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•Centottavo giorno

Ron e Harry l'avevano assillata per giorni. Il semestre che stava terminando significava scadenze, che a loro volta significavano ritardi, che avrebbe dovuto recuperare Hermione per loro. Li aveva rimproverati, spaventati, torturati, messi al lavoro, e alla fine, quando erano ormai allo stremo aveva acconsentito ad aiutarli. Almeno, anche loro avevano faticato un po'...

Dopo lo spiacevole incontro al Lago, aveva riflettuto molto. E aveva deciso che era giunta l'ora di smetterla con le sciocchezze e abbandonare il suo rifugio. Doveva imparare a non aver bisogno di nulla, a evadere in sé stessa. Per il momento si sarebbe fatta bastare il suo dormitorio. Certo le ragazze con cui lo condivideva non erano d'aiuto, ma si sarebbe adattata.

Visto che era l'unica ragazza del suo anno, era stata collocata fra quelle del quinto anno, che avevano l'odiosa abitudine di zittirsi in sua presenza. Aveva maturato la certezza che spesso parlassero di lei, e quando non lo facevano, non volevano che sentisse i loro stupidi discorsi, probabilmente pettegolezzi sui suoi amici. Qualche volta era riuscita a fare conversazione, ma spesso i loro orari non coincidevano, e aveva la fortuna di non incrociarle.

I loro argomenti preferiti erano gli stessi da mesi: Harry e i suoi occhi verdi, i ragazzi sexy della squadra di Quidditch, i capelli di Hermione (orrendi o trendy?), e l'imminente rottura di Ginny e Harry. Le spiava dall'oscurità del suo baldacchino, quando le tende erano tirate, e nel sentirle sbavare dietro Il ragazzo che è sopravvissuto, pensava soltanto che un nuovo sterminio avrebbe giovato alla popolazione magica.

Così quando era riuscita a restare un po' sola coi suoi pensieri, era tornata alla notte di capodanno. Si era sentita quasi come se stesse commettendo ancora quel peccato, come se il solo pensiero bastasse a farlo accadere ancora. Eppure per quanto si pentisse non trovava mai il ricordo spiacevole. Era stato un errore pensare che quello di fronte a lei fosse uno sconosciuto, perché di fatto era Malfoy, e per quanto non lo conoscesse, restava Malfoy. Magari non lo stesso di sempre.

E l'aveva capito perché il peso di quel segreto le opprimeva il respiro. Avrebbe voluto poter condividere quel ricordo, quel pensiero, perché altrimenti l'avrebbe soffocata, ma non poteva. Sapeva di non poterlo fare, perché era qualcosa di troppo... grosso. Troppo al di fuori della sua portata. Non c'era in gioco solo un bacio a Capodanno, una cosa insulsa, da dimenticare, perché aveva scelto la persona più sbagliata. Anzi, era capitato con la persona più sbagliata.

Se si fosse saputo, la cosa si sarebbe ingigantita a livelli stratosferici: tralasciando la reazione dei suoi amici, se ne sarebbe fatta una questione morale. La Mezzosangue e il Mangiamorte, hanno combattuto su fronti opposti, entrambi traditori della propria fazione, insomma, roba da Romeo e Giulietta, o giù di lì.

Perciò doveva ingoiare il rospo e andare avanti senza troppi tentennamenti.

In quei giorni i suoi gesti avevano un che di disperato, quasi maniacale, che presentivano al suo stato interiore. Era come se si aggrappasse alla quotidianità per sfuggire a sé stessa. Aveva paura di sé, di ciò che avrebbe fatto, perché sentiva di aver bisogno della normalità, di una vita senza complicazioni, in cui baciare un ragazzo con comportava dilemmi morali. Un po' le invidiava le sue compagne di dormitorio, per la loro fortuna di non essere state in battaglia, al centro della battaglia.

L'idea di tornare a vivere fra i Babbani aveva bussato più di una volta, dolce e facile, alla porta della sua mente. Non avrebbe neanche dovuto sforzarsi per andare avanti, perché avrebbe solo dovuto voltarsi indietro.

E in tutto questo, Malfoy restava un dilemma. Le sue parole l'avevano sorpresa, e colpita, ma non sapeva come interpretarle. Un trucco? Una bugia? Un momento di sincerità? Era confusa di per sé, figurarsi se riusciva a interpretare le idee di lui... Magari, aveva iniziato a credere, Malfoy lo era altrettanto. Magari nessuno dei due aveva pensato a ciò che stava facendo, e il risultato erano due menti in crisi. Questo pensiero la mantenne a galla in quella marea turbolenta, e lentamente, col passare dei giorni, si convinse della sua stessa teoria.

Finché, perfino l'idea di allontanarsi dal suo rifugio le sembrò stupida. Era riuscita a non averne bisogno, perciò sarebbe tornata al Lago per il semplice piacere del silenzio, e della solitudine. Incontrare Draco non sarebbe più stato un problema.

Gli schemi che avevano ordinato il suo mondo nel passato stavano andando in frantumi, e solo distesa sull'erba fredda riusciva a raccogliere qualche brandello di speranza e ordine, con a vegliarla solo il solido castello in lontananza, incastonato nella sua certezza di pietra da centinaia di anni.

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