Venom
Due settimane dopo aver scoperto la verità sul passato di Octavian, gli eventi cominciarono a precipitare. Il re si era ammalato. Stando al medico di corte si trattava di una malattia intestinale, dato che presentava solo febbre alta e vomito, e stavano cercando di curarlo il più in fretta possibile. La regina passava tutti i giorni al suo fianco, lasciando ai suoi figli il compito di destreggiarsi tra i vari impegni reali. Octavian e William avevano deciso di collaborare per il quieto vivere, suddividendosi equamente i compiti, mentre Artemisia aiutava dove poteva, ma passando la maggior parte del tempo insieme alla madre.
"C'è qualche miglioramento?" chiese Nicholas, passando di fronte alla stanza del re, incontrando Artemisia.
"No, nessuno" sussurrò lei, affranta, chiudendosi la porta alle spalle. Nicholas riuscì solo a vedere un piccolo scorcio della regina, seduta al fianco del letto mentre parlava sottovoce al dottore "e questo mi preoccupa"
"Hanno detto che si tratta di una malattia intestinale. Sono certo che il medico riuscirà a curarlo" la tranquillizzò lui "Vi andrebbe di fare una passeggiata nei giardini? Vi farebbe bene pensare a qualcos'altro"
"Sì, forse può aiutarmi" ammise Artemisia, accettando il braccio che Nicholas le porgeva. Rimasero in silenzio fino a quando non uscirono nei giardini, il profumo dei fiori che li avvolgeva dolcemente. Nonostante il caldo che continuava a stringere la città in una morsa soffocante, i giardini reali offrivano zone d'ombra dove potersi riposare al fresco. Si sedettero all'ombra di un grande albero dalle ampie fronde, riparandosi dai caldi raggi del sole.
"Sono in pensiero per lui" mormorò Artemisia, giocherellando con un anello che portava all'anulare destro. Comparato con le dita affusolate della donna, il gioiello in oro risultava enorme, soprattutto la parte superiore finemente cesellata in delicati disegni.
"Così come tutti, Altezza" rispose Nicholas "ma sono certo che vostro padre si rimetterà presto. È di tempra forte"
"Sì, ma ormai non è più giovane come un tempo" Artemisia alzò gli occhi e rimirò i giochi di luce e ombra delle foglie dell'albero, mosse da una lieve brezza "Temo che se dovesse succedergli qualcosa... le conseguenze potrebbero essere peggiori del previsto"
"Cosa intendete dire?" domandò il Duca, inarcando un sopracciglio.
"Probabilmente nulla" la donna scosse la testa, lasciando che un sorriso mesto le distendesse le labbra "Vi prego di perdonarmi, ma oggi non sono di buona compagnia"
"La vostra famiglia è a conoscenza della malattia di vostro padre?" chiese Nicholas, permettendole di accantonare i discorsi di poco fa.
"Li ho avvisati, ma i miei figli sono ancora impegnati con il loro Grand Tour, anche se potrebbero comunque tornare a casa e mio marito... è ancora in viaggio presso le corti europee" disse lei, storcendo la bocca in una smorfia nel nominare il marito.
"La loro compagnia potrà esservi di conforto"
"Lo spero" Artemisia prese a giocherellare con il tessuto dell'abito "A volte vorrei poter aiutare i miei fratelli con i loro doveri reali. Potrebbero distrarmi abbastanza da tutto questo"
Nicholas rimase in silenzio, non sapendo cos'altro poter dire per alleviare lo stato d'animo della donna.
"Suppongo di dover tornare. Ho chiesto al dottore il permesso per dare la medicina a mio padre, ed è quasi ora" disse la donna, alzandosi in piedi, subito imitata dall'uomo "Vostra Grazia, vi sono riconoscente per avermi concesso questo momento di libertà"
Nicholas la osservò allontanarsi, mentre il vento portava con sé il profumo dell'estate.
Quella sera il Duca attraversò il passaggio che collegava la sua stanza con quella di William. Si era assicurato di chiudere a chiave la sua camera, dando l'ordine di non essere disturbato, prima di avventurarsi all'interno del passaggio segreto. Trovò William seduto dietro una scrivania nel boudoir della sua stanza, dandogli però le spalle. Si avvicinò silenziosamente a lui, notando che era chino su alcuni documenti sparsi su tutto il tavolo, tenendone uno tra le dita. Gli posò le mani sulle spalle, sentendo come i muscoli tesi cominciarono a rilassarsi sotto il suo tocco. Gli sembrò di avere un dejà vu: quando erano in Scozia era William quello che si adoperava per farlo distrarre dal lavoro, ma da quando erano in Inghilterra i ruoli si erano invertiti.
"A volte mi chiedo se riesci a leggermi nel pensiero" mormorò William con un sospiro "Ti stavo pensando qualche minuto fa e ora eccoti qui"
"Ho usato i miei incredibili poteri da stregone" scherzò Nicholas, adoperandosi per sciogliere i muscoli contratti del compagno "Cosa leggi?"
"Lettere e documenti inviati dai sudditi e le loro richieste in merito" rispose lui, stropicciandosi gli occhi stanchi "Domani ho le udienze e stavo finendo di leggerle, così da sapere a grandi linee quali saranno le loro richieste"
"Capisco" rispose Nicholas, leggendo la missiva che William aveva in mano da sopra la sua spalla.
"Artemisia mi ha detto che hai passato il pomeriggio con lei"
"Sì, volevo farle prendere una boccata d'aria dopo essere stata al capezzale di tuo padre tutto il giorno"
"Grazie"
"Non ho fatto niente di che" minimizzò Nicholas, stringendosi nelle spalle.
"Notizie da Magnus?"
"No, ancora non hanno trovato la donna. Domani vuole fare un altro tentativo" sospirò Nicholas, ricordando quanto Magnus gli fosse sembrato determinato a continuare la ricerca dell'amante del re.
"Spero che mio padre si rimetta presto" disse William dopo qualche minuto di silenzio, posando la lettera sulla scrivania "Tutta questa storia non fa che confermare che la corona non fa per me"
"Ah, mi permetto di dissentire" intervenne Nicholas "Dici così solo perché stai condividendo i compiti con tuo fratello. Sfido chiunque a non impazzire e gettare la spugna se costretto a lavorare gomito a gomito con Octavian. Solo per il fatto di doverlo sopportare così tanto, durante l'arco di una giornata, fa di te un ottimo capo"
La risata argentina di William spezzò il silenzio e Nicholas sorrise, felice di causato quello scoppio di ilarità.
"Di questo passo dovranno farmi santo" disse il Principe, il tono di voce decisamente più leggero rispetto a prima. Si portò poi una mano alla bocca per nascondere uno sbadiglio.
"Lascia stare questi documenti per stasera. Hai bisogno di dormire" ordinò Nicholas, impedendogli di prendere una lettera sulla scrivania. Gli prese una mano, sordo alle proteste dell'altro, e lo portò in camera. Aprì la finestra, lasciando che la leggera brezza estiva entrasse nella stanza, e costrinse William a coricarsi al suo fianco. Non appena la testa del Principe toccò il cuscino, chiuse gli occhi e si addormentò. Nicholas sorrise, intenerito, e si accoccolò al suo fianco.
Nel cuore della notte, il silenzio che permeava il palazzo reale fu spezzato all'improvviso. Dei forti ed insistenti colpi contro la porta della stanza di William fecero svegliare di soprassalto Nicholas. Il Duca si alzò di scatto, i muscoli in tensione, urtando il compagno e svegliando anche lui.
"Cos'è tutto questo baccano?" borbottò William, alzandosi dal letto e andando nel boudoir per vedere chi li aveva svegliati. Nicholas rimase seduto nel letto, le orecchie tese per cercare di sentire quello che il servitore stava dicendo al Principe, ma le voce erano talmente basse che risultavano ovattate.
"Che cosa succede?" sussurrò Nicholas, alzandosi dal letto, quando William rientrò velocemente nella camera da letto. L'uomo si voltò a guardarlo, gli occhi azzurri erano quasi spiritati.
"Mio padre... devo andare da lui. È peggiorato" spiegò il Principe, recuperando la sua veste da camera, indossandola in fretta.
"Va, ti raggiungerò più tardi" disse Nicholas. William annuì e corse fuori dalla stanza. Il Duca ripercorse il passaggio segreto e ritornò in camera sua, indossando a sua volta una veste da camera e aprendo la porta. Si ritrovò faccia a faccia con Magnus e i suoi figli, anche loro destati dal via vai di servitori nei corridoi.
"Padre, cosa sta succedendo?" domandò Gabriel al fianco della sorella.
"Sembrerebbe che il re sia peggiorato" spiegò velocemente Nicholas, facendo loro cenno di seguirlo. Si incamminarono verso la stanza del monarca, trovando un piccolo gruppo di servitori ammassati all'entrata di essa. Quando videro arrivare il Duca lo fecero passare e, insieme a Magnus e ai figli, si fermò sulla soglia della camera, osservando la scena che si presentava davanti ai loro occhi.
Il grande letto a baldacchino aveva le tende completamente aperte, esponendo alla vista il re: era sdraiato, le mani intrecciate sopra le coperte porpora, il volto era roseo e sereno, quasi che dormisse pacificamente. Sul lato sinistro del letto la regina e Artemisia si stringevano l'un l'altra, cercando di confortarsi a vicenda, piangendo silenziosamente. Al loro fianco Octavian stringeva la moglie tra le braccia, anch'ella scossa da lievi singhiozzi, mentre il marito osservava il padre con un'espressione addolorata. Dall'altro lato del letto Margaret ed Elijah erano entrambi al fianco di William. Margaret aveva coperto la bocca con una mano, gli occhi lucidi di lacrime. Il figlio e il marito, invece, avevano delle espressioni stoiche, ma Nicholas sapeva che si sarebbero lasciati andare al dolore nell'intimità delle loro stanze. William fu il primo a notarli e il Duca lesse nei suoi occhi un dolore profondo.
Intorno a lui i servitori mormoravano incessantemente una frase, ripetuta all'infinito come un mantra ancora, ancora e ancora.
Il re è morto
Le due settimane che seguirono furono il caos totale: i sudditi erano stati avvisati dell'improvvisa morte del re ed essi erano in lutto insieme alla famiglia reale. La salma era stata messa in una stanza del palazzo, dove alcuni capi di stato erano andati a porgere l'ultimo omaggio al monarca. La famiglia reale, invece, stava ultimando i preparativi per i funerali: la regina aiutava dove poteva, ma aveva lasciato la maggior parte dei compiti ai figli, ancora troppo turbata per poter fare di più. Erano, poi, state lette le ultime volontà del re e del fatto che volesse rendere Octavian il suo successore al trono.
L'ultima notizia aveva lasciato di stucco William, Margaret, Elijah, Nicholas, Magnus e i giovani Duchi: loro sapevano la verità sul conto di Octavian e non riuscivano a spiegarsi come mai suo padre lo voleva come erede se era un figlio bastardo. Nicholas e Magnus erano decisi a scavare più a fondo su quella questione e William non obiettò.
In quelle due settimane al Principe era parso di vivere come in un sogno, o in una bolla. Dopo che il medico aveva effettivamente accertato la morte di suo padre, William aveva lasciato la stanza insieme alla sua famiglia, cercando di consolare al meglio delle sue capacità Margaret e, soprattutto, Elijah. Suo figlio era sempre stato molto affezionato a suo nonno e quella notizia lo aveva scosso nel profondo. Quando, per la stanchezza, si erano entrambi addormentati William era silenziosamente uscito da quella stanza. Non poteva restare lì. Andò nella sua camera, attraversò il passaggio e sbucò in quella di Nicholas.
Il Duca alzò lo sguardo, seduto nel boudoir con una sola candela a rischiarare la stanza immersa nel buio. Nicholas non aveva detto nulla: si era avvicinato e lo aveva stretto in un abbraccio. William si era aggrappato a lui, lasciando che il famigliare profumo del compagno lo avvolgesse e gli disse l'illusione di poter dimenticare, seppur per pochi secondi, quello che era successo.
In quei giorni si era comportato come se qualcun altro avesse preso possesso del suo corpo: svolgeva i suoi compiti in silenzio e con apatia, muovendosi quasi per inerzia. Gli unici che riuscissero a scuoterlo un po' dal suo torpore erano Nicholas, Margaret ed Elijah.
"Padre, dovremmo andare. Il funerale incomincerà a breve" lo esortò Elijah. William scosse leggermente la testa, riscuotendosi dai suoi pensieri.
"Arrivo" rispose lui, lisciando le maniche della sua giacca. Non gli era mai piaciuto molto indossare il colore nero, soprattutto durante i funerali. Con un sospiro seguì il figlio e porse il braccio a Margaret, la quale lo accettò, il volto seminascosto da un piccolo velo di pizzo nero che pendeva dal suo discreto copricapo nero. Scesero e uscirono per prendere la carrozza: quel giorno persino il tempo sembrava in lutto. Grosse nuvole grigio ferro oscuravano il cielo, lasciando picchiettare sul tettuccio della carrozza incessanti gocce d'acqua che creavano una ritmica melodia che li accompagnò fino alla cattedrale. Anche le temperature si erano abbassate: rispetto al caldo soffocante di qualche giorno prima, ora sembrava di essere all'inizio dell'autunno invece che nel bel mezzo dell'estate.
Entrarono nella chiesa gremita di gente in rispettoso silenzio. Attraversarono la navata e presero posto nella prima fila riservata ai famigliari. Tre file dietro di loro c'era Nicholas con la sua famiglia e Magnus.
William ricordò poco della cerimonia funebre e della sepoltura del padre, ripiombato nuovamente in quello stato di apatia divenuto così famigliare in quei giorni. Ricordò però il dolore di sua madre e la solida e regale espressione che aveva mantenuto per tutto il tempo, senza lasciar trasparire la sua debolezza. E ricordò la sepoltura di suo padre nella cripta di famiglia.
Una volta tornati a palazzo si era rifugiato nella biblioteca, richiedendo la compagnia di sua moglie, suo figlio e della famiglia del Duca Nero. Non poteva sopportare il dolore di sua madre e di sua sorella, era troppo anche per lui.
Si era seduto su un divanetto con Nicholas al suo fianco che gli parlava piano e a bassa voce in italiano, mormorando parole di conforto, tenendogli una mano sulla spalla. I loro figli erano seduti vicini poco lontani da loro e parlavano a bassa voce. Margaret e Magnus erano in piedi vicino ad una delle grandi finestre e osservavano la pioggia battere incessante contro di esse, scambiandosi di tanto in tanto qualche parola.
I passi affrettati di un valletto ruppero quel piccolo momento e William si domandò perché in quei giorni non lo lasciassero in pace per più di un'ora, cercandolo ogni due per tre. Suo fratello sarebbe diventato il futuro re, no? Perché allora aveva l'impressione che cercassero sempre lui e mai Octavian per ogni singola cosa?
"Vostra Altezza?" chiamò il valletto, titubante e a disagio sotto tutti gli sguardi dei presenti. Il Principe alzò lo sguardo su di lui, indifferente.
"Che cosa succede adesso?" domandò lui, freddamente.
"Mi... mi dispiace disturbarvi, ma il Principe Octavian richiede la vostra presenza nella sala del trono" riferì il valletto, voltandosi poi verso Nicholas "Ha richiesto anche la presenza di Sua Grazia"
"Allora riferite a mio fratello che in questo momento, né io né Sua Grazia, vogliamo essere disturbati" rispose William con una smorfia. Possibile che Octavian dovesse disturbarlo subito dopo il funerale del loro padre? Non poteva per lo meno aspettare fino al giorno dopo?
"Lo comprendo, Altezza Reale, ma mi ha detto di dirvi che si tratta di una cosa della massima urgenza" tentò nuovamente il valletto. Nicholas si accorse che William stava per perdere la pazienza, così si affrettò a rispondere prima di lui.
"Riferite al Principe Octavian che arriveremo tra poco. Andate" disse Nicholas, congedandolo con un gesto della mano. Il valletto si inchinò e uscì di fretta dalla stanza.
"Perché lo hai fatto?" ringhiò William, voltandosi verso il compagno una volta che furono di nuovo da soli.
"Perché conosciamo entrambi l'insistenza di tuo fratello. Ti avrebbe tormentato fino a quando non avresti accettato" sbuffò Nicholas, per niente impressionato dall'occhiata furente del Principe.
"Il Duca ha ragione, William" concordò Margaret "So che non vuoi, ma prima vai, prima finirai e prima Octavian ti lascerà in pace"
"Bene" sbuffò William, contrariato, alzandosi in piedi. Si avviò verso l'uscita con Nicholas al seguito, compiendo tutto il tragitto in silenzio. Una volta arrivati di fronte alle porte della sala del trono si ritrovarono di fronte due guardie, le quali aprirono le porte per farli entrare e le richiusero subito alle loro spalle. William lanciò una rapida occhiata a Nicholas: non era normale quel comportamento e non gli piaceva. Cominciava ad avere un cattivo presentimento riguardo a quella riunione.
Si guardò intorno e vide che suo fratello era in piedi di fronte al vecchio trono del padre, mentre su quello di fianco era seduta sua madre. Più in basso c'erano anche Lilian e Artemisia, anche loro con delle espressioni stranite dipinte sui loro volti. L'unico che non sembrava ignaro di tutto era suo fratello, ovviamente.
"Octavian cosa significa tutto questo? Perché ci hai convocati?" domandò William, cercando di trattenere la sua rabbia. Lui e Nicholas si avvicinarono, i loro passi che rimbombavano nell'immensa sala. Una volta più vicini ai troni, William notò che c'era un baule di fianco ad Octavian e sentì Nicholas, al suo fianco, trattenere il fiato.
"Dovevo parlare con voi tutti di una questione urgente" rispose lui, tranquillo e quasi divertito da tutta quella situazione.
"E questa questione urgente non poteva attendere un giorno? Ne dobbiamo proprio discutere dopo il funerale di nostro padre?"
"Sì, caro fratello. È imperativo che ne parliamo ora"
"Octavian, di che cosa si tratta?" domandò la regina con voce stanca.
"Ve lo dirò subito, cara madre. Abbiamo creduto che la morte di nostro padre sia stata per cause naturali, dovute ad una semplice malattia intestinale, ma così non è stato" cominciò Octavian, facendo una pausa così che tutti i presenti potessero metabolizzare le sue parole "In realtà è stato avvelenato"
"Avvelenato? Come puoi dire una cosa del genere?" domandò Artemisia, parlando per la prima volta.
"Posso perché ne ho le prove" rispose lui con un rivoltante sorrisetto dipinto sulle labbra "Prove raccolte nel corso di queste settimane e, oggi, ne ho avuto la conferma definitiva"
"Da come ne parli, sembra che tu sappia già chi sia il colpevole" disse William, scettico.
"Ed è così"
"Allora dicci, secondo te, qual è stata la causa della sua morte"
"Questa" Octavian estrasse dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto avvolto intorno a qualcosa di piccolo e tondeggiante. Quando lo aprì videro tutti che si trattava di una boccetta di vetro con un pezzo di carta blu attaccata sulla parte anteriore.
"Una... boccetta? Questa sarebbe la tua prova?" William quasi rise per l'assurdità della situazione.
"Sì" rispose Octavian, leggermente infastidito da quel tono derisorio. Si avvicinò a loro e tese la boccetta a Nicholas "Dato che è scritto in italiano, e so che voi lo parlate, potreste gentilmente tradurre quello che c'è scritto sopra?"
Il Duca aggrottò le sopracciglia, ma decise di stare al gioco. Prese la boccetta e lesse quello che recava l'etichetta, sbiancando di secondo in secondo. Alzò di scatto la testa "Che scherzo è mai questo?"
"Vi prego, leggete quello che c'è scritto" ripeté Octavian.
"Questa è Acqua Tofana" rispose lui, con riluttanza "Credevo fosse caduta nell'oblio più di un secolo fa"
"Di cosa si tratta, Vostra Grazia?" domandò la regina, aggrottando le sopracciglia nell'udire quel nome.
"So che voi siete abile... nel miscelare le piante e ricavare pozioni e unguenti" disse Octavian, mellifluo "Perché non ci spiegate cosa sia questa Acqua Tofana"
Nicholas strinse le labbra in una linea sottile, ma rispose comunque "Era conosciuta anche come 'manna di San Nicola' o il veleno delle vedove. Era originario del sud Italia, più precisamente da Palermo. La fattucchiera Tofana aveva inventato questo potente veleno per permettere alle mogli, che volevano diventare vedove, di uccidere i mariti" disse lui, indicando poi l'immagine attaccata "Veniva chiamata la 'manna di San Nicola' perché veniva raffigurata l'immagine del santo sulla boccetta e poteva essere scambiata come acqua benedetta, dato che era inodore, incolore e insapore come l'acqua"
"E sapete anche come morivano le persone che l'avevano assunta?"
"Dove vuoi arrivare con tutto questo, Octavian?" intervenne William, furioso, ma il fratello lo ignorò. Tenne gli occhi fissi su Nicholas fino a quando non si decise a rispondere.
"Veniva data a piccole dosi e nell'arco di quindici giorni la persona moriva. I sintomi erano simili a quelli di un malessere intestinale e, quando decedevano, le vittime recavano una carnagione rosea così che la morte sarebbe stata attribuita a delle cause naturali" rispose con riluttanza. Vide le donne trattenere il respiro: quello che aveva detto combaciava con i sintomi che aveva avuto il re prima di morire.
"Vedo che sapete molto su questo veleno" commentò Octavian.
"Questo non significa niente. L'Acqua Tofana aveva suscitato molto clamore un secolo fa ed è uno dei veleni più famosi" si giustificò Nicholas "Credevo che la ricetta fosse andata perduta nel tempo, ma evidentemente c'è ancora qualcuno che la produce"
"Evidentemente sì" concordò lui, intrecciando le mani dietro la schiena "E, un'ultima cosa: qual è uno degli ingredienti principali del veleno?"
"La belladonna" mormorò Nicholas a denti stretti. Quel bastardo... sapeva dove voleva andare a parare...
"Una pianta estremamente pericolosa" Octavian ritornò vicino ai troni e aprì il baule, estraendone una piccola ampolla "Come questa? Trovata all'interno del vostro bagaglio?"
"Questo non prova che io abbia in alcun modo qualcosa a che fare con questa boccetta" ribatté Nicholas, indignato "La belladonna è, sì, una pianta velenosa, ma se usata con le giuste precauzioni può diventare una pianta curativa"
"Vedente, mio caro Duca, è qui che vi sbagliate" disse Octavian, facendo ondeggiare l'ampolla davanti al volto "Dato che quella boccetta di veleno è stata trovata tra i vostri effetti personali"
"Che cosa?" ringhiò Nicholas "Questo è falso"
"No, perché oggi ho dato l'ordine alle guardie di perquisire le vostre stanze mentre eravamo al funerale" rispose lui, indicando con un gesto della testa la piccola ampolla ancora tra le mani di Nicholas "E hanno trovato quella boccetta vuota insieme alla belladonna. Aggiungendole alle vostre conoscenze di questo particolare veleno... direi che i giochi sono fatti"
Il Duca lanciò a terra la boccetta, frantumandola in mille pezzi, e strinse i pugni lungo i fianchi. Non osava guardare William, ma doveva cercare di fargli capire che non c'entrava nulla con tutto ciò. Che era una macchinazione di Octavian.
"Sua Grazia ha passato molto tempo con la mia famiglia e non sarebbe mai riuscito a dare il veleno a nostro padre senza venire scoperto. Qualcuno vuole sicuramente incastrarlo" parlò William con voce decisa, facendo un passo avanti. Nicholas lo guardò con stupore: gli credeva.
"Tutte le prove, però, sono contro di lui"
"Perché mai avrei voluto uccidere il re? Sarebbe stata una missione suicida in ogni caso e il gioco non sarebbe valso la candela" disse Nicholas, cercando di tenere sotto controllo la rabbia. La voglia di togliergli quel sorrisetto di superiorità a suon di pugni cresceva di momento in momento.
"Voi siete uno dei più potenti nobili scozzesi e, casualmente, avete soccorso mio fratello e suo figlio perché, casualmente, c'è stata un'imboscata per loro nei vostri territori" rispose Octavian "Vi siete guadagnato la loro fiducia e siete riuscito così ad arrivare a corte. Tutti conoscono il malcontento della Scozia da quando è stata annessa al dominio inglese. Direi che il seguito è piuttosto ovvio, no?"
"Voi siete pazzo!" il Duca fece un passo avanti, furente "Credete davvero che avrei potuto organizzare una cosa del genere? Credete davvero che è un'altra guerra quello che vuole il mio popolo?"
"Non posso sapere quello che passa per la mente di uno scozzese" Octavian si strinse nelle spalle "Guardie!"
Le porte della sala del trono si spalancarono e le due guardie entrarono a passo di marcia.
"Arrestate il Duca di Angelo e portatelo nelle prigioni" ordinò e quelle afferrarono le braccia di Nicholas, tenendolo stretto. L'uomo si divincolò, gli occhi neri fissi su Octavian.
"State commettendo un errore" ringhiò Nicholas "Un madornale errore. Non sono io il colpevole che cercate"
"Portatelo via" disse Octavian con un pigro movimento della mano, quasi annoiato da tutto ciò.
"No!" esclamò William, ma le guardie non lo ascoltarono e portarono via il Duca. Si voltò verso il fratello, camminando furiosamente verso di lui "Che cos'hai fatto?"
"Ho catturato l'assassino di nostro padre. Ecco quello che ho fatto"
"Idiota! Lui non ha ucciso nessuno" ringhiò lui, prendendo il fratello per il bavero "Liberalo. Adesso"
"William!" lo chiamò sua madre, balzando in piedi e cercando di dividere i figli.
"No, madre" la fermò Octavian "Il mio piccolo fratello deve comprendere che questa è la decisione giusta"
"La decisione giusta?" lo scimmiottò William, stringendo ancora di più la presa "Chi vuoi prendere in giro? Questa è solo una tua banale e personale crociata. Non hai mai avuto simpatie per il Duca sin da quando è arrivato"
"Forse perché non mi sono fatto traviare dal suo... charm" ribatté lui, abbassando poi la voce ad un sussurro, così che potesse sentire solo il diretto interessato "Non come qualcuno di mia conoscenza"
William lo lasciò andare, come se si fosse scottato. Quella era più che una semplice frecciatina...
"Tu non hai la minima idea delle conseguenze che avrà il tuo piano se deciderai di perpetrarlo" disse William, gli occhi azzurri scuriti dalla rabbia "Proverò l'innocenza del Duca mettendo in luce la falsità delle tue accuse. Lo giuro, fosse l'ultima cosa che faccio"
Detto questo girò sui tacchi e, lasciando tutti sbalorditi, uscì dalla sala del trono.
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