18 - Stabbing
Finsi di dover andare alla toilette e corsi in segreteria, per chiedere di telefonare a mia madre a proposito di una medicina fondamentale. Era una menzogna bella e buona, ma anche la scusa migliore per ottenere un contatto diretto con mia madre lasciando il mio cellulare in aula, sotto gli occhi vigili di Steve.
«Ehi, mamma. Sono io, Chloe.» mi indentificai.
«Ah, ciao tesoro. C'è qualche problema a scuola? Ti senti male?» domandò subito lei, preoccupata.
Prima di rispondere, mi allontanai da orecchie indiscrete e parlai a voce bassa.
«No, tutto a posto. Mi servirebbe un favore. Hai voglia di passare a prendermi, dopo la scuola, e insistere per portarmi da qualche parte dicendo che è di assoluta e primaria urgenza? Devo sfuggire alle grinfie di Steve.»
«Pensavo ti piacessero le grinfie di Steve...» replicò mia madre, perplessa.
Sospirai.
«È una lunga storia. Tu coprimi, ti spiegherò tutto dopo.» pregai.
«D'accordo, d'accordo... Matt potrebbe andare bene ugualmente? È ancora in città, oggi, e dovrebbe avere meno problemi di me a trovare il modo di aiutarti.» contrattò lei.
«Certo. Anzi, pure meglio.» sorrisi.
Riavvicinandomi alla segretaria operativa, assunsi nuovamente un'espressione sofferente e mi massaggiai il ventre.
Lei, troppo occupata a gestire moduli di qualunque tipo per prestarmi la dovuta attenzione fino a quel momento, si accorse infine che stavo male e si dedicò a me.
«Oh, non si preoccupi, mia madre provvederà a passare a prendermi appena sarà possibile. Sa, le difficoltà di ottenere dei permessi di lavoro...» buttai lì, facendo leva su qualcosa che sicuramente la toccava in prima persona.
«E come no! Ogni volta che devo andare a prendere mio figlio per portarlo dal pediatra è un dramma, in questa scuola! Non sia mai che manchi io ad occuparmi di queste pratiche dove spariscono sempre dei pezzi... Ah, prima che si ritrovino e si finiscano le cose, ti guardi allo specchio e hai già le rughe!» replicò lei, abboccando subito.
Passai nuovamente la mano sulla pancia, destando un sospetto indesiderato.
«Non sei incinta, vero?» domandò la segretaria, terrorizzata.
«No, no! È un comunissimo mal di pancia... Forse ho mangiato qualcosa che non sono riuscita a digerire... A volte mi capita. Ho il sospetto di essere un po' intollerante al lattosio.» inventai.
Chiesi scusa, nella mente, a tutti gli intolleranti al lattosio del pianeta. Non volevo tirarli in causa per rafforzare la mia sceneggiata e farla passare per vera, ma era la prima cosa a cui avevo pensato, per diversificare l'imputato che usavo di solito: le mestruazioni.
La segretaria mi compatì e riaccettò di buon grado il telefono della scuola, augurandomi di stare meglio nelle ore seguenti e, soprattutto, al ritorno a casa. Sparii con un sorriso.
Avevo accettato la proposta di Steve e intendevo mantenere la facciata, sperando che mia madre contattasse Matthew tempestivamente, di modo che mi arrivasse un suo messaggio prima del suono della campanella di fine lezioni. Avrei avuto così la scusa perfetta per farmi portare a casa, di modo da essere all'indirizzo scritto da Eric per le sei in punto.
Stupida. Non c'era altro termine per commentarmi appropriatamente, in quel contesto, eppure mi parve un insulto infimo in confronto al beneficio che avrei tratto vedendo colui che amavo, nonostante la sua lunga ed immotivata sparizione.
Il momento di uscire da scuola arrivò in un battibaleno e io non avevo ricevuto alcun messaggio. Dovevo pensare ad una soluzione, e anche in fretta.
Steve era felicissimo di portarmi a casa con sé, emanava una gioia che persino un cieco avrebbe visto. L'avrebbe sentita sulla propria pelle. E mi avrebbe sputato in faccia, per quanto ero ingrata a rincorrere colui che mi aveva abbandonata senza pensarci troppo, rigettando l'unico che mi stava donando amore nella maniera più genuina possibile. Non avevo ancora indagato, ma supponevo che Steve soffrisse quando mi guardava e si rendeva conto che non gli avevo mai detto che lo amavo. Gli avevo confessato che non mi era indifferente, certo, ma era ben diverso da quello che sperava e mi si spezzava il cuore a non avere la forza di dirglielo. Avevo mentito su tante cose, spesso a fin di bene, avevo nascosto lati di me che non volevo che gli altri vedessero, ma non avevo mai falsificato i miei sentimenti. E non avrei iniziato in quel momento. Ci tenevo a rimanere integra e credibile, almeno su qualcosa di così profondo e intrinseco alla mia persona.
Quando furono tutti usciti fuori, Steve si permesse di baciarmi. Posai una mano sulla sua guancia, deragliando verso la sua nuca per tenerlo stretto, e ricambiai totalmente il bacio. Mi sentii incoerente come non mai, addirittura doppiogiochista, ma l'intesa fisica che avevo con lui mi spegneva il cervello. Ci stavamo ormai divorando le labbra a vicenda, io seduta sulle sue gambe e lui con una mano vicina al mio seno, quando qualcuno bussò, nonostante la porta fosse aperta.
Scattai, spaventata, allontanandomi da lui.
«Maddie...» rantolai.
Dietro di lei, c'era un Peter pietrificato.
«Quindi è lui che ti portavi nella palestra sotterranea per scopare come una troia?» esplose Maddie.
Era chiaramente fuori di sé. Scioccata, arrabbiata, frustrata, ferita, delusa e tradita, tutto insieme. Mi guardò come si guardava un insetto putrido, una creatura insignificante e rivoltante.
«Cos'è, una vendetta personale? Non ti stava bene avere tutti i riflettori puntati addosso? Volevi anche qualcuno con cui condividerli? Complimenti, hai vinto tu. Non uno, ma ben due colpi bassi. Come potrei competere? Sei la Reginetta, ammetto che te lo meriti. Delle stronze, però. Non capisco come ho fatto ad essere tua amica.» mi attaccò.
Avrei voluto dirle che non avevo mai pensato di vendicarmi, che non ero il tipo che cercava quel genere di soddisfazioni nella vita, che io le volevo bene anche se l'avevo pugnalata con cattiveria, che non volevo perderla nonostante sembrasse tutto il contrario.
Avrei voluto fare qualcosa, oltre a stare lì a lacrimare, in piedi accanto a Steve. Invece lasciai che, ancora una volta, fosse Peter a gestirla. Lo vidi prenderla e portarla via, lanciando ad entrambi uno sguardo di rimprovero.
«Adesso sì che non mi perdonerà mai.» mormorai, sconsolata.
Udii dei passi tornare verso l'aula.
«E tu, mio caro, tu non pensare di essere innocente. Perché non le dici di Thomas? Siamo alla fiera delle carte scoperte, tanto vale essere onesti.» riattaccò Maddie, stavolta accanendosi nei confronti di Steve.
«Thomas? Cosa c'entra?» aggrottai la fronte.
«Maddie, adesso andiamocene. Penso che abbiano molto su cui riflettere.» provò ad intervenire Peter.
Lei si voltò lentamente verso di lui.
Conoscevo bene lo sguardo che gli rivolse. Era quello in cui metteva insieme i pezzi di un puzzle che non le piaceva. E scopriva di aver fatto male i conti, di aver cercato di incastrare i pezzi come voleva lei, e non nel modo in cui avrebbero combaciato per la forma che avevano da quando erano stati creati.
«Tu lo sapevi.» ragionò. «Tu lo sapevi e non mi hai detto niente, brutta pettegola falsa e ipocrita! Mi sei stato vicino fino adesso... Ma chi sei? Da che parte stai?»
«Non spettava a me dirti la verità.» rispose Peter, con un'ineluttabilità che ammirai parecchio. Mi sarebbe piaciuto avere la facoltà di sembrare la voce della giustizia.
Proprio quando avvertii il timore che Maddie mi uccidesse lì, seduta stante, per aver scoperto che non solo l'avevo tradita, ma che i nostri amici erano dalla mia parte e che, ai suoi occhi, avevo già una sostituta pronta, il mio cellulare spezzò il grave silenzio con un trillo allegro.
«Ehi, Matthew! Tempismo perfetto.» risposi.
«Sì, be'... Ti sto aspettando qui fuori da dieci minuti e non sta uscendo più nessuno. È tutto a posto?»
Giusto, il piano di sfuggire al pomeriggio con Steve... Me ne stavo completamente dimenticando. Inspirai a fondo, pronta a dare l'impressione di avere tutto sotto controllo.
«Sì, certo. Mi sono fermata a parlare con i miei amici dell'imminente compleanno di Peter... Adesso arrivo.» inventai.
Maddie mi fissò con incredulità.
«È terrificante la naturalità con cui menti, ormai. Hai detto tante di quelle bugie che non distingui più neanche tu il confine con la verità.» commentò, disgustata.
Steve aveva il naso arricciato, come se qualcosa gli stesse puzzando.
Sperai che non avesse visto la gloriosa falla nel mio patetico piano, sfortunatamente interrotto dal dramma che avrei voluto rimandare con tutta me stessa ad un momento indefinito, quando avrei avuto l'opportunità di recuperare qualcosa del rapporto con Maddie. Invece non avevo fatto altro che peggiorare la situazione, risultando in un totale disastro.
Feci per salutare e scappare via, ma Steve mi trattenne per un braccio.
«Io e te dobbiamo parlare.» chiarì, lapidario.
«Non ora.» replicai.
Mi osservò per una frazione di secondo con quel piglio investigativo che, solitamente, attribuivo a Peter e che non avevo mai nascosto di temere.
«Passo a prenderti alle sette.» decise.
«No, ma fate pure davanti ai miei occhi. Perché non fate sesso, già che ci siete?» sbottò Maddie.
L'espressione colpevole di Steve fu impossibile da mal interpretare.
«Oh, l'avete già fatto. Posso sapere da quanto va avanti questa storia? Da quanto tempo mi state mentendo come due sporchi traditori?»
Nessuno volle fornire una risposta.
Mi sarei sotterrata volentieri, se qualcuno mi avesse fornito una pala per scavare.
«Chloe. Abbi il coraggio di non aggiungere altri motivi per cui non dovrei mai perdonarti o tornare ad essere tua amica.» fui minacciata.
«Capodanno. Ero io la ragazza...» ammisi.
«D'accordo. Ne ho abbastanza. Non voglio più avere niente a che fare con voi due. E Peter... Va be', a te penserò dopo.» sbuffò Maddie.
Ci decidemmo ad uscire tutti quanti dalla scuola, con grande gioia di Matthew.
Il clima teso che regnava fra di noi investì la mia allegra figura paterna acquisita (con molto ritardo), lasciandolo di stucco. Raccontargli che ci eravamo fermati a discutere di una frivolezza come la festa di compleanno di Peter non era stata una mossa così tanto intelligente, dato il risvolto che aveva avuto la vera discussione, ma dubitai di aver preso decisioni particolarmente sensate, in quel periodo. A partire da quella che mi aveva condotta sulla Mercedes parcheggiata fuori dal cancello.
«Quindi, niente scenetta degna di una pièce teatrale?» suppose Matthew, mettendo in moto l'auto.
«No. Ci sono stati degni imprevisti... Oh, è stata una giornata davvero pessima. Possiamo fermarci a fare merenda da qualche parte? Ho bisogno di zuccherare la mia vita amara.» mi lamentai.
Matthew mi lanciò uno sguardo obliquo, tenendo comunque l'attenzione sulla strada.
«Qualcosa mi dice che un salto da Starbucks potrebbe farti bene. E io nutro una profondissima nostalgia nei confronti di un frappuccino fatto come Dio comanda.»
«Approvo, approvo...» annuii, sprofondando nel sedile.
Mi arrivò un messaggio.
Ci vediamo alle sette, volevo ricordartelo... Non mi sembravi molto presente, prima
Sospirai. No, non potevo sopportare un'altra rissa, né sul mio prato né altrove. Dovevo risolvere il problema che mi ero creata da sola.
Probabilmente Matthew rimane a cena con me e mia madre. Momento famiglia, scusami...
Visualizzato.
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Chloe si mette nei casini da sola e poi non sa come uscirne. Vi è mai capitato? 😂
Baci 💙
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