Calma e sangue freddo
Si era sempre considerata una persona razionale, una di quelle che prima di farsi prendere dall'ansia o da qualsivoglia emozione analizzava per intero la situazione, concedendo alla stessa anche del tempo per spiegarsi da sola, per risolversi, prima che lei potesse agire o prendere una qualche decisione in merito. Calma e sangue freddo era sempre stato il suo mantra.
Era stato così anche quando, quella mattina di settembre, il suo ciclo di solito puntualissimo non si era presentato. Aveva fatto un bel respiro, aveva preso in considerazione tutti gli scenari possibili con estrema lucidità, e poi aveva lasciato che passasse quasi una settimana prima di trarre le sue conclusioni, farsi prendere dal panico e comprare quel test di gravidanza.
Ora, erano passati quattro giorni da quando lei e Carlos erano stati a letto insieme, e i tempi sembravano ormai propizi perchè le sue emozioni e i suoi istinti prendessero il sopravvento, così prese il cellulare e chiamò l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto aiutarla.
Dopo un paio di squilli a vuoto, finalmente qualcuno rispose, ma la voce dall'altro capo della linea non era quella che sperava di sentire.
«Hey Fra, come stai? Che si dice in quel delle americhe?»
«Ciao Max, emergenza per cui ho chiamato a parte, tutto bene, e tu?»
«Soliti problemi al lavoro, ma in fondo non posso lamentarmi nemmeno io.»
«Sono contenta. Senti...»
«Si, adesso te lo passo. Sua Grazia sta cercando di infilarsi in un paio di pantaloni palesemente troppo stretti...»
«Ti prego, dimmi che non sono quelli color senape di velluto a coste...»
«Proprio loro.»
«Cazzo! Scusami Max, ero convinta di essere riuscita a nasconderli bene questa volta.»
«La prossima volta buttaglieli e poniamo fine a questo supplizio. È una tortura vederlo contorcersi come un animale morente per riuscire ad infilars...»
«Hey!»
La voce del suo coinquilino esplose in tutta la sua potenza e indignazione mentre si riappropriava del proprio device. Prima che potesse attaccare una predica infinita sul perché fosse fondamentale per lui, ogni quindici giorni a partire dal primo di Ottobre, provare ad infilarsi in quegli orridi pantaloni, vomitò le parole che da qualche giorno a quella parte continuavano a tormentarla.
«Nick, ho fatto una cazzata.»
Lui rimase in silenzio per un istante, il leggero rumore statico l'unico suono udibile su quella linea di comunicazione transatlantica.
«Stiamo per caso parlando del genere di cazzata che io ti spingerei a compiere?»
«Si» ammise.
Di nuovo silenzio.
«Alexa! Metti "Like a virgin" di Madonna!»
«Dammi un attimo che la cerco!» fece eco la voce di Massimo, poi seguita dalle prime note della canzone. Non avevano davvero Alexa.
«Sei proprio uno stronzo, Nick» disse in uno sbuffo coprendosi la fronte con il palmo della mano.
«No tesoro, sono solo entusiasta e davvero contento per te. Era ora finalmente!»
«Beh, io non lo sono! Perchè ogni volta che faccio sesso le cose devono andare sempre maledettamente male?»
«Max, spegni.»
Madonna smise immediatamente di cantare.
«Cosa è successo? Ti ha fatto del male, ti ha forzata a fare qualcosa che non volevi? Perchè se è così giuro che salgo sul primo volo per il Brasile, insieme a Max e ai tuoi fratelli, e gliela faccio pagare cara.»
«No, Nick, non è successo niente del genere. Il tutto è stato pienamente consensuale e... piacevole. Beh, molto piacevole. La parte in cui le cose vanno male comincia dopo.»
«Ah ah.»
«Da dopo che è successo le cose tra me e Carlos sono decisamente cambiate, e non nel modo in cui speri tu...»
«Sicura tesoro che non siano solo paranoie? È del tutto normale sentirsi insicuri dopo i primi rapporti...»
Sbuffò demoralizzata.
«Non sono paranoie, Nick. È... diverso. Carlos è diverso.»
«Diverso come? Tipo che si è trasformato in un alieno? Oppure ha iniziato a collezionare francobolli? Dammi qualche dettaglio in più, Fra.»
«Non lo so spiegare bene. È come se fosse... distante, chiuso in se stesso. La mattina dopo sembrava andare tutto bene, insomma, era talmente entusiasta che ha persino provato a portarmi a giocare a golf con suo padre e Lando. Ma poi qualcosa è cambiato, è diventato freddo, silenzioso... non il Carlos premuroso e un pò appiccicaticcio che ho visto finora.»
Fece una pausa, passandosi le dita tra i capelli scuri per sciogliere la treccia in cui li aveva nervosamente raccolti, per poi ricominciare a intrecciarli con lo stesso gesto meccanico, cercando un pò di conforto.
«Da quando siamo arrivati in Brasile, nonostante condividiamo la camera, lo ho visto davvero pochissimo. Esce sempre presto, per allenarsi o fare chi sa che cosa, e la sera torna tardi. Mi parla giusto il minimo indispensabile per sapere se sto bene, se ho mangiato, poi si gira sul fianco, dandomi la schiena, e si mette a dormire. Tutto qui. Nessuna provocazione, nessuna battuta, non cerca nemmeno un minimo di contatto...»
Lasciando perdere i capelli si tirò le ginocchia al petto, rannicchiandosi su se stessa.
«Una parte di me è anche felice di tutto questo. Questo tipo di interazione, di rapporto, mi sembra molto più realistico e coerente rispetto a quanto io e Carlos ci conosciamo, e, a dirla tutta, queste giornate da sola non sono state poi così terribili. Ho avuto tempo di lavorare, di leggere, di ritrovare un minimo di normalità in questa situazione assurda. Ho potuto uscire a farmi un giro senza essere assalita dalle telecamere, dai fan o finire a mia insaputa su qualche social. Ho potuto fare colazione, mangiare senza che Carlos mi assillasse per la quantità di caffeina che bevo, per la porzione nel mio piatto o stronzate simili. Eravamo solo me, Myself and I. Punto. Ma, ecco... sarebbe stato tutto molto meglio se non fosse successo subito dopo aver fatto sesso. Non sarei andata così in paranoia, me ne sarei semplicemente fatta una ragione, probabilmente avrei tirato un sospiro di sollievo e intonato un Alleluia delle campanelle. Ma no, e ora non riesco a smettere di farmi complessi, di chiedermi come mai ogni cazzo di volta in cui io e Carlos andiamo a letto insieme le cose finiscono incredibilmente male per me!»
Prima che il suo coinquilino potesse rispondere, si affrettò a precisare.
«So benissimo che è successo solo due volte, e che è un pò poco per stilare una statistica, ma andiamo! Se mi avessero dato un euro per ogni volta in cui è successo, a questo punto avrei due euro, che non è tanto, ma è comunque strano che sia successo due volte! Voglio dire, che probabilità ci sono?»
Dall'altro lato della linea, Nick emise un piccolo sbuffo che interpretò come un tentativo di trattenere una risata.
«Tesoro, sto per dire un'ovvietà, ma... hai provato a parlargli? A chiedergli come mai si stia comportando così?»
Rimase in silenzio per un istante, mordendosi il labbro inferiore. Alla fine scosse leggermente la testa, quasi a vergognarsi di dover ammettere la verità.
«No.»
Nick fece un verso esasperato.
«E che cosa stai aspettando allora, Francesca? Va da lui e affrontalo! Sul serio, sei una delle persone più dirette che io conosca, eppure sei qui a rimuginare e a farti venire complessi invece di parlare con l'unico essere umano che potrebbe darti delle risposte. Non ti sembra un po'... fuori dal tuo personaggio?»
«Non è così semplice» sbottò. «Non posso semplicemente presentarmi da lui e dirgli, 'Hey, Carlos, perché stai facendo lo stronzo con me? È successo qualcosa o nel preservativo hai deciso di lasciarci anche il cervello?»
«Perché no? Sembra un'ottima apertura, se vuoi la mia opinione. Non mi sembra uno da ignorare le provocazioni.»
«Ero ironica Nick! E comunque non posso andare da lui, mi ha detto di rimanere in albergo oggi...»
Il suo sguardo si spostò inevitabilmente sul bigliettino che ancora giaceva sul suo comodino. In una grafia inclinata, nervosa, senza un accenno di dolcezza o calore, era vergato un messaggio breve e conciso.
Alexandra mi ha detto che ieri sera ti sei sentita male. Oggi resta pure in hotel a riposarti, non serve che tu venga al circuito.
Carlos
Era vero, la sera prima lei e Alexandra erano uscite a cena insieme, per farsi compagnia mentre i due piloti della rossa erano impegnati in un evento per gli sponsor. Era stata una serata tranquilla, piacevole, con una bottiglia di vino rosso che non aveva toccato e un menù pieno di piatti brasiliani da condividere. Ma le solite e ormai familiari nausee avevano fatto la loro comparsa e lei aveva dovuto inventare la scusa di sentirsi poco bene per non destare sospetti. Così era tornata nella sua camera e aveva aspettato Carlos, guardando uno dopo l'altro episodi della prima serie tv che le era capitata a tiro fino ad addormentarsi, il viso rivolto verso la porta.
Del pilota nemmeno l'ombra. Quel biglietto, quello stupido pezzo di carta era l'unica prova del fatto che lui fosse stato lì quella notte. Quello, e il lato del letto sfatto accanto a lei.
Scuotendo la testa, allungò la mano verso il comodino per recuperare il pezzo di carta incriminato. Con la punta delle dita, quasi in trance, cominciò a ricalcare lettera per lettera il nome di Carlos, come se il semplice gesto potesse darle qualche risposta.
C
«Francesca, tesoro, sii sincera, da quando tu fai quello che ti si dice? Chiama un taxi, raggiungilo all'autodromo e parlaci. Sul serio. Non puoi continuare a tormentarti così.»
A
Nick aveva ragione, come sempre, ma l'idea di affrontare Carlos in quel momento le sembrava impossibile. Si sentiva insolitamente fragile, esposta, e soprattutto incerta su quello che avrebbe trovato al termine di quella conversazione.
R
«Io... non lo so, Nick. Non so se ho voglia di farlo. Mi pare chiaro che lui non abbia voglia di vedermi, di avermi lì...»
L
Abbassò lo sguardo sul biglietto, il pollice che accarezzava distrattamente la carta. Fino a una settimana prima, ne era convinta, nella stessa situazione Carlos l'avrebbe svegliata dolcemente prima di andarsene. Le avrebbe detto di rimanere in albergo a riposare e di non preoccuparsi, che qualcuno sarebbe passato a prenderla se si fosse sentita meglio. L'avrebbe baciata sulla fronte e poi le avrebbe accarezzato i capelli con quel suo sorriso rassicurante, aspettando che si riaddormentasse prima di uscire dalla stanza.
O
Ma quella mattina no. Quella mattina l'aveva lasciata sola con quel fottuto biglietto che sembrava più un ordine che una gentilezza. E tutto perchè lei era stata così stupida da abbassare la guardia, spogliarsi della sua confortevole e funzionale corazza, e cedere alle sue lusinghe e ai suoi addominali scolpiti.
S
Le dita si strinsero attorno al foglietto, accartocciandolo con un gesto deciso mentre la rabbia e la frustrazione dentro di lei crescevano senza sapere bene perchè...
«Fra, non dire così. Sono sicuro che Carlos non intendesse...»
«Nick» lo interruppe bruscamente, la voce più acuta del solito, ma ferma «lasciamo stare, ok? Oggi non me la sento di affrontarlo, di fare la persona adulta e matura... Me ne starò qui in hotel, magari scenderò a farmi una nuotata in piscina e mi guarderò per l'ennesima volta Midsommar in lingua originale, beandomi di quelle inquadrature spettacolari e incanalando tutte le mie energie negative affinchè lo stronzo nel corpo dell'orso bruci tra atroci sofferenze. Probabilmente immaginando che abbia la faccia di un certo madrileno di mia conoscenza. E poi, chissà, anche senza fare nulla la cosa potrebbe risolversi da sola. Il cervello da trentenne di Carlos potrebbe per puro caso ricominciare a funzionare e magari fargli tirare fuori le palle per dirmi cosa c'è che non va.»
«Sai che stai facendo un discorso del cazzo, vero?»
«Sì.»
«E sai anche che sto per dirti che fai bene a prenderti una giornata per te, ma che sei troppo intelligente per non capire che questa non è una soluzione?»
«Contorto, ma anche questo lo so.»
Il suo coinquilino, dall'altro capo della linea, emise un sonoro sospiro e lei se lo immaginò intento a massaggiarsi la radice del naso da sotto gli occhiali con espressione rassegnata. Le bastò quello per capire di averla avuta vinta, anche se non si sentiva per niente contenta per quella vittoria.
«Nick?»
«Si, Fra?»
«Ti voglio bene. E grazie.»
«Te ne voglio anche io, tanto.»
«Lo so. Dai un bacio a Max da parte mia, ok?»
«Certo tesoro.»
«E ti prego, butta quei pantaloni.»
«Mai!»
La risata familiare e confortante di Nick fu l'ultima cosa che udì prima che la telefonata si interrompesse, lasciandola alla sua ennesima giornata di solitudine.
Inutile dire che il giorno dopo la situazione tra lei e Carlos non era migliorata, era rimasta esattamente identica, immutata, fastidiosamente statica. Frustrante come il nuovo bigliettino che aveva trovato sul comodino quella mattina.
Sono andato al circuito, giornata piena. Se vuoi raggiungermi o hai bisogno di qualcosa, chiama Carlos.
C.
Dopo averlo letto e riletto, sperando di trovarci qualche sfumatura di calore che le fosse sfuggita al primo sguardo, lo accartocciò con stizza, lanciandolo con rabbia contro il muro. Carlos era di nuovo andato al circuito senza di lei, nonostante quel giorno ci fossero le prove libere e le qualifiche per la sprint.
L'idea di restare in hotel per un'altra giornata la tentava, se non altro come segno di protesta, ma sapeva bene che la sua assenza avrebbe potuto far sollevare un polverone di domande indesiderate, domande che proprio non aveva voglia di affrontare. E poi... poi voleva venire a capo di quella faccenda, aveva fatto lo struzzo abbastanza per quella settimana.
Voleva capire cosa stesse passando per la testa di Carlos, comprendere il perchè di quel suo atteggiamento del cazzo, e il modo migliore per farlo era rivolgersi a Lando. Per farlo, però, avrebbe dovuto raggiungere l'autodromo.
Ovvio, il modo migliore e più maturo in assoluto sarebbe stato chiedere al diretto interessato, ovvero un certo madrileno dagli occhi scuri, ma era una possibilità che al momento sentiva di dover escludere. Non si sentiva pronta. Troppo orgoglio, troppa rabbia, forse troppa paura di scoprire qualcosa che non era ancora pronta a sentire...
No, meglio evitare di prendere la situazione di petto come le aveva suggerito Nick, altrimenti quella giornata avrebbe rischiato di finire con lei arrestata, e con la scuderia Ferrari con un pilota gravemente menomato a quattro gare dalla fine del campionato.
E poi il migliore amico di Carlos doveva pur sapere qualcosa, no?
--- spazio autrice---
Tu mi porti suuuuuu, e poi lasci cadereeee... e cadere... e cadere...
Non odiatemi, ma dopo aver raggiunto la vetta, si sa, bisogna iniziare la discesa e con questo capitolo, Francesca comincia la sua, che proseguirà anche nei prossimi.
Vi anticipo che, come questo, saranno incentrati esclusivamente su Francesca, ma poi tornerò anche da Carlos, giuro!
Vi prometto anche che, durante questi capitoli in solitaria di Francesca, la porterò ad intrecciare e approfondire qualche legame nel paddock e non mancheranno risate e cuteness.
Come sempre, io vi ringrazio per aver letto e ci vediamo alla prossima.
*kiss Silver_Fame
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