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3. Hi, Duck.

Mentre pedalavo, gli innumerevoli pensieri - tutt'altro che positivi - mi schiaffeggiavano, accompagnati dal vento altrettanto impetuoso.
Non capivo perché Richard si trovasse a casa di Grace.
Non c'era nulla di logico e avevo paura per mio fratello.
Chiunque avesse a che fare con quel gruppetto, solitamente, era coinvolto in affari spiacevoli.
Era il gruppetto dei popolari, e né io né Richard lo eravamo poi così tanto.
Forse lui più di me, siccome giocava nella squadra di Football della scuola.
Era adatto a quello sport, secondo me.
Alto, spalle larghe, muscoloso.

Nonostante fisicamente fosse un tipo abbastanza grosso, era molto fragile dentro.
Con quel sorriso buffo, quei capelli neri spettinati e quegli occhi glaciali avrebbe fatto sciogliere qualsiasi ragazza, ma era stato ferito molte volte.
Ancora non capivo perché Grace Walker, la più perfida delle amiche di Alexis, fidanzata di Jaiden Benson, si sarebbe dovuta vedere con Richard.
Un miliardo di ipotesi mi balenarono per la testa:
Spaccio di droga?
Omicidio?
Altri reati talmente orribili da risultare per me innominabili?
Richard non usciva spesso la sera, soltanto quando si trovava costretto a causa degli allenamenti, che iniziavano alle quattro solitamente e proseguivano fino alle otto, quando organizzava con i suoi amici e compagni delle uscite o delle cene in pizzeria, oppure quando c'era in ballo una ragazza.

Mentre pensavo a qualche strano tipo di catastrofe imminente, mi ritrovai di fronte alla casa di Grace.
Sospirai, parcheggiando la bicicletta vicino alla cassetta postale, poi mi avvicinai di più all'abitazione, sentendo delle voci.
Riuscii addirittura a percepire della musica di sottofondo, ma probabilmente fu solo la mia immaginazione, resa ancor più fervida dall'ansia e dalle mille preoccupazioni.

Non riuscivo a capire da dove venissero quei rumori, era tutto buio, fatta eccezione per un paio di stanze.
Una era il salotto, che stavo accuratamente osservando grazie alla finestra, quindi si trovava al piano terra.
Nella stanza c'era Adam, il fratello di Mitch, che era solito provarci con tutte le ragazze, perfino con me, intento a bere una birra di fronte alla TV. Alcune ragazze che non conoscevo gli giravano intorno, ma lui non le guardava, guardava me.
Si era accorto della mia presenza fuori dalla finestra, proprio come una pazza psicopatica.
Mi portai l'indice alle labbra, come per indicargli di fare silenzio e lui annuì, facendomi l'occhiolino.
Una ragazza che mi dava le spalle, credendo sicuramente che quel gesto fosse dedicato a lei, si sedette sulle sue gambe, allora spostai la mia attenzione altrove.
Non capivo cosa stesse succedendo.
Perché c'era una festa a casa di Grace? E dov'era mio fratello? Iniziai di nuovo a entrare in panico.
Nella stanza entrò un ragazzo, Jaiden. Sorrideva ampiamente e pure da quella distanza riuscii a capire che fosse drogato.
Anche lui aveva diverse ragazze intorno e, al contrario di Adam il bello, come lo avevo soprannominato, le stava considerando abbastanza.
Una di loro lo prese per mano e lo portò ai piani superiori, e io storsi il naso, pensando a come si sarebbe potuta sentire Grace se se ne fosse accorta.
Ma non sarebbe mai successo, visto che anche lei probabilmente era ubriaca o fatta.

Continuai a osservare le persone presenti a quella festa, in cui la padrona di casa non si era fatta viva.
E non c'era ancora traccia di mio fratello.
Vidi un ragazzo dalla carnagione scura che coccolava una ragazza bionda, un asiatico che teneva il braccio avvolto attorno ai fianchi di una ragazza mora, mentre scherzavano allegramente, ma ancora non vidi Richard e Grace.
Adam non era più in quella stanza.
Le ragazze che prima ronzavano attorno a lui come mosche attorno ai cavalli ora si trovavano a importunare un'altra persona che non riuscii a vedere bene a causa della calca di persone.
Sembrava che la gente aumentasse all'improvviso perché, quando avevo iniziato a spiare dalla finestra, non era poi così tanta.

Ero talmente occupata in quella scrupolosa indagine da non accorgermi del tempo che passava e, soprattutto, della minaccia che incombeva alle mie spalle.
Sentii soltanto dei passi lievi, qualcuno si stava avvicinando a me ma non mi girai, non aveva importanza.
Successivamente sentii delle mani poggiarsi sui miei fianchi e una calda voce attraversarmi l'orecchio, fino a raggiungere il cervello e a mandarlo in tilt.
Allora capii che aveva importanza.

«Ciao, Duck.»
Mi congelai sul posto, incapace di muovermi.
Sapevo che, se mi fossi girata, lei sarebbe stata a pochi centimetri dal mio viso e ciò mi mandava fuori di testa.
Aveva un profumo dolce, ma non eccessivamente.

«Il gatto ti ha mangiato la lingua?» chiese, ridacchiando, mentre poggiava la testa sulla mia spalla.
Percepii un forte odore di alcool, e ciò spiegò perché mi stesse così vicina.
Probabilmente non capiva un cazzo e l'indomani si sarebbe scordata anche della mia esistenza.
Iniziai ad alterarmi, non sopportavo quando le persone ubriache mi si avvicinavano così tanto, specialmente se non avevano alcuna confidenza con me.
Tuttavia non mi spostai.
Lei continuava a ridacchiare inspiegabilmente, borbottando qualvolta il mio nomignolo.
Mi voltai verso di lei, sperando che si allontanasse da me, ma non fu così, anzi.
Sembrò quasi che si stesse avvicinando ancora di più.
Per qualche secondo mi persi ad ammirarla.
I capelli rossi le ricadevano dolcemente sulle spalle, le labbra carnose erano pitturate di un rossetto rosso fuoco e gli occhi erano luminosi di una furbizia che stavo iniziando a comprendere.

«Che cosa vuoi, Alexis?» chiesi, incrociando le braccia al petto e cercando di sembrare davvero infastidita.
In realtà continuavo a pensare alle sue mani sui miei fianchi.
«Ti ho vista!» disse, per poi scoppiare a ridere di nuovo.
Feci una faccia confusa.
«Sei qui da taaanto tempo, Duck.» continuò, era palesemente ubriaca.
«Vieni dentro?» mi chiese poi, prendendomi la mano, io arrossii.
Che cosa le stava succedendo?
Era passata dal solito «Ciao Duck» all'invitarmi lei di persona ad una sua festa.
Di solito ci pensavano i suoi conoscenti.

Senza attendere una mia risposta, Alexis mi trascinò dentro casa di Grace.
E improvvisamente mi ricordai di Richard.
«Alexis» le dissi, lei si fermò, per poi voltarsi verso di me.
«Hai visto Richard?» chiesi e lei indicò con la mano alcune persone nel salotto.
«È lì, Duck» disse e io lasciai la sua mano per correre da mio fratello.
Fu la cosa più difficile che ebbi mai fatto, ma ero preoccupata per Richard e il suo bene veniva prima di ogni altra cosa per me.

«Richard» lo chiamai, facendomi largo tra alcune persone.
Ma lui non c'era.
«Dakota?» mi chiamò una voce alle mie spalle, io mi girai.
Era Adam.
Aveva i vestiti stropicciati, segni di rossetto qua e là, l'unica cosa in ordine di lui erano i capelli, tirati indietro dal gel.
«Hai visto Richard?» gli chiesi.
L'ansia stava ricominciando a farsi strada dentro di me.
Il suo sguardo si fece preoccupato, abbassò il capo e si accostò a me, all'altezza del mio orecchio.
«Non dire nulla a nessuno, okay? Soprattutto a Jaiden» mi chiese sussurrando, anche se non ce n'era bisogno.

Evidentemente non aveva visto con quante ragazze era andato quest'ultimo.
La musica che avevo sentito inizialmente c'era, e copriva benissimo ogni conversazione.
Iniziò a farmi male la testa per la confusione.

«Di cosa parli?» chiesi.
«Vai al piano di sopra» sussurrò, poi mi diede una pacca sulla spalla e si diresse al tavolo dove erano posizionati vari alcolici.
Corsi verso le scale, evitando persone ubriache o intente a limonare.
Vidi una nuvola di fumo per il corridoio, sicuramente si trattava di qualcuno intento a fumare qualcosa di proibito.
Mi tappai il naso e corsi in mezzo a quella nube, poi salii le scale di fretta, ad occhi chiusi, perché mi pizzicavano a causa di tutto quel fumo.

Sbattei contro il petto di qualcuno.
Spalancai gli occhi e la persona mi afferrò saldamente le braccia, impedendomi di cadere.
Misi a fuoco e capii.
«Rich, dove cazzo eri?» chiesi, arrabbiata.
«Andiamo a casa.» rispose lui, infilandosi la maglietta e abbottonandosi i pantaloni.
«No.» risposi.
«Dakota, andiamo a casa.» ripeté, stringendomi il polso.
«Dakota?» chiese una voce femminile, proveniva dalla stessa stanza dalla quale era uscito mio fratello.
La ragazza si affacciò.
Era Grace, indossava solo una maglia più grande di lei e le mutande.

«Non ci posso credere» dissi.
Corsi giù dalle scale, con Richard al mio seguito.
«Non saresti dovuta venire, Dakota» continuò, ma io lo ignorai.
Ignorai anche Alexis, la quale si era appena avvicinata per chiedermi di restare ancora un po'.
Tutta quella situazione per me era surreale.
Aprii la porta e mi fiondai fuori, presi la bicicletta e pedalai velocemente verso casa, mentre Richard mi seguiva camminando.
Naturalmente arrivai prima di lui.
Parcheggiai nel retro e mi arrampicai fino alla finestra di camera mia grazie alla scala da cui ero scesa precedentemente.
Chiusi la finestra, mi misi il pigiama e mi sdraiai, sbuffando.

Presi il cellulare e vidi che Jocelyn mi aveva scritto un messaggio, cito testualmente «Buonanotte, anche da parte di Mitch che dorme accanto a me.» accompagnato da qualche faccina eccessivamente colorata.
Sorrisi debolmente e attaccai il cellulare a caricare, poi poggiai la testa sul cuscino e cercai di dormire, evitando le centinaia di domande che mi annebbiavano la mente.

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