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36 - Home

Escluse le possibilità di utilizzare il mio cellulare, che avrei ricominciato ad utilizzare soltanto quando mi sarei sentita più al sicuro, e di mettere le mani su quello di mia nonna, mi chiesi se quello del nonno era sorvegliato oppure no.

Salutai Eric con il cuore che si frantumava e le lacrime fra le ciglia, intrappolata in una sensazione di disperazione estrema. Mi diede l'impressione di vivere un abbandono, gettandomi nel panico e nella tristezza più assoluta. La sua figura che si allontanava, il sorriso dolce con cui mi aveva accarezzato per l'ultima volta la guancia, gli occhi innamorati che aveva chiuso per non rendere insopportabile quel momento... Tutto si ripeté nella mia testa all'infinito, finché non mi addormentai.

La mattina sperimentai un caso veritiero del detto "la notte porta consiglio" e, fra un morso di crostata all'albicocca e un altro, chiesi ai miei nonni di riportarmi a casa da mia madre.

«Sei triste, qui? Ti manca Rachel?» domandò mio nonno, togliendosi gli occhiali e mettendo da parte il giornale che stava leggendo.

Mia nonna mando giù l'ultimo sorso di caffè e mi studiò scrupolosamente.

«Cos'è che ti ha fatto cambiare idea? Credevo che volessi restare qui fino a sabato o domenica.» aggrottò la fronte.

Colta alla sprovvista da quel piglio investigativo, seguii la solita strategia: tirare in ballo i miei amici. Nessuno si era mai dato la pena di conoscerli veramente, perciò avevo sempre avuto ampio spazio per le mie ingombranti menzogne campate in aria. Chi avrebbe mai verificato che le informazioni sul loro conto fossero corrette? Al fine di preservare la mia credibilità, tuttavia, cercavo di discostarmi il meno possibile dalla realtà dei fatti.

«La mia migliore amica. Ha un disperato bisogno del mio aiuto. Mi ha scritto proprio questa mattina che devo assolutamente tornare, perché i suoi genitori hanno combinato un casino e non sa a chi appellarsi. Stanno divorziando, sapete...» raccontai, pescando dal mio passato più recente il dispiacere che provavo per la situazione familiare di Maddie.

«Oh, poverina.» commentò il nonno. «Ma certo, cara, è giusto che tu ci sia in un momento così drammatico per lei. Quando sarà il tuo turno di avere bisogno di lei, non avrà scuse per deluderti. E, sai, nella mia lunga esperienza di vita... Il momento del bisogno arriva sempre.»

Notai un'occhiata particolarmente lapidaria da parte di mia nonna nei confronti del coniuge e vi lessi un'accusa, come se l'unica a trovarsi davvero in difficoltà, fra i due, fosse stata solo lei.

Tuttavia, per un motivo che non mi parve chiaro, la nonna non si intromise ulteriormente.

La cuoca della casa si offrì di prepararmi qualcosa da portare via e accettai ben volentieri, quindi mi recai in camera e infilai in valigia tutto quanto, prestando molta attenzione a nascondere per bene il mio cellulare e il foglio che mi aveva dato Eric.

Sarei ricorsa ad un cellulare in casa di Maddie o Elizabeth per contattare mio padre, così non avrei corso il rischio di essere spiata.

«E così hai deciso di tornare a casa...» fece mia nonna, entrando in camera.

Mi voltai, sorpresa. Ero stata talmente concentrata a ripassare e rivedere il mio piano nella mente che non mi ero accorta della sua comparsa.

«Sì.» confermai.

«Che cosa ti ha detto Mrs Hammond? Deve averti rivelato qualcosa di scioccante per farti scappare a gambe levate la mattina dopo.» inquisì lei.

Ebbi la freddezza necessaria a rimanere impassibile e decisi di esagerare un po', partendo da un miscuglio di dettagli reali.

«Mrs Hammond? Oltre ai chili che ha preso e agli orecchini dell'amante di suo marito che ha trovato nell'auto? Se credi che abbia avuto il buon senso di non parlare di sé per tutto il tempo, la stai sopravvalutando, nonna.» risposi, sarcastica.

«Io, invece, devo averti sottovalutata.» commentò lei, rivolgendomi un'ultima occhiata prima di andarsene.

Durante il viaggio, mi misi all'opera per recuperare il tempo speso a non studiare e mi annoiai da morire. L'autista che i nonni mi avevano messo a disposizione sembrava un robot programmato per non conversare e, pur non cadendo mai nello sgarbo, uccideva ogni possibile argomento con poche parole spente e una pesante antipatia.

Rimpiansi il karaoke che io e mia madre mettevamo in piedi ogni volta che ce n'era l'occasione e le risate pazze che riempivano le nostre sessioni di gossip selvaggio. Il suo ufficio pullulava di pettegolezzi e voci che non trovavano mai una conferma, ma che si diramavano sempre in tante ipotesi diverse e io mi divertivo ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere, per poi essere aggiornata puntualmente dopo il finesettimana.

La buona notizia era che, tornata a casa, tutto sembrava esattamente come l'avevo lasciato. Quella cattiva era che, in realtà, avevo due lettere indirizzate a me sulla mia scrivania. Mia madre doveva averle trovate e, per fortuna, lasciate intatte per il mio ritorno.

La prima era da parte di Peter. In poche righe sconclusionate, mi chiedeva perdono per la durezza con cui mi aveva trattata dopo che ero stata vittima di un tentato rapimento e mi assolveva da ogni colpa nei confronti di Maddie poiché eravamo tutti ignari del risvolto che avrebbe preso la serata. Aggiungeva che, nonostante io avessi ragione ad esortarlo a dichiararsi, nessun momento sembrava adatto e, quando l'atmosfera pareva invitarlo, le parole gli si fermavano in gola e non riusciva a dire assolutamente nulla. Fui sollevata di non avere il peso del suo giudizio sulle spalle e sorrisi al pensiero di essere una delle uniche persone a cui aveva dato ragione nella sua vita, per poi rattristarmi quando riconobbi che lo conoscevo troppo bene per sperare che trovasse il coraggio di dichiararsi apertamente alla mia migliore amica.

La seconda recava la firma di Steve.

Mia adorata Chloe,
le parole non possono esprimere quello che ho provato sabato, alla festa di Peter. Da quando sono uscito con lui a cercare Maddie, è stata una corsa contro il tempo e la logica. Degli squilibrati volevano catturarti non so per quale motivo e all'improvviso è comparso quello stronzo del tuo ex e abbiamo cominciato tutti a cercarti per avvertirti di metterti in salvo. Ero spaventatissimo per te, volevo proteggerti ad ogni costo, nonostante fossi nel panico perché giravano delle armi. Ad un certo punto, qualcuno mi ha tirato qualcosa in testa e sono svenuto, per poi ritrovarmi la mattina dopo a casa di Austin. Lui non si ricorda nemmeno di essere stato alla festa, ma ci crede perché Thomas gli ha tirato un pugno e lo sanno tutti, lo si vede anche dalla faccia. La scuola intera parla di te che hai fermato la festa e hai mandato via tutti quanti, ma l'unica cosa che so io è che sei sparita senza dirmi niente. Non mi hai lasciato neanche un messaggio.
Dal momento che le mie chiamate non ti arrivano, può darsi che tu abbia perso il telefono oppure, nella confusione generale, si sia rotto. Ti prego, torna a scuola e spiegami cosa sta succedendo, perché mi manchi e vorrei che ci lasciassimo alle spalle questa brutta faccenda, insieme. Ti amo.

Steve


L'innocenza che trapelava da quella lettera generò in me dei tremendi sensi di colpa. L'avevo sospettato responsabile dell'accaduto in quanto complice, quando l'unico motivo per cui mi aveva cercata non era vendermi ai criminali, ma proteggermi, prendendo sul serio tutta la vicenda.

Sarei mai stata in grado di dare a Steve tutto l'amore che meritava? Gli avrei mai conferito fiducia, rispetto e comprensione ragionevole?

Mi sentii sporca, come se le mie mani fossero intrise di sangue e ne cadessero copiose quantità sul pavimento, formando la pozza dei miei peccati. Continuavo a sbagliare. Non facevo altro che aggiungere errori alla lista, impilandoli l'uno sopra l'altro a formare una montagna indistruttibile. Ormai mi sovrastava, mi dominava.

Alla base c'era stata la follia di fidarsi di mia nonna, quando si era complimentata con me per l'abilità che avevo nell'affascinare le persone: non vi avevo scorto l'avvertimento di smetterla di infilarle i bastoni fra le ruote.

Poi c'era la storia con Steve, nata sotto la stella della sfortuna, perché Eric non mi aveva abbandonata come avevo creduto e Maddie, invece, si era arrabbiata proprio come avevo temuto.

Forse, avevo sbagliato anche a non consultare Maddie quando volevo introdurre Elizabeth nel nostro gruppo, facendola apparire come una sostituta in seguito al nostro litigio invece che un membro nuovo, che non aveva niente a che fare con le difficoltà che stavamo attraversando noi due come migliori amiche.

Sicuramente non mi ero comportata bene nei confronti di Peter, mettendolo al corrente di una situazione che Maddie non conosceva per intero e rischiando così, di minare la fiducia tra di loro e l'intero rapporto che invece speravo si sarebbe sviluppato.

Ciò di cui più mi pentivo, però, era aver voltato le spalle ad Eric poco dopo la sua sparizione. Sapevo che, se avessi avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo, l'avrei rifatto. Non c'era modo di venire a sapere che sarebbe tornato, che continuava ad amarmi e che non mi avrebbe mai abbandonata così, di punto in bianco. I segreti che custodiva pesavano troppo nella nostra relazione e niente, a parte gli avvenimenti che l'avevano costretto a parlare poi, avrebbe potuto cancellare le mie paure da un momento all'altro, le mie insicurezze. E me ne dispiacqui profondamente.

La sera, mia madre rientrò e mi abbracciò forte.

«Bentornata a casa, tesoro.» sussurrò, dolcemente. «C'è una persona che vorrei farti conoscere.»

Rizzai le orecchie. L'ultima volta che avevo sentito pronunciare quella frase da lei, Matthew era entrato a far parte anche della mia vita.

L'uomo che varcò la soglia di casa nostra, però, non era affatto Matthew.

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Dan-dan-daaan. Chissà di chi si tratta!

Lo scopriremo nel prossimo capitolo 😘

Baci 💙

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