46 - Friend
Mi assentai da scuola per due giorni, perché il preside aveva assicurato a mia madre un aiuto da parte del corpo insegnanti a patto che mi mostrassi volenterosa di riceverlo, presentandomi a lezione, arrivando puntuale e tentando, per quanto possibile, di non perdermi.
Come accordato, mi feci portare dal nonno per salutare la coniuge, imponendo però che il funerale di Eric si svolgesse la mattina seguente. Non me lo sarei persa per niente al mondo.
Scoprii che la nonna aveva modificato il suo testamento durante i giorni seguenti alla notte del tentato rapimento, intestando a me direttamente un patrimonio in denaro e tutte le proprietà che aveva acquisito dalla sua famiglia. Mia madre non aveva ottenuto nulla, invece.
«Ha congelato tutto fino al raggiungimento dei tuoi diciotto anni. Sicuramente, voleva evitare che io aiutassi Michael, ereditando qualcosa a nome mio.» commentò mia madre.
Sorrisi. La nonna non aveva lasciato nulla al caso neanche alla sua morte.
Ci fu un'espressione generale di condoglianze e, a tempo debito, furono messe via le carte in vista del mio diciottesimo compleanno. Finsi di piangere perché ero osservata e perché, anche se gli altri non lo sapevano, avevo davvero dei motivi per farlo.
Mrs Hammond passò in visita al pomeriggio.
«Piccola Chloe! Appena ho saputo che eri qui, sono corsa!» mi salutò, abbracciandomi calorosamente.
«Grazie, Mrs Hammond. È un sollievo.» le risposi, contenta per il suo genuino interessamento.
Scambiai due chiacchiere con lei e mi interessai della sua vita, raccontandole a mia volta gli ultimi avvenimenti della mia. Si offrì di aiutarmi in estate, trovandomi un impiego nobile per non rimanere con le mani in mano a scavare nei ricordi, oppure semplicemente portandomi in vacanza con sé. Per quanto apprezzassi l'idea della vacanza, tuttavia, sentivo che un lavoro, specialmente se non troppo pesante, avrebbe fatto decisamente al caso mio.
Ebbi l'occasione di parlare anche con Mr Hammond.
«Tua nonna era una donna eccezionale. Deve mancarti molto, suppongo.»
Si trattava di un puro convenevole, dedussi. Il tono di voce non diede adito ad alcun dubbio.
Mi voltai a guardarlo negli occhi e provai istintivamente ribrezzo.
«Non più di quanto manchi a lei. Cos'è, l'ha fatta sentire vivo? Ancora giovane e non con un piede nella tomba?
Lui boccheggiò.
«Stephenie non lo sa, non si crucci. Ciò non toglie che lei sia uno sporco traditore, oltre che un vero e proprio criminale sotto copertura.» sputai.
«Tieni a freno la lingua o te ne pentirai, ragazzina.» tuonò lui.
Sbuffai una risatina amara.
«Con piacere, ma lei non provi a fingersi buono ed empatico. Mi ha rovinato la vita, assecondando le follie di mia nonna.» sottolineai.
Non ottenni risposta, soltanto uno spostamento d'aria che mi avvertì che se n'era andato.
Riflettei ugualmente sulla lancia che aveva spezzato a favore di mia nonna e giunsi alla conclusione che non sempre la famiglia è famiglia. Per esempio, io consideravo Maddie e Matthew più famiglia di quanto lo fossero mai stati mio padre e mia nonna. Avevo cominciato a sviluppare un rapporto affettivo con mio nonno soltanto pochi mesi prima e, per me, si avvicinava già di più a qualcosa di familiare. Mia nonna, però, che vedevo soltanto durante le festività e le occasioni speciali, e che non aveva fatto altro che manovrare con cattiveria la vita degli altri, rappresentava ancora qualcosa di lontano. Gli unici ricordi significativi che avevo con lei erano state poche chiacchierate nella mia vita, di cui soltanto quella sul fascino mi era parsa vagamente improntata di qualche emozione autentica.
Telefonai a Maddie, con cui non avevo avuto occasione di parlare fino a quel momento.
«Ah, finalmente ti sei ricordata che esisto.» mi salutò lei, offesa come di sovente.
«Ciao, Mads. Perdonami, ma ho dovuto... Dire addio...» minacciai di cominciare a piangere nuovamente, ma cercai di respirare lentamente per non perdere l'autocontrollo.
«Oh mio Dio, cos'è successo?» domandò lei, d'un tratto preoccupata.
«Eric. Ha avuto un incidente ieri e... Non ce l'ha fatta.» mi costrinsi a raccontare.
Dall'altra parte non udii una parola.
«Oh, Chloe... Mi dispiace. Tanto. So che... Insomma, non sono sicura che tu l'abbia mai superato.» rispose, cauta.
«No, hai ragione. Infatti, ho lasciato Steve. Non mi sembrava giusto nei suoi confronti.» ammisi.
Lei sospirò.
«Tornerai a scuola, domani?»
«No, ci sarà il funerale di Eric. Ci vediamo giovedì. O... Be', se mercoledì pomeriggio muori dalla voglia di consolare una persona molto triste e molto persa... Io sono a tua disposizione.» scherzai, seppur malinconica.
Maddie ridacchiò.
«Ma certo che ne ho voglia. Sono o non sono la tua migliore amica?»
«Allora siamo d'accordo.» confermai.
Prima di andare via, passai un po' di tempo anche con mio nonno, anche se non fu di molte parole. Vidi con i miei occhi quello che gli altri vedevano di me: l'impressione che non fossi totalmente in me, che mi mancasse un punto di riferimento e che vagassi senza una vera e propria direzione.
Sospirò di continuo e, a volte, parve essersi perso un pezzo della frase che avevo pronunciato poco prima.
Si ricordò, tuttavia, di mostrarsi dispiaciuto per la morte di Eric. I miei genitori gli avevano accennato che era stato un ragazzo importante per me e lui parve voler instaurare una certa compassione fra di noi, dal momento che avevamo perso molto entrambi.
La sera, arrivai al mio letto distrutta. Mi sembrava di aver vissuto la pesantezza di un'intera settimana in un solo giorno.
Durante la notte, mi arrivò un messaggio da parte di Steve che lessi solo appena sveglia.
Anche se fra noi non sono chiarissime le cose, puoi contare su di me in caso avessi bisogno di qualcuno... Condoglianze, sinceramente
Mi commossi, perché nessuno gli aveva chiesto di essere così buono con me e, con tutto il male che gli avevo fatto, non meritavo nulla.
Gli risposi per ringraziarlo, adducendo che sarei stata assente anche quel giorno.
Farò qualche giro di corsa anche per te :)
Sorrisi e raccolsi le forze per la giornata impegnativa che mi attendeva.
Come si affrontava il funerale di una persona amata?
C'erano delle regole scritte? Un limite minimo o massimo alle lacrime che si potevano piangere?
Vissi l'intera mattinata come se mi vedessi dall'esterno, completamente rigida ed insolitamente silenziosa. Soltanto quando fu il momento di dire le famose due parole d'addio, mi sciolsi. Innaffiai la terra di lacrime salate, fino a non vederla più. Mi faceva male la gola, la voce usciva a scatti e la sensazione che fosse davvero finito tutto mi travolse come un'onda gigantesca. Fui sopraffatta dalle emozioni e dal dolore. Non riuscii nemmeno a terminare il mio discorso, mi scusai e lasciai la parola agli altri.
I miei genitori provarono a tirarmi su di morale in qualsiasi modo, a partire dal cibo. Infilarono il cioccolato e la panna ovunque, si offrirono persino di ordinarmi una grossa e grassa pizza col formaggio che farciva il bordo, ma riuscirono soltanto a farmi peggiorare la nausea.
Maddie, invece, si presentò a casa mia con il gelato, perché secondo lei non c'era niente di meglio per congelare la negatività e liberare i pensieri positivi.
Un pochettino funzionò, ma attribuii il merito di ridarmi il buonumore più alle sue facce stupide e ai suoi racconti animati di assurde scene a scuola che al gelato. Metteva così tanta enfasi nelle parole, nei racconti, nella vita... Che me la fece apparire di nuovo variopinta e non grigia e triste. Maddie era un'esplosione di colori, di allegria, di forte sentire. E io la adoravo per questo. La sua sola presenza, per me, illuminava la stanza.
«Non so come hai operato questo miracolo, Maddie, ma sei riuscita nell'impresa della settimana: far ridere Chloe.» sorrise mia madre, entrando nella mia camera.
Ricordai quello che mi aveva raccontato in macchina, portandomi a scuola pochi giorni prima, e mi ritrovai a riconoscere che, nonostante io fossi stata incoronata Reginetta del ballo, lei mi era vicina da una vita e mi dava la forza di rialzarmi quando io lo trovavo troppo difficile, da sola.
Fui grata di averla conosciuta, di averla sempre avuta nella mia vita. Mi augurai che, dal mio sguardo, lei potesse leggere la mia gioia.
Improvvisamente, poi, mi tornò in mente una questione a cui non avevo più pensato.
«Ma... Con Peter che è successo, alla fine?» domandai.
Maddie volse lo sguardo al pavimento.
«Mads?» ripetei.
«Mi ha... Mi ha chiesto di andare al ballo insieme.» confessò.
«E me lo dici così, come se ti fosse morto il pesce rosso?!» esclamai.
Lei si lasciò andare ad un lungo sospiro.
«Dovrei fare i salti di gioia per averlo praticamente guidato a chiedermelo? È sempre così ermetico... Sembra che gli facciano schifo le emozioni.» si lagnò.
Evitai di farle notare che era proprio così.
«Voglio dire, so che non è mai stato un tipo sentimentale e che venderebbe tutti gli organi pur di continuare a seguire sempre e soltanto la ragione, ma... Mi sembra di essere l'unica che vuole una relazione, tra noi. È così impacciato, incomprensibile... Taciturno... Secondo te sarebbe capace di dire "ti amo"?»
«Certo, Maddie, ha solo bisogno di rassicurazioni. È molto spaventato, tutto qua.» annuii.
Maddie rise.
«Spaventato? E da chi? Da me?»
«Dal fatto che forse non lo ricambi, che potresti rifiutarlo, che magari tutto quello che c'è tra voi lo vede soltanto lui... Dalle proprie emozioni. Sono sconosciute, per lui, e ciò che non conosce lo spaventa.» confermai.
Lei sbuffò.
«Ma un bel cavaliere aitante che mi corteggi e mi conquisti facendo duelli improbabili non potevo averlo?»
__________
Quasi al livello di Anna dai capelli rossi che sogna un corteggiamento regale e poi Gilbert Blythe le rivela tutto titubante che la loro amicizia non è vista soltanto come tale, dal punto di vista di lui.
Al prossimo capitolo!
Baci 💙
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