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42 - Heartbreaker

L'ultimo venerdì mattina prima dell'SAT mi svegliai in un bagno di sudore. Maggio era cominciato da poco, ma quella prima ondata di calore dal profumo estivo mi colse di sorpresa. Volai in doccia, mi feci intrecciare i capelli da mia madre, che si lamentò perché rischiava di arrivare tardi in ufficio, scelsi un pantalone morbido e leggero per contrastare la temperatura insolitamente elevata (trovavo che il jeans fosse la morte per la pelle, quando cominciava a fare veramente caldo) e una maglietta dalle maniche stilizzate per non risultare troppo noiosa nell'abbigliamento. Scesi in cucina dopo aver pescato due cosmetici in fretta e furia e, sorprendentemente, trovai mio padre in piedi.

«Buongiorno. Ti ho preparato una spremuta d'arancia... Rachel mi sta informando un po' sui tuoi gusti.» mi sorrise.

Accolsi il gesto con gentilezza e mandai giù rapidamente il liquido aranciato, scusandomi per la fretta. Il tempo stringeva e io non potevo neanche sedermi un minuto, dal momento che non mi ero certo svegliata prima del solito per fare la doccia e asciugare i capelli. Agguantai un pacchettino di biscotti monoporzione e seguii mia madre fuori di casa per farmi dare uno strappo in auto.

Mio padre si affacciò alla finestra e ci osservò con una certa malinconia finché non sparimmo dalla sua visuale.

«Gli hai chiesto tu di alzarsi presto per tentare di fare colazione insieme?» domandai a mia madre.

«No, Chloe. Sa di essersi perso tutto di te fino adesso e niente risarcirà un danno di questo genere, ma si vuole impegnare per esserci, d'ora in poi.»

Notai un certo scetticismo nel suo tono di voce e non ne capii bene l'origine.

«Vuole... Volete riprovarci?» domandai, un po' timorosa nell'esporre il mio quesito.

Mia madre sospirò e si aggrappò al volante dell'auto.

Il semaforo cui ci eravamo fermate per qualche istante tornò verde.

«Lui vuole, ma io non me la sento. Non so se ho solo bisogno di tempo o se... Insomma, è difficile perdonarlo per avermi lasciata completamente da sola a crescerti, no? Saltando le questioni personali e quanto io sia felice di averti nella mia vita, di essere una mamma, di essermela cavata finora... Quello che mi chiede di lasciarmi alle spalle sono sedici anni di vita affrontati da sola. Con te che cominciavi a crescere, a capire tante cose, a porre domande che non avrei mai voluto sentirmi fare... Che diventavi sempre più bella, intelligente... Ho temuto che ti sentissi sola, per tanto tempo. Però c'era questa bambina, Madison... Lei proprio non ti voleva lasciar andare. Quando eravate piccole, ti stritolava con i suoi abbracci. E, man mano che il tempo passava e continuavate a giocare insieme, mi sono convinta che eri felice e che ce l'avresti fatta. Adesso guardati: hai un sacco di amici, i professori ti adorano, i ragazzi fanno a botte per te...»

«E tu come lo sai?!» la interruppi, sconvolta ma divertita.

Mia madre alzò gli occhi al cielo.

«Pensi che io sia cieca? O che non incontri, del tutto casualmente, i genitori dei tuoi compagni di scuola? Se proprio ti interessa, comunque, è stata Mrs McHill a raccontarmelo, con quella sua stupida ragazzina viziata che non sopportava le nostre chiacchiere perché doveva entrare in un negozio per farsi comprare un vestito per il ballo di fine anno. Ah, e stasera parliamo del ballo. Voglio sapere con chi vai e cosa ti metti. Adesso fila, tra poco suonerà la campanella.»

Ridacchiai quando criticò Stella McHill, la sorellina di Austin, e mi chiesi se non gradisse il mio fidanzato in regalo per il ballo. Poi decisi che sarebbe stato troppo generoso da parte mia e che, probabilmente, Steve stesso non volesse aver niente a che fare con lei.

Durante le lezioni, mi beccai due rimproveri da due insegnanti diversi perché stavo organizzando un pomeriggio di ripasso per il test di lunedì e Peter e Maddie non erano d'accordo ad invitare Elizabeth e Thomas. Decretai, non ammettendo altre lamentele, che invece li avrei invitati e ci saremmo divertiti tutti quanti insieme. I musi lunghi dei miei due amici più stretti mi tormentarono fino all'ora di pranzo.

La mia idea venne accolta con entusiasmo da tutti quanti, anche se Steve aveva visibilmente la testa da un'altra parte. Decisi di portarlo con me nel cortile della scuola, rinunciando al vassoio di cibo ancora pieno, e di dare luogo alla chiacchierata più difficile della mia vita. O, se non altro, tra quelle che mi provarono di più.

«Quindi... Questo è il fortunato giorno in cui ricevo delle spiegazioni, finalmente?» ironizzò Steve.

Inspirai a fondo.

Silenziai tutte le voci nella mia testa che urlavano che sarei stata insultata pesantemente e che mi sarei sentita peggio che mai, ripulii la mente e ristabilii la quiete. Complice l'aria fresca e gli uccellini che cinguettavano, mi convinsi che stavo per fare la cosa giusta.

«Tra me e te è finita.» sentenziai, tutto d'un fiato.

Steve corrugò la fronte.

«Cosa?»

Iniziai ad agitarmi.

La sua espressione non prometteva niente di buono e i sensi di colpa mi si scagliarono addosso con prepotenza.

«Tra me e te è finita.» ripetei, tribolando «Qualsiasi cosa ci fosse.»

Steve sbuffò una risata amara.

«Io ti scrivo una lettera in cui mi espongo completamente, ti confesso per l'ennesima volta che ti amo, che non ho capito niente di quello che è successo ma ho atteso con pazienza che tu me lo spiegassi invece di venire a cercarti e pretendere una delucidazione e tu... Tu mi lasci? Così, di punto in bianco? Perché?»

Avevo cominciato a tremare e respiravo con difficoltà.

«Perché non ti amo.» risposi, sintetica.

La pallottola lo colpì dritto al cuore, uccidendone la vitale pulsazione e fermandolo ad uno stato cupo, paralizzato, inquietante.

Non avevo mai visto Steve scioccato e senza parole. Avrei voluto continuare a non vederlo.

«Mio zio si è sacrificato in quella inutile missione nei tuoi confronti e io ho affrontato tutta la mia famiglia difendendoti, dicendo che eri degna del sacrificio. Ho sognato di sposarti, Chloe. E dopo tutto questo tempo, nel momento in cui finalmente possiamo stare insieme e mi hai fatto capire che anche tu lo volevi... Mi abbandoni così?»

L'ultimo verbo che utilizzò mi fece capitolare. Raccolsi le ginocchia al petto e mi dondolai avanti e indietro, cercando di non piangere per la disperazione di aver inflitto ad una persona innocente il mio incubo peggiore.

Tentai di impormi una respirazione lenta e controllata. Dentro e fuori. Dentro e, lentamente, fuori. Piano piano, dentro, ancor più piano fuori. Così, rilassati. Dentro e fuori. Dentro e ancora, senza fretta, fuori.

«Hai un attacco di panico?» si spaventò Steve.

Non risposi, mi calmai in autonomia e basta.

«Chloe? Ehi, lo so che ti fa paura l'abbandono, ma non volevo...»

«E allora non dirlo mai più!» sbottai, arrabbiata.

A giudicare dalla sua espressione, mi stavo comportando da pazza.

«Io non ti amo, non ti ho mai amato. Ho avuto una cotta per te e l'ho sacrificata per il benessere della mia migliore amica, finché non sono stata male abbastanza da gettarmi fra le tue braccia. E sai perché stavo male? Lo sai benissimo. Ecco, ci sto male anche adesso, ho l'impressione che non mi passerà mai. Quindi scusami se voglio smetterla di illuderti e darti la possibilità di guarire da false speranze che non avranno mai concretezza. Scusami, davvero! Mi dispiace non poterti amare, sai quanto ci ho provato? Ma questo affare qui dentro, questo miserabile organo che pompa sangue, non si fa controllare! E la sai una cosa, sono stanca di illudermi di poterlo fare! Vaffanculo!» urlai, in preda all'isteria, prima di crollare in un pianto disperato «Non ce la faccio più! Non ce la faccio più... Sono a pezzi. Aiutami.»

Steve rimase impietrito di fronte al mio sfogo insensato.

Aprì la bocca per tentare di dire qualcosa, ad esempio che non sapeva come dovesse reagire, ma lo anticipai.

«Abbracciami. Per favore.» sussurrai.

«M-ma mi hai appena lasciato...» obiettò lui, sinceramente preoccupato per la mia salute mentale.

Mi voltai per riservargli uno sguardo molto minaccioso.

«Vieni qui. Ci sono io... Anche se non mi vuoi, ti abbraccio per tutto il tempo che serve.» fece, come se stesse eseguendo un ordine.

Rimanemmo in silenzio per un po', finché non tirai fuori, totalmente a caso, un argomento che non aveva niente a che fare con la nostra rottura: la patente. Gli chiesi se avesse avuto difficoltà, se aveva dei consigli da darmi, com'era stato l'esaminatore... E lui, arrendendosi alla mia stranezza, rispose con calma e risolutezza. Finimmo anche per ridere insieme.

«Adesso suonerà la campanella e io... Devo andare a prendermi qualche pallonata in faccia a pallavolo.»

«Allora ci vediamo domenica a casa mia. Mia madre preparerà una merenda deliziosa, vedrai.» mi rispose lui, con una certa neutralità.

Annuii.

«Ehi... Comunque, sono sincera, mi dispiace da morire. Ho provato in tutti i modi a funzionare, così che anche tra di noi potesse andare tutto liscio, ma... Credo di avere ancora bisogno di tempo per processare tante cose e tu meriti molto di più.»

Steve mi lanciò uno sguardo inconfondibile, ma non lo espresse ad alta voce e mi voltò le spalle per avviarsi verso la propria lezione. Sentii risuonare l'eco di quelle parole taciute per molto, molto tempo.

"Merito molto di più, ma ho sempre voluto solo te."

__________

Finalmente, Chloe ha preso una decisione. D'accordo o contrarie?

Baci 💙

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