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48 - One

Il ballo di fine anno era l'evento più atteso di tutta la scuola e di tutti i genitori degli studenti. Stella McHill si dichiarò molto delusa dalla mancanza di interesse da parte di Steve, perciò costrinse il fratello Austin a procurarle un altro giocatore di football da esibire al suo fianco, giusto per non sembrare patetica a sfoggiare uno sfarzoso e scintillante abito rosa da sola. Qualcuno, oltretutto, doveva farle da supporto per consentirle di rimanere in piedi a lungo sui tacchi: a quindici anni era davvero un'impresa.

Io andavo per i diciassette, anche se avevo ancora tutta l'estate davanti, e sapevo già che sarebbero stati la mia morte. Per fortuna, avevo Steve a supportarmi e, in qualche modo, anche a sopportarmi. Nessuno dei due voleva andare al ballo da solo, ma neanche con un estraneo, perciò eravamo giunti alla conclusione che potevamo andarci semplicemente da amici, nonostante tutto quello che c'era stato fra noi e che rimaneva ancora in sospeso.

Maddie aveva scelto per sé un incantevole abito color bronzo con una patina dorata scintillante sopra. Niente di meglio per risaltare i riflessi ramati dei suoi capelli e le iridi castane. Anche il suo trucco era tutto glitterato e, per la grande gioia di Peter, privo del classico rossetto rosso che mettevano sempre tutte.

Rimasi ugualmente abbagliata dal contrasto che i capelli biondi di Elizabeth creavano con la stoffa turchese che l'avvolgeva, raffinata e luminosa, di gran classe. Per gli accessori, aveva scelto l'argento e non potei che pensare ad una splendida Cenerentola, quando feci un passo indietro per ammirarla nell'insieme. Thomas aveva abbinato il proprio papillon all'abito della mia amica e non riusciva a smettere di fissarla.

Ero felicissima per le mie amiche. Avevo fondato il sospetto che, per Maddie e Peter, sarebbe stato il momento decisivo e, a giudicare dall'aria decisa che comunicava Elizabeth, Thomas era già ai suoi piedi. Non che non le bastasse più di un grazioso battito di ciglia per far capitolare qualsiasi esemplare di sesso maschile...

Mia madre mi aveva lanciato uno sguardo pieno di speranza quando aveva notato Steve in attesa fuori da casa mia, con il papillon rosso bene in vista, ma io l'avevo ridimensionata con un'espressione molto seccata.

Avevamo perso molto tempo a scattare fotografie, ma non mi lamentai più di tanto perché ne era scivolato via il triplo per la preparazione e, negli anni futuri, mi sarebbe piaciuto tirare fuori i vecchi ricordi e risalire a quando non avevo ancora le rughe.

Mio padre aveva insistito per assistere al momento in cui sarei scesa dalle scale in tutto lo splendore del mio abito firmato e notai la sua sincera commozione nel trovarsi davanti una ragazza che stava lasciando indietro tutti gli anni di infanzia e prima adolescenza. Matthew, più in là, mi chiese di riferire a Steve che era un ragazzo davvero, davvero fortunato a presentarsi con una bellezza come me. Arrossii e, naturalmente, non riportai proprio nulla, ma apprezzai il complimento.

Quella sera, mi sentivo proprio così: bella. Non semplicemente carina o vagamente attraente, non calata in dei comodi e pratici jeans con una giacca sopra e un toppino dei tanti che il mio armadio stentava a contenere. Indossavo un pezzo unico da atelier, scarpe che da sole avrebbero conquistato la scena e dei gioielli preziosi, che costavano più di quanto mi sarei mai immaginata di potermi permettere. Mi premurai di inviare una fotografia delle tante al nonno, ringraziandolo nuovamente per il generoso regalo che mi aveva fatto.

Steve, dal canto suo, rimase a bocca aperta.

Ero dell'opinione che provasse ancora dei sentimenti forti per me, ma la dolcezza e l'irresistibilità del suo sguardo confermarono al cento per cento i miei sospetti.

«S-sei... Wow. Sei un incanto, Chloe. "Bellissima" sarebbe un eufemismo.» commentò infine, riprendendosi.

Durante la guida, mi lanciò un paio di occhiate simili alla prima, quindi deglutì a fatica e scosse il capo. Probabilmente si stava chiedendo perché non riuscissi ad amarlo, perché lo stessi mettendo in seria difficoltà.

Attendemmo che tutto il gruppo ci fosse per entrare, assistetti ad un'ulteriore e ancor più lunga sessione di fotografie, ma apprezzai il momento in cui smettemmo di essere seri e assumemmo le pose più bizzarre. Considerai particolarmente speciale la foto in cui figuravo abbracciata a Maddie: eravamo amiche dall'eternità e quel momento ne consacrava un traguardo aggiuntivo.

Mi tuffai subito a prendere qualcosa da mangiare e da bere, perché era un buon modo per non lasciarsi fregare dagli avanzi altrui e di scaldarsi. Non appena la sala fu riempita a sufficienza, partì la musica adatta a balli scatenati.

Fu uno spasso vedere Elizabeth sciogliersi dalla sua solita compostezza, Peter accentuarla in un ballo robotico, Thomas e Steve intenti a fare gli idioti e Maddie di umore spensierato e festaiolo.

Avevo saputo che i suoi genitori avrebbero firmato le ultime carte entro giugno, quindi agli sgoccioli dell'anno scolastico, e che da quel momento in poi sarebbe cambiato tutto: lei e Charlie sarebbero andati a vivere con la madre, ma il padre poteva vederli almeno due volte a settimana. Il clima si era raffreddato gradualmente, la guerra era diventata fredda, erano cessate le armi. Maddie mi aveva assicurato che volavano frecciatine a gogò, ma tutti quanti si impegnavano per non farle degenerare in una lite che non aveva né capo né coda.

Dal canto mio, avevo rinunciato ad avere mio padre in casa, ma avevo avvertito mia madre che sarebbe stato altresì poco giusto nei suoi confronti rimpiazzarlo subito con Matthew. Tornammo così ad esserci soltanto noi due in casa, in equilibrio precario. Tutti quanti sapevamo che, prima o poi, il posto vacante sarebbe stato occupato, ma per me era fondamentale avere tatto, perché ciascuno di noi aveva ferite e sofferenze alle spalle o in corso, quindi essere brutali non avrebbe portato a nulla di buono.

Ad un certo punto, decisi di uscire a prendere un po' di aria fresca.

Mi sembrava di essere in discoteca, con la musica che si riconosceva ancora da fuori, gruppi di persone sparse che fumavano, qualcuno che pomiciava contro il muro. E un sacco di mozziconi per terra, con qualche bicchiere di plastica selvaggiamente calpestato.

Non trascorsero più di cinque minuti che Steve venne a cercarmi.

«Ah, sei qui.» mi si rivolse.

Sospirai.

«Come va?» domandò, sapendo che per me sarebbe stato complicato rispondere.

Ci pensai un attimo e mi presi tutto il tempo necessario per elaborare una frase di senso compiuto.

«Mi sto riprendendo. Piano piano, a poco a poco, constatando che, nonostante tutto, sono qui, sono viva e sono ancora capace di sorridere.» sussurrai «Naturalmente fa male, anche tu sai che le persone lasciano un segno indelebile dentro di noi e che, qualsiasi cosa accada, indipendentemente dal tempo che passa, ci sarà un dettaglio che richiamerà alla tua memoria una caratteristica di quella persona: un gesto, una parola, una preferenza... Qualsiasi cosa. Mi è stato chiesto di ricordare soltanto ciò che ho imparato e di lasciare da parte il dolore, i dubbi, le paranoie. A volte non è facile. Altre volte, mi sembra più difficile respirare. Mi capita anche di piangere all'improvviso per le cause più disparate... Voglio dire, gli eventi traumatici alterano la nostra sensibilità, giusto? Chi avrebbe mai detto che vedere film polizieschi mi avrebbe trasformata in una fontana invece che in un aggeggio che trema per la paura di scoprire chi verrà ucciso?»

Steve espirò sonoramente, provato dal mio racconto. Ero sicura di avergli fatto suonare dei campanelli d'allarme, ma era inevitabile. Sapeva a cosa sarebbe andato incontro, cercandomi.

«Mi dispiace, Chloe. Non posso neanche immaginare la tua perdita. Alla sola idea che qualcuno di così affezionato improvvisamente sparisse dalla mia vita, mi sale l'ansia.» mi compatì «Ma sei al riparo dal ricadere in tentazione, almeno. Io... Non so resistere.»

Notai che si stava avvicinando con la testa e l'allarme suonò nella mia testa.

«Steve... No.» lo ammonii.

«Uno. Uno solo. È un supplizio vederti, respirarti così vicino, sentire la voce che più amo al mondo... E non poterla spegnere con la sola cosa che desidero più che sentirla: baciarti.» mormorò.

Ero sul punto di chiedergli se non soffrisse di una leggera tendenza masochistica o se credesse davvero che un bacio avrebbe potuto risolvere qualcosa, invece che complicare ulteriormente la situazione.

La morte di Eric aveva aperto una voragine profonda nel mio cuore, a tratti più dolorosa di quella che avevo sempre avvertito a causa dell'abbandono di mio padre, perché io avevo conosciuto Eric. L'avevo guardato da vicino, spogliato, baciato, ci avevo fatto l'amore insieme, avevo vissuto momenti indimenticabili con lui. Una parte di me gli sarebbe appartenuta per sempre e, morendo, aveva ucciso anche un po' me.

Illudere Steve che la sua assenza equivalesse al togliere di mezzo un ostacolo sarebbe stata l'azione più immorale della mia vita e avrei dimostrato a me stessa che non avevo imparato proprio niente, a discapito di quanto mi ammirasse mio padre.

Avevo sedici anni, il cuore a pezzi per la prima volta, un abito meraviglioso addosso e soltanto due mani per fermare un ragazzo che mi amava e che non avrebbe accettato un "no" come risposta. Si metteva male.

__________

Mancano soltanto più due capitoli. Si baceranno? Chloe cederà all'amore travolgente di Steve?

Questo ed altro fra pochissimo!

Baci 💙

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