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Speciale 1K

Innanzitutto volevo ringraziare chiunque avesse aiutato questa storia a crescere perché probabilmente conoscendomi non l'avrei mai continuata senza qualche soddisfazione.

In realtà sto scrivendo questo speciale molto prima dell'obbiettivo prefissato, sarà che sono psicopatica e maniaca dell'organizzazione o perché sono troppo speranzosa? Chi lo sa, certo non io adesso ma sicuramente voi di ora che leggete.

Non so a che punto della storia verrà pubblicato questo speciale ma spero davvero che fino ad adesso la mia storia (che in realtà è anche la vostra in un certo senso) vi sia piaciuta.

Non penso di essere brava con le parole e neanche ad esprimermi o a ringraziarvi abbastanza per ciò che forse inconsapevolmente avete fatto per me, ogni singola parola della mia storia l'ho sempre scelta attentamente e ho riletto i capitoli più e più volte fino allo stremo per assicurarmi il risultato migliore e anche solo una stellina un commento di qualsiasi genere o anche solo una visualizzazione per me ha significato davvero tanto.

Ma ora basta parlare a vanvera e vi volevo ringraziare con l'unico modo che conosco e che so fare: vi racconto una storia.

Ogni giorno, ogni ora, ogni secondo. 

Pensieri, parole e domande sempre più forti gli affollavano la mente.

Perché era finita così?

E ora dove sarebbe andato a finire? 

Una domanda portava altre mille domande e lui proprio non poteva sopportarlo.

Gli piaceva il vuoto, provare il vuoto ed essere riempito di quel nulla, un silenzio infinito che faceva tacere ogni domanda.

Ma come trovare quel vuoto che tanto agognava?

Semplice, si era detto, aveva imparato da tempo quella che lui chiamava la nobile arte dell'omicidio.

Uccidere gli altri era il modo per annientare se stesso.

Ogni volta, ogni vittima, ogni goccia del loro sangue svuotava il suo essere.

Ma lui non era solo un brutale serial killer, lui era un'artista della morte e della vita sprecata.

Quella bellezza mortale, quel potenziale nascosto, quell'incanto che dava la morte ai corpi delle sue vittime che lui solo riusciva a mostrare, la sua arte era il mostrare e palesare al mondo l'aspetto che caratterizzava la vita mortale: la morte.

Non vedeva peccato nella sua arte, donava a quei corpi l'eterno riposo e faceva vivere i vivi, facendoli rabbrividire, inorridire e spaventare, gli donava quelle emozioni che avrebbero scosso la loro monotona esistenza, e in cambio? 

Solo il nulla, quel bello e agognato vuoto.

Sospirò mentre dava inizio al suo rituale.

Come ogni volta, con estrema devozione, affilò e lucidò il suo pugnale, semplice, quasi rozzo e terribilmente efficace, semplicemente il suo più grande tesoro.

Con cura paterna lo foderò e assicurò alla cintura il proprio tesoro accompagnandolo con tanti piccoli e medi coltelli, sarebbero stato il mezzo da cui sarebbe nata la sua arte.

Con cura sistemò il suo aspetto, la giacca elegante e la camicia, i pantaloni e le scarpe tirate a lucido, ci teneva ad essere sempre al meglio per le sue vittime, per i suoi clienti, il suo era quasi un colloquio di lavoro dove lame e urla discorrevano per creare una meravigliosa creatura.

Per ultimo accarezzò la sua maschera, il volto che il modo aveva creato e aveva imparato a conoscere e che celava il solo e unico segreto che, in ultimo, avrebbe mostrato alle sue vittime prima dell'ultimo momento, una piccola ricompensa che equivaleva ad ogni cosa che si potesse mai bramare; la verità, il volto dietro la maschera.

La indossò e si preparò per il suo viaggio.

Ti seguiva da mesi, da giorni, minuti o forse da anni, mai avresti potuto scoprire quando eri diventata una sua vittima, quando i suoi occhi si erano posati su di te, quando ti aveva visto e aveva notato quella bellezza mortale che in te urlava per essere liberata, un'urlo d'aiuto silenzioso che certamente lui avrebbe ascoltato.

Aveva visto la tua gioia, era venuto a contatto con il tuo mondo e mai lo avevi notato, mentre camminavi lui era sulle tue orme, ad ogni strada si celava all'angolo dietro di te, quello che hai appena superato ad esempio.

Ti osservava la notte, nel silenzio della tua camera e nel buio del suo cuore.

I suoi passi erano quello scricchiolio silenzioso che ti coglieva sempre di sorpresa, i suoi occhi erano quella sensazione pressante e opprimente che sentivi alle tue spalle eppure, ogni volta, quel che trovavi era nessuno.

Nessuno ti seguiva, nessuno ti guardava, nessuno ti bramava esattamente come nessuno voleva farti del male e come nessuno voleva ucciderti.

Ansia, noia e paranoia ti seguivano e si alternavano.

Era ora di darci un taglio, no?

La risata delle tenebre ruppe il tuo piccolo mondo candido, orrore, terrore e paura erano le tue uniche conoscenze e il sangue urlava e scappava fuori dalle tue vene portando via l'unica cosa che ti caratterizzava: la tua vita.

Ma non era finita qui, aveva il materiale ma l'opera mancava ancora e la sua arte non era ancora sazia.

Impugnò con gioia iniziale il suo pugnale e con estrema dedizione tagliò la tua pelle mentre ad ogni taglio ti ringraziava di cuore per aver partecipato al suo colloquio.

 Subivi in silenzio ormai, avevi capito che per te non ci sarebbe stata speranza, ogni urlo, ogni preghiera, ogni promessa di silenzio veniva accolta dal tuo assassino, da quello strano artista, con un grande e caloroso sorriso, nuova ispirazione nasceva per lui da quelle urla, pregare lo avrebbe portato ad un livello superiore di estasi, era il padre della sua opera e il dio al quale rivolgevi i tuo pianti, in quanto al silenzio, certo i morti non avrebbero parlato, ma il tuo corpo, martoriato, tagliato, sezionato e ricucito, avrebbe parlato per se e avrebbe espresso ciò che solo il silenzio era capace di dire.

La morte, lenta, violenta e silenziosa, sarebbe passata sul tuo corpo esigendo il suo prezzo e avrebbe lasciato il suo marchio sulla sua arte, la morte era un giudice esigente e quell'artista ci teneva a compiacerla.

Come avrebbe potuto non soddisfarla?

Mai se lo sarebbe perdonato.

Con estrema solennità si tolse la maschera, il tuo volto vuoto si rispecchiava nella gioia dei suoi occhi riempendoli e sostituendoli con quel vuoto che tanto desiderava.

Che pacata bellezza aveva davanti, così calma e rigida nel suo essere, così ferma che sarebbe rimasta nella sua mente come una fotografia.

Bella, debole e amata opera d'arte.

Sospirò, essì, pensò, non poteva davvero farne a meno della sua arte e dell'approvazione della morte.

Quell'amabile smorfia di dolore per sempre impressa sul tuo volto, quegli occhi vuoti, spalancati, vitrei come quelli di una bambola, semplicemente sublimi, la tua pelle, grigio chiara, bianca candida neve, e il rosso del sangue, come spiccava bene tutto intorno, la sua arte era pura poesia visiva, un canto angelico, un furto di sentimenti, più bella del tramonto più rosso eppure così simile, ti invitava a farsi guardare, a vedere quel nulla, non farti domande e ammirare la morte.

Ecco, li sentiva, quel nulla che prima fluiva in lui ora stava di nuovo sparendo, che noia, doveva trovarne un'altra.

Spero davvero che questa piccola storia vi sia piaciuta e che per voi non sia stato uno spreco di tempo.

Vi ringrazio ancora infinitamente di tutto.

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