8 - Strega cerca... strega?
Madame Chantilly rimase ferma a osservare le vincitrici del concorso andar via. In compenso tre mucche la raggiunsero e le scappò una risata che però morì subito sulle labbra quando vide, sconcertata, un effluvio argenteo materializzarsi dal nulla. Quella cosa le si tuffò nella bocca rapidamente. La inghiottì. Chiuse gli occhi scuri e quando li aprì essi emanarono bagliori d'oro e argento. Scosse la testa.
«Che dispettose, mi piacciono!» ammise con una voce che non le apparteneva. Sventolò un braccio molliccio non proprio elegantemente. Sembrava stesse buttando addosso alle giovenche qualcosa di polveroso e brillante. Le sagome degli animali svanirono dentro quella nube luccicante e quando si dissipò, Cleopazio, Clorina e Bruma ritornarono alle loro sembianze umane.
Ognuna guardava l'altra e poi attorno. La figura di Madame Chantilly le salutò con un rimescolio di dita e la mano alzata a mezza spalla. Le drag queens la osservarono mute con lo sguardo indagatore, o così sembrava. Ignorandola andarono via con aria confusa. La lasciarono sola.
Madame, o quella che sembrava essere, vedendole allontanarsi, sospirò. «Melalla! Rowenda! Malvina!» chiamò, e le vecchie streghe le apparvero. Chinarono le teste e salutarono.
«Eccelsa Grande Madre Noviluna dei tre Mondi di Terra, Acqua e Cielo!»
«Oh! Gra… grazie del titolo! Non me lo ricordavo così lungo!» commentò posando il palmo della mano sulla guancia. «Bisognerà accorciarlo un po'» borbottò.
Malvina, impaziente, finse un colpo di tosse. «Nostra Madre Noviluna, non c'è tempo da perdere!»
«Per fare cosa?» cadde dalle nuvole l'eccelsa entità e Malvina si chiese se stesse scherzando.
«L'erede, l'erede del potere che dovete scegliere! Si ricorda, Divina genitrice della Magia?»
«Uh! Già!» sgranò gli occhi come se si fosse in vero ricordata di una faccenda qualsiasi da svolgere.
«Abbiamo trovato tre streghe promettenti, Sua immensa Potenza» informò Rowenda chinando il capo con nobile eleganza.
«Uh! Certo! Allora? Sono brave?» chiese ora apprensiva la divina entità. Malvina, che non era proprio convinta delle capacità di Ebony Mamì e delle altre, non aspettava altro che dare alle stampe il suo giudizio meno che negativo. Fece per partire alla carica verbale ma Melalla, intuendo la sua mossa, la bruciò sul tempo.
«Generose!» emise a tono alto.
Malvina sentì la gola seccarsi. Probabilmente si sentì tutta seccata nel sentire quell'elogio secondo lei mal attribuito.
«Sono tre stupende e generose ragazze che devono essere ben indirizzate», sorrise Melalla dal basso del suo metro e mezzo d'altezza. Ignorò Malvina e il suo sguardo inceneritore. Rowenda, la dimessa nobil strega, optò per una dignitosa indifferenza, democraticamente equidivisa tra le due.
La suprema entità specchiata negli occhi di Madame Chantilly mutò di nuovo personalità. «Dovete sbrigarvi!» ordinò apprensiva e lucida. «Clizio mi tiene in pugno! Le ci vorrà ancora poco, e alla fine assorbirà anche la mia ultima stilla magica, dopodiché morirò e con me l'equilibrio dei tre mondi!»
Il precario quadro della situazione rattristò il vecchio trio.
«Ehm… e allora? Cosa facciamo, vostra Divinità Infinita?» chiese empatica Rowenda.
«Ma fate quello che vi pare! Chi se ne frega!» rise ora la divinità. Le vecchie palpebre di Melalla vibrarono. Gli occhi, seppur antichi, esigerono ancora lacrime, ma non furono accontentati.
«Andate via!» tuonò autoritaria di punto in bianco.
Rowenda esclamò muta. Malvina strinse i pugni ossuti e caricò la voce.
«Melalla! Come osi rivolgerti così a Nostra Signora Noviluna!»
La strega nobile la trattenne per un braccio ammonendola con un cenno. «Ferma! Melalla sa quel che fa!»
La piccola vecchia strega rincarò il tono. «Abbandonate per il momento questo mondo. Non indebolitevi oltre! Ci rivedremo nel momento in cui il fato ha deciso! Ricordate, Noviluna, le nuove streghe troveranno, sì, troveranno l'erede che avete scelto e quando accadrà voi tornerete in forze e potrete affrontare Clizio».
La Grande Madre Noviluna chinò la testa. «Avete tempo un anno, di più non posso resistere. Fate presto! Mi affido a voi…» supplicò liberando l'ospite che aveva occupato.
Celermente le streghe svanirono dalla vista di Madame Chantilly la quale sussultò.
«Mon dieu! Ma che cosa è successo?» si domandò rigirandosi sul posto come se stesse cercando qualcosa. Poi vide il vecchio camper.
«Accidenti! Le ragazze non hanno voluto questo vecchio rottame. Oh! Mi toccherà portarlo allo sfasciacarrozze… mi conveniva regalarlo direttamente invece che metterlo in palio al concorso. Demolirlo mi costerà un occhio ora!» sospirò. «Ci penserò domani, adesso sono stanchissima!» sbadigliò.
Quello stesso pomeriggio, su tre comodini a fianco ad altrettanti letti, dei quali uno un futon leggero, tre germogli in differenti vasetti di terracotta, divennero virgulti rigogliosi.
Ebony, nel dormiveglia, spossata ancora per la precedente pazza nottata, allungò la mano in cerca della sveglia. Bambam in una camera d'albergo e Liling nel proprio appartamento, fecero la stessa cosa. Toccarono contemporaneamente le piantine. Obbligarono un occhio alla ricognizione di ciò che le mani stavano studiando con scarsi risultati. Il sussulto fu unanime quando realizzarono la prodigiosa crescita delle chiome delle patate.
Liling scattò a sedere stiracchiando gli arti com'era solita fare, dando lustro a tutte le pratiche zen alle quali era abituata. Il kimono della sera prima non c'era più. Addosso solo un pigiama di cotone bianco e semplice. Strabuzzò gli occhi ancora una volta osservando la creatura vegetale, ma non ebbe tempo per fare altro, dei rumori sinistri provenienti dalla porta d'ingresso la distrassero.
Delle ombre ondeggiarono dal vetro opaco impedendo al sole, che nel pomeriggio assumeva la giusta posizione, d'illuminare d'oro il corto corridoio della casa.
«Chi c'è là fuori?» chiese accigliata e con la bocca impastata. «Sei tu Eby? O Bamby? Non fate scherzi, non è divertente!» ammonì, ma sapeva che se ci fossero state le sue amiche sulla porta, queste si sarebbero palesate in modo più evidente.
«Fa che adesso le streghe di ieri notte mi abbiano seguita!» rimbrottò rivolta al ricordo fresco dell'avventura horror nel cimitero.
Quando aprì la porta maledisse ogni cosa. Otto mani l'afferrarono senza darle modo di reagire in alcuna maniera. L'adrenalina scattatale nelle vene si rivelò insufficiente a opporre resistenza. Un colpo secco sulla nuca la rimandò suo malgrado a dormire.
Nello stesso arco di tempo, dall'altra parte della città, una donna bussava insistentemente a una porta del lussuosissimo Black Swan Inn, Albergo stellare piantato tra le settima strada e la Center Street.
«Signora! SIGNORA! Si alzi! Deve lasciare la camera!» gracchiò la cameriera. Insisté molte volte. Non poteva immaginare che dentro la camera del terzo piano, dieci uomini in nero erano entrati dalla finestra che dava sul parcheggio dell'albergo.
Non poteva nemmeno pensare che Bambam Gladys, ancora assonnata, era stata colta di sorpresa dai Cacciatori! L'avevano bloccata a letto in malo modo.
"Sto vivendo un incubo! Mi ammazzeranno!" pensò a ragion veduta. Il pensiero della cameriera sulla porta la mortificò. "Vada via!" avrebbe voluto gridare, preoccupata che anche lei subisse la stessa sorte.
Sulla settima strada, nel frattempo, in mezzo alla poca gente che in quel pomeriggio era in cerca di locali climatizzati per affrontare la calura estiva, un ragazzo piuttosto in là con l'età, conosciuto nel quartiere come Bashful, l'eterno cercatore di fidanzata, sfogliava una enorme margheritona arancione affidando a quel gioco il desiderio di trovarne una. Malgrado le buone intenzioni, la bonarietà del carattere piacevole e una buona dose di muscoli, non attirava un gran che. Probabilmente perché la faccia che madre natura gli aveva assegnato toglieva ogni dubbio sul fatto che l'uomo derivi dalla scimmia. Pensare che aveva pure una certa dote visibile a occhio, nemmeno tanto acuto, in piscina, alla quale molte signore non sarebbe dispiaciuto.
La cameriera, esasperata per la mancanza di educazione dell'ex modella drag queen, posò la scopa che aveva con sé assieme agli strumenti di pulizia, al lato della porta. Con gesto stizzoso estrasse il passepartout dal grembiule color carta da zucchero e irruppe nella stanza.
Vedere Bambam spalmata sul letto a forma di conchiglia aperta e trattenuta da una decina di uomini la indignò profondamente.
«Che schifo!» emise con una smorfia disgustata. Non le valse nulla riconoscere che gli individui erano più vestiti di un gruppo di sciatori. La sola presenza di tutte quelle persone, chiuse in camera con quella pseudo donna, le bastò per emettere il personale giudizio insindacabile.
Le mani sulla bocca di Bambam strinsero le prese col chiaro intento di soffocarla. Con gli occhi lei implorò alla signora delle pulizie di fuggire via il più velocemente possibile, piuttosto che giudicare una situazione estrapolando dal contesto l'infelice scena della quale si trovava essere l'unica testimone.
«Sgualdrina!» inveì quella invece, al che Bamby, piccata per l'insulto, si arrabbiò. "EHI!" avrebbe voluto ribattere a voce alta invece che pensarlo solamente. Sentì il corpo disfarsi, come fosse fatto d'aria. Le mani dei Cacciatori dopo un po' si ritrovarono a stringere trapunta e cuscini. La messicana era svanita nel nulla.
La vista della scomparsa della cliente dell'albergo e delle orbite vuote dei Cacciatori, diede finalmente alla cameriera il via al "si salvi chi può", e se la diede a gambe più veloce di quanto immaginava essere capace. E gridava, altro che, gridava d'aver visto dei mostri.
La passeggiata di Bashful, per capriccio del fato, coprì lo spazio sottostante il terzo piano di quello stesso albergo. Si bloccò sul posto, deluso dell'esito negativo dello sfoglio della margheritona. Batté un piede a terra. «Dannazione! Stupida margherita! Voglio una donna, ora!» s'impuntò sollevando la testa al cielo.
Avvenne qualcosa.
L'aria gli esplose a un palmo del naso. Una sagoma indistinta gli coprì la vista. Durò solo lo spazio di un millisecondo e poi si ritrovò a terra, con quel povero naso incastrato tra due generose mammelle sfuggite da un pigiamino di seta rosa.
«Oh! Scusami, scusami tanto! Ti sei fatto male?» domandò Bambam che non capiva come aveva fatto a svanire dalla camera e ricomparire per strada.
Il ragazzo attempato accusò il colpo, ma vedendo il davanzale che l'aveva colpito, si sentì disposto a rifare quel numero. «Mh… mo, cioè, no! Credo di essere ancora tutto intero» farfugliò frastornato. Inquadrò la creatura che l'era piombata dal cielo.
Deglutì. Sì rialzò e aiutò da bravo cavaliere la fanciulla a riacquistare un contegno più dignitoso, per quanto quel pigiama trasparente e i piedi scalzi lo permettevano.
Bambam non lo degnò di uno sguardo di troppo. Non per mala creanza, o non ne usò meno del normale, ma si guardò attorno preoccupata. Quei dannati Cacciatori non le avrebbero dato tregua, se lo immaginava. Non diede retta nemmeno a Bashful che si presentò dando il meglio di sé. "Cavolo! È la mia occasione! Chi l'avrebbe detto che la storia della margherita fosse vera alla fine!" si disse sudando come se stesse correndo la maratona di New York.
Quando il gruppo di Cacciatori si riversò sul marciapiede, Bambam corse via.
Bashful fece la cosa meno virile e più sensata del mondo: la inseguì!
«Ehi! Tu! Lascia almeno che ti offra una cena a lume di candela! Mi hai preso la faccia a "tettate"! Devo sdebitarmi!» gridò tra una falcata e l'altra.
«Sei gentile, non volevo prenderti a "tettate"… ma tranquillo! Offre la casa, debito estinto!» gridò lei di rimando correndo in testa a tutti.
"Accidenti quant'è veloce per essere una ragazza così minuta! È decisamente il mio tipo!" sorrise accompagnando la sua corsa con lo sguardo da primate attento. "Dove vai? Ah! Se svolti a destra sei mia! Lì c'è un vicolo cieco!" realizzò.
Così come Bashful aveva previsto, Bambam voltò in un vicolo di servizio, dove le finestre basse del quartiere più periferico di Pocatello, offrivano quasi tutte una vista mozzafiato sui bidoni della nettezza urbana. Gli odori che si sentivano erano sul serio da mozzare il fiato.
«Adesso non mi scappi, mia sfuggente "Tette Volanti!» sogghignò divertito comparendo a sorpresa con un balzo a braccia spalancate all'entrata del vicolo.
La sorpresa però gliela fece Bambam, suo malgrado, essendo caduta nella trappola ordita dai Cacciatori che la catturarono, di nuovo.
La scena diede a intendere a Bashful le cose peggiori.
«Scappa ragazzo! È pericoloso!» si prodigò a raccomandare la messicana, stavolta sinceramente preoccupata.
«Addirittura dieci uomini!» contò incredulo il poco giovane, sentendosi offeso. «Sei propri una sgualdrina!» inveì andandosene via indignato.
«EHI!» riuscì a gridare l'altra. «Non sono una…» un tremendo colpo all'attaccatura del collo la zittì facendola svenire.
Liling aprì gli occhi per prima. La sottile linea del campo visivo svelò un fitto bosco attorno lo spiazzo verdeggiante. Riconobbe Scardino Park, una zona per campeggiatori poco frequentato. Nelle vicinanze un laghetto artificiale rifletteva placido l'imbrunire. Si scosse un po' e il dolore lancinante alla testa le ricordò d'essere stata rapita. Non si raccapezzò però su come mai era in posizione orizzontale. Mosse le braccia anchilosate ma non riuscì a sollevarle. Decise di dar fiato alla bocca, ma nemmeno quella ubbidì.
Un mugugno accanto la sorprese. Vide Bambam messa nella stessa situazione. La riconobbe malgrado non riuscisse a tenere gli occhi aperti in modo fermo. Tuttavia, trasmise in quei pochi contatti visivi il timore che non ne sarebbero uscite vive stavolta. Bambam la comprese, ma non condivise la sua rassegnazione.
"Menomale che non hanno preso Eby!" constatò sollevata la messicana. "Si accorgerà subito della nostra assenza e farà qualcosa… me lo auguro…"
«Com'è cambiato il mondo, non vi pare?» esordì Rowenda seduta in riva al piccolo torrente del Rainey Park, appena fuori Pocatello in direzione sud-ovest.
Malvina fremette impaziente, ma accondiscese alla buona creanza della nobile amica. «Menomale che abbiamo trovato questo posto… anche se è passabile, è meglio di quel villaggio che hanno edificato».
Melalla, poco distante, trafficava con il borsone che portava appeso sulla spallina grassoccia. «Eh già! Qualcosa proprio non va. La terra non ha più l'energia dei tempi che ricordo… pure l'aria non è quella che ricordavo, non so, ha un odore diverso»
«Sì, d'accordo, le cose non sono più le stesse d'un tempo» tagliò corto Malvina al limite della pazienza. «Noviluna sta soffrendo! Sta morendo! Dobbiamo trovare le streghe e istruirle, ora!» tuonò grave.
«Certo, certo, è quello che faremo, sta calma Malvina cara» annunciò Melalla estraendo una boccetta di creta ingrigita. «Ecco! Ce l'ho!» sorrise vittoriosa. «Ora, io, vado a prendere la bella mora… Ebony Mamì cioè, e la porterò qui. Voi farete lo stesso con le altre».
Rowenda capì cosa aveva tra le mani Melalla. «Ma non è giusto. Sei troppo furba tu! Hai la pozione della Sacca del Pastore! Ci impiegherai un attimo per trovare la bella Mora!»
«Sono secoli che ve lo dico: la furbizia non è mai un difetto» spiegò placida la piccola vecchietta magica e, senza sprecare un secondo di più, emise l'incantesimo:
«Sacca del Pastore
accorcia il mio cammino,
verso Ebony Mamì, per favore,
conducimi vicino»
Effluvi bianchi e verdi uscirono dal contenitore che Melalla stringeva tra le mani. La scia evanescente le disegnò attorno un numero indefinito di nuvolette a forma di tante piccole pecorelle trasparenti, e mentre queste creaturine fumose la circondarono repentinamente, Malvina fece in tempo a chiederle cosa potevano usare per rintracciare Bambam e Liling.
La minuta Melalla era in procinto di svanire trasportata dall'incantesimo, ma fece in tempo a rispondere. «Guardatevi attorno, più in là, in riva al corso d'acqua, ho visto una delle piante che Madre Noviluna ha eletto come simbolo di femminilità. È anche molto facile da usare, non richiede alcuna preparazio…» la voce insieme alla strega svanì.
Rowenda sorrise ammirata. «È davvero la più forte, la piccola Melalla…»
Malvina, esacerbata da quel complimento secondo lei fuori luogo, la esortò in malo modo a darsi una mossa.
«Oh, sì, va bene! Sai, cara Malvina, dovresti rilassarti un po', sei sempre troppo tesa. Il riposo nel sepolcro non ti ha cambiata di una virgola. Posso suggerirti una pozione a base di camomilla?»
«E io posso suggerirti cosa puoi farci?» rispose l'altra sostenendo i fianchi con le mani e Rowenda emise un verso scandalizzato per quella risposta alquanto volgare.
Il cespuglio purpureo era proprio lì, non lontano dalle due vecchiette. Quel colore acceso dei ramoscelli filamentosi contrastava il blu del ruscello e imprigionava in un reticolo disordinato la natura oltre la sponda opposta. Era impossibile non notarlo. Rowenda lo vide per prima. Malvina impiegò un po' a decodificare la ricercata gradazione di colore della pianta, essendo tragicamente daltonica.
Consapevole del difetto dell'amica, Rowenda presentò la pianta. «Eccola qua, non è vero che è una meraviglia?» la indicò a Malvina che se ne stava girata dall'altra parte.
«Oh! Sì, l'avevo vista… ero… ero distratta da una cosa che ho visto…» si giustificò. Rowenda non le fece alcuna domanda, e si sforzò di apparire disinteressata dalla sua finta distrazione.
«Allora, questo è un esemplare di salice scarlatto…»
«Sì lo so come si chiama!» esclamò saccente la daltonica.
Rowenda sbuffò paziente. «Non metto in dubbio che la conosca, questa pianta è un simbolo di femminilità e ha molti usi. Quello che ci serve è trovare la mia Bambam e la tua Liling. E allora si fa' così…» spiegò prelevando dal salice rosso un rametto flessibile come uno spago.
«Si fissa l'immagine del volto della persona ricercata, facendo attenzione a far coincidere la linea degli occhi sullo stelo… e poi la formula adulatoria farà il resto».
Quando Rowenda, paziente, terminò la lezioncina, vide Malvina emulare uno sbadiglio annoiato. La ignorò ancora.
«E comunque, da quando Liling sarebbe mia?» borbottò Malvina, nella speranza di non aver esagerato con l'atteggiamento superbo.
«Perchè la trovi di tuo gradimento» emise neutra la nobile strega invitando l'amica a non indugiare oltre.
Operarono l'incantesimo. Fissarono mentalmente i volti delle drag queens sugli steli di salice rosso, allineando gli occhi come da regolamento magico e cantarono in coro:
«Rosso, scarlatto salice,
brillante arbusto amico,
trova chi cerco, siimi complice,
conferma tra donne il patto antico»
I ramoscelli vibrarono nelle mani nodose delle due. Poi iniziarono a dimenarsi come serpenti. Le streghe si guardarono l'un l'altra interdette.
«Cosa succede?» chiese turbata Rowenda.
Malvina aggrottò lo sguardo. «Non è mai capitata una cosa simile! Il salice non riesce a trovare le ragazze! Se fossero morte sarebbe rimasto inerte… mentre se inizia a…» entrambe le vecchiette lasciarono cadere per terra i rametti ondeggianti come se scottassero e li osservarono inorridite. Si guardarono di nuovo in volto.
«I rametti di Salice rosso serpeggiano!» confermò tremante Rowenda. «Non può essere! Il salice rosso è fatto per trovare le donne! Com'è possibile? Forse abbiamo fatto male l'incantesimo…»
«Forse abbiamo fatto male i conti!» ribatté Malvina seria. «Quelle streghe non sono donne!» affermò sicura, ricordando d'aver notato qualcosa di sospetto quando le aveva incontrate la prima volta.
Rowenda abbandonò il contegno nobiliare imprecando pesantemente. «E se non sono donne, allora cosa sono?»
«Davvero vuoi che te lo spieghi?!»
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