Luna crescente.
Scorpius Malfoy sapeva di essere un bel ragazzo, e ne traeva tutti i benefici.
Alla scuola di magia poteva vantare file di ragazze che, trepidanti, aspettavano solo un suo cenno per recarsi nelle sue stanze e compiacerlo. E, ultimamente, gli era giunta voce che anche qualche ragazzo aveva occhi solo per lui.
Questo non poteva che far accrescere il suo ego smisurato ancor di più.
Era anche questo il motivo per cui era così legato al suo aspetto esteriore.
Gli piaceva essere acclamato.
Gli piaceva essere desiderato e voluto da tutte le streghe.
Gli piaceva essere adulato come un adone.
Ma nessuno conosceva il vero lui.
Si limitavano tutte a passare la notte in sua compagnia, a compiacerlo e sedurlo, poi si rivestivano e andavano via.
Nessuna era rimasta per dormire nel suo letto, a riscaldarsi con il calore reciproco, nessuna aveva cercato mai di intavolare una qualche conversazione stimolante con lui.
Al che, se ne era convinto, credeva che fosse lui stesso a volere solo quel tipo di rapporti.
Così si limitava a dare al pubblico ciò che credevano di sapere di lui.
Un ragazzino viziato a cui era toccata la fortuna della bellezza eterea.
L'unica strega esistente che non lo degnava minimamente di uno sguardo, se non di disprezzo, era la ragazza che ora gli dormiva a due porte distante.
Anche lei, come le altre, non aveva mai cercato di intavolare una qualche conversazione con lui, ma i loro battibecchi lo stimolavano a sufficienza da credere di non aver bisogno di parole.
Era l'unica che non gli fosse caduta ai piedi, e sempre lei non se ne fregava nulla di compiacerlo o sedurlo.
Era questo che pensava, quella mattina, mentre si preparava per scendere a colazione.
Il giorno prima, suo padre era tornato in compagnia di Rose, e dovette far appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare dalla gioia nel constatare che stesse bene e non si fosse allontanata dalla proprietà.
Però, non gli aveva rivolto una parola, neanche uno sguardo di striscio, in più suo padre non gli aveva più detto nulla riguardante la questione.
E questo lo rendeva agitato, nervoso e preoccupato.
Suo padre non lasciava mai questioni in sospeso, di qualunque tipo.
Ripeteva sempre che il tempo in cui lui lasciava le cose a metà e non le risolveva di mano sua erano finiti — anche quando si trattava di sciocchezze — e, in quel momento, non sapeva se ritenersi fortunato o scappare e mettere in salvo la pelle ora che era ancora in tempo.
Arrivò il sala da pranzo per ultimo, trovando i tre già seduti comodamente al tavolo intenti a chiacchierare.
Albus se ne stava fermo, ancora perso in qualche suo sogno fatto quella notte non prestando attenzione a i due di fronte a lui che sembravano aver intrapreso la conversazione più interessante e divertente della storia.
Non prestò attenzione a suo padre ma portò i suoi occhi sulla figura di Rose.
Quando l'aveva vista la prima volta al binario di King's Cross era una ragazzina alta e mingherlina, con una coda rosso fuoco e il viso pieno di lentiggini. Ma adesso, beh... era cresciuta.
Lui era diventato più alto di lei, e la superava di dieci centimetri ma per il resto, sembrava un'altra persona.
Il visto si era assottigliato, risaltando gli zigomi pronunciati e le labbra rosse e carnose. Il nasino era diritto, quasi fosse stato disegnato da uno scultore e le lunghe ciglia racchiudevano due occhi azzurri che sembrano avere lo stesso colore degli specchi.
I lunghi capelli rossi ricadevano alle sue spalle in sinuose e dolci onde, dove finivano a spirale sulla sua schiena scoperta.
E questo piccolo fattore lo portò a guardare con più attenzione cosa aveva indosso.
Un pantaloncino corto nero e una maglia senza maniche, che le lasciava le spalle e parte della schiena, appunto, scoperta.
Spostò gli occhi sul lungo collo, lasciato libero dai capelli dopo un movimento della mano di lei e, senza che riuscisse a fermarsi, continuò a scendere verso il basso.
Gli occhi si adagiarono sulle colline dei suoi seni. Piccoli ma definiti e tondi, che si muovevano dal alto in basso, seguendo il ritmo della sua risata.
E per poco non cadde al ultimo scalino quando si accorse che non portava il reggiseno.
«Scorpius, finalmente ti sei svegliato.»
«Si, Albus, se sono qui significa che mi sono svegliato no? — commentò ironico. — Buongiorno!» E si lasciò cadere sulla sedia, cercando di tenere i suoi occhi più lontano possibile dalla figura di Rose.
Ma questo tentativo fu vano visto che lei fu l'unica a non rispondere dal suo saluto.
«Weasley ho detto: buongiorno.»
Lei, in tutta risposta, non si girò neanche e continuò a parlare con il padre che sembrava ben intenzionati ad ascoltarla.
Scorpius sbuffò sonoramente mentre osservava Albus che gli faceva un sorriso divertito.
«Ragazzi, stasera devo andare ad un ricevimento a casa degli Zabini, quindi non ci sarò.»
«Oh... va bene!» Scorpius aveva gli occhi luminosi mentre il cervello già elaborata una qualche tecnica per infastidire la rossa e riavere la sua attenzione su di se.
«Signor Malfoy, le dispiace se l'accompagno? Prometto di non darle fastidio in alcun modo e mi rimanere in un angolo in disparte... Non mi va di restare a casa.»
«Rose, cara. Non c'è bisogno che tu rimanga in disparte, mi farebbe piacere la tua compagnia.»
«La ringrazio Signor... —»
«Veniamo anche noi!»
«Come scusa?» Albus pare risvegliarsi, guardando torvo l'amico biondo al suo fianco.
«Veniamo anche noi. — Ribadì convinto. — Sicuramente ci sarà anche Edward, no?»
«Si credo di sì, non saprei. Manderò una gufo allo zio Blaise in qualunque caso...» Asserì Draco, abbastanza confuso.
«Bene allora, è deciso! Come ci dobbiamo vestire?»
Ormai Scorpius era partito in quarta, non ci sarebbe stato nessuno capace di dissuaderlo.
Il suo piano era quello di rimanere in casa e tentare di infastidire la Weasley.
Ma lei e suo padre ormai erano il manico di scopa con la paglia! Nessuno li divideva più. E avevano mandato in fumo il suo piano.
«Vi serve il completo, è una specie di cena importante.»
«Io non lo tengo.» Tentò Albus, cercando di dissuadere l'amico, ma quello era irremovibile.
«E qual'è il problema! Ne ho così tanti nell'armadio, te ne presto uno io.»
«Signor Malfoy, io non ho un vestito...»
«Tranquilla Rose, se vuoi nel pomeriggio usciamo a comprarlo.»
«Oh no, non esiste. Scriverò alla zia Ginny, me ne darà uno lei.»
«Come preferisci.» E le sorrise paterno.
*
Il pomeriggio era volato, veloce come le ali dei gufi che erano partiti dal Manor ed erano ritornati con lettere di risposta e un pacco incartato per Rose.
In allegato al pacco aveva trovato anche un biglietto, — messaggio di sua zia, — dove le diceva che quello era un vestito della sua mamma che aveva dimenticato alla Tana durante il suo trasloco, e che aveva trovato Ginny, decisa a conservarglielo per un momento migliore.
Le diceva anche che quello era il vestito preferito della mamma, non sapeva in quale occasione lo avesse comprato, ma al padre non era mai piaciuto ed aveva deciso di buttarlo, per questo lei lo aveva conservato, quasi gelosamente.
Dopo una lunga doccia era pronta per truccarsi e vestirsi.
Non era mai stata un'amante del trucco, di fatti non sapeva neanche da dove iniziare, ma fortunatamente sua cugina Dominique le aveva insegnato qualche trucchetto e sperò con tutta se stessa di riuscire ad emularla al meglio.
Lasciò i capelli sciolti e ricci, che ricadevano sulla schiena, — non avendo voglia di sistemare anche quelli, — e si infilò il vestito.
Era di un verde scuro lucente, in raso, e sembrava quasi rispondere catturando i raggi lunari. La fasciava come una seconda pelle mentre scendeva lungo fino ai piedi. Sulla destra si apriva uno spacco vertiginoso ma quasi invisibile, se non quando muoveva le gambe.
Aveva uno scollo a V morbido e si reggeva su con due spalline sottilissime, mente sulla schiena si apriva, lasciandogliela nuda, e si chiudeva al inizio del bacino.
Infilò le scarpe — anch'esse arrivate nel pacco — di colore argento, e spero vivamente di non caderci, visto che per lei era un nuovo tipo di calzatura, non essendo abituata.
Si guardò un'ultima volta allo specchio per controllarsi e vedere se era tutto in ordine.
L'immagine allo specchio gli restituì la figura di una giovane ragazza nel fiore dei suoi anni.
Era sempre lei, ma era anche incredibilmente diversa.
Non rimase a guardarsi oltre e uscì dalla porta, recandosi alla scale.
Dal piano di sotto le arrivarono le voci degli altri che molto probabilmente erano già pronti e attendevano solo lei.
Appoggiò il palmo al corrimano delle scale, — nella speranza di un appiglio per non cadere — e con l'altra pizzicò il vestito per non farlo finire sotto le scarpe.
Arrivata a metà tragitto riusciva a vedere la schiena del cugino e della sua nemesi che ridacchiavano mentre le davano le spalle.
Voltò il viso nella speranza di trovare gli occhi del Signor Malfoy, che in quei giorni si stava dimostrato una persona totalmente diversa da quella che credeva, molto paterno e paziente. Un ottimo ascoltatore e dispensa infinita di consigli.
E lo trovò sorridergli e fargli un occhiolino simpatico.
«Oh Rose sei arriv..— Albus si era girato, per poi rimanere bloccato a guardare la cugina ancora ferma sulle scale. — Sei bellissima.» Sussurrò.
Lei gli sorrise gentile prima che un'altra voce gli arrivasse alle orecchie, in un sussurro.
«Per Salazar...»
*
La sala in cui arrivarono tutti e quattro era enorme, quattro volte l'intera larghezza della casa di Rose.
Era luminosa, c'era talmente tanta luce che sentiva i suoi occhi pizzicare mentre osservava verso l'alto con la bocca spalancata.
Tanti piccoli lampadari di cristallo si sparpagliavano sul soffitto, mentre al centro esatto vi era un enorme lampadario interamente di cristallo, aveva archi che si intrecciavano tra loro e piccole gemme, della dimensione delle gocce di pioggia pendevano verso il basso retti a mezzo centimetro dalla struttura portante, anch'essa di cristallo. Aveva piccola coppe trasparenti appoggiate ad incastro nelle fessure degli archi, da dove si vedevano le fiamme brillanti delle candele e emanava una luce così forte che poteva essere paragonata alla luna.
I muri intorno a lei erano bianchi con ghirigori intricati di colore nero disegnati sopra, che sembravano edera rampicante, e costeggiavano tutte e quattro le pareti.
Vi erano sedie finemente intagliate in mogano scuro sparse per la sala, tra divani e poltrone.
Un camino accesso di medie dimensioni ma potente abbastanza da riscaldare l'intero ambiente, il tutto accompagnato da tavoli sparsi in giro con stuzzichini e drink di ogni preferenza.
Nell'aria si respirava odore di rose e whisky, e di soldi. Tanti, tantissimi soldi.
Il tutto accompagnato da una leggera musica da sala in sottofondo.
Rose si sentiva fuori posto, e forse, si disse, quella non era stata proprio una delle sue solite geniali idee.
Qualunque posto sarebbe stato meglio che in compagnia di quella serpe bionda, ma in quel momento, in quella sala, si rese conto di essere in territorio straniero.
Almeno con il biondo dagli occhi grigi sapeva come comportarsi. Era abituata ad avere a che fare con lui e, si potrebbe dire, sapeva come gestirlo.
Ma in quella stanza, dove perfino i muri emanavano ricchezza, circondata da persone altolocate e aristocratiche, si sentiva come un pesciolino fuor d'acqua.
«Ragazzi, oggi pomeriggio Blaise mi ha detto che ci sarebbero stati anche alcuni amici di Hogwarts.»
«Quali amici?» Disse Albus.
«Ma come?! Ci saranno i figli degli altri presenti a questa cena! Visto che gli ho chiesto per farvi venire, ha pensato di estendere l'idea anche gli altri, almeno non vi sareste annoiati.»
«Bene, almeno non saremo soli.»
«Esatto, Scorpius! Ora andiamo, ci aspettano.»
Draco sorrise gentile a tutti e tre, mentre voltava le spalle e si incamminava al centro della sala.
Albus si avvicinò alla cugina sorridendole dolcemente e le porse il braccio, in un chiaro invito a cingerlo.
Lei ricambiò il sorriso e seguì i movimenti del moro, mentre si avviavano al seguito di Draco.
Fecero tre passi prima che il braccio di Scorpius le cingesse l'altro suo libero, si girò di colpo incontrando due occhi che la guardavano.
Non era il solito sguardo derisorio, ma al contrario, e gentile e quasi tormentato.
«Ora possiamo andare.»
Asserì il biondo, tornando a guardare davanti a se.
Così, tutti e tre a braccetto si fecero avanti nella sala, dando definitivamente inizio alla serata.
*
Scorpius reggeva un bicchiere di champagne mentre Lisa gli riempiva le orecchie con la sua voce infantile e acuta, decisamente fastidiosa.
Ma la sua attenzione era altrove, precisamente sulla chioma rossa che se ne stava nei pressi di un tavolino ad un paio di metri da lui.
La stava osservando da quando era scesa dalle scale di casa sua, non riusciva a scollarle gli occhi di dosso.
Quell'abito la fasciava così bene che non riusciva a frenare la sua testa da pensieri scomodi.
Era tremendamente sexy ed elegante e raffinata ma era sempre lei. Vedeva come si sentiva a disagio in quell'ambiente, lo capiva dai suoi movimenti un po' goffi, impacciati. Dai sorrisi timidi che lasciava alle persone che le passavano di fianco, da come si spostava la ciocca di capelli dietro l'orecchio destro, oppure ancora come si mordeva il labbro inferiore, facendo soltanto aumentare il flusso dei suoi pensieri che andavano in un'unica direzione: quella che non voleva definire!
Da quando era arrivata aveva attirato più di uno sguardo su di se, — e forse non se ne era neanche accorta, — anche quello di una certa persona a cui Scorpius avrebbe presto rifilato una maledizione senza perdono.
Christoper Nott, suo compagno serpeverde ad Hogwarts, non aveva fatto altro che guardare Rose da quando si era accorto di lei. E in quel momento le stava di fronte e stavano conversando e — Scorpius avrebbe potuto giurarci — lui stava sfoderando tutte le sue tecniche da seduttore.
Il suo cervello si spense nel momento esatto in cui vide la mano di Christoper appoggiarsi sulla schiena scoperta della grifondoro.
«Lisa! — La richiamò come se l'avesse appena vista. — Reggimi questo, grazie.»
Le lasciò il bicchiere in mano, e prima ancora di poter rendersi conto di cosa stese facendo già stava falcando il pavimento mente Lisa da dietro lo guardava confusa e spaesata.
«Chris, amico! Da quanto tempo.»
«Oh Scorpius, ciao.»
La voce infastidita di Christoper gli fece ben intuire che aveva avuto ragione e che la sua comparsa aveva bloccato il suo voler rimorchiare la rossa, e non sapeva se esserne contento e gongolare davanti a lui oppure infastidirsi ancora di più.
Le spalle di Rose ebbero un sussulto appena sentì la voce virile e graffiata del biondo provenire dietro di lei, e prontamente si era spostata, non rendendosi conto di essersi messa esattamente in mezzo tra i due.
«Come sta tua zia, Chris? Ho saputo che non se la passa bene ultimamente.» Lo schernì, cercando di metterlo in difficoltà. Ma il ragazzo dai capelli neri di fronte a lui era un serpeverde, ed era furbo. Di fatti non si scompose, anzi sorride e rispose tranquillo.
«Sta meglio, ti ringrazio per l'interessamento! Ma dimmi, tu invece? Ho saputo che tua nonna non se la passa bene al San Mungo.»
«Lady Narcissa sta egregiamente, le manderò i tuoi saluti.» Ringhiò rabbioso.
«Molto bene, ora, se non ti è di troppo disturbo, io e la signorina stavamo facendo un'interessante conversazione, quindi se non ti dispiace...» E accompagnò il tutto con un gesto della mano, invitandolo ad andare via mentre gli sorrideva malizioso.
Ma Scorpius non si fece intimidire, e cercò in tutti i modi di mostrarsi impassibile ad ogni parola del suo compagno di casa.
Erano poche le persone che Scorpius Malfoy non sopportava, ma Christoper Nott rientrava in pieno in quella lista, anzi, risiedeva al primo posto prendendo il titolo supremo per quel ruolo.
Rose intanto guardava la scena confusa e in imbarazzo.
Faceva saettare lo sguardo da sinistra a destra in base a chi stesse parlando e ben presto si ritrovò con un mal di testa lancinante.
Si rese conto di quello che stavano facendo quei due solo quando il discorso era alla fine, e si sentì infastidita oltre ogni dire.
Cosa credevano che fosse lei? Una conquista?
Era la strega più intelligente della sua età per un motivo e quei due credevano di fregarla, senza farle capire che stavano alzando quel teatrino perché la questione era lei? Beh, erano degli sciocchi.
«Oh certo Chris, non ne dubito ma sono qui per rubartela un secondo, mio padre la cerca sai...— Disse fintamente dispiaciuto, mentre osservava come lo sguardo del altro si induriva insieme alla sua mascella.— Non preoccuparti, te la porterò prima che potrai dire Quiddith!» concluse con un occhiolino.
«Certo, non ne dubito.» Ringhiò Chris.
Il biondo prese da un polso la rossa al suo fianco e la fece passare avanti mente le poggiava una mano sulla schiena scoperta. Prima che lei si girasse per dire qualcosa lui si voltò verso il serpeverde moro che se ne stava ancora lì.
«Nott, tieni le mani al tuo posto.» Sussurrò rabbioso, una minaccia velata.
«Lei non ti appartiene.» Rispose allo stesso modo.
«Neanche a te!»
Sorpassò Rose, mettendosi al suo fianco, continuando a tenerle una mano sulla schiena, mentre la spingeva avanti per farle accelerare il passo.
Ben conscio che Christoper lo stesse ancora guardando fece scendere languidamente la mano verso il basso arrivando a sfiorare le fossette di venere — che si intravedevano prima della chiusura del vestito, — gongolando dentro di se, per essere riuscito a portarla via da lui.
«Malfoy, che diamine vuoi?»
«Oh ma allora la voce la tieni ancora? Ed io che credevo che qualcuno te l'avesse rubata.»
«Ah ah ah! Che simpatico che sei! Ho solo deciso di non sprecarla con uno come te! E togliermi le mani dalla schiena.»
Si erano fermati al centro della sala, mentre il chiacchiericcio degli ospiti li circondava, e Rose si era girata per poterlo avere di fronte.
La superava di dieci centimetri se non di più ma il suo sguardo fiero e arrabbiato era capace di far tremare il biondo dalla testa ai piedi.
Fu solo in quel momento che si rese conto di ciò che aveva appena fatto e infilo le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti, nascondendo il tremolio di panico che avevano preso a fare.
Cosa le avrebbe detto?
Suo padre non la cercava di certo e in più lui neanche sapeva perché lo avesse fatto.
No, il perché lo sapeva fin troppo bene: quella scenetta lo aveva infastidito in un modo mai successo ma non sapeva quale fosse il motivo per cui lui si era sentito così. E — era più che certo, — non glielo avrebbe mai rivelato!
Ma allora cosa dirle, per uscire illeso da quella situazione?
Doveva pensare alla svelta ma quegli occhi azzurri lo inchiodavano dal far funzionare il cervello.
«In più, immagino, tuo padre non sa neanche di starmi cercando, giusto?» Domandò retorica.
Era fregato. Lo aveva smascherato prima ancora di dargli il tempo di aprire bocca.
«Come fai?»
«A fare cosa, Malfoy?» Disse stizzita.
«A sapere sempre quello che dirò o farò? Sei una Legiliments per caso?» Inclinò il capo, dubbioso e incuriosito.
Non volendo gli aveva velatamente detto che aveva ragione, ma tanto ormai lo aveva scoperto, continuare a tergiversare sarebbe stato inutile, e ridicolo.
«Ovvio che no, non sono una Legiliments, scocco di una serpe!» Disse nervosa.
«È allora come fai?»
«Perché io ti conosco.»
«Come, prego?»
«Hai sentito: io ti conosco!»
«Tu non mi conosci, nessuno mi conosce.»
Ora era lui ad essere nervoso.
Come si permetteva di insinuare una cosa del genere, proprio lei che oltre alle loro litigate non avevano mai parlato.
Proprio lei che non aveva mai passato più di dieci minuti in sua compagnia, impegnati tra l'altro per discutere.
«Beh, io si! Quindi ora voglio sapere perché mi hai portata via da Chris!» Disse perentoria.
«Neanche lo conosci e già lo chiami con un soprannome, che dolci che siete.» La derise, mentre dal alto la guardava nervoso.
«Ma cosa dici? In più non sono cose che ti riguardano! Mi spieghi cosa vuoi, per Godric!»
«Cosa sai di me?»
Lo sguardo di Rose mutò da arrabbiato e stizzito a dubbioso e confuso.
Quella domanda non centrava nulla con il contesto e, ne era convinta, voleva solo tergiversare.
«Malfoy non resisterò oltre, ti schiant...—»
«Vedi? Non mi conosci, altrimenti avresti risposto!»
«Oh per Morgana! Va bene, allora da dove inizio? — Portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi incrociare le braccia sotto il seno.— Allora: Sei un tipo taciturno, ma non timido o insicuro, semplicemente ti piace stare nei tuoi pensieri.» Iniziò mentre alzava un dito come a portare il conto. «Ti piace leggere, ti vedo spesso in biblioteca a cercare qualcosa è poco dopo ti trovo sulle rive del Lago Nero, quindi deduco anche che ti piace la calma e la serenità. Ti piacciono le feste, ma non organizzarle, di fatti lasci il compito ad Albus. Il tuo colore preferito è il rosso e lo so perché molto spesso vedevo che avevi le mani sporche di quel colore e sempre Albus mi disse che dipingi. Quindi ho dedotto che usassi spesso quel colore perché in un certo senso ci sei legato ma non so perché. Il tuo schiantassimo preferito è Stupeficium perché è sempre il primo che usi quando litighiamo e poi interviene mio cugino. La tua materia preferita è Pozioni, come tuo padre anche se non vai bene come andava lui a scuola e questa cosa ti turba, l'ho notato a lezione quando ho sentito Lumacorno dirti che "sei bravo ma tuo padre lo era di più." E ho notato come i tuoi occhi si sono scuriti per un attimo.»
Il monologo che aveva intrapreso la ragazza lo aveva lasciato senza parole.
Seguiva i movimenti delle sue labbra come ipnotizzato, mentre si chiedeva come era possibile che lei avesse notato tutte queste cose di lui.
Infinite ragazze erano state in sua compagnia e nessuna di loro avrebbe saputo dire una singola cosa che lei stava elencando. E in base alle sue spiegazioni le erano bastati pochi minuti di osservazione per capirle.
Lui che non sapeva neanche qualche fosse il suo piatto preferito, avendo a disposizione mesi e mesi a scuola durante i pasti per poterlo notare.
«So che sai suonare il violino perché una volta passai dalla stanza delle necessità e trovai la porta socchiusa così sbriciai ed era lì. So che ti piace essere acclamato, osannato neanche fossi un Dio e venerato come un santo. So che tieni alla tua bellezza esteriore e so anche perché! — Finalmente Rose si fermò, per prendere fiato. Ma lo sguardo che gli riservo era così terso che gli ricordo lo stesso sguardo che gli fece quando disse di odiarlo. — Ci tieni così tanto perché è l'unica cosa che hai, visto che sei vuoto dentro.» Concluse cattiva.
Scorpius avvertì qualcosa spezzarsi dentro di lui.
Si era reso conto che Rose lo conosceva davvero, sapeva molto più di quanto lui immaginasse e nonostante questo pensasse ancora che lui non aveva nulla da dare.
Forse era vero. Forse era davvero così, lui non valeva nulla e poi non poteva darle torto.
L'aveva trattata in modi insopportabili per tutti quegli anni, che era normale ormai che lei pensasse quelle cose di lui.
Non riuscì neanche ad arrabbiarsi con lei, — cosa che, se fosse successa in passato, avrebbe già sfoderato la bacchetta,— ma al contrario le accennò un sorriso timido, risentito e con il dorso dell'indice le carezzò tutto l'arco del naso fino alla punta.
Rose lo guardò trattenendo il respiro, con gli occhi sgranati.
«Balla con me.»
«Cosa ti fa credere che io voglia?»
«Niente, ma balla con me.» Sussurrò.
Rose si guardò intorno, visibilmente a disagio e imbarazzata. Lei non sapeva ballare, o almeno, non così bene. Si limitava ad un paio di passetti e ad oscillare da un lato all'altro lentamente. Quindi si potrebbe dire che il ballo non era nelle sue doti. E constatato che sarebbero stati gli unici, per altro, a danzare si sentì ancora peggio.
«Ma non balla nessuno!»
«E cosa ci importa?»
Scorpius allungò la mano destra infilando le dita tra quelle di lei, un tocco diverso, delicato, gentile, quasi timido. La mano sinistra si adagiò sulla schiena della rossa come una carezza.
Si avvicinò di un passo a lei, e quasi i respiri si scontrarono tra loro quando si abbassò per poterle guardare gli occhi.
«Malfoy... io non credo sia una buona idea.» Sussurrò incerta.
«Ti guido io.»
Non le diete tempo di rispondere che mosse già i primi passi.
Rose teneva lo sguardo puntato sui suoi piedi controllando di non pestare quelli del suo improbabile compagno di ballo, e anche perché era tremendamente in imbarazzo.
Se qualcuno le avesse mai detto che, un giorno, si sarebbe trovata a ballare un lento con Scorpius Malfoy in una sala piena a zeppa di purosangue aristocratici avrebbe, senza ombra di dubbio, fatto chiudere quel qualcuno al reparto psichiatrico del San Mungo.
Invece, adesso, avrebbe pregato suo padre per farci rinchiudere lei stessa.
Era lunatico. Ormai lo aveva capito da parecchio ma quel momento le aveva dato conferma a tutti i suoi dubbi.
Un attimo prima stavano per intavolare una discussione, come sempre, e quello dopo stavano volteggiando in una sala.
Poteva chiaramente sentire gli occhi di tutti i presenti puntati su di loro, e quello servì solo a farla imbarazzare di più. Sentiva le guance in fiamme e non osava spostare gli occhi dai suoi piedi.
«Io credo che... possa bastare sai?» Disse retorica.
«Faccio così pena come ballerino?» Ironizzò il biondo.
«No no, è che io non so proprio...—»
«Rose, guardami!»
Non fu tanto il verbo che usò a farle alzare lo sguardo, quanto più il tono gentile e sussurrato, e il fatto che l'avesse chiamata per nome.
Non un nomignolo per deriderla. Non il suo nome storpiato in modo beffardo. Non il suo cognome, ma proprio il suo nome di battesimo, per intero.
E non solo suonava bello in una maniera indescrivibile, ma lo sentiva come un richiamo.
Come se una sirena l'avesse chiamata cantando il suo nome per trascinarla sul fondo scuro e denso dell'acqua.
E fu quello che incontrò appena alzò lo sguardo: due occhi grigi densi e scuri, ma lucenti come il fondo delle acque più tempestose.
«Lasciato guidare.»
La mano che era poggiata sulla schiena la spinse più vicina al suo petto dove ci poggiò la mano, poi sentì l'altra — ancora intrecciata alla sua — salire verso l'alto e fermarsi a mezz'aria.
Rimase incantata a guardare quelle mani che si sfioravano appena, cercandosi e intrecciandosi ma senza afferrarsi mai. Un po' come avevano sempre fatto loro due.
Volete o nolente Rose avrebbe sempre cercato Scorpius, anche se per discutere.
Aveva sempre creduto che erano fatalità del caso i loro incontri. Spiacevoli eventi a cui non poteva mancare durante le sue giornate.
Invece in quel momento si rese conto che tutte le volte che si erano incontrati, tutti i battibecchi iniziati, tutte le sfuriate e le litigate erano nate perché lei se le cercava. Ne aveva quasi bisogno, come si ha bisogno dell'aria per respirare.
E lo capì anche Scorpius.
Avrebbe potuto tranquillamente evitare di infastidirla, di cercare in continuazione di attirare la sua attenzione. Di trovare modi subdoli per sentire la sua voce e fare in modo che le palasse. Eppure era convinto che quello fosse l'unico modo che aveva a disposizione per potersi far notare da lei.
Aveva capito il perché di tante cose, ma sopratutto aveva capito che una come lei non avrebbe mai preso in considerazione uno come lui, e quindi se non lo avrebbe amato, si sarebbe accontentato di essere odiato, perché non poteva fare a meno di Rose.
«Secondo te stiamo dando spettacolo?»
«Rossa, secondo te mi importa?» Ridacchiò lui.
«È allora di cosa ti importa?»
I loro occhi erano in collisione, come calamitati gli uni dagli altri, non riuscivano a staccarsi, scomparve tutto: gli invitati, le sedie e i tavoli, il chiacchiericcio, la sala con i suoi muri e perfino la musica non li toccava più.
Erano come rinchiusi in una bolla che li avvolgeva, li abbracciava facendogli percepire solo loro due, e nessun altro.
Il naso di Scorpius sfiorava poco sopra le sopracciglia di Rose, e poteva sentire il suo profumo entrargli nei polmoni, nella testa, inchiodandolo al suolo.
Si rese conto che si sentiva come stregato.
Le voleva rispondere che, in quel momento, le importava solo di lei, nient'altro al di fuori era importante, se non Rose.
Ma non poteva dirlo, non poteva perché non conosceva neanche lui da dove nascessero i suoi pensieri. Non riusciva più a connettere la testa, a ragionare razionalmente come era solito fare. Non aveva più il controllo di se, e l'unica cosa che riuscì a risponderle fu la meno sensata che avesse mai pensato.
«Cosa mi stai facendo, Rose?»
Parlò così piano che se non fosse stato per la loro vicinanza, la rossa non lo avrebbe ma sentito.
Fu come se qualcuno le avesse buttato dell'acqua ghiacciata addosso, svegliandola da quello stato di torpore in cui era.
Si staccò bruscamente, percependo come un freddo brivido attraversarle le ossa, — cosa impossibile visto che il camino della sala era ancora acceso, — e fece due passi indietro, rompendo anche la bolla che li circondava: tutto tornò indietro, come un eco in una grotta, le voci, le luci, la sala, tutto tornò ad attanagliarla.
Guardò Scorpius, che la osservava dispiaciuto e risentito, non riuscendo a capire il perché di quello sguardo e si sentì come spaventata. Da cosa? Non lo sapeva neanche lei.
«Di a tuo padre che non mi sono sentita bene, io torno a casa.»
«Aspetta.»
Ma la voce del biondo si disperse nell'aria visto che la grifona era già scomparsa nel corridoio diretta ai camini.
*
Quando fece il suo ingresso il Malfoy Manor era immerso nel silenzio e nell'oscurità, suscitava quasi turbamento e Rose avvertì chiaramente i suoi sensi allertassi.
Estrasse la bacchetta, pronta a qualunque situazione.
Il pensiero di trovarsi sola in quell'immensa casa non l'aiutava per nulla, il buio la circondava e non le permetteva di mettere a fuoco le cose davanti a lei, ma di usare un incantesimo Lumus non se ne parlava.
Era intelligente, e sapeva che se avesse acceso la luce della bacchetta avrebbe rivelato la sua posizione.
Non era sicura di aver ragione, ma i suoi sensi non l'avevano mai tradita in passato, e in quel momento gli gridavano di stare più allerta possibile.
«Una Weasley in casa mia, siamo proprio caduti in rovina.»
Una voce arrochita dal tempo e sprezzante le giunse alle orecchie, facendola rabbrividire.
Ci mise poco a capire che la voce proveniva dalla sua sinistra, visto che ancora dava le spalle al camino da dove era appena arrivata.
Con uno scatto veloce si girò in quella direzione.
«Stupeficum!» Urlò forte, prima di girarsi alla sua destra e prendere a correre per le scale.
Arrivò in fretta nella sua stanza, chiudendo con un incantesimo la porta a chiave e prendendo a guardarsi in torno.
Non sapeva chi fosse quella persona non avendolo visto in viso e in più non sapeva cosa diamine volesse o cercasse in quella casa.
Un sonoro «Poff.» riecheggiò in tutta la stanza facendola saltare sul posto.
Sussurrò un Lumus a mezza voce e davanti ai suoi occhi si presentò l'immagine di un elfo, bassino e dalle orecchie che scendevano quasi a toccare il pavimento.
Fece un poderoso inchino nella sua direzione e, sempre in quella posizione che Rose pensò fosse davvero scomoda, prese a parlare.
«Lady Weasley vuole che le prepari un bagno?»
Rose lo guardò in silenzio per una manciata di minuti prima di sentire il rumore delle scale salite con forza.
Un urlo si propagò per tutto il corridoio prima di sentire altri passi e la stessa voce di prima chiamarla.
«Chi è questo tizio in casa Malfoy?»
«Mi ha ordinato di non parlare.»
Per poco non le caddero le braccia al suolo.
Lei non aveva mai avuto a che fare con gli elfi domestici, in più sua madre con il C.R.E.P.A aveva portato avanti quella campagna per anni, anche dopo la guerra.
Però sapeva che nessuno poteva dare ordini agli elfi se non i padroni di casa.
«È Draco Malfoy?» Chiese titubante. La voce non era per nulla la sua, ma non sapeva più cosa pensare.
Intanto i passi si facevano sempre più vicini e sentiva chiaramente il suo cuore battere ad una velocità mai vista.
«No, il padron Draco è ancora a Zabini Manor, ma prima di andar via mi ha ordinato di eseguire tutto ciò che Lady Weasley mi avesse chiesto!»
Rose iniziò a ragionare, facendo correre il cervello in una direzione all'altra cercando punti da collegare.
Se non era Draco quello in casa con lei, chi poteva essere?
Poi si soffermò sulle parole che l'elfo aveva appena proferito e si sentì subito male per quello che avrebbe fatto da lì a poco.
«Come ti chiami?»
«Hokey, My Lady.» Rispose ancora chino.
«Bene, Hokey tu adesso mi dirai chi è quel mago e cosa vuole da questa casa!» Si impose.
«Non posso, se dovesse scoprirlo lui... lui...—» Prese a muovere energicamente la testa facendo ondeggiare le orecchie, mentre i grandi occhioni si facevano acquosi.
Rose sentiva le porte sbattere energicamente contro i muri e in base alla forza del suono riusciva a capire che era quasi arrivato alla sua stanza.
«Hokey, è un ordine!»
L'elfo la guardò con occhi imploranti, e sentì chiaramente il suo cuore farsi debole a quella vista. Non aveva mai trattato con elfi domestici e ora sapeva con assoluta certezza che non avrebbe voluto mai più.
Erano creature indifese, sua madre aveva ragione. Piccoli esseri che non conoscono altro all'infuori della loro quotidianità.
«Lady Weasley quello è Lucius Malfoy ed è qui per uccidere padron Scorpius.»
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