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33 - Shopping

Martedì fu una giornata ricca di sorprese.

Tanto per cominciare, la cuoca che lavorava per i miei nonni da anni aveva preparato, per colazione, dei pancake morbidi e burrosi con sciroppo d'acero, che mi ricordarono il magnifico Buttery e tutti gli sprazzi di mattine pre-scuola che avevo trascorso con Matthew quando mia madre era arrabbiata.

Scoprii poco dopo, quando ormai ero decisa a ritirarmi in camera per studiare e, nel mentre, escogitare un piano per scoprire che ruolo aveva realmente avuto mia nonna nella mia vita, che Mrs Hammond aveva espresso un forte interesse nel portarmi a fare shopping a Boston, quel pomeriggio. Esplosi di gioia dentro di me, perché era esattamente quello in cui non avevo sperato ma di cui avevo bisogno.

«Mi sono presa la libertà di ricordare a Mrs Hammond che fra meno di una settimana hai un importantissimo test a scuola e che non puoi permetterti di sollevare la testa dai libri. Spero non ti dispiaccia, cara, ho agito per il tuo bene.» aggiunse mia nonna.

«Oh, ma sono così stanca di studiare! Una pausa mi farà solo bene.» asserii.

Di fronte alla mia insistenza, la nonna alzò la cornetta e si autoinvitò al pomeriggio di shopping con una nonchalance invidiabile. Il suo tentativo non fece che confermarmi che Mrs Hammond era al corrente di informazioni sensibili e che la nonna voleva evitare in tutti i modi di condividere con me.

Quando assunse un'espressione di fredda rabbia, però, intuii che qualcosa non stava andando secondo i suoi piani. Appoggiò il telefono alla spalla per coprirne il microfono.

«Sua maestà vuole vedere solo te. Sei proprio sicura di volerti sorbire... Insomma, che ne pensi?» scandì, sarcastica.

Il suo tono duro voleva puntare sulla noia che mi avrebbe apportato una lagna infinita da parte della signora in crisi di mezz'età, ma io avevo capito come ragionava, ormai. Non le avrei concesso di sabotare la mia unica occasione di carpire informazioni preziose senza il suo occhio vigile puntato addosso.

«Credo che Mrs Hammond abbia bisogno di un'amica e io sono pronta a rendermi utile. Dopotutto, non prenderebbe con gioia un rifiuto da parte della nostra famiglia, no?» perorai la mia causa.

«Perfetto. Passerà a prenderti alle quattro.» concluse la nonna, talmente in disaccordo che avrebbe lanciato il telefono contro il muro, se non le fosse costato un duro colpo alla credibilità generale.

Riuscii a sentire il cinguettio felice di Mrs Hammond anche ad una certa distanza dal telefono e pensai che non potesse essere più propizio per una chiacchierata soddisfacente per entrambe le parti.

La nonna mi trattenne un solo istante ancora.

«Perché hai accettato la sua patetica proposta?» domandò, senza mezzi termini.

Scrutai i suoi occhi stretti in due fessure.

«Mrs Hammond si sente sola, questo è evidente. Nessuno dovrebbe ritrovarsi da solo in un momento così critico della propria vita.» spiegai, coprendo la verità con un'affermazione in cui credevo, ma che non era la motivazione reale.

«Io non sono andata a piangere in grembo ad una sedicenne conosciuta meno di quarantotto ore prima, quando ho attraversato quella fase. Bisogna farsi forza da sé ed è l'insegnamento che le avresti dovuto dare anche tu, dal momento che non sei affatto stupida.» replicò la nonna, punta sul vivo.

Chissà se mio nonno aveva provato a starle accanto o l'aveva ignorata come l'insulso Mr Hammond. La nonna aveva finto di farcela da sola anche quella volta? L'aveva respinto con l'ardore con cui riusciva a tenere lontano il mondo intero? Scorsi molto dolore fra le righe e non ebbi il coraggio di porle domande personali, non in quel momento.

«Se essere empatici e comprensivi significa essere stupidi, allora ti sbagli, sono un po' stupida.»

«Non dire sciocchezze. Ascoltando le chiacchiere senza capo né coda di quella lagna vivente, cosa vuoi guadagnare? Soldi? Shopping gratuito in città?»

Mi sarei dovuta aspettare le sue indagini pressanti, ma, come mi ripeteva sempre mia madre, c'era una soluzione a tutto, anche allo stress che rappresentava la nonna.

Sospirai, stanca.

«È davvero così assurdo pensare che io non voglia ricavarci niente? Quando mia madre dice che i ricchi sono i più opportunisti e calcolatori, ha ragione. Noi che non navighiamo nell'oro non lo pretendiamo, non viviamo stimando cosa possiamo ottenere da ogni singola parola o azione. Ma non mi aspetto che tu lo capisca, nonna.»

Compresi, dalla sua espressione, di averle dato molto su cui riflettere, perciò levai le tende.

Seguì una produttività incredibile e molto soddisfacente dal punto di vista scolastico e arrivai a tavola particolarmente affamata, all'ora di pranzo.

Mio nonno si informò dei miei studi, si offrì di darmi una mano nel caso trovassi difficoltà in qualcosa e arrivò a progettare una visita alla Columbia quando fossero finite le lezioni, così da avvicinarmi ancor di più a quello che era diventato ormai un obiettivo, per me.

Scambiai soltanto poche parole con mia nonna, invece, che aveva un'aria piuttosto pensierosa. Mi domandai cosa le frullasse in testa: voleva farmi pedinare da qualcuno? Stava cercando la maniera meno ovvia per sorvegliarmi e prevedere le mie mosse seguenti?

Decisi di mettere a tacere le paranoie dandomi da fare ancora un'oretta dopo pranzo, per poi chiudere i libri con più dubbi di prima. Ero indecisa, oltretutto, sull'abbinamento di vestiti più consono ad un'uscita con una signora.

Il sole che era sbucato giusto un'oretta prima mi invitava ad osare con un abitino e un giacchetto, ma temevo che facesse ancora freddo per non indossare un paio di collant, quindi ne scelsi un paio simpatico con i pois. Il vestito, lungo fino al ginocchio e molto morbido con il solo punto rappreso in vita ed un grazioso fiocco in corrispondenza del collo, aveva le maniche lunghe ma leggere e un colore che poteva sembrare invernale, cioè verde petrolio, ma si adattava egregiamente alla subdola primavera, che rimbalzava tra un caldo estivo e una folata di vento polare. Non potei che abbinare delle scarpe nere dal tacco a spillo non altissimo.

«Tesoro, il tuo look sarebbe perfetto dopo il tardo pomeriggio. Lascia che ti aiuti con qualcosa di più fresco e giovanile.» si intromise mia nonna, facendo capolino in camera.

Mi indicò una gonna rosa cipria e un top di cotone bianco, con cui sarebbe andato d'accordo qualsiasi tipo di giacca, sostanzialmente. Per quanto imbarazzante potesse sembrare, controllai più e più volte che non avesse infilato qualche micro-dispositivo di sorveglianza nei miei vestiti, ma non trovai nulla. Sperai che fosse più ingenua di quanto io fossi convinta.

Mrs Hammond fu parcheggiata a casa dei miei nonni in perfetto orario da un autista privato, vestita di tutto punto con un abito dello stesso stile che avevo immaginato io per la mia scelta precedente in fatto di abbigliamento. Le labbra verniciate di rosa si incurvarono in un sorriso euforico quando mi inquadrò.

«Chloe! Pronta per spendere e spandere tutto il patrimonio accumulato lungo una vita intera? Ci attendono dei negozi super-chic, all'altezza di noi donne di alto rango.» esordì, con un entusiasmo che faticai a conciliare con il piglio triste che aveva alla cerimonia indetta per il compleanno di mio nonno.

Lanciai un'occhiata sorpresa alla nonna, che era più a corto di parole di me.

«Certo. Andiamo a sperperare!» assecondai la folle signora.

«Ehm... Chloe, tesoro? Vieni con me un attimo, ho dimenticato di darti una cosa.» mi fermò la nonna.

Contenni a fatica la sorpresa quando mi lasciò una carta di credito, imponendomi, però, di consultarla prima di ogni acquisto che superasse una cifra sostanziosa. Mi ricordò che era un regalo piuttosto generoso e che si affidava al mio metro di giudizio, evitando di sottolineare ad alta voce che non mi apparteneva un centesimo di quello che la carta mi autorizzava a spendere, ma che non era concepibile che facessi una brutta figura con una delle più importanti sostenitrici economiche dei padroni della casa in cui stavo alloggiando. L'incoraggiamento non dichiarato era quello di fingere che nulla mi piacesse particolarmente, a parte una o due cosette di poco conto, e di lavorare sulla psicologia di Mrs Hammond per convincerla che ero semplicemente parsimoniosa e poco attaccata ai beni materiali, dunque non sentivo la necessità di spendere molti soldi in vanità.

La verità era che a me fare shopping piaceva. A lungo andare mi veniva mal di testa a causa di tutti gli articoli che consideravo e di cui calcolavo la somma dei prezzi, perché ero cresciuta dovendomi responsabilizzare dal punto di vista finanziario, ma inizialmente mostravo molto entusiasmo e, purtroppo, ciò che più mi catturava era spesso fuori dalla portata del mio portafoglio.

Mrs Hammond mantenne una facciata allegra e spensierata per tutto il viaggio, non lasciandomi quasi intervenire né scegliere l'argomento di conversazione. Soltanto quando fu il momento di provare il primo capo, un pretenziosissimo abito di Chanel, crollò e rischiò di lacrimare sull'articolo ancora in vendita.

«Non mi entra più niente, Chloe. Sono ingrassata di dodici chili dall'inizio di questo maledetto passaggio all'età... Sì, be', posso dirlo, ormai... Da quando non sono più fertile, in sostanza, ho rinunciato a tutto il mio splendido armadio. Abiti di Valentino da migliaia di dollari, camicie di Hermès, Dior, pantaloni di Carolina Herrera... Niente. Non riesco a infilarci più neanche un polpaccio. Sono disperata.» pianse la signora.

La commessa, che di certo aveva sentito tutto, ebbe il buon senso di fare un giro per il negozio vuoto a sistemare dettagli che non avevano bisogno di essere ritoccati e fingere di essere ignara della situazione. A livello ufficiale, non era affar suo, quindi giudicai onesto il suo comportamento, oltretutto le signore ricche di una certa età tendevano ad offendersi facilmente ed essere acide e bisbetiche.

«Mrs Hammond, sono spiacente per la situazione, ma le assicuro che è una problematica molto comune. Ha due scelte di fronte a sé: assumere un coach personale che la aiuti a ritrovare la forma che entrava in quei capi, oppure venderli tutti e reinvestire in un armadio nuovo. Nonostante ciò, niente le impedisce di provare una taglia più grande di questo abito e sentirsi bella adesso, anche con quei famosi chili che sostiene di aver preso. Se non è convinta lei, non lo sarà nessuno.» affermai.

«Mio marito ha smesso di esserlo tanti anni fa, piccina. Appena sono comparse le prime rughe... Lui crede che io non abbia visto gli slippini in mezzo alla biancheria sporca, l'orecchino sotto il sedile dell'auto e il sorriso di fronte al cellulare quando sostiene di rispondere alla posta elettronica. Tu sorridi mai davanti ad un paragrafo di storia? Nessun dovere ti procura la gioia che deriva da una sveltina con qualcuno che ti attrae fisicamente.» replicò, fermando la parlantina all'indiscrezione sull'intimità di suo marito «Oh... Perdonami, non vorrei averti traumatizzata. Santo cielo, non raccontarlo a tua nonna. Avrò per sempre sulla coscienza il peso di questa conversazione inadeguata.»

«Oh, non si scusi. Con tutto quello che gira sulla rete... Davvero, non si porti dietro anche questa preoccupazione. Mia nonna non lo verrà mai a sapere.» sorrisi.

Lei mi restituì un sorriso e lanciò un'occhiata all'abito di Chanel, per poi farsi coraggio e chiedere alla commessa la taglia giusta.

«E comunque,» aggiunse, rimirandosi allo specchio con occhio critico «tua nonna dovrebbe preoccuparsi più di quello che ti nasconde lei che di quello che ti racconta il resto del mondo. Gli affetti più vicini sono sempre quelli più insidiosi.»

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Oops, Mrs Hammond si è lasciata sfuggire qualcosa di interessante... Rimanete connessi per sapere di cosa si tratta!

Baci 💙

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