8 - Puppetry
Matthew trascorse con me e mia madre il giorno di Natale. Mi regalò un asciugacapelli professionale da duecento dollari, lasciandomi basita dal fatto che si fosse segnato la marca quando gli avevo giusto accennato, qualche mese prima, che l'avevo notato dalla parrucchiera e mia madre mi aveva assicurato che non me l'avrebbe mai comprato. I miei risparmi, dopotutto, non bastavano: avevo ricominciato a percepire la paghetta meno di due settimane prima e avevo investito del denaro per fare dei regali ai miei amici. Soltanto il regalo di Eric, un orsacchiotto che teneva una piccola cornice tra le braccia, rimaneva ancora lì, incartato, all'interno del mio armadio. Se l'avessi avuto a vista d'occhio, mi sarei intristita ogni volta.
Non avevo più ricevuto alcuna notizia da parte sua. Mi ero avventurata nel tentativo di scrivergli in prima persona, ma il messaggio non gli arrivò neanche e, quando provai a telefonare, il numero risultava inesistente. Qualcuno doveva avergli rubato il cellulare, distrutto la scheda e rivenduto il dispositivo. Oppure, Eric aveva deciso di sparire. Essendo assente su qualsiasi social network, mi ritrovai priva di un suo qualsiasi contatto e ipotizzai persino che mi avesse mentito sul suo nome... Ma sua nonna, quando avevo assistito ad una telefonata, l'aveva chiamato proprio Eric e dubitavo che si fosse confusa.
La sera, dopo aver lasciato mia madre e Matthew a guardare film insieme tutto il pomeriggio, mi distesi a letto e mi beai della sensazione di calore e benessere che, dopotutto, non mi era mancata. Avevamo trascorso ore seduti a tavola, avevamo fatto i biscotti e ci eravamo scambiati i regali. Avevamo riso molto. Per qualche frammento di istante, mi era persino parso di essere parte di una famiglia.
Poi rivolsi lo sguardo ai regali che i miei amici mi avevano consegnato l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze: Peter mi aveva procurato un fumetto che gli era piaciuto tantissimo, Steve aveva scelto per me un pullover che richiamava il colore dei miei occhi, con un'adorabile stampa a fiocchi di neve, e Maddie era andata in profumeria ad impacchettarmi dei trucchi in edizione limitata. Avevo persino ricevuto un regalo anonimo, lasciato in segreteria al fine di recapitarmelo: un braccialetto di colore oro rosa costituito da una serie di cuori vuoti incastonati fra loro, come una catena. Uno di essi, un cuore pieno, recava anche un brillantino.
Mia madre bussò alla porta d'un tratto, costringendomi a tirarmi su.
«Matthew sta andando via.» mi avvisò.
Mi alzai e andai ad abbracciarlo.
«Grazie per essere venuto. Sono felice che tu abbia festeggiato con noi. E, naturalmente, grazie anche per il generoso regalo. Mamma ti terrà il muso a vita per come mi vizi.» sorrisi.
«Vorrà dire che vizierò anche lei...» ridacchiò Matthew «Ciao, Chloe, buonanotte. Ti voglio bene.»
Strinsi un po' più forte e ricambiai, poi lasciai che salutasse mia madre a dovere. Lei, però, prima di accompagnarlo alla porta, non mancò di ricordarmi che l'indomani ci saremmo dovute svegliare presto per andare a pranzo dai nonni, nelle vicinanze di Boston. Da dove abitavamo noi, più vicine a New York, c'erano tre ore buone di strada da fare.
Sbuffai, cancellando i miei piani di guardare film fino a notte fonda, poi ripetei il saluto.
Mi domandai come avesse festeggiato il Natale quell'anno, mio padre. Aveva una famiglia tutta sua? Viveva negli Stati Uniti o in un altro continente? C'erano bambini in casa? Cani? Gatti? Criceti?
O, forse, se ne stava da solo a stappare bottiglie su bottiglie di spumante annegando in un mare di bollicine e solitudine? Avrebbe potuto avere una famiglia... Invece, aveva scelto di abbandonarci. Mi odiai per l'incapacità di odiarlo. Non potevo fare a meno di cercare una giustificazione per quello che aveva fatto, rifiutando l'idea che l'aveva fatto di propria spontanea volontà. Perché quello faceva male, ad un'intensità che non potevo sopportare. Preferivo credere alle bugie che creavo nella mia testa, piuttosto che alla cruda realtà.
Trascinai tutti gli scenari che prendevano vita nella mia testa in bagno con me, sfregando lo spazzolino contro i denti anche quando non c'era più dentifricio da usare per pulirli. Sciacquai la bocca, procedetti con la detersione del viso e applicai una crema nutriente, per essere raggiante agli occhi dei miei futuri finanziatori.
Purtroppo, a causa dei continui litigi fra di loro e mia madre, non ero mai riuscita a percepirli in maniera sufficientemente affettuosa. Loro erano stati dolci e gentili ogni volta che era capitata nelle vicinanze, ma all'accenno di trascorrere una settimana con loro per consentire a mia madre di respirare e riguadagnare se stessa, erano rabbrividiti. Il mio sguardo vispo di soli sette anni aveva fotografato con estrema precisione quell'immagine e non me l'ero mai più dimenticata, ragion per cui il distacco non si era mai accorciato. Intuii, col tempo, che erano stati freddi e severi con mia madre, penalizzandola agli occhi del fratello maggiore. Egli, però, aveva dimostrato di avere necessità di un sostegno concreto e i nonni l'avevano tenuto vicino e aiutato costantemente, spingendo via mia madre, che si era arresa a trovare da sola una soluzione per tutti i suoi problemi. Se non altro, i nonni fornivano periodicamente aiuti economici a mia madre, perché immaginavano quanto fosse difficile provvedere per sé e per me con uno stipendio misero da segretaria.
L'indomani fummo accolte in pompa magna, come solo avvocati falsi e superficiali avevano imparato a fare. I miei nonni, infatti, si erano conosciuti in tribunale, secondo una storia da film: mia nonna e l'ex fidanzata di mio nonno si odiavano a morte e la prima fu accusata ingiustamente dalla seconda, che cercò di servirsi di mio nonno, fresco di studi giuridici, per averla vinta; peccato che il nonno rimase conquistato dalla nonna e decise, durante il processo, di schierarsi a suo favore e corteggiarla. Mia nonna subì la perdita del gatto di famiglia come vendetta dell'arcigna nemica, ma ci guadagnò un favoloso e proficuo matrimonio. Per il resto della sua vita, però, non volle avere gatti in casa e proibì a mia madre di prenderne uno, altrimenti le avrebbe tagliato i fondi.
«Chloe, tesoro! Sei splendida. Abito nuovo?»
Finsi un sorriso di circostanza, perfettamente memore dell'ultima occasione in cui l'avevo indossato: l'anno precedente, al compleanno del nonno, che cadeva a marzo. Era stata una giornata particolarmente fredda del mese, che aveva preceduto l'ultima nevicata dell'anno, quindi la stoffa spessa del vestito mi era tornata molto utile per ripararmi dal freddo. Le calze, invece, erano nuove per davvero: nere a rifinitura lucida, invece che opaca come l'anno prima. Decisi di non farmi influenzare più di tanto.
«Sì, grazie nonna.»
Le risposte concise e cortesi erano le preferite della nonna, perché le davano l'illusione di avere il controllo sulla conversazione e il potere di incutere timore all'interlocutore. Non che ciò non accadesse di sovente, anzi, ma io avevo capito il suo trucchetto e non ne avevo più paura. Ero molto più spaventata dalla freddezza del cuore e dalla perfidia che sapeva tirare fuori senza grandi esitazioni.
Il nonno era suo succube da che avevo memoria e, con tutta probabilità, dal momento in cui le aveva posato gli occhi addosso. Mi ero chiesta spesso se ne fosse conscio oppure se la nonna l'avesse convinto che agiva indipendentemente, invece che facendo esattamente tutto ciò che voleva lei.
«Ah, la mia nipotina adorata!» esultò il nonno, aprendo le braccia.
"Nonché l'unica..." aggiunsi mentalmente. Mio zio non era mai stato nelle condizioni fisiche e mentali di metter su famiglia, quindi l'unico motivo per cui potevano essere chiamati "nonni" era la mia esistenza.
Scambiai un abbraccio col nonno, due baci da signora con la nonna e mi accomodai sul divano, accanto a mia madre. Sì, eravamo proprio ospiti di cortesia, non membri della famiglia.
Dubitai che mia nonna avesse preparato con le proprie mani anche solo un contorno semplice come le patate al forno oppure l'insalata, quindi ringraziai per il pranzo delizioso che era stato cucinato e benedii nella mente colei che si era data tanto da fare. Neanche i regali di Natale mi sembravano scelti dai nonni: ero stata premiata per la mia esistenza (perché non mi conoscevano un granché) con un portatile nuovo ultimo modello, un saggio di economia dall'aspetto piuttosto noioso e un altro che sapeva di legge e diritto. I due tomi non mi interessavano minimamente, ma apprezzai il portatile perché era incredibilmente leggero e prometteva una grafica sublime. Perfetto per le mie nottate a tema serie TV.
Io e mia madre ci eravamo presentate con una cravatta per mio nonno e una camicia da notte di seta per mia nonna. Ero contenta che avesse pensato mia madre ad assicurarsi che fosse seta: la nonna sapeva riconoscere la differenza fra questa e il raso e non avrebbe abbassato i suoi standard di fronte all'imitazione. Spocchiosamente e fastidiosamente aristocratica, ma tutti gli anni trascorsi a lavoricchiare senza una vera fatica dietro l'avevano inevitabilmente resa snob.
«Quindi, cara Chloe, cosa ti piacerebbe fare dopo il liceo?» domandò mia nonna, ancora sorridente per via del regalo gradito.
«Mi piacerebbe studiare giornalismo.»
Il mio tono di voce calmo e deciso la sorprese. Riuscii quasi a vederla vacillare, di fronte alla mia assenza di timore per il tuo giudizio.
Mio nonno attese che fosse lei a dettare la reazione adeguata alle mie parole.
«Giornalismo... Campo interessante, anche se insidioso. Sei convinta di avere le potenzialità per eccellere?» partì all'attacco la nonna.
«Perché no?» fu la mia risposta.
Lei mi squadrò, dunque lanciò un'occhiata a mia madre, che la stava deliberatamente ignorando per rispondere a dei messaggi sul cellulare.
«Qual è la tua media scolastica? Non inferiore alla A, spero.»
«Al momento, ammetto che lo è. Tuttavia, intendo impegnarmi molto di più d'ora in poi e raggiungere il massimo dei voti in tutte le materie, ma soprattutto quelle umanistiche.» mi difesi.
Mia nonna fece una risata palesemente finta.
«Ascoltami bene, bambina mia: dal momento che tua madre ha fallito nel poterti pagare una retta del college, sempre che tu venga ammessa, noi provvederemo a farti studiare se e soltanto se sarai impeccabile a scuola. A partire da gennaio, voglio un rapporto fedele del tuo andamento scolastico ogni sei settimane e l'anno prossimo riparleremo delle destinazioni più opportune per te.» dettò, precisa ed incontrovertibile come un caporale.
«Io voglio candidarmi alla Columbia.» palesai la mia ambizione numero uno.
A quel punto, ottenni l'attenzione consapevole di mio nonno.
Si era risvegliato dal sonno che aveva concesso alla moglie di orchestrare tutta la conversazione e le modalità del patteggiamento inerenti alla mia educazione futura, concentrandosi in prima persona su di me.
Mi osservò per davvero e lo fece con la dovuta calma.
«Io ho studiato legge alla Columbia, Chloe. Se il tuo sogno è frequentare a tua volta quegli stessi corridoi e quegli stessi ambienti elitari, hai tutto il nostro appoggio. Non è vero, cara?» sentenziò infine, chiamando in causa il consenso della moglie.
Lei gliela diede vinta con un semplice cenno di assenso, ma ero certa che l'avrebbe abbindolato, prima o poi, per ottenere il controllo cui auspicava al fine di tiranneggiare su di me, dal momento che i suoi figli non le avevano lasciato scelta. Bramava un ruolo in cui potesse avere potere decisionale e l'avrebbe ottenuto facilmente. Se io non avessi tentato di ostacolarla...
Decisi, dunque, di chiedere al nonno di raccontarmi storie e aneddoti inerenti alla sua esperienza al college e gli feci promettere di mantenerci in contatto più stretto rispetto a prima, in modo da non perdere quella miracolosa briciola di attrattiva che avevo iniziato ad esercitare su di lui quasi senza sapere come.
Ah! La nonna aveva appena trovato qualcuno che nutriva una voglia matta di darle del filo da torcere e che aveva gli strumenti giusti per farlo.
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Nuovamente, dovevo aggiornare ieri, ma ho fatto una camminata in montagna che mi ha ucciso le forze 😂
Dopo tanto tempo chiusa in casa e tanta inattività fisica (nonostante i piccoli allenamenti intervallati da qualche giorno, altrimenti davvero avrei preso la forma della sedia), lo sforzo si fa sentire 🙈
Voi siete già uscite a ristabilire un contatto con la natura?
Per lei, sembra che niente sia cambiato...
Preparatevi a far festa con Chloe e tutti gli altri nei prossimi capitoli!
Baci 💙
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