Prologo
Era arrivato anche quest'anno. Giugno, con tutti i suoi colori, stava dando inizio come sempre alla tanto acclamata stagione estiva...
L'estate, calda e allegra come suo solito era finalmente alle porte, dove ormai l'inverno non era che un semplice e freddo ricordo.
L'ansia e la voglia di mare erano più che palpabili in città, dove tutti fremevano in attesa delle vacanze.
Ogni anno la stessa storia, la stessa cantilena ripetuta più e più volte senza alcun minimo cambiamento.
Sbocciavano gli amori estivi, che puntualmente si sarebbero troncati a settembre, ci si prendeva delle sbronze epocali il sabato sera e si collassava in spiaggia senza pensieri e col sorriso da ebeti stampato in faccia.
Tutto indimenticabile e perfetto finché non si arrivava alla fine dei mesi e la vita monotona e piena di problemi riprendeva il sopravvento, strappando via ogni briciolo di felicità e spensieratezza.
Come una breve ma bellissima illusione.
O una grandissima perdita di tempo.
Sì, era proprio questo il pensiero di Gwen Martin sull'estate, o perlomeno lo era da più di sette anni.
Appena diplomata, alta nella media, capelli neri corvino e occhi verdi... certo, era una ragazza come tante, ma con un unica differenza: odiava con tutta se stessa questa stagione tanto attesa da tutti.
Ma non era un odio comune, come quando non ci si trova bene con qualcuno o qualcosa, no! Il suo era un sentimento più profondo e radicato, era un concentrato di rabbia, paura e frustrazione che portava con se da troppo tempo, tanto da imparare a conviverci.
Nessuno conosceva a pieno il perché di questo suo atteggiamento, nessuno a parte la sua famiglia, che se pur cercando di fare il suo bene, il più delle volte peggiorava la situazione.
Ogni anno da sette anni anche per Gwen la storia era sempre la stessa. Mentre i suoi coetanei preparavano i bagagli per partire, lei restava nella sua amata Seattle, chiusa nella sua stanza con l'unica compagnia della musica e dei suoi amati e inseparabili libri.
Amava leggere, l'avrebbe fatto per tutta la vita se possibile.
I libri erano il suo ossigeno quando tutto diventava troppo, erano la sua via di fuga quando persino quelle pareti tanto famigliari diventavano strette, erano la sua medicina quando ricordi dolenti riaffioravano nella notte senza preavviso.
Erano stati la sua salvezza.
Per lei contavano solo quelli e il mare... amava anche quello.
Che strano scherzo del destino eh? Amare la fonte principale del tuo stesso odio...
Poetico non trovi?
Tanto poetico quanto assurdo, ma d'altronde Gwen non era mai stata scontata.
Visitava la spiaggia tutte le settimane, ogni venerdì, senza mai saltare un appuntamento. Non c'era un motivo ben preciso, o forse si, ma non era quello che contava...
Si presentava solo nei mesi invernali, quando il mare era nel pieno delle sue ombre, senza correre il rischio di essere infastidita da bambini iperattivi che schizzano da una parte all'altra e con solo il rumore delle onde a cullarla, rendendole più semplice schiarirsi le idee.
Non ricordo neanche più come ci si sente circondata da tutto quel blu...
Ed era vero, non lo ricordava più, aveva scelto di rimuovere ogni traccia di quei banali ma importanti ricordi e adesso si ritrovava a oscillare costantemente su un filo di autocontrollo che faticava nel rimanere integro.
Autocontrollo che molto presto sarebbe stato messo ancora più a dura prova da una persona inaspettata... suo nonno.
Il nonno di Gwen, Robert Martin, era sempre stato un gran lavoratore fin dalla giovane età, ed era presto diventato uno degli imprenditori più qualificati nel campo della ristorazione, insomma era un uomo dalle mille risorse.
L'ultimo dei suoi acquisti era stato niente di meno che un ristorante in riva al mare, nella meraviglia balneare di Los Angeles, Venice.
Per Robert Martin, la parola impossibile non aveva alcun significato, perché lui amava le sfide e non era mai riuscito ad accettare un no in tutta la sua vita. E fu anche per questo che sua nipote si ritrovò ben presto con le mani legate, dopo aver ricevuto la proposta di seguirlo in quel posto da sogno per poter famigliarizzare con il mondo del lavoro.
Gwen si sarebbe sotterrata se avesse potuto, non poteva rifiutare, non aveva un soldo da parte e per le spese del college la borsa di studio ottenuta con così tanti sforzi non sarebbe bastata. In più l'insistenza di suo nonno la costrinse a cedere e ad accettare "l'invito".
Come può farmi questo? Proprio lui... proprio lui che sa!
Si sentiva non capita, tradita dal suo stesso sangue. Non riusciva neanche più a guardare in faccia suo nonno, troppe emozioni contrastanti... a tratti lo odiava, a tratti lo amava.
Ma infondo era sempre stata abituata all'indifferenza della sua famiglia rispetto al suo "problema", aveva sempre affrontato tutto da sola e anche questa volta sarebbe stato solo un altro boccone amaro da mandare giù.
Si consolava da sola in ogni momento, anche adesso, mentre si ritrovava sommersa da tutti i vestiti che pareva non avessero la minima intenzione di starci in valigia, continuava a ripetere a mente quelle piccole regole che si era imposta.
1.Lavoro, lavoro, lavoro e ancora lavoro.
Stava partendo solo per quel motivo e al centro dei suoi pensieri non ci sarebbe dovuto essere nient'altro.
2.Non famigliarizzare.
Non era mai stata brava nei rapporti interpersonali, era sempre risultata invisibile agli occhi della gente e così sarebbe dovuta rimanere.
3.Non perdere il controllo.
La sua anima era ancora troppo fragile e ferita, e sarebbe bastato davvero molto poco per scalfire il suo muro di vetro, causando un vero e proprio disastro.
«Devi farti forza Gwen» si rassicurava allo specchio, mentre cercava in tutti i modi di nascondere le occhiaie con del correttore «Andrà tutto bene, spero...» disse poi con meno convinzione.
Sobbalzò quando sentì il suono del clacson, e si affretto a raccogliere le sue cose e la sua felpa prima di scendere e raggiungere suo nonno in macchina.
Anche il suo stile rispecchiava il suo carattere estremamente introverso. Era molto sobria nel vestire, non sceglieva mai nulla di azzardato o troppo appariscente. Perfino d'estate si ostinava ad indossare orribili felpe oversize, solo per il suo timore di farsi vedere dal mondo.
Una volta arrivati in aeroporto, fu tutto estremamente veloce che Gwen non ricordava neanche come ci fosse arrivata nell'aereo.
Ma non ci fece molto caso, perché in quel momento la sua attenzione si era spostata su quei brividi che le stavano attraversando la schiena e che non portavano nulla di buono.
°°°°
Il viaggio fu lungo e stancante, Gwen non aveva chiuso occhio, era rimasta tutto il tempo a guardare fuori dal finestrino, alternando momenti dove si sarebbe voluta alzare e andarsene, a momenti dove sperava che scoppiasse qualche tempesta di grandine o tornado che avrebbe fatto sì che l'aereo tornasse nella sua amata Seattle.
Ma ovviamente le sue preghiere non furono accolte da nessuno e il suo sconforto si ampliò, quando iniziò ad intravedere da lontano il grande aeroporto di LA.
Nelle lunghe e strazianti ore in aereo era riuscita ad auto convincersi che il posto non sarebbe stato poi così male, promettendo però a se stessa che non l'avrebbe vissuta in nessun modo come una vacanza, ma come semplice lavoro.
Le porte dell'aereo si stavano aprendo, ormai pur volendo non sarebbe potuta tornare indietro e neanche il suo stomaco ormai brontolante glielo avrebbe permesso.
Spero almeno che il cibo sia buono...
E con questa unica speranza varcò la soglia dell'aereo, iniziando inconsapevolmente un nuovo capitolo della sua storia.
~Spazio Autrice~
Ciao a tutti,
avevo deciso di archiviare la storia fino alla sua conclusione per poter fare tutte le modifiche necessarie con calma, ma ho bisogno di condividere il mio lavoro con voi ed è per questo che sto ripostando il prologo.
Vi invito a rileggerlo se lo avete già fatto perché ho cambiato completamente la struttura della storia.
Spero che vi piaccia e come sempre fatemi sapere cosa ne pensate :)
A presto
Jade💕
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro