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•3•

Pov. Mark:

Era appena suonata la campanella e, con il permesso del professore, andai in bagno.
O almeno era quello che pensava il mio professore.
In realtà andai in giardino.
Mancavano meno di due ore alla fine delle lezioni, e non avevo per niente  voglia di stare ancora lì dentro.
Sarei tornato dopo una decina di minuti, per poi riuscire con l'insegnante successivo l'ora dopo.
Mi ero seduto sotto un albero, con la folta chioma di esso che faceva ombra.
Amavo stare lì a guardare il cielo, anche quando era nuvoloso.
Mi rilassava, era fantastico.
Mi scollegavo dal mondo reale, e mi collegavo al mio mondo di fantasia; dove ogni mio sogno si avvera.
Ero inmerso nei miei pensieri, quando sento una voce chiamarmi.
Mi giro verso la direzione dove ho sentito la voce, e non vidi nulla.
Ritornai ai miei pensieri, quando sentii qualcun'altro chiamarmi.
"Signorino Lee." Mi girai velocemente per guardare da dove provenisse la voce; e vidi accanto a me la mia insegnante di Inglese.
"Sì professoressa?" Chiesi innocentemente.
"Non dovresti essere qui, ma in classe.", Non sapevo cosa rispondere.
La guardai e poi spostai il mio sguardo verso il basso.
"Sì professoressa, lo so. Ma volevo prendere un po' d'aria, perché non mi sento bene..." Dissi cercando di fare un'espressione sofferente.
"Oh, e cos'hai? Lo sai che se non ti senti bene devi venirlo a dire a noi insegnanti, e non stare qui fuori."
"Sì, lo so professoressa. Mi dispiace, la prossima volta andrò a dirlo agli insegnanti."
"Promesso?" Chiese lei.
"Promesso." Risposi.
"Va bene dai. Però dimmi, cos'hai? Perché stai male?"
Ero nel panico.
Ora cosa dico?
"Un forte mal di testa, un po' di nausea e mi gira la testa."
Risposi con le prime cose che mi vennero in mente, senza neanche pensarci.
"Va bene, allora adesso vai in infermeria e poi chiamo i tuoi genitori.
"No, prof. Non può chiamare i miei genitori."
"Perché no?" Chiese lei.
"Mia madre è a lavoro, è mio padre non è neanche in Corea."
"Oh, e non hai zii o nonni che possono venirti a prendere?"
"No, mi dispiace."
"No, dispiace a me. Se vuoi per il resto delle lezioni puoi stare in sala insegnanti o in infermeria, come preferisci."
"Va bene, allora starò in infermeria. Grazie professoressa."
"Non ringraziarmi, anche questo fa parte del mio lavoro. Ora vai, e mi raccomando, se domani stai male non venire a scuola."
"Va bene, arrivederci prof."
È detto questo, con più calma possibile, mi incamminai vero l'infermeria.
Ero quasi arrivato, mi bastava girare l'angolo per arrivare a destinazione.
Ma qualcosa mi fermò.
Mi girai, e vidi che un ragazzo mi stava tenendo la manica dell'uniforme.
'Io quel ragazzo l'ho già visto...' pensai questo appena lo vidi.
Poi mi venne in mente del ragazzo che all'intervallo stava piangendo nei bagni.
Lo guardai, e lui mi guardò.
Andò avanti così per qualche minuto.
Finché non decisi di spezzare il silenzio che si era creato in quel corridoio abitato solo da me e lui.

Pov. Haechan:

Stavo camminando molto lentamente per i corridoi della scuola, con troppi pensieri che mi distraevano dal mio obbiettivo.
Guardavo un po' in giro, camminavo storto e canticchiavo canzoni di cui non ricordo neanche d'aver mai sentito.
Quando,
In un incrocio di corridoi,
Lo vidi.
Stava camminando tranquillamente e con molta calma.
Decisi di seguirlo.
Alla fine, il mio obbiettivo era di parlargli. Quindi dovevo sapere dove stesse andando per decidere quale fosse il momento giusto per parlargli.
Mentre lo seguivo, mi accorsi che stava andando in giardino.
Mi chiedevo come faceva a non sentirsi osservato o seguito, visto che lo stavo fissando e seguendo.
Mi fermai dietro un albero dopo aver visto dove e si era seduto.
Era bellissimo.
Seduto sotto un albero a guardare il cielo; con l'ombra che veniva spezzata da dei fasci di luce che la folta chioma dell'albero faceva passare; il suo sguardo perso nel guardare un punto indefinito; la sua espressione così calma e tranquilla.
Era perfetto in quel momento, era bellissimo.
Mentre lo guardo, per sbaglio lo chiamai.
"Ehi ragazzo..."
Non mene resi neanche conto subito, solo quando vidi che la sua espressione era cambiata -da una tranquilla e  calma, a una sorpresa e un po' spaventata- mi accorsi di quello che avevo detto.
Mi nascosi subito dietro l'albero a cui ero appoggiato.
Mi sporsi di nuovo quando sentii una voce chiamarlo.
Era una professoressa che io non avevo ancora visto e che non conoscevo.
Non sentii chiaramente quello che dicevano, ma dopo neanche 5 minuti di conversazione, la prof.ssa se ne andò, e anche il ragazzo che stavo seguendo, si alzò e si avviò dentro scuola.
Continuai a seguirlo senza farmi notare troppo.
Eravamo quasi davanti al corridoio che portava nella mia classe.
Questo era un problema.

Se i miei compagni o l'insegnante, mi avressero visto, io sarei andato sicuramente nei guai.
Quindi, decisi di fermarlo prima che andasse vanti per i corridoi.
Gli afferrai la manica dell'uniforme.
Si girò.
E mi guardò, io guardai lui.
Continuammo a guardarci per qualche minuto, finché lui non decise di spezzare quel silenzio che si era creato nell'aria.
E a sentire le sue parole il mio cuore si fermò, e poi iniziò a battere velocissimo.

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