June - Sulevin
June di grandi invenzioni era capace
Dell'artigianato è il maestro immortale.
June, assieme alla cara Sylaise, insegnava
La natura a noi elfi trasformare.
Carri e archi il legno diventava,
Metalli estraeva per le spade forgiare.
Egli amava creare oggetti strani:
armi, gioielli, strumenti, specchi
E con la magia ne incantava parecchi;
Tutti li volevano, compresi i sovrani.
Un giorno anche il Lupo gli chiese un servigio
Un oggetto potente per sé gli ordinò
June, ingenuo, creò un prodigio
E l'arma terribile a Fen'harel consegnò.
Inutile dire che con quell'arma
Il Lupo condannò gli dei alla gogna.
"Mai più" June afflitto troppo tardi afferma
E ancora rinchiuso è nella vergogna.
Il Temibile Lupo arriva in umile forma
Fai attenzione da'len alla sua falsa morale.
June di grandi invenzioni era capace
Dell'artigianato è il maestro immortale.
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Una decina di anni dopo
La notte è amica della ribellione: con il suo abbraccio nasconde gli elfi che un tempo erano schiavi agli occhi dei padroni. Complice del cielo nero senza luna, Fen'harel entra non visto nella villa di Mirthadra Randyl, mercante e schiavista. È seguito da Andar, vestito di nero e armato di un pugnale dalla lama affilata. Sanno già dove trovare la camera da letto dell'elfo, illuminata da una singola candela, sanno già che egli si è coricato da poco. Fen'harel lascia che la magia lo avvolga in un'aurea imperiosa. Chiude gli occhi ed entra nella mente dormiente di Randyl. Al suo interno vede solo crudeltà e avarizia.
《Svegliati》sussurra. Lo schiavista balza a sedere sul proprio letto. Gli ci vuole qualche secondo per rendersi conto di non essere solo e appena scorge i suoi ospiti, il volto gli si deforma dalla paura.《Cosa ci fate qui?》chiede con voce flebile.
《Siamo venuti per prendere i tuoi schiavi, Randyl》gli risponde Fen'harel.
《Non potete farlo! Sono miei di diritto!》
《Non posso farlo?》lo prende in giro il Lupo Ribelle.《Ascoltami: ora noi ce ne andremo con gli schiavi e tu non potrai impedirlo. Non ne parlerai con nessuno, nemmeno con gli altri Evanuris. Altrimenti la tua vita sarà breve. Hai capito?》Andar fa un passo avanti, facendo brillare la lama del pugnale alla luce della candela: un avvertimento e una promessa.
L'elfo annuisce. Fen'harel sorride:《Ricordati il mio avvertimento, Randyl. E ricordati che io ti vedo. Sempre.》Detto questo, i due elfi ribelli lasciano la camera, impregnata dall'odore della paura. Appena Fen'harel riuscirà ad addormentarsi, andrà a cercare la mente dello schiavista per ricordargli in sogno la loro promessa. Si lasciano la villa buia alle spalle per raggiungere la baracca che funge da luogo di riposo per gli schiavi. La porta di legno si apre con uno scricchiolio, sussurri spaventati si levano al buio. Andar accende una luce magica, che si riflette sul copricapo a forma di testa di lupo che Fen'harel indossa.
Venti schiavi incatenati occupano la piccola stanza, i volti emaciati, gli sguardi spenti. Al suo ingresso levano il capo. Alcuni hanno paura. Alcuni hanno sofferto così tanto da non provare più alcuna emozione. Basta un suo gesto per spezzare le catene. Gli schiavi sospirano esterrefatti ma rimangono fermi ai loro posti.
《Non abbiate paura. Io sono Fen'harel e sono qui per voi》annuncia l'Evanuris. Solo il silenzio lo accoglie. Poi un'elfa si alza dal mucchio e avanza verso di lui.《Sei qui per prenderci sotto la tua custodia?》chiede esitante.
《Sono qui per liberarvi. In vece di amico, non di padrone.》
La ragazza lo fissa negli occhi, come se cercasse una prova, un segno di verità.《Allora io verrò con te》dice e si mette al suo fianco. Incoraggiati dalla loro compagna, anche gli altri schiavi si alzano e lo seguono verso il bosco. Andar rimane indietro, per dare fuoco alla baracca: se Randyl sarà abbastanza stupido da cercare i fuggitivi, i mastini di Andruil non ne potranno seguire l'odore.
《D'ora in poi, sarete voi a scegliere il vostro destino》continua il Lupo Ribelle.
《Ti ringrazio, Fen'harel, è una bella cosa da dire. Ma i marchi sui nostri volti rimangono. Agli occhi del mondo noi siamo ancora schiavi》mormora l'elfa che si è fatta avanti per prima.
《Hai ragione, da'len, tuttavia ho una soluzione anche a questo. Mettetevi in fila.》
Gli schiavi ubbidiscono, un po' timorosi, e si allineano dietro la ragazza. Fen'harel le si avvicina e vede che sta tremando. Forse pensa di aver sbagliato a fidarsi di lui.
《Non aver paura》le dice, prendendole delicatamente il viso fra le mani e incontrando di nuovo il suo sguardo. I suoi occhi sono un pozzo senza fondo e si fissano nei suoi, ora tranquilli.
《Ar lasa mala revas》mormora Fen'harel, le mani accese di una luce azzurrina.
Mentre il vallaslin si cancella dal volto dell'elfa, i suoi compagni osservano con reverente silenzio, assaporando il primo assaggio di libertà.
Quando torna finalmente al suo letto, Fen'harel è stanco ma come al solito il sonno lo elude. La sua mente non può fare a meno che vagare fra mille pensieri, a partire dal vuoto accanto a sé. Gyseil lo ha lasciato: non voleva essere associata a lui e alla ribellione. La ribellione... ricorda ancora i suoi inizi, piccole incursioni nelle miniere più isolate, pochi schiavi liberati alla volta, per non dare nell'occhio. Il potere e la fama del Lupo Ribelle intanto sono cresciuti, accompagnati però dalla crudeltà di alcuni degli Evanuris, prima fra tutti Andruil. Alcuni schiavi si sono ribellati in nome della libertà: alcuni l'hanno ottenuta e ora seguono Fen'harel. Altri sono periti per mano della Cacciatrice o dei loro padroni. È sempre più evidente che la caduta in disgrazia di Feladris fu un colpo di mano per liberarsi di lui, che Elgar'nan, Andruil e Sylaise resero la sua rabbia da giovane ingenuo uno strumento di potere. Sapevano che lui avrebbe fatto di tutto per aiutare gli schiavi, poiché era stato uno di loro. Dirthamen deve averlo scoperto tramite i suoi modi misteriosi e poi riferito ai tre Evanuris. È sempre più evidente dal fatto che ora nessuno viene più processato per l'uccisione di schiavi, ritenuta una punizione necessaria davanti alla loro indisciplina. Almeno i mirthadra meno potenti ora hanno paura di Fen'harel e non osano accusarlo apertamente del furto dei loro schiavi: se ne assicura mandando i propri agenti nelle loro case, e visitandoli nel sonno. Ormai è un Somniari esperto. Mythal è l'unica che cerca di mantenere un po' di giustizia, ma il suo tempio è sempre meno visitato. Solo qualche pellegrino ne percorre le sale ormai. Anche Geldauran ha desistito e si è ritirato nella sua dimora; si mormora che si stia preparando all'uthenera: è stanco di questa vita. Invece gli altri Evanuris sono più attivi che mai: forgiano alleanze e poi tramano nell'ombra, l'uno contro l'altro. Le poche volte che si incontrano esibiscono falsi sorrisi e si scambiano velati insulti. Pensandoci, Fen'harel sorride amaramente: almeno non sono in grado di formare un fronte coeso contro di lui e Mythal poiché la loro sete di potere è così grande che non riescono nemmeno a unirsi per uno scopo comune. Ognuno di loro vuole affermarsi sugli altri. Due anni fa, per esempio, Falon'din ha sfidato apertamente Elgar'nan, stufo di rimanere nell'ombra di colui che lo innalzò. Voleva dimostrare di essere più potente e stava preparando le sue armate per una guerra che avrebb potuto distruggere Elvhenan. Per fortuna Mythal ha convinto entrambi a far combattere un singolo cavaliere in loro onore, non con la magia ma con la spada. Alla fine il cavaliere dorato di Elgar'nan ha prevalso, tagliando la gola al guerriero nero di Falon'din davanti a mezza Elvhenan. Da allora egli cova rancore sia verso colui che l'ha sconfitto che verso Mythal stessa. L'unico che rimane a parte da questi intrighi è June. È stato da poco nominato Evanuris e non è ancora stato corrotto dalla sete di potere. Però la sua lealtà va a Sylaise, per qualche ragione oscura. Sylaise... ripensando a lei e a quel giorno in cui quasi cedette alle sue lusinghe, Fen'harel si sente uno sciocco. La Evanuris non manca mai di ricordargli quel momento di debolezza ogni volta che si incontrano, velando le sue velenose parole con un dolce sorriso. Forse ella supera perfino Andruil in perfidia poiché nasconde la propria natura infida sotto uno strato di gentilezza e compassione fasullo.
Ora però, Fen'harel è molto più potente e ha un piano per tenere a bada gli altri Evanuris, se mai ce ne fosse bisogno. È da un decennio che affina il proprio piano e le proprie conoscenze, che studia manufatti e rituali magici. Non si farà più irretire. Anzi, sarà egli stesso a tessere la rete.
June ha diversi laboratori sparsi per tutta Elvhenan. La sua essenza di spirito gli rende difficile stabilirsi in un solo luogo: l'ordine non fa parte della sua natura. Raggiungerlo è sempre scomodo: nonostante egli sia uno dei migliori costruttori di Eluvian, non ne ha nessuno nei suoi laboratori, a parte nel Sonallium, ad Arlathan, eretto in suo onore da Sylaise stessa. Inoltre i crocevia non sono adatti a chi vuole spostarsi con discrezione. E così Fen'harel si ritrova a percorrere un tratto di foresta a piedi. Procede sotto forma di lupo per essere più veloce e silenzioso: è nel territorio di Andruil e non vuole incontrarla. Le probabilità sono poche poiché l'area è grande ma non si è mai troppo prudenti, soprattutto quando si ha a che fare con la Cacciatrice.
Cammina seguendo il corso del fiume: la forgia di June ha bisogno di una costante riserva d'acqua e dovrebbe trovarsi più a monte. Dovrebbe. Lo spirito ha una strana cognizione dello spazio e potrebbe avergli dato indicazioni sbagliate.
Dall'alto risuona un possente battito d'ali. Fen'harel alza lo sguardo e oltre le fronde vede passare una delle bestie bizzarre di Ghilan'nain, una specie di felino con ali membranose da pipistrello e zampe artigliate. L'elfo in forma di lupo scuote la testa e prosegue. Le creature di Ghilan'nain stanno diventando un problema: da quando ha lasciato Hahrenan per vivere ad Arlathan, alcuni animali hanno deciso di seguirla, causando non poco scompiglio. Fen'harel è talmente distratto dal ricordo dei problemi causati dalle bestie nella capitale stessa da non accorgersi che lungo l'ansa del fiume c'è un'altra persona. Il suo vagare fra i ricordi è interrotto dal suono di qualcosa che si rompe.
Una ragazza dai lunghi capelli neri, legati in una coda che le arriva oltre la vita, lo fissa immobile. Il suo odore non tradisce alcuna paura. È di una bellezza semplice e struggente, giovane e innocente. Il viso dalla pelle color cannella è segnato da un vallaslin azzurro, che riprende ed esalta il colore dei suoi occhi, quasi come se non fosse un simbolo di schiavitù. Il vallaslin di Andruil. Fen'harel si ricorda di essere ancora in forma di lupo. In un attimo torna elfo ma rimane fermo, per non spaventarla.
《Ara-seranna ma. Non ti avevo vista, non volevo intimorirti》
《Aneth ara. Mi hai solo colta alla sprovvista》risponde la ragazza, lanciando un'occhiata al vaso rotto ai suoi piedi. Dev'essere l'oggetto che ha fatto cadere. Essendo una schiava, soprattutto di Andruil, potrebbe essere punita per una sciocchezza simile.
Fen'harel si concentra sul vaso: basta una punta della sua magia per allinearne i pezzi e saldarli assieme. L'elfa osserva con la bocca leggermente aperta.
《Ecco, così non avrai problemi quando torni... indietro.》
《Sei gentile, per essere un lupo》commenta la ragazza prendendo il vaso e riempendolo d'acqua.
Cala il silenzio. Osservandola, Fen'harel nota che porta al collo una sorta di amuleto: sembra un osso proveniente dalla mandibola di un predatore, forse proprio un lupo, legato a un laccio di cuoio. Dovrebbe proseguire per la propria strada.
《Quali sono le tue mansioni?》chiede invece, preso da un'improvvisa voglia di parlare. Ultimamente discute solo con i suoi compagni a proposito della ribellione e della liberazione di schiavi. Da quanto tempo non ha una conversazione normale?
《Porto l'acqua e lavo i panni a un capanno di caccia qui vicino》risponde lei sorridendo.《Tu cosa ci fai qui invece?》
Fen'harel è preso alla sprovvista dai modi diretti ma gentili dell'elfa. Molti schiavi non conoscono l'aspetto degli Evanuris ma di solito percipescono la sua aura di potere e provano reverenza. Oppure cercano di evitarlo perché hanno paura. Evidentemente, lei non ha idea di chi lui sia.
《Temo di essermi perso.》Una mezza verità. Ma che male c'è?
Lei ride:《Un lupo che si perde? Mai sentito prima. Dove devi andare?》
《Sto cercando la forgia di June.》
《Allora sei sulla buona strada: devi continuare seguendo il fiume a monte per un paio d'ore e sarai arrivato.》
《Ma serannas. Vuoi che ti aiuti a portare l'acqua al capanno?》
Fen'harel non sa nemmeno perché glielo ha chiesto. Ha del lavoro da fare. E per ora è meglio lasciar stare gli schiavi di Andruil. Eppure...
《Ti ringrazio, ma non è necessario. Però se al ritorno avrai sete, passa da noi, sarai il benvenuto》dice indicando in direzione del bosco.
Fen'harel annuisce e la saluta con un cenno prima di proseguire. Dopo qualche passo si rende conto di non sapere come si chiami e quindi si volta:《Non ho chiesto il tuo nome.》
La ragazza si ferma, con il vaso in bilico sulla testa:《Mi chiamo Noliari.》E con un sorriso di una che la sa lunga aggiunge:《E tu sei Fen'harel.》
Mentre prosegue verso la forgia, Fen'harel non riesce a smettere di pensare a Noliari. Era da tanto che qualcuno non parlava normalmente con lui. Di solito gli schiavi hanno paura oppure lo adulano per la libertà che gli ha donato. Invece gli elfi dell'alta società cercano la sua approvazione o un posto nel suo letto. Ha imparato a fidarsi solo di sé stesso e pochi altri. Dopo Gyseil... non coltiva più molti affetti.
Come aveva detto la ragazza, il laboratorio di June spunta fra gli alberi dopo due ore di cammino. Fen'harel bussa e una voce lo invita ad entrare. Lo spazio della forgia è grande e piuttosto disordinato. Oltre June, un paio dei suoi assistenti si affaccendano fra il fuoco e un banco di lavoro, il volto marcato dal vallaslin dell'Evanuris. Fen'harel sa che l'Evanuris artigiano tratta bene i propri servitori tuttavia stenta a trattenere un ringhio. Certe cose non cambiano mai.
June, i lunghi capelli bianchi sciolti sulle spalle, gli viene incontro per salutarlo.
《Aneth ara, amico mio》dice con la sua voce profonda e pacata.
《Aneth ara, June. Apprezzo che tu abbia acconsentito a ricevermi》
Lo spirito sorride leggermente:《Lo sai che per me è un piacere. Allora, cosa posso fare per te?》
June, al contrario degli altri spiriti, adora creare, forse per il fatto che si è fuso e in qualche modo ha assorbito il carattere dell'abile artigiano di cui abita il corpo. I suoi laboratori sono in funzione giorno e notte ed egli è sempre curioso e pronto ad inventare nuove cose. Spesso gli altri Evanuris si recano da lui per ordinargli oggetti particolari, perciò la richiesta di Fen'harel non darà troppo nell'occhio.
《Mythal necessita di una sorta di batteria magica》inizia. In realtà Mythal non c'entra nulla ma June non deve saperlo.《Serve un oggetto sensibile alla magia, che possa raccogliere potere e trattenerlo. Potrebbe essere utile per il tempio, per rendere più facile la raccolta dell'Abelas'an.》
《Quindi ti serve un materiale conduttore di magia. Ma che la trattenga al tempo stesso.》June si lancia in una descrizione dei minerali più adatti e del tipo di incantamenti che si potrebbero effettuare. Fen'harel ascolta con attenzione. L'ossidiana dovrebbe andare bene, legata a un incantesimo che utilizzi la magia nella sua forma più pura. June si offre di aiutarlo a costruire la prima parte del manufatto:《Occorre una lavorazione attenta》sostiene e così i due lavorano e progettano per il resto della giornata. Alla fine, June estrae dalla forgia una sfera di ossidiana con un cuore di velfuoco.
《Questa è un'ottima base, per gli incantesimi potrei...》comincia June.
《Non preoccuparti, a quelli ci pensiamo io e Mythal. Dobbiamo ancora capire come legarla all'Abelas'an.》
Fen'harel lascia la forgia che è ormai sera. Si ritiene soddisfatto: June era così concentrato sulla creazione che non gli ha posto molte domande sull'uso della sfera. Ripercorre la strada a ritroso, fino al punto dove ha incontrato Noliari. La temperatura sta calando e le tenebre si infittiscono. Una tempesta è in arrivo. Forse potrebbe passare dal casotto per non ritrovarsi sotto l'acqua. Decide di inoltrarsi fra gli alberi nella direzione da lei indicata. Dopo qualche minuto, raggiunge la struttura. Dalle finestre proviene il bagliore di un fuoco. Un sentimento di estraneità si fa strada in Fen'harel.《Che ci faccio qui?》mormora fra sé e sé, voltandosi per tornare sui propri passi.
Proprio in quel momento, la porta si apre.
《Cosa aspetti? Sta per arrivare una tempesta, vieni dentro!》lo chiama la voce morbida di Noliari.
A questo punto non può più rifiutare e quindi la segue all'interno. Il casotto è rustico ma ben attrezzato e spazioso. La stanza principale è dedicata agli strumenti dei cacciatori ed è riscaldata dal focolare acceso; una porta sulla parete in fondo conduce presumibilmente agli alloggi degli schiavi. Cinque di loro siedono vicino al fuoco.
《Questo è l'amico che vi dicevo sarebbe passato》lo presenta la ragazza.
《Andaran atish'an》lo salutano con un sorriso stanco.
《Ma serannas, amici》risponde Fen'harel. Dalla loro mancanza di reazioni, deduce che non sappiano chi sia veramente.
Dopo qualche istante, gli schiavi riprendono la conversazione interrotta dal suo arrivo:《Andruil ultimamente caccia meno del solito. È da mesi che non passa di qua.》
《Starà architettando qualcosa di terribile》
《Per me è grazie a quell'elfa coi capelli bianchi, Ghilan'nain》commenta l'unica donna del gruppetto.《Sembrano molto... affiatate. Se capite ciò che intendo》aggiunge ammiccando.
Fen'harel ride fra sé mentre segue Noliari verso l'angolo opposto della sala, dove c'è un cucinotto. Possibile che qualcuno abbia fatto breccia nel freddo cuore di Andruil?
《Ecco un po' d'acqua. C'è anche della carne essiccata》dice la ragazza.《Purtroppo non abbiamo altro.》
《Andrà benissimo》le risponde Fen'harel, prendendo il bicchiere dalle sue mani, sfiorandole le dita affusolate.
Mentre sorseggia, cerca disperatamente qualcosa da dire per non fare morire lì la conversazione.《Allora... Quanti anni hai?》
《Venticinque, o almeno credo. Non ne sono sicura》
A Fen'harel si stringe il cuore. È veramente giovanissima.
《Come sei finita qui?》
《Ci lavoro da sempre. Prima c'era anche mamae qui. Mamae era bellissima...》
《Dov'è ora?》chiede Fen'harel.
《Un giorno Andruil è passata di qua per cacciare》spiega Noliari.《L'ha vista e l'ha portata via con sé. Andruil sceglie spesso una concubina fra le sue schiave più belle. Non l'ho più rivista. E se le storie sulla nostra Evanuris sono vere... Non voglio pensare a quale orribile destino l'abbia condannata una volta soddisfatte le sue voglie.》
Fen'harel si incupisce:《Mi dispiace》mormora.
《È stato molto tempo fa... Ormai il ricordo non fa quasi più male.》
《E quella collana da dove viene invece?》chiede lui per cambiare argomento. Noliari sorride, prendendola fra le mani.《È un regalo di mamae》dice.《Mi raccontava che la nostra famiglia discende da un branco di lupi mutaforma. Sì, è proprio la mandibola di un lupo》aggiunge vedendo il suo cambiamento di espressione.《Questa collana... è la cosa più preziosa che ho.》
Fen'harel percepisce le parole lasciate in sospeso: è il simbolo dell'esistenza di una vita migliore; è il simbolo dell'amore di sua madre.
《Vieni con me》le propone all'improvviso.
《Non credo sia possibile》risponde lei.
《Sì invece. Tu e i tuoi amici laggiù》aggiunge indicando gli altri schiavi.《Conosco un posto...》
《Andruil non lo permetterebbe mai e tu lo sai. Ci darà la caccia, finché non saremo tutti morti.》
Fen'harel stringe i pugni e distoglie lo sguardo dal volto serio di lei. Si sente ancora impotente, nonostante il crescere della sua forza. Può solo sperare che un giorno, grazie alla sfera, non sarà più così.
La mano fresca di Noliari gli tocca il viso, costringendolo gentilmente a guardarla:《Io ho accettato la mia sorte. Tu dovresti accettare la tua.》
Fen'harel passa la notte sdraiato sul proprio mantello ma non riesce a chiudere occhio.
Il giorno seguente Fen'harel saluta e ringrazia Noliari.
《Puoi venire quando vuoi》lo invita l'elfa.
Lui sorride:《Con piacere.》La sola vista di lei lo mette di buon umore. Ma ora deve rimettersi in viaggio. Il cielo è limpido: della tempesta del giorno prima rimangono solo le goccioline d'acqua sulle foglie e l'umidità del terreno.
Cammina per mezza giornata, fino a raggiungere una cittadina sul limitare del bosco, collegata ad Arlathan tramite Eluvian. Fen'harel attraversa lo specchio però, prima di tornare alla sua dimora, decide di visitare Mythal. Il suo tempio di giustizia si trova in un'altra foresta nel sud di Elvhenan. Il luogo è meraviglioso: l'elfa ha fatto venire i più abili artisti fra gli Elvhen per decorare le pareti con preziosi mosaici e scolpire statue imponenti e dettagliate. Ha voluto onorare tutti gli Evanuris, non manca nessuno. Ha costruito questo luogo come santuario dei giusti e per ospitare i suoi discepoli più fedeli. Uno di loro, Sulevin, arriva ad accoglierlo. L'elfo è alto e slanciato, con i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia. Porta sul volto il simbolo di Mythal con orgoglio. Fen'harel ha discusso più volte con l'elfa sull'uso del vallaslin ma non è mai riuscito a convincerla di non applicarlo ai suoi discepoli.《Sono loro stessi a chiedermelo》afferma. Sulevin, come altri al servizio della Evanuris e come usa talvolta fra gli elfi, ha scelto il proprio nome: quello attuale simboleggia la sua decisione di dedicare la propria vita al servizio di Mythal.
《Andaran atish'an, Fen'harel》lo saluta.《Seguimi. Mythal è all'Abelas'an.》
Sulevin gli fa strada fra i corridoi del tempio, fino a un enorme cortile interno, costruito attorno a una collina. Solo gli elfi degni di percorrere la Vir Abelas'an possono accedere all'Abelas'an stesso, al Pozzo del Dolore. Si tratta di uno specchio d'acqua incantato che raccoglie il sapere di chi lo utilizza. Un Eluvian sorge alle sue spalle: solo chi è legato all'Abelas'an può accedervi.
Fen'harel e Sulevin raggiungono Mythal sulla riva del Pozzo. La Evanuis ne osserva le acque luminose, assorta.
《Non utilizzavo l'Abelas'an così intensamente da anni》mormora con lo sguardo perso nel vuoto.
Sulevin stringe una spalla a Fen'harel e li lascia soli.
《Aneth ara, lethallen. Qualcosa ti turba?》
Finalmente Mythal si volta verso di lui. Ha il viso stanco. Per la prima volta da quando l'ha conosciuta, Fen'harel nota i segni e il peso dell'età sulla donna.
《Percepisco una strana tensione nell'aria》ammette la Evanuris.《Elvhenan è in pericolo. Per questo ho chiesto a tutti i miei discepoli di riversare le loro conoscenze nel pozzo al più presto.》
Una vaga inquietudine si impadronisce di Fen'harel:《Cosa ci minaccia? Un'invasione? Disastri naturali?》Certe volte, forti terremoti scuotono rabbiosi la terra ma la magia elfica impedisce che ciò provochi gravi danni. Non gli viene in mente nulla che potrebbe effettivamente distruggere gli Elvhen.
《Non lo so. Forse è solo una mia impressione. Ma lascia stare i miei presagi da vecchia, lethallen. Vieni, passeggia con me. Com'è andato il tuo viaggio?》
I due amici passano il resto della gionata a discutere del più e del meno. Una strana inquietudine, però, rimane acquattata in un angolo della loro mente.
La sera, quando finalmente torna a casa, Fen'harel non va a dormire. Si reca invece nel suo studio e ricomincia a lavorare sulla sfera. Il presagio di Mythal lo ha convinto di non poter rimandare. Prima applica un incantesimo che rende possibile immagazzinare la magia nell'artefatto. Poi inizia a idearne uno più complesso, per fare in modo che la sfera possa assorbire il potere di chi la tocchi. Solo una goccia, troppo piccola per essere notata ma abbastanza per servire allo scopo. E infine, legarla a lui stesso, così che nessun altro possa farne uso. Qualsiasi cosa minaccerà Elvhenan, Fen'harel si farà trovare pronto.
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