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26 - Ransom

Peter faticò a godersi la festa perché si sentiva responsabile verso chiunque, perciò mi rallegrò vederlo genuinamente contento nell'aprire i regali ricevuti. Alcuni erano totalmente insulsi o privi di senso, altri piuttosto carini ed inaspettati. Il nostro gli piacque talmente tanto che, per qualche istante, rimase in silenzio e trattenne le lacrime. Era abituato a fare tanto per gli altri, pensare a come trovare soluzioni che semplificassero loro la vita, impegnarsi per il bene collettivo... Dimenticandosi, così, che ogni tanto c'era qualcuno disposto a fermarsi e ricambiare con altrettanta dedizione. Ringraziò tutti quanti e distribuì a ciascuno una fetta di torta alla panna e cioccolato.

Mi voltai casualmente a guardare Elizabeth, che aveva cominciato a mangiare la torta. Espirò e prese tra le mani un po' di torta, per poi spiaccicarla con cattiveria in faccia ad Austin McHill, che stava dietro di lei.

Thomas, poco distante, aggrottò la fronte e chiese cosa stesse succedendo.

«Succede che questo porco non ha neanche la dignità di tenersi le proprie fantasie sporche per sé. Crede che io non l'abbia sentito.» si sfogò Elizabeth, tagliente.

«Tutto questo putiferio per un commentino... Sei solo una figa di legno che non accetta le critiche.» ridacchiò Austin, visibilmente brillo.

Quando Elizabeth fece per andarsene, però, le tirò dietro la fetta di torta dell'amico, che rimase con la forchetta di plastica a mezz'aria e la bocca aperta.

Scoppiò a ridere nel vedere che i suoi capelli biondi erano impregnati di panna e cioccolato, lei immobile come una statua.

Si voltò con infinita lentezza, come per annunciare una vendetta spietata. Non dubitai che ne fosse capace.

«Thomas... Sai cosa ha detto, fra le altre cose, questo pezzente ubriaco? Che tu non hai le palle di portarmi a letto e non saresti capace di dire dove siano, dal momento che non le hai.» fece, guardando Austin negli occhi – Sembra che non gli vada giù il tuo titolo di capitano... Si crede più virile di te.»

Ammirai la maestria di quella tattica, che portò Thomas ad aggredire Austin con un gancio destro impeccabile. L'equilibrio precario di quest'ultimo sparì del tutto e lo costrinse a capitolare per terra. Aveva smesso di ridere.

Cominciarono a darsele, con Thomas in netto vantaggio, finché Steve non decise di intervenire e trattenere il capitano dal far sanguinare ulteriormente il compagno di squadra. Peter, d'altronde, si occupò di soccorrere Austin, affidandolo poi agli altri amici.

«Brava, Elizabeth. Complimenti per aver vinto senza sporcarti le mani.» affrontò la mia amica.

Lei sollevò le sopracciglia.

«Non ho colpe nei confronti di chi non sa esercitare un po' di sano autocontrollo.» si difese.

«Zero scrupoli a minarlo, però.» osservò Peter.

«Lui ha cercato di sminuire la mia dignità. Non si meritava di certo pietà.»

Il festeggiato sbuffò un mezzo sorriso.

«Hai usato Thomas per rimettere a posto Austin, non ti sembra un tantino esagerato?»

«Thomas ce l'aveva con Austin per via della sua preziosa sorellina. Io sono stata solo una scusa buona per spaccargli la faccia. E sì, faceva particolarmente comodo anche a me, poco fa.» ribatté Elizabeth.

La discussione cadde e io mi assicurai che stessero tutti bene, Austin compreso, altrimenti si sarebbero rischiate le vie legali.

Elizabeth si avvicinò a me con un bicchiere per fare il brindisi.

«Poveri illusi.» sorrise, amara «Uno pensava di potermi sedurre con delle patetiche avances e l'altro crederà, adesso, di avere una buona scusa per entrare nelle mie grazie. Quando scommetti che si vanterà di aver difeso il mio onore?»

«Ero convinta che Thomas non ti fosse del tutto indifferente...» azzardai.

Lei scosse i capelli dorati, riflettendo mille luci.

«Sì, ma lui non lo sa. E deve guadagnarsi questo segreto con le unghie e con i denti.» asserì.

Steve tentò di convincermi a rifugiarci da qualche parte più volte, ma io non me la sentii. Rimaneva pur sempre il compleanno di Peter e non sarebbe stato rispettoso sparire per un po', e poi... E poi Eric era lì.

Credetti di avere un'allucinazione.

Non si sarebbe mai avventurato da queste parti, non conosceva la strada, nessuno gli aveva fornito indicazioni... O, almeno, queste erano le convinzioni con cui cercai di combattere l'istinto di mollare Steve lì da solo e correre fra le braccia del mio vero amore.

Strinsi la presa alle braccia di Steve.

No, ritrattai: è lui il mio vero amore. Eric era... Doveva sparire. Non potevo permettergli di acquisire il dominio sul mio cuore e di giostrarmi a proprio piacimento. Aveva avuto tutto l'autunno a disposizione per dimostrarmi che meritava i miei sentimenti e non aveva fatto altro che buttarli via nel momento in cui avevo perso le sue tracce. Non era vero che tutti meritavano una seconda opportunità. Bisognava guadagnarsela.

Agii d'istinto e baciai Steve, con molto trasporto. Quella volta cedetti: andammo a cercare un angolo solitario della cascina... Salvo scoprire che, dove non c'erano le luci, assumeva tutto un'aria tetra e sinistra.

«Potremmo sempre usare la macchina.» suggerì Steve.

Rabbrividii al pensiero, perché anche se avevo deciso di dargli tutta me stessa, i ricordi rimanevano vividi nella mia testa e quell'ultimo episodio di intimità con Eric non meritava di venire brutalmente calpestato da Steve.

«No. Saremo costretti ad aspettare... Dai, torniamo di là. Voglio essere sicura che Elizabeth non abbia combinato altri guai.» tagliai corto.

Il mio fidanzato decise di non insistere oltre e mi seguì alla ricerca dei nostri amici.

Notai Elizabeth appoggiata al muro con un'aria per metà civettuola e per metà molto seria, Thomas totalmente suo succube. Le stava attorcigliando una ciocca di capelli col dito, ma non osava allungare troppo le mani. Sorrisi, soddisfatta, perché la mia amica si era guadagnata un corteggiatore che la rispettasse e che fosse pronto a proteggerla da chiunque altro le si volesse avvicinare.

Peter si svincolò da un gruppo di ragazzi strafatti proprio in quel momento e, non appena mi riconobbe, mi chiese dov'era Maddie. Mi girai attorno, aguzzando la vista. Nulla.

«Adesso comincio a preoccuparmi. Dov'è finita Maddie?» dissi, ad alta voce.

Steve percepì la mia agitazione attraverso le nostre dita intrecciate e tentò di calmarmi.

«Andiamo a cercarla, vedrai che sarà qui da qualche parte. Magari fuori.» mi esortò.

Peter si oppose.

«Tu resta qui, possibilmente vicino ad Elizabeth e Thomas, dato che degli altri non mi fido minimamente. Noi usciamo a cercarla.» istruì.

«Ti chiamo appena la troviamo.» mi sorrise Steve.

Annuii e mi avvicinai a quella che, da lontano, sembrava già una coppia, dispiaciuta per l'interruzione ma consapevole che era doverosa.

La mia amica annusò odore di problemi.

«Che succede?» domandò, infatti.

Thomas lasciò perdere il contatto fisico e si limitò a voltarsi anch'egli nella mia direzione.

«Non riesco a trovare Maddie. Peter e Steve sono usciti a cercarla.» confessai.

Avevo una brutta sensazione, ma non riuscivo a spiegarmelo. Maddie era una delle persone più care che avessi, seconda solo a mia madre, e se le fosse successo qualcosa che io avrei potuto impedire non me lo sarei perdonata.

Elizabeth comprese che la mia agitazione era reale e che non c'era da scherzare.

«Vuoi che usciamo anche noi a controllare?» propose.

«Sì, penso che mi farebbe stare più tranquilla... Mi sento impotente qui dentro.»

Lasciammo la stanza tutti e tre, Thomas davanti ed Elizabeth dietro di me, con il coltello della torta in mano. Non c'era niente da fare, era proprio sveglia e non si poteva dire che non sapesse difendersi. Ero contenta di averla dalla mia parte.

Eseguimmo soltanto mezzo giro intorno alla cascina prima di udire delle voci e appiattirci contro il muro, con le orecchie tese e i piedi inchiodati a terra.

«Ripeto, l'ho lasciata nelle mani di persone che sapevano dove tenerla al sicuro. Al momento, non ho questa informazione.»

Era la voce di Eric. Non l'avrei confusa con quella di nessun altro. La vera domanda era: cosa stava succedendo?

Ci fu un fruscìo, come se qualcuno stesse camminando.

«Bene, allora mi terrò l'ostaggio finché qualcuno non mi consegnerà la figlia di Nicholls.» disse l'estraneo.

Mi sarei tanto voluta sporgere per vederlo in faccia e osservare la scena, ma il mio sesto senso mi suggerì di rimanere ferma dov'ero e ascoltare.

«Ah, Steve, Steve... Confidavo in te. Perché non te la sei portata dietro?»

«Prendete me. Io so perfettamente dove si trova Nicholls. La figlia probabilmente non sa nemmeno se è vivo o morto. Perché dovrebbe tornarvi utile?» continuò Eric.

Lo sconosciuto parve rifletterci su.

«Rimane pur sempre sua figlia, l'unica traccia di DNA che ha sparso su questo pianeta... Si consegnerà subito. Tu sei sacrificabile, invece. Nicholls sa bene come funziona il nostro mondo.»

«Proprio perché lo sa, non cederà ai vostri giochetti.» insistette Eric.

Lo sconosciuto recitò una risata.

«Avete tempo un'ora per trovarla e consegnarmela, altrimenti questa ragazzina non verrà trattata affatto bene. Guardate com'è carina... Mi divertirò, decisamente.»

«Non. Provare. A. Sfiorarla. Neanche. Con. Un. Dito.» scandì colui che riconobbi come Peter, infuriato.

Il suono che seguì fu un singhiozzo femminile. Cercai di collegare il tutto: qualcuno aveva preso in ostaggio Maddie per arrivare a me, che sarei stata la via più efficace per arrivare a... mio padre? Era vivo? Era lì? Perché degli sconosciuti ce l'avevano con lui? E cosa c'entrava Eric in tutto quel caos? E Steve?

«Oh, la ami, non è così?» finse lo sconosciuto, con vocina teatrale.

Seguì un altro verso femminile, ma più di sorpresa che altro.

«Comincia a diventare interessante questa faccenda...»

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🙈🙈🙈

Baci 💙

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