39 - Wish
La tensione che si instaurò in seguito alla mia insidiosa domanda si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
Elizabeth fissò Peter con ovvietà, facendogli cenno di offrirsi come cavaliere.
«Ho sentito che Thomas vuole accompagnare te... Ti ispira, l'idea?» si intromise Steve, direzionandosi alla mia amica bionda dal fascino di una modella.
«Se ti ha mandato come tramite per sapere se vale la pena chiedermelo pubblicamente oppure no, digli pure che non mi sta facendo venire voglia di accettare.» fu la replica, concisa e pretenziosa.
Lo stile di Elizabeth si prestava bene all'esibizionismo di Thomas, perché non c'era niente che la infiammasse più di quell'aria arrogante, pronta alla distruzione da parte di sottili ed acuminate frecciatine.
«Non mi ha mandato Thomas. Non sono di certo il suo servitore. Volevo semplicemente fare un passo in avanti verso di te e mettere in luce che ho notato quanto ti infastidisca essere colta di sorpresa.» rispose Steve, seccato.
Mi guadagnai uno dei tanti sguardi che avevo ricevuto di recente sulla lunghezza d'onda simile a "per quale assurdo motivo questa qui si siede ancora con noi a mensa?". Tornai ad osservare Maddie.
«Non lo so... Valuterò chiunque si offra con... Tatto. E delicatezza.» si decise a confessare, evitando di esporsi.
Peter parve ritrovare il giusto ritmo di respirazione, ma per poco.
«E se io avessi sentito di qualcuno che vorrebbe proporsi, all'interno della squadra?» ipotizzò Steve.
«Chi, scusa?!» scattò lo studente modello del tavolo.
Maddie si voltò a guardarlo con un certo interesse e mi lanciò un'occhiata d'intesa. Finalmente aveva la prova lampante che Peter era cotto di lei.
«Ho detto che era una possibilità, non che è così.» ridacchiò Steve «Puoi sempre chiederle se le sta bene farti compagnia durante il viaggio in macchina.
Le qualità da Cupido del mio fidanzato fecero sudare freddo Peter e mi dispiacqui troppo per lui per non intervenire.
«Oh, a Maddie starà benissimo. Elizabeth, ci sono state novità sul corso di fotografia mentre ero assente?» cambiai argomento.
Ricevetti l'aggiornamento inerente al lavoretto che avremmo dovuto fare in estate, per terminare il corso in autunno, con una presentazione che ci avrebbe esposte alla scuola intera e persino a qualche membro delle università di New York. Mi sarei occupata più tardi, invece, della trascuratissima antropologia culturale. Qualcuno mi avrebbe passato gli appunti per il test finale, no?
Alle tre in punto, ad un'ora esatta dal momento in cui sarei stata libera da scuola, fui chiamata dalla segreteria, dicendo che mia madre era venuta a prendermi a causa di una questione familiare importante. Scrissi ai miei amici che non avrei avuto l'occasione di salutarli all'uscita e feci scivolare nello zaino tutti i miei effetti personali. Mi congedai dalla classe ed uscii in tutta fretta, rischiando di andare a sbattere contro... Eric.
«Ehi.» mi fermò.
«Scusami, devo andare... Mia madre è venuta a prendermi e devo capire cos'è successo.» tentai di svicolarmi.
Eric non mi lasciò andare.
«Là fuori c'è Matthew Farewell. Tua madre l'avrà mandato a prenderti... Come l'ha mandato innumerevoli volte a farti da padre quando non ne avevi uno. Come l'avrà informato di tutto quello che riguarda la tua vita. Come l'avrà ritenuto innocente quando invece è una cazzo di spia interna!»
Spalancai la bocca.
«Che cosa?»
«Sì, Chloe, è lui la spia interna. Non ci sono arrivato subito, ma non c'è nessun altro che sia tanto informato su di te a parte me, i tuoi amici e i tuoi genitori... E chiunque di loro ne abbia preso le veci. E adesso che tua nonna è fuori dai giochi, sicuramente vorrà prenderti in ostaggio per chiedere un riscatto e sparire nel nulla, in un paese esotico, a fare il proprietario di un albergo lussuoso venuto fuori da chissà dove. Tanto chi vuoi che indaghi là...» raccontò Eric.
Aggrottai la fronte.
«Mia nonna è fuori dai giochi?» domandai.
«Non sta a me tirar fuori i dettagli, ma adesso tuo padre è fuori pericolo.»
Annuii.
«Lavori ancora per lui?»
«Certo. Proteggerti è diventata una necessità più che un mezzo di sostentamento, però. Da quando ho imparato ad amarti, la tua sicurezza si è piazzata automaticamente al primo posto per me. Non c'è niente di più importante, per quanto mi riguarda.» sorrise Eric.
Mi sarebbe piaciuto dirgli tante cose. Quello che provavo per lui era ciò che si avvicinava di più all'amore vero e non ero sicura che sarei stata capace di provarlo per qualcun altro, neanche con tutta la forza di volontà del mondo.
Mi sarebbe piaciuto spiegargli i miei complessi psicologici irrisolti, quelli che ne erano derivati di recente, tutte le paranoie a cui mi lasciavo facilmente andare.
Mi sarebbe piaciuto saltargli addosso e fare l'amore con lui una volta ancora, soltanto una. Sentirmi viva, ardere nel fuoco della passione ed incarnare il peccato per eccellenza, combustione diretta al tatto. Infiammarlo una volta ancora, accenderlo di quella brama che, seducendolo, seduceva me in primo luogo e ci univa nella via illegale al Paradiso. O, almeno, così mi sarebbe piaciuto illudermi.
Forse, però, potevo accontentarmi di un singolo bacio.
Mi rifugiai tra le sue braccia e decisi che quella sera sarebbe stata l'ultima libertà che mi sarei concessa, una specie di regalo d'addio. Dopodiché, avrei posto fine a quel supplizio etico nei confronti di Steve.
«Adesso telefona a tuo padre e chiedigli di venirti a prendere. Io cercherò informazioni utili su Matthew e il modo migliore per levarcelo di torno.» istruì Eric.
Gli rivolsi un'occhiata da cane bastonato.
«Mi vieni a trovare questa sera?» chiesi, con voce tenerissima.
Lui sospirò.
«Con tuo padre in casa, che non ha la minima idea che io provi qualcosa per te, tua madre che mi odia e un potenziale pallone da football che potrebbe sbucare all'improvviso sul prato, pronto a ripagarmi con un pugno per la spiacevole inconvenienza dell'ultima volta?»
«Allora usciamo. Mi faccio portare... Che ne so, davanti al cinema. Da lì decidi tu cosa faremo, sorprendimi.» proposi.
Eric cedette, ma mi ricordò che non ci saremmo scambiati neanche un bacio.
Evitai di fargli notare quanto sopravvalutasse il proprio autocontrollo, perché avrei indossato qualcosa di decisamente provocante.
Lo guardai scomparire per l'ennesima volta come un dessert prelibato che avevo appena messo in frigorifero per gustarlo all'ultimo, mantenendone in bocca il sapore dolce il più a lungo possibile.
Diedi un colpo di telefono a mio padre, che sentii un po' più come tale quando mi confermò che sarebbe venuto a prendermi. E che, la prima cosa mi avrebbe insegnato, sarebbe stata guidare. Certo, non era come la bicicletta da bambini, ma riconobbi che stava facendo uno sforzo per entrare nella mia vita e farmi sentire che per me ci sarebbe stato. Mi sentii incredibilmente meglio.
Uscii dall'edificio scolastico non appena lessi il messaggio di arrivo e percorsi il cortile in direzione dell'auto di mio padre. Pensai che doveva risalire all'ultimo noleggio, perché un'auto abitudinaria sarebbe stata facilmente tracciabile in fuga.
«Ciao, tesoro. Com'è andata a scuola?» sorrise mio padre.
«Bene.» annuii, emozionata.
Non avevo mai avuto un padre amorevole e, scoprire che era proprio ciò che mi ero persa in tutti quegli anni, ebbe un notevole impatto sui miei sentimenti.
La quiete venne interrotta da Matthew, che scese dall'auto in tempo per fermarmi dal salire su quella di mio padre.
«Che cosa stai facendo? Ho il diritto di andare via con mio padre.» affermai.
Matthew sogghignò.
«Tuo padre? Colui che ti ha abbandonata prima ancora che nascessi? Sono stato io tuo padre, negli ultimi anni.» rivendicò.
«Vero, ma solo per spiarmi e fare lo scagnozzo sotto copertura di mia nonna o di Hammond.» mi ribellai.
Matthew mi fissò come gli avessi rovinato i piani. Mi sentii vittoriosa, invincibile.
«È questa l'unica cosa che hai da dire sul legame che si è creato fra noi? Le festività trascorse insieme, i regali, le mattinate da Buttery, i consigli sui ragazzi... L'affetto. Non ti è rimasto niente? Soltanto accusarmi di essere una spia?» replicò.
«Non l'hai negato. E hai tentato di deviare il discorso su un punto che fa comodo a te. Quanto sarà mai stato difficile fingere di volere bene a me e a mia madre, per quanto profumatamente venivi pagato? Senza l'obbligo di sopportarci ventiquattro ore su ventiquattro, tutti i giorni, oltretutto.»
Mio padre mi guardava ammirato.
«Sai cos'è stato difficile? Non rimanere coinvolto. Avrei potuto anche chiedere la mano di tua madre, nessuno si sarebbe opposto. Ti sembrerà stupido, ma... Ho cominciato a desiderare una famiglia che mi era stata data per lavoro e sono stato più volte sul punto di mollare tutto e confessarvi la verità, chiedere il vostro perdono e venire riaccettato con umiltà.» spiegò Matthew.
Tornai ad avere la stessa sensazione che avevo provato quando Steve mi era parso un complice dei rapitori eppure aveva giurato di amarmi, col risultato che ero finita per credere il falso e l'avevo dovuto assolvere quando la verità era venuta a galla, sentendomi tremendamente in colpa.
Quella volta, però, avrei lasciato che fosse stato qualcun altro a prendere l'ardua decisione. Io non me la sentivo.
«Bene, allora spremi le meningi e pensa al discorso che farai a mia madre. La mia autorità da sola non è sufficiente a darti una risposta... Mi limiterò a tenere in conto quello che mi hai detto. Adesso, se ci vuoi scusare...» tagliai corto.
Salii sull'auto di mio padre e lui si mise al volante, mentre colui che aveva rivestito la mia figura paterna negli ultimi anni rimaneva in piedi sul marciapiede a guardare, finendo per passarsi nervosamente le mani fra i capelli, conscio che aveva rovinato tutto con le proprie mani.
Durante il viaggio, scaricai tutta l'agitazione che mi aveva procurato la discussione battendo i piedi a ritmo della radio.
«Ho sempre saputo che Rachel è speciale. E, quando ho confidato in lei pensando a te, non mi sarei mai aspettato che, da sola, sarebbe riuscita a crescerti così bene. Sei meravigliosa, Chloe. Mi hai sorpreso ieri sera, sai? Ero convinto che ti avrei scioccata, comparendo all'improvviso, e invece sei stata così calma e razionale... Sembrava che tu aspettassi quel momento da un pezzo.» esordì mio padre.
«Ed è così. Non hai la minima idea di tutti gli scenari che mi sono immaginata, di tutte le sfaccettature che ho ipotizzato tue. Mi sono crogiolata nei dubbi per tanto tempo e... Ricevere delle risposte, finalmente, è tutto ciò che ho sempre desiderato.» lo interruppi.
Lui sospirò.
«Spero che quelle di tua madre rispecchino altrettanto i miei desideri...»
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Ci avviciniamo all'ultima parte della storia, che si ferma a 50 capitoli precisi. Aspettative?
Baci 💙
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