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Pov. Mark:
Improvvisamente non sentii più nulla; solo il silenzio, dopo pochi secondi suonò la campanella, e senza pensarci neanche, entrai nella mia classe (3A). Andai a sedermi nel mio banco, ignorando la professoressa che mi chiedeva dove fossi stato tutta l'ora.
Mentre il nuovo prof. Di matematica si presentava, io guardavo fuori dalla finestra pensando a quello che avrei potuto mangiare appena arrivato a casa. L'ora passò abbastanza veloce per me, e quando sentii la campanella suonare, e vedere i miei compagni alzarsi dal loro posto e uscire, presi le mie cose e andai agli armadietti per posare le cose che reputavo inutili in quel momento. Non sapevo cosa fare, c'era l'intervallo, tutti gli studenti erano un po' in corridoio e un po' in cortile. Per evitare di incontrare chiunque andai in bagno, dove per mia sfortunata, incontrai un ragazzo, non sembrava star bene, per niente.
Stava piangendo.
Non sapevo cosa fare; non volevo disturbarlo, ma vederlo così mi faceva tenerezza e dispiacere.
E questo non va bene, io non ho sentimenti, sono solo un ragazzo che passa la sua vita attaccato alle console.
Decisi comunque di provare ad aiutarlo.
"Ehi, tutto bene?" Chiesi, "Cosa vuoi?" Rispose lui, "Niente, è solo che non sembri star bene... Quindi volevo aiu-" "Io non ho bisogno dell'aiuto di nessuno! Chiaro? Quindi puoi anche andare."
C'ero rimasto male, io volevo solo aiutarlo, e lui mi aveva trattato così. Me ne andai, senza neanche pensarci e, dopo aver preso il materiale per l'ora successiva dal mio armadietto, andai in classe al mio banco a scarabocchiare qualcosa sul quaderno.
Non so perché, ma continuavo a pensare a quel ragazzo. Probabilmente mi aveva risposto così perché in quel momento si era fatto prendere dalle emozioni. Cercai di non pensarci e continuare con la mia inutile vita monotona come sempre.
Anche se non riuscivo a dimenticarmi di quel ragazzo.
Pov. Haechan:
Guardavo Jisung, e lui guardava me, poi suonò la campanella. Andai nella mia classe (2A) e Jisung nella sua (1A), mi sedetti al mio banco mentre il professore entrava e salutava i suoi nuovi studenti. Mentre il tempo passava e il professore si presentava, arrivò una professoressa che chiedeva di me. Mi chiese se potessi andare in segreteria con lei, e io annuii mentre mi alzavo e la seguivo.
Arrivati in segreteria, mi passò il telefono della scuola e mi lasciò solo.
Risposi un po' titubante al telefono.
"Lee Haechan?"
"Sì, chi mi cerca?"
"Mi dispiace, ma sua madre ha avuto un brutto incidente, adesso è in ospedale, in coma."
"..." Non sapevo cosa dire.
"Ci dispiace, stiamo facendo il possibile per sua madre."
Non risposi e gli chiusi la chiamata in faccia.
Mi girai e me ne andai, non sapevo dove, ma continuavo a seguire i corridoi.
Poi suonò la campanella che annunciava l'inizio dell' intervallo.
Non avevo voglia di vedere nessuno.
Decisi di andare in bagno. Arrivato in bagno, mi sedetti per terra a piangere.
Non volevo farlo, ma era più forte di me.
Non riuscivo a smettere.
Continuai e continuai , finché non sentii la porta aprirsi.
Entrò un ragazzo che mi guardò titubante, e poi mi si avvicinò.
"Ehi, tutto bene?" Chiese, "Cosa vuoi?" Risposi, "Niente, è solo che non sembri star bene... Quindi volevo aiu-" "Io non ho bisogno dell'aiuto di nessuno! Chiaro? Quindi puoi anche andare."
Non sapevo perché avessi risposto così, alla fine era solo un ragazzo preoccupato per me.
Lui se ne andò, e io mi sentii in colpa.
Stavo già male per i fatti miei, e adesso pure i sensi di colpa per aver risposto male ad uno sconosciuto! Meglio di così non può andare.
Continuai a piangere rannicchiato in un angolo per tutta la durata dell' intervallo.
Quando suonò la campanella, continuai a stare lì, a fissare un punto indefinito e a pensare alla mia vita.
Poi la porta si riaprì, ed entrò Jeno.
Appena mi vide, mi si avvicinò preoccupato e mi chiese cosa fosse successo, dopo avergli raccontato tutto, mi accompagnò dai professori.
Volevo andare a casa, non volevo stare lì. Ma i professori mi dissero che se volevo tornare a casa doveva venirmi a prendere un genitore o un parente stretto.
Ma io non avevo nessuno.
"Mia madre è in coma, e non ho un padre, non ho zii, fratelli, cugini o nonni. Sono da solo..." Dissi con un filo di voce.
Ma mi dissero che non potevo andare finché le lezioni non finissero.
Tornai in classe e guardando un punto indefinito, spensi il cervello.
Iniziai a pensare a cose impossibili e strane, tipo un unicorno che sputa arcobaleni e, cavalcato da un gatto con una benda sull'occhio, volava tra un grattacielo all'altro urlando al mondo che i gay sono bellissimi.
Sì, stavo diventando pazzo.
Mentre continuavo a pensare al unicorno, non so perché, ma mi tornò in mente il ragazzo che incontrai nei bagni.
Volevo scusarmi con lui, sapevo d'aver sbagliato a rispondergli male, quindi volevo incontrarlo e parlargli.
Mentre pensavo a lui, la campanella suonò, io uscii dalla classe -anche se non potevo- e andai a cercarlo, vagando per la scuola continuando a pensare a lui e al unicorno.
Un po' strano come capitolo... Vabbè.
Jisung~ 😍
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