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14 - Dissing

«Eric... S-sei tornato. Resti, vero?» balbettai.

L'espressione di colui che mi aveva giurato amore e poi mi aveva rifilato un brutale abbandono mutò, da dura e spigolosa a cedevole dolcezza.

«Sai che non sono mai voluto andare via. Ti ho inviato una lettera per ricordarti che non ti ho abbandonata, ma solo momentaneamente allontanata per ragioni personali... L'hai letta, vero?» si giustificò.

Accettai la moneta che mi porse per acquistare una bottiglietta d'acqua e mi occupai di salvare me stessa prima, perché il mal di testa si stava facendo pesante da sopportare.

Mi asciugai il viso, assunsi la medicina e tornai ad affrontare Eric.

«Non so di quale lettera tu stia parlando, ma mi hai abbandonata. Contro ogni tua difesa, questo fatto è inequivocabile. Hai giurato di amarmi, mi hai promesso che mi avresti resa partecipe dei tuoi segreti e mi hai chiesto di portare pazienza. L'ho fatto, per un po'. Poi sono andata avanti.» ribattei.

Lui aggrottò le sopracciglia.

«Cosa significa che sei andata avanti?» domandò.

Sistemata la borsa in spalla, cominciai ad avviarmi verso l'aula di biologia.

«Significa che, nel momento in cui non sono riuscita a raggiungerti sulla rete in alcun modo, ho ipotizzato miliardi di scenari in cui ottenevo delle spiegazioni per la tua improvvisa scomparsa, ma le paranoie mi stavano logorando. Ero a pezzi. Quindi ti ho sottratto il potere di distruggermi. Ho deciso di imparare a non pensarti e, per quanto mi sia riuscito molto molto difficile, sono appena giunta ad un equilibrio. E adesso piombi qui, come se niente fosse, a pretendere che vada tutto bene e che io ti riaccetti nella mia vita. Mi sbaglio?»

Eric mi seguì e rimase in silenzio per tutta la durata del mio discorso.

Poi mi fermò.

«Tutto qui? Hai deciso di dimenticarmi e basta?»

Sospirai.

«No, mi sto vedendo con un altro ragazzo. Tra noi è finita, nel caso il tuo silenzio non fosse stato un chiaro annuncio.» aggiunsi.

«Stai scherzando, spero. Chloe, ho mandato tutto a quel paese per te, solo ed esclusivamente per poter stare con te. Sono qui, adesso. Non vado più da nessuna parte.» contestò lui.

Nel momento in cui lo guardai negli occhi, la mia fermezza vacillò. Distolsi lo sguardo. Dovevo portare a termine quell'operazione. Ci dovevo riuscire, per il mio bene e per il bene di Steve. Nei confronti di Peter e Maddie, invece, sarebbe stata più proficua una riconciliazione con Eric.

«Stare con te mi ha resa debole, Eric. La mia media scolastica si è abbassata, la mia sanità mentale ne ha risentito fortemente, il mio indice di concentrazione è cambiato irreversibilmente e un piccolo pezzo del mio cuore ti rimpiange sempre, giorno e notte. Ma il ragazzo che sto frequentando adesso è tutta un'altra storia. Pur vedendolo, riesco a studiare, a prendere dei bei voti, a pensare in maniera lucida e senza deviare in contorti filoni di ragionamento senza capo né coda. Riesco a concentrarmi su me stessa, capisci?»

Eric mi osservò con attenzione. Ascoltò ogni singola parola, dalla prima all'ultima, senza interrompermi.

«Tu mi hai tradito, Chloe. Con qualcuno che non amerai mai più di te stessa, a quanto vedo. Stai chiudendo la porta in faccia all'amore più bello e totalizzante della tua vita, probabilmente l'unico, per un'insulsa storiella che non ti distrae nemmeno da un noioso testo di storia? Ti avverto, stai facendo una cazzata.»

«Io non ho tradito proprio nessuno! Sei sparito dalla mia vita senza dire nulla!» urlai in risposta. «E adesso, lasciami andare a lezione.»

Ricevetti uno sguardo esterrefatto. Dubbi ed incongruenze macchiavano il suo sguardo colpevole di innocenza.

Mi rivolse un'ultima domanda, flebile e sottile.

«Ti fidi ancora di me, Chloe?»

Il mio subconscio disse di sì, ma i miei ricordi mi misero in allerta. Contrariamente a quanto volessi fargli credere, aveva ancora una grande rilevanza per me e questo gli conferiva delle armi potenti, capaci di distruggermi. Non era necessario, però, che lui lo sapesse.

«Che c'è? Dubiti di meritare la mia fiducia?» rigirai la domanda.

«A questo punto, dubito di molte cose.» confessò lui, mettendosi le mani in tasca e andando via.

Prima di entrare in classe, costruii le prove per la scusa che avrei utilizzato per giustificare il mio ritardo: indossai i leggings che appartenevano alla tenuta sportiva per le ore di ginnastica durante l'inverno, ringraziando il Cielo di dover andare in palestra proprio quel pomeriggio.

Mi assicurai di fare il mio ingresso col fiatone, come se mi fossi affannata molto.

«Mi scusi, Mrs Heartfield, ho avuto... Un piccolo problema.» spiegai, indicando la parte inferiore del mio corpo.

«Oh... Certo, Chloe, non preoccuparti. Stavamo trattando... Anzi, vediamo se qualcuno è stato abbastanza attento da farti un riepilogo... Thomas?»

L'insegnante aveva scelto di proposito il capitano della squadra di football per il riepilogo, perfettamente consapevole che non aveva seguito una parola e che non avrebbe neanche tentato di mostrarsi dispiaciuto perché, all'interno della scuola, aveva il coach pronto a difenderlo. Spavaldo e arrogante, era proprio il tipo di ragazzo che non mi ero mai neanche sognata di guardare. Al contrario, lui mi aveva invitata pomposamente al ballo di fine anno, perché non c'erano ragazzine più piccole da adocchiare quando eravamo ancora delle matricole e, dalle voci che avevo sentito all'epoca, mi reputava la più carina del nostro anno. Poi era subentrata Elizabeth Auburn, l'anno successivo, e tutta la scuola era impazzita per la sua cascata di capelli biondi e occhi tra il verde e l'azzurro, il fisico da modella. Elizabeth, nonostante la fama, mi era sempre parsa piuttosto sola: nessuna ragazza osava avvicinarsi per paura di non reggere il confronto, mentre i ragazzi temevano di venire mandati via con quella disarmante gentilezza con cui avevo sentito dire che aveva rifiutato metà squadra di football. Io, dal canto mio, non avevo neanche considerato l'idea per non rischiare di ferire i sentimenti di Maddie, la mia migliore amica da sempre.

«Mrs Heartfield, con tutto il rispetto...» cominciò Thomas, facendo una pausa per concentrare tutta la suspense su di sé «... Non mi ricordo nulla. Zero. Le giuro che ho ascoltato tutto quanto, ma la sua bellezza mi distrae profondamente. Sono spiacente, credo che dovrà chiedere a qualcun altro di aiutare la nostra cara Chloe.»

L'insegnante rimase stupita dal complimento fasullo che Thomas aveva abilmente utilizzato per distrarla, mentre la classe intera si dilettò in risolini e ghigni divertiti.

«Forse, la prossima volta, ti conviene portarti dietro degli assorbenti.» mi si rivolse poi il brillante capitano.

Qualcuno ridacchiò, qualcun altro rimase in attesa della mia risposta.

«Grazie, ottimo consiglio, Tommy.» sorrisi, melliflua. «Tu, però, ricordati di portarti dietro il cervello. Sembra quasi che tu l'abbia perso... Diciamo... Dal momento in cui sei andato al ballo di fine anno con la tua seconda scelta!»

Scoppiarono tutti quanti a ridere, compresa l'insegnante.

Thomas, infuriato, si voltò nuovamente verso la cattedra e sprofondò in un silenzio che fumava rabbia. Ad un occhio esterno, poteva sembrare eccessivo il mio accenno a quel particolare episodio del passato, ma non avevo spesso occasione di avere a che fare con i bulli e, in quel momento, avevo voluto fare giustizia anche per tutte quelle persone che non erano riuscite a controbattere. Sotto sotto, ero sicura che Thomas fosse una persona insicura e non priva di bontà, ma esternare i propri conflitti interiori in un atteggiamento sprezzante verso gli altri non era corretto e andava punito.

Quando entrai in mensa, qualcuno mi batté una pacca di sostegno sulla spalla. Doveva essere corsa in fretta la voce della nostra piccola discussione nell'ora di biologia.

I miei stessi amici, già seduti e muniti di vassoio pieno, mi rivolsero uno sguardo orgoglioso.

«Chloe, hai seriamente rinfacciato a Thomas il suo fallimento a quel famoso ballo di fine anno? Non si parla d'altro, in questa scuola, oggi.» esordì Maddie, sempre in prima linea quando si trattava di gossip.

«Be', diciamo che lui non si è astenuto dal provocarmi. Come si suol dire... Chi la fa, l'aspetti.» sorrisi.

Steve mi rivolse uno sguardo di profonda ammirazione, mentre quello di Peter era colmo di rimprovero.

La consapevolezza dell'errore che stavo commettendo, alle spalle della mia migliore amica, mi colpì violenta come una frusta.

Soffrii in silenzio, con gli occhi bassi.

«Sei magnifica. Sono proprio contenta di avere un'amica così coraggiosa. Hai fatto benissimo a dare una lezione a quello sbruffone di Cunningham. Solo perché è il capitano della squadra di football, crede di essere un re.» continuò Maddie.

«Grazie, Mads.» mormorai.

I sensi di colpa mi strinsero in una morsa che mi rese arduo proferire parola.

Steve e Peter compresero perfettamente, ma fu quest'ultimo ad adoperarsi perché Maddie non si insospettisse e ad intavolare un altro argomento.

Curiosamente, scelse il proprio compleanno. Doveva essere proprio a corto di idee, per tirare in ballo se stesso. Mettersi al centro dei riflettori era un po' come pugnalarsi da solo, dal suo punto di vista.

Apprezzai lo sforzo senza dirlo ad alta voce, naturalmente.

«Quindi non c'è niente di cui senti particolarmente la mancanza... Qualcosa che rientri in un budget da tre persone... O no?»

Scoccai un'occhiata di rimprovero a Maddie, che aveva sostanzialmente chiesto a Peter cosa volesse che gli fosse regalato per il suo compleanno.

Lui, ovviamente troppo sveglio per essere ingannato, sorrise.

«Se mi conoscessi bene, Maddie... Sapresti che storcerò il naso di fronte a qualsiasi cosa riceverò, perché sono terribilmente pignolo. Sorpresa che io lo sappia, vero? Ecco, quindi non preoccupatevi, cercherò di focalizzarmi sul pensiero. È un bel gesto a prescindere, no?»

Nessuno di noi ebbe il coraggio di confessargli che le sue rassicurazioni ci avevano gettato ancor di più nel panico, o che il suo piglio critico ci aveva lasciati, tutto sommato, piuttosto inteneriti nei suoi confronti. La vita doveva essere tosta nella mente di Peter Goodwin.

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E voi, siete pignoli?

Baci 💙

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