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sober

Aprì un occhio, e la cosa gli costò una fatica immane. Sentiva il corpo pesante, imbottito, e il mondo attorno era così ovattato. Voleva tornare a dormire.

Si chiuse di nuovo nel buio delle palpebre, quando una voce angelica si insinuò nella cortina del sonno e gli fece sorgere un sorriso dalle labbra.

«Mi chiedevo quando ti saresti svegliato.»

Jaebum si sentì accarezzare, e si lasciò scivolare nel morbido tocco di quelle dita.
Lo conosceva. Un angelo dalle mani delicate e dalla voce divina: Youngjae.

«Che ci fai qui?» chiese in un sussurro, con il tono basso di chi teme la risposta.

Ci fu un silenzio lungo, straziante per i poveri timpani del moro. Se n'era andato?
Ma no, la sua mano era ancora lì, posata sulla sua guancia.

«Non potevo lasciarti solo.»

Cuore che batte forte, la bocca schiusa dalla sorpresa e dalla tenerezza. Poi una fitta alla testa, che strappò dalla gola un verso di dolore.

«Che è successo ieri?»

Si sentì addosso gli occhi di Youngjae, poi il suo profumo lo avvolse e il materasso si piegò sotto il peso di un altro corpo. Lo stava abbracciando.
Poi sentì un bacio sulla tempia e lasciò libero un sorriso.

«Non ricordi nulla?»
«No.»

Youngjae rispose con qualche istante di silenzio.
«Ti sei ubriacato tanto,— spiegò poi, — e stavi molto male, quindi ti ho portato a casa mia. Ti sei addormentato subito, ma a metà notte ti sei alzato per andare a vomitare e poi sei tornato a dormire.»

Nel raccontarlo, gli passava le dita fredde fra i capelli, accarezzandolo con tenerezza.

Il moro affondò il viso sul suo petto, stringendosi a lui. Forse era ancora ubriaco, ma non poteva sprecare una tale occasione.

«Voglio conoscerti, angelo.»
Il biondo arrossì.
«Mi farebbe piacere, Jaebum.»
«Davvero?»

Sollevò lo sguardo su di lui, stupito, confuso anche. Gli era stata davvero concessa un tale opportunità?
Per nessuna ragione precisa, si aspettava un no in risposta. Per la verità, egli sospettava che Youngjae non avesse alcuna intenzione di provare a conoscerlo: gli angeli non possono stare con i mortali.

Ma lo guardò, e per qualche istante il dolore alla testa rimase in un angolo dietro a una cortina di pensieri. E al suo sguardo il biondo, con la maglia larga, stropicciata, i pantaloni della tuta scuri e i capelli scompigliati, ancora schiacciati su un lato, era la visione più celestiale a cui potesse mai assistere.

«Sei un angelo, Youngjae.» proferì, «Non so cosa ho fatto per meritarti nella mia vita.»
Gli accarezzò il viso, appoggiando il palmo della mano sulla sua guancia, e lo vide rabbrividire.
Ma fu egli a baciarlo. Così Jaebum accantonò per un attimo la preoccupazione, tempo di perdersi fra le sue labbra che si muovevano dolcemente sulle sue.

E si sarebbe ricordato ogni bacio, ogni carezza, ogni sospiro del suo angelo, da quel giorno.

Finché questo non morí, anni e anni dopo, librandosi nel cielo chiaro di una sera di agosto, e lasciandolo con l'ultimo spettro di un bacio sulle labbra e sulla fronte, solcata dall'età.

›non mi convince neanche questa volta.‹
confido in voi, e grazie per aiutarmi sempre a correggermi.

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