21 - La mossa di difesa
«Ora BASTA! È tempo di agire!» tuonò il Difensore shakerando le mani giunte. «Quanto tempo ci vuole per eliminare quelle tre streghe incompetenti? Sono già trascorsi tre mesi!»
Favola tenne lo sguardo basso. «È che sono troppo potenti señor Mochino Le Mibe... ecco io... non ci riesco»
Mochino si alzò indignato dal trono di pietra nera. Osservò la caverna zeppa di Cacciatori e altri elementi oscuri generati da Clizio, che prostrati tremavano ormai da diverse ore in quel luogo dove oltre il gigantesco soffitto si trovava il centro del borgo di Holywood. «Cosa ti serve di più di questo esercito? Vorresti che li mandassi tutti contro quelle tre?» disse sottintendendo l'assurdità del proposito.
«Ecco, no, no, è che stavo mettendo a punto un piano, ma ci vorrebbero dei poteri maggiori dei miei per...»
«Dimmi di che si tratta, e ci penserò io! Farei di tutto pur di andar via da questo postaccio!»
«A chi lo dici» bisbigliò Favola.
«Hai detto qualcosa?»
«No no, è che mi chiedevo se voleva bere qualcosa, è dalle tre di notte che strepita rimproveri a squarciagola, ho giustappunto preparato un tonico rinfrescante...»
Mochino alzò la voce di sette ottave: «Portami sta roba da bere!» e Favola ghignò. Fece servire da uno dei suoi "Blues Brother dei poveri" un calice colmo di un liquido che cambiava colore continuamente, il che già un minimo di sospetto sarebbe sorto a chiunque, ma se poi ci si soffermava sul suffumigio frizzante espulso che disegnava in aria un teschio sotto cui due ossa incrociate traballavano sinistramente, bè... non bisognava essere chissà quanto arguti per capire di cosa si trattasse. No, quello lo ingollò tutto d'un fiato e ringraziò pure.
«Bene! Ora esponimi questo piano!» ordinò mentre si puliva le labbra con la lingua, e Favola glielo spiegò trattenendosi dal ridere.
Nel cimitero intanto, la nuova inquilina della roulotte armeggiava utensili da cucina tutta concentrata nella preparazione delle uova strapazzate ma, nonostante l'età suggerisse ormai una certa pratica coi fornelli, quella non riusciva a fare niente di commestibile! Piuttosto, rese l'aria irrespirabile con tutti i tentativi andati in fumo, letteralmente. Le drag queens, arrese alla ingombrante presenza di Miss Norveilla, in ogni senso, si sentirono costrette a dileguarsi tutti i santi giorni e a pregare che la piromane non facesse saltare in aria pure la roulotte come aveva fatto con la sua casetta. La storia andava avanti da un mese abbondante ormai.
Anche le Lanterne accusavano il disagio, non ne potevano più di vivere dentro una ciminiera.
Di utile ancora c'era l'effetto permanente delle benedizioni magiche delle streghe Malvina, Rowenda e Melalla, che avevano reso l'abitacolo "autoriparante" e soprattutto autopulente. Il frigorifero soprattutto sortì il beneficio maggiore: ogni cibo prelevato riappariva il giorno dopo, perciò la nonnetta ne aveva di materiale per fare pratica... Però non le si poteva non riconoscere, oltre la caparbietà, anche l'amore che ci metteva nelle sue prove, e in più non esauriva mai la pazienza. Comunque, nonostante i buoni propositi, e le generose innaffiate di acqua, Giò, Daisy e Bob quel giorno arrivarono allo stremo della sopportazione.
Un'altra cosa che le piantine riconoscevano a quella donna erano i tentativi di simpatizzare, ma non le potevano rispondere per non farle venire un colpo. Non immaginavano che la solitudine a volte gioca tiri mancini alle persone anziane, come appunto il parlare con le piante. Le esasperate Lanterne morivano dalla voglia di dirgliene quattro per tutto il suo squittire tutte le volte che passava dinnanzi al tavolo dov'erano.
«Ma che belle piantine!» cinguettava ora dirigendosi verso l'uscita.
«Ma quanto siete profumate!» ripeteva ora tornando indietro.
«Con voi è sempre primavera» cantava poi una vecchia canzone.
A un certo punto, all'ennesimo verso, passò di fianco al tavolo e si ammutolì: le piante avevano disertato i vasetti. Tracce di terriccio indicavano un percorso verso la porta. Fece una smorfia. «Si vede che sono andate fuori a giocare, torneranno all'ora di cena...» poi tornò alle prese con chissà cosa aveva in mente di tentare di cucinare.
Le Lanterne, una volta sgattaiolate, si diressero alle spalle della serra e si incamminarono verso il lago seguendo le tracce di Eby e compagne.
«Sono davvero delle incoscienti!» protestò Bob.
«Già, lasciarci sole con quella vecchia pasticciona!»
ribatté Giò.
«Mica alludevo a quella là!» disse Bob. «Le streghe non stanno facendo nulla per trovare l'erede di Noviluna! Uffa! Ne ho i cocchi pieni di quelle!»
«Ihihih! Ma no, vedrete che saranno capaci di fare il loro dovere» addolcì l'atmosfera Daisy. E così discutendo, le Lanterne si inoltrarono nel fitto bosco ignorate dalle creature selvatiche che stettero ben lontane da tre mini cespugli semoventi e parlanti, tutti meno il wapiti, il solito, quello che aveva deciso di condividere il territorio con le drag queens, che le seguì a testa e corna basse.
«Ma dove cocco sono finite quelle sciaguratissime stecche di cannella?!»
«Ihihih! Avevano detto d'aver trovato un posto dove fare il bagno... uh! Guardate, guardate! Sono lì, in quella vasca di pietra naturale, hanno davvero trovato una sorgente di acqua termale!» difatti Daisy aveva visto bene, Ebony e Liling erano in ammollo dentro il luogo individuato, riparate dall'ombra degli alberi attorno. L'acqua della piscina naturale traboccava da una fenditura e si riversava nel lago vero e proprio. In fondo all'orizzonte, tutto il meglio del parco dello Yellowstone offriva una cornice incantevole.
Bob fu sul punto di palesarsi, ma quando vide Eby e Liling alzarsi dall'acqua, si frenò. Giò gli diede una "frondata" come per chiedere cosa lo aveva bloccato. Poi anche lui vide le "ragazze" nude.
«Ohibò!»
Bob si girò verso le amiche vegetali. «A chi è toccato progettare il corpo femminile in questo mondo?» chiese, e Giò puntò una liana verso Daisy.
«Hihihi! Sì, è toccato a me! È vero che sono bellissime?»
«Se sapevo che disegnavi così male, non te lo avrei fatto fare!» esclamò ora fissando ciò che le "donne" non avrebbero dovuto avere. «Come fanno a riprodursi se sono tutti uguali dalle parti dei "cocchi"?!»
«Sarà l'evoluzione!» soppesò Giò. «In fondo, solo l'altro ieri erano delle scimmie urlanti...» valutò il trascorrere del tempo evolutivo di milioni di anni come fosse una manciata di ore.
«Ma nooo» piagnucolò Daisy, ma non ottenne diritto di replicare.
«Vabbè, tanto è inutile piangere sul latte di cocco versato» convenne Bob. «Andiamo! Devono attivarsi sennò sta storia non finisce più!»
«E così, quel ragazzo dai capelli rossi ti trova davvero simpatica! Se anche ieri in piazza ti ha offerto un passaggio sul suo furgoncino...»
«Sì Eby, però, sai anche tu... insomma, lui non distingue il dritto dal rovescio...»
«Ma se è per questo, nemmeno gli altri abitanti di questa Holywood non è che siano tanto svegli... tolto lo sceriffo Belmer. Comunque hai ragione, bisogna mettere le cose in chiaro. Fai così, quando si presenterà l'occasione giusta, prima che quel poveretto si costruisca troppi castelli tra le nuvole, glielo spieghi. Non è giusto che si senta preso in giro, è un'anima semplice e sensibile... vero Bob!» Eby, assorta nella sua congettura, aveva inquadrato distrattamente la sua Lanterna, salvo poi cacciare un urlo di mal sorpresa.
«Ma che ci fai qui tu?»
«Che ci fai tu invece qui in ammollo, cocca?» protestò Bob.
Eby fece segno a Liling d'immergersi di nuovo per nascondere ciò che non andava mostrato, e lei comprese e obbedì all'istante.
«Ehi! Dolcezze spuntoni-munite, che ne direste di dare un senso alla giornata andando a trovare l'erede di Noviluna?» propose Giò stizzito.
«E... e dov'è Bambam?» si preoccupò Daisy.
«Tranquilla, si sta facendo una nuotata» la rassicurò Ebony. Poi Liling acuì la vista verso un punto sulla superficie del lago.
«Eccola! È là in fondo!»
Eby non riuscì a inquadrarla bene.
«Liling, tesoro, hai una visita fenomenale, io non la distinguo!»
«Ma come no? Vedi altre boe segnaletiche in giro? Sta facendo la bambola morta a galla!»
Eby si lasciò sfuggire una risata. «Non rischia mica di annegare!» rise ancora. «Come facciamo a chiamarla, è troppo lontana...»
«Lascia fare a me» Liling posò il palmo della mano sull'acqua del lago e si concentrò. Giò vide la sua padrona con una espressione soddisfatta. La superficie dell'acqua si increspò e, prima lentamente poi sempre più velocemente, la figura sfocata di Bambam assunse contorni ancora più nitidi, forse troppo distinti, e alla fine esageratamente chiari poiché quella schizzò fuori dal lago urlante e volante fino a centrare in pieno un albero.
«Ops! No! Ho esagelato!» si coprì la boccuccia con le dita.
«Liling! Brutta cretina!»
«Ma pelché te la plendi con me?!»
«uno le "erre" sceme che dimentichi quando fai cavolate, due perché sei cretina!» spiegò disincastrandosi dalle fronde che le avevano fatto da cuscino.
«Quando avete finito, torniamo alla roulotte, perché c'è quell'altra che sta facendo un macello con la sua cucina carbonifera!» protestò di nuovo Bob.
«Intanto che ci asciughiamo, fate le brave Lanterne, voltatevi» chiese Ebony.
«Tanto abbiamo già visto... che roba...» biascicò Giò.
«Hai detto qualcosa Giò?»
«No, dolcezza mora... che roba...»
Bambam raggiunse le amiche e si propose di aiutarle con il suo potere ventoso; così Eby si ritrovò accarezzata dal vento generato dal movimento sinuoso delle braccia della messicana.
«Bamby, squisitissima! Che bel venticello tiepido... ed è anche profumato alla tuberosa!»
«Sapevo che era il tuo profumo preferito!» le sorrise, poi arrivò il turno di Liling che investì per ripicca con colpi di tramontana gelida. La poveretta, tutta intirizzita, si sfregava le braccia ammutolita.
«Bamby! Che fai? Le stai facendo battere i denti!»
«Così impara! Se mi concentro un altro po' la trasformò in un pupazzo di neve!» rise.
«Su, su, ora basta...» rise Eby, e si mise a sventolare lei la orientale producendo magicamente il vento, e Bob sgranò gli occhietti neri sotto i micro cocchi. "È lei quella che apre tutte le porte di Grande Madre Noviluna!"
«Eby! Ma quello è il mio potere!» esclamò Bambam.
«Ti sei scordata che le vecchie streghe avevano detto che Ebony Mamì è l'unica capace di usare tutti i poteri?»
La mora un po' rimase perplessa, ma poi fece spallucce.
Quando le drag queens si rimisero addosso gli abiti leggeri di cotone, anche i battibecchi trovarono fine, grazie anche all'efficacia della minaccia dei ceffoni di Ebony, soprattutto dopo aver visto come facevano esplodere le cose colpite.
«Eppure dobbiamo fare qualcosa, miss Norveilla deve pure avere un parente!» disse Bambam, che non ne poteva più di dormire con un occhio aperto per la paura di finire incenerita dalla cara nonnetta.
«Abbiamo chiesto ovunque, non ha parenti purtroppo» rispose Liling.
Ebony, proprio mentre intravide l'ombra della cara donnina dalla finestrella della roulotte, ebbe una intuizione.
«E alla polizia? Alla centrale? Forse...»
«Già fatto» ribatté Liling. «Mi ha risposto Mr Phil, e non ha saputo dirmi nulla»
«Te lo raccomando quello!» esclamò Bambam. «Meglio che ci vada io di persona!»
«Perchè dovresti andarci tu, squisitissima?»
«Eby cara, non ti ho detto che l'altro giorno, mentre uscivo dal bar in piazza, l'ho incrociato e mi ha palpato il sedere! Voglio proprio vedere se avrà il coraggio di rifarlo anche in centrale!»
«Ma è proprio uno screanzato!» vessò la orientale. «Fai attenzione, non puoi esporre i tuoi poteri in pubblico, ricordi quello che hanno detto Bob, Giò e Daisy?»
«Tranquilla, sono più furba io!» prese in braccio Daisy e invece di entrare nella roulotte, deviò verso la serra.
«Squisitissima Bamby, che fai?» chiese Eby.
«Preparo una pozione con Daisy, una pozione di bellezza»
«Ihihi! Sì! Facciamoci belle!» Daisy zampettò raggiante sulla spalla della messicana.
«Fai attenzione a quello che mescoli! Non voglio che succeda qualcosa di brutto a nessuno!» raccomandò Eby, consapevole di come fossero imprevedibili gli intrugli delle Lanterne; l'incantesimo del cotone era stato eloquente circa la pericolosità.
Bambam impiegò un'ora buona prima di uscire dalla serra con ben due ampolle invece della sola pattuita. Daisy vide la padrona sculettare veloce fuori dal cimitero.
"Mi ha convinta a farle la pozione dello stramonio e quella del garofano bianco... mm... prevedo un grosso guaio! Che faccio? Lo dico a Bob? Noooooo! Se lo venisse a sapere mi seccherebbe tutti i fiorellini! È terribile quello!... se lo dicessi a Liling?, mm... quella non va' d'accordo con la mia Bamby. Ho capito, lo dirò solo a Ebony, lei sa sempre qual è la cosa giusta da fare! Sì farò così!»
Daisy fu sul punto di salire i gradini della roulotte quando un urlo la distrasse. «Non ci credo! Ha già fatto un casino quella?» e invece non era Bambam, ma un'altra persona che invocava aiuto. Diede l'allarme, ed Ebony per prima raggiunse la figura che si era accasciata sulla lapide di una tomba.
«Ma che cosa è successo?» ripeteva correndo a piccoli rapidi passetti con le mani sventolanti. «Oh! No! Ma questa è...» voltò il corpo con delicatezza e intravide sotto le numerose tumefazioni il volto di Favola.
«Povera piccola! Povera piccola!» ripeteva. «Chi è stato, chi è stato?!»
«Bar... Mochino...» ripetè Favola, con un gorgoglio vocale a stento udibile. Liling, raggiunta la mora, si tappò la bocca muta, troppo sconvolta per gridare.
«Presto, presto! Aiutami a portarla dentro la roulotte!»
«Non credi sia meglio avvertire la polizia e chiamare un'ambulanza?»
«La polizia forse, l'ambulanza no! Non perché non voglio, ma perché qui non ci sono ospedali, e il primo disponibile si trova a Pocatello, e ci vogliono ore e ore di guida attenta per arrivare fin qui, senza contare che le strade sono tortuose e complicate!» valutò lucidamente Eby mentre adagiava sul divano blu il corpo esanime della sventurata.
La nonnina, bell'anima, sventolava il lembo del grembiule tutta presa dal panico.
«Poverina, è incinta, su respira, uno, due, tre, e...» cacciò tre respiri corti e uno lungo. Eby e Liling la squdrarono più perplesse che mai.
«Se avevamo dubbi sulla sua condizione mentale, oggi finalmente abbiamo la conferma...» soppesò Liling, prima di concentrarsi sulle ferite di Favola, che stava tamponando con un panno imbevuto d'acqua.
Notò lunghe file di fori coincidenti con dei morsi molto larghi. Poi capì.
«Eby! No! Quei maledetti tipi vestiti di nero, quei becchini mostruosi, quei...»
«Dacci un taglio tesoro, ho già capito chi sono stati a fare questo, e adesso so pure chi li comanda! Adesso curiamo questa povera innocente, e dopo andremo a far saltare in aria il loro capo!»
La orientale chiese a Giò un rimedio.
«Questa creatura è a un passo dalla morte... si può provare con una tripla pozione...»
«Cosa ti serve?» chiese sbrigativamente.
«Centella, borragine e iperico» rispose e Liling non impiegò che pochi minuti per reperire le erbe dalla serra. Le mischiò, le pestò e le diluì con acqua e versò tutto sulle radici di Giò.
«Acci-liana che velocità dolcezza!» esclamò, poi, con garbo stavolta, formò con le liane una grossa boccetta dall'aspetto di un mini fiasco dentro cui riversò la pozione e la consegnò alla padrona.
«Ora, tutto dipende da te. Esprimi la formula»
«Cosa devo dire?»
«Dolcezza, se non lo sai, questa creatura che vuoi salvare è spacciata»
Liling deglutì. Eby non le diede fretta, sapeva che sarebbe stato controproducente. Vide l'amica inginocchiarsi vicino a Favola. Sospirò chiudendo gli occhi.
«Centella, iperico borragine,
piante della cura e dell'armonia,
sanate il male e fate da argine,
al dolore di questa amica mia»
Aprì il fiaschetto e da quello si diffusero ramificazioni evanescenti del colore della giada che accarezzarono tutto il corpo di Favola risucchiando ogni ferita, ogni tumefazione, persino i segni dei morsi serpenteschi svanirono lasciando al loro posto una pelle perfetta e anche profumata.
«Liling, tesoro, sei stata pazzesca!»
La orientale crollò sulle ginocchia tutta tremante.
«Dici che ha funzionato?»
A riprova che l'incantesimo era andato a buon fine, l'intero abitacolo si ricoprì di una moltitudine di fiori come a decorare ogni angolo.
«È primavera!» esclamò la nonnetta pazzerella suscitando persino il buonumore in un frangente come quello.
Favola mugugnò qualcosa, ma non era più per il dolore, piuttosto per il sonno... Eby e Liling mica potevano pensare che quella sfacciata aveva passato la nottata sveglia a causa di Mochino Le Mibe e dei suoi rimproveri.
«Su, su, adesso ricomponiti Liling, abbiamo il re dei brutti ceffi da mettere in riga!»
«Sì! Dobbiamo farlo smettere con questa storia dei Cacciatori!» poi raccomandò Miss Norveilla di fare la guardia a Favola prima di uscire dalla roulotte assieme alla orientale.
La nonnina rimase a osservare Favola per dieci lunghi minuti, ligia al compito assegnatole, ma nel momento in cui le drag queens avevano oltrepassato il vecchio cancello disvelto, una mano orrenda e artigliata strinse mortalmente il collo della donna. Le Lanterne furono leste a dileguarsi e a rifugiarsi nella serra, il luogo ideale dove mimetizzarsi, giacché non potevano fare nulla per l'omicidio che si stava consumando nella casa di latta.
Quella mano tremenda, fatta di artigli simili a quelli delle aquile, non desistettero dal lasciare la presa, nemmeno quando ormai la donna era già bella che morta, no. Allentò la stretta solo quando la testa di quel collo si staccò dal corpo e cadde sul pavimento. Poi crollò pure il resto straziato.
Una lingua lunga e sinuosa come un serpente ripulì quella mano assassina del sangue della vittima, mentre l'unico specchio della roulotte riflesse il ghigno soddisfatto della bionda Favola.
«Caro Difensore Mochino Le Mibe, sta per scadere il tuo tempo» rise malevola.
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