50 - Gorgeous
Mrs Hammond mi aveva trovato un impiego come babysitter dei suoi nipoti, Henry e Lisa, rispettivamente di cinque e nove anni, per tutta l'estate. Mi aveva spedita in Florida a portarli in spiaggia, dove sua figlia Anne, la madre dei bambini, aveva affittato e sistemato un piccolo appartamento per noi. Esattamente come mi era capitato con Mrs Hammond, presi in simpatia tutta la famiglia e, anche se i bambini mi affaticavano perché volevano giocare tutto il tempo senza sosta, adorai quel lavoro. Inoltre, venni pagata l'equivalente di metà reddito annuo di mia madre, per tre mesetti scarsi di abbronzatura, giochi, salsedine e pasti preparati al volo.
La parte più difficile era costringere i bambini a fare i compiti delle vacanze. La più delicata era parlare al telefono senza svegliarli.
«Chloe, mi vuoi dire se vieni al mio compleanno, sì o no?» insistette Maddie, una sera di fine giugno.
«Non lo so, Maddie. Anne non mi ha dato libertà del tipo "assentati per giorni secondo i tuoi comodi". È un po' difficile, per me, prendere un volo e farmi sostituire a tempo pieno.»
«Ti prego... Sei la mia migliore amica. Non puoi mancare proprio tu.» mi pregò.
Alzai gli occhi al cielo.
«E se dovessi tornare per un'emergenza, come la prenderebbe Anne? Mi licenzierebbe. Maddie, questa è un'opportunità che non posso sprecare: i bambini avranno bisogno di una tata per altri cinque o sei anni ancora. Metterei da parte un bel gruzzoletto.»
«Ma se erediti una fortuna al tuo diciottesimo compleanno! Che t'importa di altri soldi, ancora?» si lagnò Maddie.
Trovai incredibilmente difficile spiegarle che era molto più che una questione di denaro, per me. Non l'avevo mai ritenuto di importanza così vitale da trascurare i miei amici o altre persone. Si trattava di rimanere impegnata costantemente per un'estate intera, ovvero tre mesi. Tutto il tempo di cui avevo bisogno per abituarmi all'idea che la mia vita aveva dubito una svolta drastica, durante la primavera di quel terzo anno di liceo, e che il quarto sarebbe cominciato senza Eric, con delle tensioni non irrilevanti con Steve ed un imbarazzo ancor meno irrilevante dal momento che ci trovavamo entrambi in un gruppo di amici in cui c'erano due coppie e noi rimanevamo gli unici due spaiati. Per colpa mia, naturalmente.
In aggiunta, avevo cominciato ad instaurare un bel rapporto con i bambini. Raccontavo loro della mia vita, dei giochi che mi erano piaciuti da piccola, dei cartoni animati per cui andavo pazza anni prima... E loro mi aprivano le porte della loro immaginazione, della fantasia che galoppava nelle loro piccole e vivacissime menti, ricordandomi che essere bambini era bello perché la curiosità rendeva il mondo interessante, colorato, divertente. E che delle responsabilità si preoccupavano gli adulti, quindi non c'era niente a cui pensare se non a giocare e ridere, ed essere felici.
«Ti prometto che accennerò la questione ad Anne, d'accordo? Però, non posso prometterti nulla.» risolsi infine.
Ero certa che Maddie avesse preso quel cedimento da parte mia come una vittoria personale, ma non me la sentii di continuare ad essere dubbiosa o nefasta e le chiesi qualcosa riguardo la sua estate.
«Pete mi dà ripetizioni di qualsiasi cosa. È un bisogno fisiologico, il suo: deve correggere, perfezionare, migliorare le persone. E poi comincia a guardarmi con quegli occhioni dolci... Non riesco a prendermela con lui, non più. Ha imparato a fare il ruffiano.»
Ero consapevole della pesantezza di Peter. Quella sua aria da giudice, critico e aggiusta-persone poteva essere davvero irritante, a volte. Mi ero chiesta, ogni tanto, con quale diritto si sentisse di dirmi come mi dovevo organizzare, non calzando le mie scarpe. Oppure, ancora, in base a che cosa si sentisse il migliore di tutti in tutto, dal momento che le sue gravi carenze in fatto di sensibilità, delicatezza ed intelligenza emotiva non lo piazzavano di certo in cima.
Tuttavia, se si era in grado di tollerare quel misto di falsa presunzione e ancor più falsa arroganza, perché in realtà era molto umile ed insicuro, se ne poteva apprezzare a fondo il cuore dolce e la sincerità dei sentimenti. Il suo unico obiettivo era sentirsi utile e lavorare per il bene della società, essere simbolo di miglioramento, assicurarsi che le persone a cui teneva di più stessero bene e fossero felici. Avevo la sensazione che stesse imparando a viziare Maddie e a farsi perdonare le défaillance.
«Oppure, tu hai imparato a perdonargli qualsiasi cosa perché hai perso la testa per lui.» proposi, in alternativa.
Maddie emise un verso di diniego a cui non credeva nemmeno lei e sospirai una risata, quindi le promisi che l'avrei aggiornata in merito al mio arrivo per il suo compleanno, che cadeva nella prima settimana di luglio.
Fu così che mi ritrovai di fronte a due possibili strategie: non proferire parola con Anne e raccontare a Maddie che mi era stato negato il permesso, oppure rischiare che Anne si infastidisse e ottenere una breve pausa per il compleanno della mia migliore amica.
Consultai mia madre, l'unica di cui non potessi dubitare che aveva a cuore i miei interessi, e seguii il suo consiglio di provare a tastare il terreno con Anne, chiedendole se non intendesse (per puro caso, ovvio) passare a trovare i figli nel breve termine.
La madre dei bambini si disse molto dispiaciuta, ma era bloccata a New York per lavoro e aveva assolutamente bisogno che qualcuno rimanesse al mio posto. Stavo per abbandonare il proposito, quando cambiò tono di voce.
«Aspetta un attimo, fammi fare una telefonata e verifico... Forse qualcuno che non ha niente da fare per qualche giorno posso trovarlo.» mi diede speranza.
La sera stessa, Anne mi richiamò e mi confermò che avrei dovuto individuare un ragazzo piuttosto alto, con i capelli castani e gli occhi azzurri, che rispondeva al nome di Blake Parker.
«C-certo. Parker, ha detto?»
«Sì. Blake è contento di cambiare aria per qualche giorno, ancora non ha superato un lutto... Ti prego di non accennare a fratelli o argomenti familiari, Chloe. È giovane e potrebbe reagire male.» asserì Anne.
La rassicurai, quindi mi sedetti con calma, appoggiando il telefono sul tavolino basso del salotto. Avrei rivisto, quindi, il fratello del ragazzo che era morto durante l'incidente che mi aveva portato via Eric prima del previsto. Quel tale, Blake, poteva anche essere distrutto a causa del fratello, ma anch'io avevo subìto una grande perdita e ancora non avevo accettato di dirle addio. Sarebbe mai successo?
Ripresi il controllo di me stessa e avvertii i bambini che, per qualche giorno, avrei avuto bisogno di assentarmi e il piccolo Henry scoppiò a piangere. Lo coccolai, gli ripetei infinite volte che sarei tornata prestissimo e che avremmo continuato a giocare insieme, ma impiegai un bel po' di tempo per calmarlo e convincerlo che dicevo la verità.
Decisa a non perdere tempo, avvisai i miei genitori del leggero cambio di programma e scrissi a Maddie la lieta notizia.
SAPEVO CHE CI SARESTI RIUSCITA! Sei una grande, ti voglio bene, rispose poco dopo. Sorrisi per l'enfasi che metteva in ogni singola parola e cominciai a ragionare sul regalo di compleanno da farle. Nella mia testa, sfilarono una marea di vestiti, scarpe e borse e decisi che, prima di andare via, avrei fatto un giro per negozi e avrei portato con me il suo regalo.
Setacciai i negozi più vicini mentre i bambini dormivano dopo il pranzo, quindi scelsi un grazioso vestito verde smeraldo, che avrebbe creato un contrasto meraviglioso con la sua chioma rossiccia, e una tracollina che individuai un po' come un jolly, dato il colore neutro e la semplicità della realizzazione.
Proprio mentre sognavo la sua reazione meravigliata e la gioia di rivederla, andai a sbattere contro qualcuno. Sfortunatamente, era un signore di mezz'età che camminava spedito per i fatti suoi e, oltretutto, non si scusò nemmeno. Qualcun altro, invece, rise.
Mi voltai a guardarlo e il ragazzo si avvicinò per aiutarmi a raccogliere le buste cadute durante l'impatto.
«Si può sapere cosa c'è da ridere? Capita a tutti di essere sovrappensiero.» mi giustificai.
Lui si tolse gli occhiali da sole per asciugarsi le lacrime da quanto stava ridendo e continuò a piegarsi in due, diventando quasi ridicolo. Notai una certa familiarità nei suoi tratti, ma il suo atteggiamento mi distraeva dallo scavo nella memoria.
«Sicuro di star bene... ?» mi accertai, perplessa.
Frugai nella borsa alla ricerca delle chiavi per aprire il cancelletto, oltre cui si accedeva alla palazzina dove stavano dormendo i bambini. O, almeno, sperai che fossero ancora incoscienti della mia momentanea assenza.
«Blake. Sono Blake. E tu devi essere la babysitter super-iper-mega-responsabile di cui mi ha parlato zia Anne.» ridacchiò il ragazzo.
Sospirai.
«Così pare.» confermai «Vogliamo entrare?»
«Dopo di te, elegantissima.» mi canzonò Blake.
Aprii la bocca per commentare la sua galanteria, ma mi batté sul tempo.
«Vediamo se nascondi un bel vedere, almeno.» aggiunse, con aria di sfida.
Lo fulminai con lo sguardo. Se pensava di averla vinta con me grazie a degli stupidi giochetti e punzecchiature da ragazzino, si sbagliava di grosso. Non conosceva ancora Chloe Ward e tutto quello che aveva dovuto fronteggiare.
«Pensavo che ti fossi dato la pena di verificarlo in ospedale, dopo l'assurda scenata che hai fatto quando tuo fratello ha ucciso il mio fidanzato.» replicai, piccata.
Colpito e affondato.
«T-tu...»
Annuii. Oh, sì. Ero proprio io.
«Credevo che fosse in coma, che si sarebbe ripreso.» farfugliò Blake.
«Invece, ho dovuto assistere al suo funerale due giorni dopo. Non è sopravvissuto più di ventiquattro ore dall'incidente.» lo informai «E, anche se non posso avercela con un defunto, non sono una che dimentica.»
Blake tornò sul piede di guerra.
«Se il tuo adorato fidanzato non fosse passato proprio in quel momento...»
«Aveva la precedenza!» urlai.
Lui sbuffò.
«Sai che c'è? Dammi queste benedette chiavi, lasciami con i bambini e finiamola qui. Non ho voglia di farmi carico di altri rancori.» decise.
«E io non ho voglia di collaborare con una testa calda che non sa usare le buone maniere. Come la mettiamo?» misi le mani sui fianchi.
I suoi occhi mi percorsero da capo a piedi, il ritmo del suo respiro calò.
E udii le ultime parole che mi sarei mai immaginata che Blake potesse dirmi, in un momento come quello, dopo appena due minuti di disastrosa conoscenza diretta. Ma la vita sapeva essere infingarda e io lo sapevo fin troppo bene per non credere alle mie orecchie.
«In ospedale non mi sono soffermato su una cosa... Non c'è che dire, sei proprio bella, dannazione.»
__________
THE END ❤
Mi piacerebbe assicurarvi che c'è un sequel, ma non è una garanzia che posso darvi 🙈
Per adesso, potete commentare sulla storia, sui momenti che più vi sono piaciuti, su quelli che vi hanno lasciate perplesse, sui personaggi e la loro caratterizzazione... Fatemi sapere tutto quello che vi viene in mente!
Non mi resta che ringraziarvi di cuore per aver letto ogni singolo capitolo e avermi sostenuta in questa avventura.
Un abbraccio enorme e tanti baci a voi 💙
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