci rifletteva meno ragionevole trovava l'azione, disperato per una sorta di significato ricordò un dettaglio al quale non aveva fatto troppo caso, ovvero sugli appunti di King riguardanti le proprie piante, oltre a come prendersi cura di loro aveva scritto qualche breve annotazione sul significato di esse, riferendosi al linguaggio dei fiori, dunque scattò in piedi dandosi dell'idiota poiché lui che tanto aveva problemi a comunicare, più di tutti, avrebbe dovuto capire l'intento nascosto dell'altro, forse in quel fiore si celava la sua risposta.

Prese a camminare freneticamente avanti ed indietro per il salotto, proprio davanti alla porta d'entrata mentre con i pollici digitava velocemente quel nome nella barra del motore di ricerca e la prima cosa che venne fuori fu che il nome derivava dal latino, significava raccoglitore di acqua, probabilmente per la forma a conca dei petali vicini al centro, no, non era quello che cercava. Tornò indietro e scorse tra i vari link che vide finché trovò la pagina di wikipedia, perché non era stata la prima a venire fuori? Solitamente lo era sempre, grugnì agitato e gli bastò leggere le prime righe per avvertire il suo cuore battere all'impazzata, scalpitante come un cavallo imbizzarrito contro le ossa della sua gabbia toracica: < Aquilegia vulgaris, comunemente nota come aquilegia, aquilegia comune o amor nascosto, è una pianta appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria dell'Europa > su un'altro sito invece trovò: < L'Aquilegia Vulgaris fa parte della famiglia delle Ranunculacee; proveniente dell'Europa, è chiamata anche colombina, amor nascosto o amor perfetto. Pare che il nome aquilegia derivi dal fatto che i suoi particolari fiori, formati dai petali che si allungano in speroni uncinati, siano simili al becco o agli artigli dell'aquila.Può anche avere il significato di quiete dopo la tempesta >.

Quella sembrava proprio una dichiarazione in stile King, dopo circa tre giorni nei quali non si erano sentiti per niente gli mandava una cosa del genere, il fatto che ne avesse citato il nome doveva sicuramente essere un invito a cercarne il significato online per scoprire cosa nascondesse, giusto? La vertità era che Ram non ne aveva la minima idea e la cosa lo frustrava da morire, allora lo sguardo gli scivolò sul messaggio che aveva mandato al più basso prorpio qualche minuto dopo che se ne era andato e si domandò se si fosse sentito allo stesso modo nel vedersi davanti quelle righe di testo che non rivelavano quali fossero i suoi penseri, fece vibrare la lingua tra i denti come una sorta di sibillio, domandandosi se quella non fosse una vendetta da parte del proprio senior e mentre valutava se scrivere o no al ragazzo per una conferma, si bloccò sul posto con il cellulare fra le dita e lo sguardo fisso contro la porta d'ingresso, qualcuno aveva appena inserito le chiavi nella serratura, ma non aveva senso che fosse proprio il più grande dato che sarebbe dovuto rimanere un giorno in più a casa della nonna, forse era sua sorella P'Kuhnfa che si era nuovamente lasciata entrare e questa ipotesi, per lui più plausibile dell'improvviso ritorno di King lo fece calmare, abbastanza da rendersi conto che i suoi tre cani erano corsi stranamente verso la porta.

Nel vederselo di fronte rimase stupito, ma l'unico motivo per il quale non disse nulla fu vederlo tranquillamente fare le coccole ai tre husky e per un momento, per quanto breve, gli passò per la mente l'irrazionale idea che quella persona non poteva essere il proprietario dell'appartamento, ma sicuramente gli assomigliava molto, solo che lui non aveva la fobia dei cani, si riscosse scuotendo impercettibilmente la testa, senza staccare per un istante le sue iridi dal castano, che gli sorrise come faceva sempre, solo leggermente più timido: «Hai visto la foto che ti ho inviato?» lui annuì in risposta, guardandolo entrare e posare stancamente il borsone a terra, proprio nel piccolo corridoio che dava sul salotto, era chino su di esso come a cercare qualcosa, anche se l'altro credeva che fosse solo una scusa per non doverlo fronteggiare a viso aperto mentre domandava: «Cosa ne pensi?» deglutì, respirò piano e trovò la calma necessaria per impilare le parole in una frase di senso compiuto: «Credo sia un bel fiore, ha dei significati interessanti, ma immagino che questo tu lo sapessi P'King, giusto?» egli ridacchiò raddrizzandosi, sussultò sorpreso nel trovarsi Ram ad un passo di distanza e in quel momento i loro sguardi parvero catturarsi vicendevolmente, vibrando pieni delle emozioni racchiuse nei loro cuori: «Nong, per chi mi hai preso, certo che so cosa significa quel fiore, ho solo creduto che racchiudesse perfettamente la situazione...» pronunciò l'ultima parte della frase sotto voce lasciando che sbiadisse nel silenzio, era teso almeno la metà di quanto lo fossero i muscoli del ragazzo che gli era davanti, il quale parve percepire quell'ammissione come una sorta di segnale e lo abbracciò, rilasciando un leggero sospiro di sollievo quando avvertì le altrui mani aggrappasi alla sua maglietta, ricambiando quel contatto innocente.

«Io ti amo P'King» solitamente non riusciva a trovare le parole per esprimersi quando si trattava di cose estremamente personali, eppure in quel momento gli era sembrato così semplice da lasciarlo piacevolmente sorpreso: «Anche io» biascicò in risposta King con il viso premuto contro la sua spalla e le orecchie colorate di un rosa vibrante. Una leggera risata vibrò attraverso ai pettorlai definiti del più giovane, fu un suono breve e musicale per le orecchie del castano, tanto che lo rese ancora più felice se possobile  poiché il fatto che il "ragazzo gelido" ridesse era un evento tanto raro che per quanto ne sapeva tutti i pianeti della glassa si erano allineati affinché succedesse, sorrise al proprio stupido pensiero con le dita saldamente aggrappate alla sua maglietta, respirando tranquillo l'odore del giovane uomo che lo cullava dolcemente con le sue braccia. Rimasero per un tempo indefinito in quella posizione, entrambi con quello strano timore che al minimo movimento quell'illusione si sarebbe dissolta, facendo scoprire loro che quell'istante paradisiaco non era niente di più concreto di un sogno e sospirarono quando furono costretti a separarsi per organizzare la cena, con sorrisi allegri e le mani sempre intrecciate.

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