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2 - Karma camaleontico

La pelle lentamente lambita dalle fiamme s'increspò sbiancando velocemente. Le braci accolsero fameliche il grasso sottocutaneo sciolto in gocce e rivoli oleosi avvampando ogni stilla. Il sangue residuo ancora presente nella carne si coagulò mutandone in modo irreversibile lo stato fisico. Una brezza leggera trasportò il vergognoso odore aromatico di corpo arrostito, mentre le membra imbrunivano inesorabilmente.

«Come va il rogo della gallina?» domandò a sorpresa una spumeggiante Bamby sbucando dietro la tenda di bicchierini trasparenti colorati, con in mano due bottiglie di succo di frutta.

Ebony alzò lo sguardo dal barbecue e salutò l'amica appena apparsa sul suo terrazzo.

«La pennuta "incendiata" oggi è proprio un capolavoro!» la informò sistemandosi la camiciola rossa a scacchi allacciata come un top e, ancheggiando, fece sfoggio degli short ricavati dalla mutilazione di un vecchio paio di jeans, lasciando in bella mostra le lunghe gambe nere e lisce. Nei suoi movimenti c'era tutta la dignità di chi è riuscita a conquistare la propria indipendenza economica e sociale.
Il bel terrazzo pieno di rose rampicanti e margherite era il posto preferito dove amava ricevere gli ospiti.

In tutta risposta, Bamby le si avvicinò shakerando il florido petto prominente, accentuando perfidamente l'imbarazzante differenza tra i rispettivi davanzali.

«Ma come sei chic tesoro!» emise Ebony facendo finta di ammirare il micro toppino rosso che piuttosto che coprire le sporgenze superiori sembrava appeso in attesa di scivolare via al minimo sussulto.

«Ma anche tu... ehm, sei vestita!» esclamò con sufficienza prima del solito rituale del bacio tutto smorfia e niente contatto. Sia chiaro, un po' per il caldo di inizio estate e un po' a causa dei rispettivi maquillages piuttosto intensi, al minimo contatto avrebbero rischiato di scambiarsi fondotinta e quant'altro.

«È davvero una bella giornata! Quasi quasi tiro fuori la sdraio e mi arrostisco le chiappe!» azzardò divertita dopo aver posato i succhi di frutta sull'ampio tavolo di ferro rotondo decorato con piccole piastrelle dipinte a mo' di mosaico.

«Fai pure tesoro, le sdraio le trovi nella cabina di servizio al solito posto, io intanto completo il pranzo. A momenti dovrebbe arrivare anche Liling!»

«A proposito, ma cosa l'è successo? Sono giorni che non esce e ci evita come fossimo delle appestate! Ne sai qualcosa?» domandò sistemandosi teatralmente sul comodo lettino.

"Veramente è te che evita!" pensò Eby, ma non glielo disse per non rischiare di mortificarla.
«Sai, non sta passando un bel periodo. Pare che abbia perso il negozio a causa di un incidente!» si affrettò a dire governando le braci del barbecue.

Gli occhiali da sole dalla sofisticata montatura a lenti ottagonali scivolarono dal naso di Bamby, scoprendo l'apprensione dipinta sul suo viso.
«Un incidente? Ma, ma sì è fatta male? Sta bene? Come sta?» chiese cercando la giusta corrispondenza con lo sguardo dell'altra.

Ebony si voltò giusto il necessario per constatare la sincerità della preoccupazione ostentata dall'amica. E sì, era sincera, dovette ammettere. Perciò, si meritò tutti i particolari forniti da Liling sei giorni addietro, quando la raccolse dalla strada durante la corsa di ritorno con l'autobus.

«Poverina!» esclamò dispiaciuta Bambam. «Non solo quei due individui hanno cercato di aggredirla, ma le hanno fatto perdere pure il negozio! Che sfortuna!» convenne mentre apportava le ultime modifiche alla tavola apparecchiata, abbandonando il buon proposito della tintarella.

Il tintinnio del campanello pendulo della porta annunciò l'arrivò di Liling, ed Ebony lanciò il segnale "cambia discorso" con gli occhi, e per essere più sicura che comprendesse di non fare la solita dispettosa, la raccomandò di mostrarsi compassionevole. Bambam annuì convinta.

«Ohho! Sono arrivata! Scusate il ritardo!» emise allegra l'orientale palesandosi sul terrazzo.

«Uh! Tesoro! Come stai? Sono davvero dispiaciuta per quello che ti è succeeeessoooo!» disse Bambam andandole incontro ancheggiando elegantemente.

«Oh, ehm, spiace anche a me!» ribatté l'altra sentendosi a disagio.

«Ma non riesco proprio a capire come si può fallire con un negozio come quello che avevi!» aggiunse la moretta latina. Ebony alzò gli occhi al cielo sbuffando. "Non ce la fa proprio e tenere a freno la lingua!" giudicò dirigendosi verso le due amiche prima che la situazione degenerasse.

Liling, accogliendo lo slancio salvifico di Eby, si costrinse a sorridere e le consegnò la posta indirizzata a lei. Avendola trovata giacente nella sua cassetta in portineria, aveva immaginato di fare una cosa gradita portandogliela. Non immaginava che Ebony Mamì l'avesse fatto a posta a lasciare la propria corrispondenza al piano terra. Non per pigrizia, sia chiaro, esattamente per dare a Liling un motivo per sentirsi utile, per quanto piccola appariva la cortesia del recapitarle la posta.

«Che gentile, grazie! A volte mi dimentico di controllare la cassetta postale!»

Niente di più falso il suo dimenticare. Lei non si dimenticava mai di nessuno. Vero era il contrario. Infatti, le sue mani nere, dalle dita affusolate e mai trascurate, molte volte afferravano le casse d'acqua della signora sola del terzo piano. Lei diceva che erano gli angeli a salirgliela perciò la ordinava per telefono al Walmart e il corriere la lasciava nell'androne. Negava persino l'evidenza tutte quelle volte che aveva visto quella personcina nera trasportare quei carichi.

Le sue mani vigorose e aggraziate spesso non si dimenticavano neanche del signore anziano del secondo piano costretto sulla sedia a rotelle a causa di, non si sapeva bene cosa. Lo aiutava silenziosamente a scendere e a salire la gradinata. Come pure la discreta carineria di sistemare gli zerbini spostati dalla ragazza delle pulizie periodiche delle scale.

Liling lanciò lo sguardo sui fiori coltivati nei grossi vasi rettangolari, seguendo il tragitto verso la tavola rotonda dove depositò il proprio contributo al pranzo.

Ebony non aveva nessuna intenzione di visionare la posta, l'abbandonò su una poltrona di vimini accanto alla porta del terrazzo. La rimpatriata con le amiche era la priorità maggiore da soddisfare, e anche soddisfare l'appetito meritava la giusta considerazione.

C'era poco da giudicare circa il loro rapporto di amicizia. Potevano bisticciare, lanciarsi frecciatine a viso aperto, anche insultarsi, ma alla fine c'era un filo molto duro a unirle: il bisogno di essere insieme e di sentirsi unite. Si sa, è dura la vita già di per sé, se poi si decide di vivere da drag queens tutto il giorno e non si ha qualcuno al mondo con il quale rapportarsi, diventa un vero e proprio inferno.

E così, il pranzo trascorse in allegria, nonostante tutti i guai di Lilin, ai quali se ne aggiunsero altri. Il successivo si annunciò da solo, con un tonfo.

Liling e Bambam si allertarono abbandonando i soliti bisticci, alternati agli ammonimenti di Ebony che le minacciava sempre di prenderle a schiaffi. Una voce profonda e calda si palesò maldestramente e la padrona di casa riconobbe il disturbatore.

«Non temete ragazze, è soltanto Aldo... ehm, vieni pure Aldo, siamo sul terrazzo!»

La scoperta dell'intromissione di un ragazzo suscitò sguardi e sorrisetti civettuoli sui volti dell'asiatica e della messicana. Chissà cosa i loro cervellini stavano immaginando. Gli occhioni scuri di Eby le fulminarono all'istante. La scena sfuggì ad Aldo che, in tutta sincerità, rimaneva sempre colpito della ricchezza dei particolari ninnoli decorativi del piccolo loft della mora. C'erano cuscini e tende cucite a mano, accessori e anche mobiletti, frutto di una certa dimestichezza nel fai da te. Non lo dava a vedere ma ne era ammirato.

Dopo essersi districato goffamente dalla micidiale tenda di bicchierini trasparenti, fatta a mano anche quella da Ebony, svelò il motivo della sua invasione.

«Eby! Ciao e... e ciao a tutte voi!» emise elargendo un bel sorriso alle ospiti. «Questo te lo manda mia madre! È un tiramisù al pistacchio e cioccolato bianco!» annunciò con le braccia tese e le mani strette ad una teglia di vetro trasparente contenente la leccornia presentata.

L'entusiasmo delle due pettegole si smorzò vedendo il giovane, nemmeno tanto alto, spettinato e con il nasino aquilino che con passi incerti arrancava fino al tavolo. Considerarono fosse un miracolo se la teglia di vetro non si ruppe quando Aldo, inciampando, la lanciò. Se il contenitore del dolce avesse avuto gli occhi, avrebbe visto il viso di Lilin ingrandirsi repentinamente. Ma, inaspettatamente, l'orientale l'afferrò al volo senza provocare danni. Per il suo salvataggio, meritò perfino un piccolo applauso rumoroso quanto lo sbattere delle ali di una farfallina, e tanto le bastò perché arrossisse.

Ebony attese che Aldo si rialzasse da solo. Avrebbe potuto e voluto aiutarlo, ma si autoimpose di non cercare nessun contatto fisico altrui se non richiesto. Vero era che quel ragazzo le sortiva un certo effetto. Poteva sembrare tutto meno che un boy da copertina, era assodato. Non brillava dal punto di vista fisico, ma sapeva il fatto suo. Non a caso, il primo giorno che la vide, intuì immediatamente chi c'era dietro le lunghe ciglia finte, il trucco appariscente e il bel pomo d'Adamo, ed Ebony Mamì non ne fece mai mistero sulla propria identità.

Aldo, da bravo figlio del locatario, quando accolse Ebony le consegnò le chiavi del loft e mise subito in chiaro che la trovava simpatica, ma che però non ci sarebbe stato mai nulla tra di loro. Da allora trascorsero un po' di anni. Anni passati a suggellare un'amicizia talmente affiatata che persino la madre, una signora attempata e facilmente confondibile per via della miopia congenita, spesso lasciava intendere che lei sarebbe stata la moglie perfetta per il figlio.

L'illusione che la donna subì creò non poche situazioni equivoche. Però, un particolare pregevole era la sua generosità. Infatti, non era raro che preparasse cibo in avanzo giustappunto per consentire a Aldo di frequentare, a detta sua, la giusta compagnia.

«Unisciti a noi Aldo!» propose Ebony senza eccessi nel tono secco usato.

«Mi piacerebbe, ma ho del lavoro da fare!»

La voce dell'uomo, malgrado non fosse fisicamente conforme agli standard ricercati di Lilin e Bamby, le riscaldò ugualmente inducendole a sospirare forte. Aldo captò l'effetto che era riuscito a ottenere inconsapevolmente. Sorrise simpaticamente. Declinò con garbo ancora e prima di girare sui tacchi, si diede una manata in fronte.

«Che stupido, dimenticavo!» esclamò piroettando goffamente. «L'altra sera sono stato al "Gatto Fucsia" e delle "ragazze" mi hanno dato questi!» mostrò loro tre volantini per l'invito a partecipare ad una gara di bellezza. Lilin li osservò e notò tre specie di bulbi vegetali incollati su ciascun foglio di carta.

«Che cosa strana...» sussurrò Ebony risedendosi sulla sedia di ferro imbottita di cuscini a fantasia, altre opere del suo ingegno sartoriale. Rispose con distacco all'ennesimo saluto di Aldo che nel frattempo riuscì ad inciampare chissà come e dove.

«Lilin, tesoro, leggi un volantino ad alta voce, io intanto do un'occhiata alla mia posta» propose la mora scegliendo tra il mazzo di missive quella da aprire per prima.

«D'accordo, ehm... Eby, troverai una sorpresa!» avvertì l'orientale lanciando un'occhiata perfida a Bamby che le rimandò uno sguardo insospettito.

«Il Gatto Fucsia è lieto di annunciare il bando di concorso Fascino dedicato a tutte le drag queens di Pocatello e dintorni. Non ci sono regole o restrizioni. Chiunque può partecipare ad una sola condizione. Il tema di quest'anno è la vita germogliata. Infatti, sul presente biglietto invito troverete un bulbo da coltivare. Chi riuscirà a farlo germogliare entro tre giorni entrerà di diritto in gara»

«Fantastico Lilin» asserì annoiatissima Bambam. «Guarda un po' se ci sono premi... chissà che pidocchieria già immagino...»

«Alla vincitrice andranno: un viaggio, un lavoro e una casa! Non mi sembra proprio male!» concluse l'orientale attendendo una reazione da parte di Ebony. E venne soddisfatta. L'amica si alzò di scatto.

«Bambam Gladys! Che storia è questa?» emise alzando il tono e sventolando la rivista di moda che aveva ricevuto a mezzo posta.

Bambam in quel momento voleva scomparire. Vide il titolo del servizio di gossip a lei dedicato. "La famosa Bambam Gladys snobbata da tutti gli atelier di alta moda d'Europa! Sciagura! Non la vuole più nessuno!"

L'interessata strinse le spalle sembrando ancor più minuta di quanto già non era subendo lo sguardo ammonitore di Eby, tutta atteggiata con le mani ai fianchi. Il tic nervoso della gamba sinistra, che cominciò a vibrare forsennatamente, annunciò l'espressione di rimprovero emessa in tono grave.

«Mi vuoi dire perché mi hai mentito? Hai detto di essere in vacanza, e invece hai perso il lavoro e sei ritornata a Pocatello!» sindacò severamente Ebony, e Lilin, provando pena per l'amica disoccupata, condizione che conosceva bene, cercò di calmare le acque.

«Ragazze! Il dolce che ha portato Aldo sembra squisito, direi di assaggiarlo prima che il sole e il caldo lo rovinino!» propose mentre già depositava le porzioni su tre singoli piattini. Il tentativo di conciliazione ebbe buon esito, almeno fino a quando non assaggiarono il piatto di fine pasto.

«Puha! Ma che roba è?» domandò Bambam storcendo gli occhi schifata.

«È salatissimo questo dolce! Sarà una ricetta locale!» commentò Lilin.

«Oh! Povera donna! Con la sua miopia avrà scambiato lo zucchero con il sale!» suppose Ebony sforzandosi di mandar giù il boccone indigesto. «Pazienza! Vorrà dire che berremo tanta acqua per i prossimi... mesi! E non azzardatevi a sputare il cibo che ci è stato offerto!» minacciò infine.

«Ma se mangiamo questa cosa, alla fine avremo salsa di soia al posto del sangue nelle vene!» protestò l'orientale.

«Altro che bere tanta acqua! Ci toccherà buttarci nel fiume per dissalarci!» rimarcò contrariata la messicana rivolta a Ebony che però non la considerò. Anzi! Ancora piccata aprì una lettera a caso. La lesse velocemente e man mano che gli occhi pendolavano da sinistra a destra la bocca truccata si distorse in una smorfia d'orrore. Infine, scattò in piedi gorgogliando impaurita dio solo capì cosa, poi cacciò un urlo potente prima di svenire sulla sedia.

Le amiche, ringraziando il cielo per l'interruzione della deglutizione forzata del tiramisù al sale concentrato, s'adoperarono velocemente nel soccorrere Eby. Lilin le sventolò la rivista di moda con in prima pagina lo scoop infelice di Bambam, al che la diretta interessata, risentita, le mollò uno schiaffetto sulla mano.
«Ti sembra il caso di continuare con questa storia?» la rimproverò. «So che Ebony non legge riviste di moda! Sei stata tu a infilarla nella sua posta! Ammettilo! Volevi farmi sfigurare dinnanzi a lei!»

«Sì, ma non volevo mica che svenisse!» la informò l'altra confusa.

«Ma che cosa l'ha sconvolta così? Liling leggi quello che stava leggendo! Veloce!»

Liling afferrò il foglio stampato e riferì la terribile notizia. «Ooo... anche Ebony è stata licenziata!» emise con voce tremula.

«Ma che accidenti ci sta succedendo a tutte quante?!» ripetè Bamby schiaffeggiando dolcemente le guance della mora.

Nessuna manovra funzionò per rianimare Ebony. Ci riuscì solo la visione onirica distorta che ebbe. Infatti, nel piccolo sogno, si ritrovò a guidare il suo autobus, vuoto. Era su una strada che intersecava il cimitero. Strada che nella realtà non esiste. Vide il terreno vicino ad una lapide anonima sollevarsi, e quando scorse una mano scheletrica sbucare scattò in piedi urlando come una pazza. Il cuore a mille e il sudore gelido.

Dopo aver accettato e bevuto litri di acqua fresca, svelò alle amiche l'incubo appena sognato.

«Oh! Sarà stato lo shock per aver perso il lavoro. Ci siamo passate tutte!» spiegò Bambam. «E poi, anch'io ho fatto un sogno simile ieri notte. Volevo rivelarvelo, ma non si è presentata l'occasione!»

«Veramente io pure... sognato la stessa cosa» aggiunse Lilin, saltando il verbo ausiliare per l'emotività del momento. «Cosa potrebbe significare?»

Le tre compagne di una vita si scambiarono sguardi più preoccupati che perplessi.

«Ma dai! È solo un sogno! Non significa nulla!» Eby cercò di convincere più sé stessa che le altre ma era sicura di non esserci riuscita. «A questo punto, domani andrò a chiedere spiegazioni al mio capo! Poi, se le cose non si aggiusteranno, faremo una cosa sola!»

«Cosa Eby? Parteciperemo al concorso? Non sarebbe male... voglio dire... un viaggio, un lavoro, una casa. Non sarebbe una cattiva idea provarci!» propose Bambam speranzosa.

«Siamo réaliste! Abbiamo superato tutte i vent'anni! I sogni non si avverano mai! Dovremmo averlo imparato ormai, no?» smontò subito il proposito dell'altra. «Piuttosto, ci cercheremo tutte un lavoro! O almeno io farò così! Tra tre giorni mi scade il mese e devo pagare l'affitto, accidenti!»

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