Mythal - Enansal revas
Mythal la dea è della giustizia
La Madre che la sera ai figli canta
Sorse dalle acque per portare pace.
Mythal da sempre crede nell'amicizia
Anche dove ogni gentilezza tace.
Fu ella a placare di Elgar'nan l'ira
E ora egli come sua sposa la mira.
Fu ella a guidarci verso la grandezza,
Ella che ogni mente incanta.
Sanava di tutti ogni torto
E ovunque portava purezza.
Anche il Temibile Lupo l'ascoltava
E per un po' placò il suo sconforto.
Ma la mente del Lupo in modo oscuro funziona:
Mythal il suo tradimento non si aspettava.
Mythal la dea è della giustizia
La Madre che la sera ai figli canta
Sorse dalle acque per portare pace.
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L'alba del quinto giorno è giunta. Aratis stesso si reca ai pali di fustigazione per soprassedere alla liberazione degli schiavi e per dispensare qualche monito e minaccia. Non sa che Fen lo aspetta.
《La vostra punizione è finita》sentenzia mentre due servitori slegano i castigati. Appena le corde abbandonano la carne di Nereni, la ragazza si accascia a terra ma nessuno ancora osa aiutarla.《Questa volta vi ho fatto dono di estrema clemenza: avete offeso un ospite importante. Molti padroni avrebbero ritenuto la vostra morte più consona.》Ora anche Fen è libero appoggia le mani a terra, quasi si stesse prostrando. Invece attende il momento giusto. Aratis ora parla a tutti i suoi schiavi:《La vostra vita mi appartiene: consideratevi fortunati poiché io sono un padrone buono.》Il silenzio è l'unica risposta. Nessuno gli crede.
Aratis ora si rivolge di nuovo ai due castigati:《D'ora in avanti, voi due sarete sempre incatenati. Non siete affidabili per incarichi importanti perciò lavorerete esclusivamente in miniera.》
L'odiato padrone si volta e fa per andarsene, senza nemmeno controllare che i due schiavi subiscano la sorte imposta dalla sua sentenza. Sa che nessuno oserebbe disobbedire. Questa volta si sbaglia.
《No.》
Aratis si ferma a mezzo passo di distanza e brusco si volta a fronteggiare il dissenso, a fronteggiare lo schiavo ancora in ginocchio.
《Temo di non aver capito》risponde con una voce bassa che promette sventura.
《No》ripete Fen alzandosi in piedi.《MAI PIÙ NOI CI SOTTOMETTEREMO!》ruggisce.
La nuova energia gli fa ribollire il sangue. Si sente invincibile. Forse lo è. Solleva una mano verso Aratis, che viene colpito da un pugno di pietra e gettato fra il pubblico di schiavi, i quali si scansano impauriti. Nessuno aveva mai sfidato il padrone, non sanno cosa fare.
Aratis cerca di alzarsi ma Fen lo ha già raggiunto e afferrato per i capelli. Pensa alla scossa che gli aveva dato Elgar'nan e l'energia, la sua magia, ubbidisce. Osserva il corpo di Aratis contorcersi, il viso deformato dal terrore e dall'impotenza. È allora che cala il primo piccone. Colpisce il padrone a un braccio ed egli finalmente urla dal dolore e dalla sorpresa. Poi cala il secondo, il terzo, il quarto... gli schiavi non si trattengono più e uno dopo l'altro sfogano anni di sofferenza repressa. Ma ancora nessuno ha sferrato il colpo fatale. Infine giunge Nereni, che un poco si è ripresa. Porta fra le mani ancora tremanti un grande sasso. E guardando Aratis negli occhi, glielo cala sulla testa.
Aratis non aveva figli. Forse nemmeno amici visto che era odioso o fastidiosamente servizievole a seconda della compagnia. Così gli schiavi spezzano le catene, occupano il palazzo e fanno saltare la miniera. Dopo qualche giorno decidono di eleggere Fen come loro capo. Fen all'inizio è riluttante ma si rende conto che i suoi fratelli e sorelle hanno bisogno di una guida. Così, dopo qualche giorno di pianificazione, assegna incarichi a tutti per mandare avanti il palazzo: c'è chi lavora la terra, chi impara a cucinare, chi si occupa delle pulizie e chi della caccia; mette su anche una specie di corpo armato per sorvegliare i boschi e soprattutto l'Eluvian. Nessuno si lamenta: sono tutti abituati a lavorare e questa nuova vita è meglio dell'inferno in miniera.
Pian piano eliminano anche ogni segno di Aratis: le sue insegne vengono bruciate assieme ai suoi quadri e le sue statue. Tuttavia rimane una cosa che nessuno sa come cancellare: il vallaslin di viticci aggrovigliati che marca il volto di tutti loro, che li marca come schiavi. È un problema che affligge Fen. Rimane senza soluzione.
Intanto, Nereni ha iniziato a passare più tempo con lui. Ora i suoi capelli sono sempre puliti e le sue mani non tremano più. Anche lei ha scoperto di avere il dono della magia, benché non potente quanto quello di Fen. In realtà tutti gli schiavi ne erano dotati a loro insaputa, chi più, chi meno. Nereni lo ha aiutato a condurre una ricerca fra i libri mastri di Aratis e assieme hanno scoperto che nel loro cibo veniva mescolata una polvere che soffoca la magia. Il dono di Fen, a quanto pare, è così forte che sono bastati pochi giorni senza cibo perché l'effetto svanisse. Chissà se tutti gli schiavi di Elvhenan ingeriscono inconsapevoli questa polvere...
Tornando a Nereni, ora che sono liberi lei è molto più sorridente di prima, sembra quasi radiare luce propria. È anche molto intelligente e sta aiutando Fen a studiare i libri di Aratis, così che gli schiavi liberati possano imparare finalmente le arti magiche. Una sera di luna piena, rimasti soli in una stanza ariosa del palazzo, si scambiano un bacio.
Nessuno dei due aveva mai baciato: da schiavi avevano paura che anche l'amore gli venisse sottratto e distrutto; perciò il primo è un bacio timido, esitante. Si guardano negli occhi e ridono assieme della loro incompetenza in materia. Il secondo bacio è intenso, il terzo non basta più. Passano assieme tutta la notte, sotto una coperta di stelle.
L'idillio della libertà si rompe con un grido proveniente dalla stanza degli Eluvian. Fen accorre e trova le guardie immobili, come pietrificate; i loro occhi però si muovono ancora nelle orbite spaventate. Dallo specchio è emersa una donna dai lunghi capelli neri. Corna di drago le spuntano dalla testa e la sua aura è potente. Sul suo volto si apre un sorriso bianco:《E così questa è la ragione per cui Aratis non rispondeva più ai miei messaggi.》La sua posa sembra rilassata ma Fen non abbassa la guardia. La donna continua:《Scusa per le guardie, ma volevano attaccarmi. Così non si faranno del male...》
《Cosa vuoi?》la interrompe.
《Giusto, prima le presentazioni》risponde la donna.《Io sono Mythal, ar garas in atisha.》
Mythal, mano della giustizia, somma Evanuris. Per un attimo Fen si fa cogliere dalla paura. Respira a fondo due volte, per ricordarsi che ora non è più indifeso.《Io sono Fen. Andaran atish'an.》
La Evanuris aggrotta le sopracciglia:《Solo Fen?》
《Non basta?》ribatte lui.
《Basta eccome. Solo mi aspettavo qualcosa di grandioso. Ma alla fine non è il Lupo solitario che ti salta alla gola quando hai superato il branco e pensi di essere al sicuro?》
《Continui a evadere la mia domanda iniziale.》
Mythal non smette di sorridere:《Come ti ho già detto, vengo in pace》e per sottolineare le sue parole, con uno schiocco di dita libera gli elfi di guardia, che incerti si aggrappano alle loro lance ma restano immobili ai loro posti.《Aratis mi aveva chiesto di risolvere una disputa su una terra a ovest della miniera e dovevamo concordare una mia visita. Per quanto l'affare fosse increscioso e per quanto io non avessi nessuna voglia di vedere la sua brutta faccia, ho ritenuto necessario indagare visto che non si è fatto più sentire》continua la Evanuris, osservando le sue unghie ben curate. È chiaro che non considera nessuno dei presenti come una vera minaccia.
《Aratis si è assentato, ha ricevuto una chiamata da un ramo della famiglia lontano. Ti conviene...》
Mythal scoppia a ridere:《Sei un pessimo bugiardo!》
In pochi passi raggiunge Fen e gli posa una mano sulla spalla. I suoi occhi dorati sono saggi e gentili.《Ar garas in atisha. Non sono qui per punirvi o farvi del male.》
Questa volta Fen le crede e con un gesto rassicura i suoi fratelli.《Se vieni in pace, forse puoi anche aiutarci.》
I cuochi preparano un semplice ma gustoso pranzo per Fen, Nereni e Mythal. Molti fratelli e sorelle conoscono la fama della somma Evanuris: ella non possiede schiavi e interviene quando gli altri signori forzano troppo la mano. Il suo tempio di giustizia è un rifugio per gli innocenti. Per una volta, le storie belle sono vere. Mythal si dimostra anche sagace e gentile, con un fare quasi materno. Commenta compiaciuta la nuova organizzazione del palazzo e ricorda con disgusto Aratis. Fen pende dalle sue labbra. Nereni invece è molto più scettica:《Se siete contraria alla schiavitù, perché permettete a elfi come Aratis di praticarla?》chiede.《È complicato》le risponde Mythal con voce greve.《Molti fra noi purtroppo sostengono la schiavitù e benché io sia potente non posso oppormi a tutti. Cerco di intervenire nei casi più gravi...》
《Non è abbastanza!》la interrompe Nereni e come un uragano lascia la sala.
Una volta soli, Mythal sospira. Sembra davvero addolorata di non poter aiutare tutti. Poi si ricompone e dice:《Posso proteggere questo luogo spacciandovi per miei servitori, così nessuno oserà attaccarvi.》
《Noi vogliamo essere liberi》risponde Fen inamovibile.
《E lo sarete. È solo una questione di facciata.》
《Non è vero. Il vallaslin ci marca come schiavi. Non possiamo sfuggire a questo destino...》
Mythal sorride misteriosa:《Questo, amico mio, è completamente sbagliato.》
Mythal chiede a Fen di riunire tutti gli elfi rimasti a palazzo nel cortile. Non davanti alle miniere però, quello era il luogo delle punizioni. E così tutti si accalcano nel giardino ornamentale per ascoltare le parole della somma Evanuris.
《Siete stati schiavi》esordisce《ma d'ora in poi non lo sarete mai più. Le vostre catene di ferro sono state rimosse, rimane una sola cosa a legarvi al passato.》
Con un gesto quasi teatrale fa un cenno a Nereni, che si avvicina sospettosa. Mythal le prende il volto sottile fra le mani.
《Ar lasa mala revas》dice e i suoi palmi si accendono di luce azzurrina. La bocca di Nereni rimane aperta a forma di O mentre il suo vallaslin scompare assieme a ogni residuo del destino da schiava.
Il pomeriggio passa lento: dopo Nereni, tutti vogliono che Mythal rimuova il vallaslin di Aratis. Qualcuno, addirittura, le chiede timidamente se lo sostituirà col suo simbolo di rami intrecciati.《Solo se tu lo vorrai》risponde la Evanuris con un sorriso.
Fen guarda incantato e commosso i suoi fratelli e le sue sorelle ricevere la libertà e attende che tutti abbiano avuto il proprio turno. Quando infine cala la sera, è rimasto di nuovo solo con Mythal.《Passeggia con me》domanda la donna e Fen acconsente. Freme per ricevere finalmente la sua libertà ma ora ha anche paura, sente già il peso di una responsabilità fino ad allora sconosciuta. Camminano per i boschi tranquilli ascoltando il fruscio delle foglie. Arrivano a una radura con uno stagno che riflette le stelle.
Fen non riesce più a trattenersi:《Voglio di più》confessa.
《Tu sei di più》gli risponde Mythal.《Il tuo dono magico è potente, la tua mente è sveglia. Potresti fare grandi cose...》
《Non se resto in quel palazzo》conclude l'elfo.
《No》concorda Mythal.《Potresti lasciare il comando a Nereni e venire con me, studiare scienza e magia e infine girare il mondo e plasmarlo attorno a te. E forse un giorno guidare la ribellione di tutti gli schiavi》aggiunge ridendo.
《Sarebbe una nobile lotta》risponde serio.
《Lo sarebbe eccome, amico mio. E avresti anche un'ottima alleata.》
Per un attimo Fen lascia vagare libera la fantasia, immaginando un mondo senza schiavitù e sofferenza. Si può fare, pensa.
《Sei pronto?》chiede infine la Evanuris.
《Sì.》
Mythal gli prende il volto fra le mani e suggella con parole e magia la sua libertà:《Ar lasa mala revas, Fen'harel.》
《Fen'harel?》
《Solo il Lupo Ribelle può far cambiare direzione all'intero branco.》
《Mi piace.》
Fen'harel sorride mentre il vallaslin svanisce nel nulla, portando con sé la rassegnazione e la paura di uno schiavo che non è più.
Fen'harel si prende qualche giorno prima di partire. Innanzitutto raduna tutti gli elfi e dice loro che partirà, Nereni e qualche altro li guideranno al posto suo. Sono tristi ma capiscono. Poi gli promette che se avranno mai bisogno di aiuto, lui accorrerà. Dona loro un piccolo specchio che gli ha fornito Mythal: lui ne ha uno uguale, servono per comunicare a distanza.
Salutare Nereni è più difficile: non può, non vuole chiederle di venire con lui, di percorrere un cammino che potrebbe riservare altro dolore. Lei invece è tranquilla:《Ti lascerò andare se tu lascerei andare me》dice con un malinconico sorriso. Nessuna promessa, quindi: è triste ma meglio così. Fen'harel acconsente.
Nulla gli impedisce di passare l'ultima notte assieme.
Il mattino seguente si sveglia presto e cerca a lungo nel guardaroba di Aratis per trovare qualcosa di sobrio ed elegante. Alla fine sceglie una camicia bianca con le maniche a sbuffo che si stringono sugli avambracci e un paio di pantaloni neri. Dopo essersi vestito, si guarda nello specchio. Non sembra più Fen lo schiavo, a parte per i lunghi capelli disordinati. Il ricordo di Elgar'nan che lo afferra per la chioma è ancora fresco e doloroso. Allora prende una lama affilata e si rasa con cura.
Circa un'ora dopo si reca nella stanza dell'Eluvian. Quando lo vede, Mythal sorride:《Per il viaggio quei vestiti andranno bene》dice.《Ma quando saremo arrivati nella mia dimora aspettati una revisione del guardaroba.》
Fen'harel alza gli occhi al cielo:《Basta che non mi farai indossare un collare dorato simile al tuo.》
La Evanuris ride di gusto e risponde:《Mi dispiace informarti che sono molto in voga.》
È giunto il momento dell'addio definitivo. Fen'harel si volta verso i pochi presenti nella sala. Il suo sguardo li abbraccia tutti per l'ultima volta, senza indugiare su nessuno.
《Dareth shiral, mir falon》saluta.
《Dareth shiral, var ghilan》gli rispondono.
Attraversare l'Eluvian è come passare sotto un getto di acqua fredda ma densa e uscirne asciutti. Fen'harel si aspettava di arrivare direttamente alla dimora di Mythal, invece si ritrova in una radura eterea, disseminata da innumerevoli specchi.
《Questo è un Eluvian'an, un crocevia degli specchi》spiega Mythal.《È un non-luogo, dove molti Eluvian si incontrano. Quello porta ad Arlathan, la capitale》aggiunge indicando quello verso al quale si stanno dirigendo.《Dalla Sala degli Specchi ne attraverseremo un altro, quello che porta alla mia dimora.》
《Quanti crocevia ci sono?》domanda Fen'harel trasognato.
《Io e Geldauran ci siamo costruiti una rete personale. Esistono altri cinque crocevia a disposizione di tutti. Nelle città maggiori, come Arlathan, c'è una Sala degli Specchi, che permette di accedere a diversi crocevia.》
《Sembra una magia complessa.》
《Non hai idea di quanto io ci abbia messo a costruire la mia rete...》
Parlando, attraversano il secondo Eluvian e arrivano in una sala gigantesca, dal soffitto altissimo, decorato con un affresco magnifico che rappresenta il cielo in tutte le sue fasi, dal giorno alla notte. Il pavimento è un complesso mosaico astratto. Contro le pareti, enormi specchi si succedono uno dopo l'altro: alcuni hanno la superficie scura, altri luminosa, le cornici vanno dalla più semplice alla più complessa e intricata.
《Alcuni Eluvian rimangono sempre aperti, altri richiedono una chiave, come il mio. O come quello di Aratis: ne ho messa una per evitare visite indesiderate ai tuoi amici》continua Mythal. I due si fermano davanti a uno specchio decorato con due corna di drago.
La Evanuris appoggia una mano sulla superficie scura:《Serve il mio tocco per accedervi e queste parole: mir vhenas.》
L'Eluvian si illumina e Mythal lo attraversa. Dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla sala, Fen'harel la segue.
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