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Nightmare

"It's not real

It's not real

So, please, wake me up

It's only a nightmare

It must be only a nightmare..."

-?

(T/n)'s pov

Correre.

Correre.

Correre.

Dopo essere riuscita a scappare era l'unica cosa a cui stessi pensando.

La pioggia che mi frustava il viso mi impediva di vedere e mi infliggere delle stilettate di dolore per il freddo pungente, avevo il respiro pesante ma non solo per la corsa e non sapevo più dove finissero le mie lacrime e dove iniziassero le gocce di pioggia che mi rigavano il volto.

L'erba bagnata minacciava di farmi scivolare ogni volta ma per mia fortuna il rifugio di Jeff non era molto distante da una strada principale e presto potei abbandonare il terreno fangoso per poter correre sull'asfalto.

Jeff.

Il mio pensiero tornò a lui mentre prendevo la strada che mi avrebbe riportata a casa, la pioggia infuriava ormai e il vento era così forte che a malapena distinguevo le villette a schiera del mio quartiere.

Chiunque nella mia situazione avrebbe cercato un riparo ma una violenta sensazione di panico mi impediva di fermarmi, per me era finita quindi?

Si e a quanto pare un'altra volta ancora non avevo scelta.

Ero ferita, avevo il fiatone e i muscoli a pezzi ma non potevo fermarmi.

Dov'era ora Jeff?

Aveva scoperto della mia fuga?

Quando mi ero risvegliata il mal di testa si era acquietato, una parte del tetto nella stanza accanto era crollata e Jeff era sparito, avevo varie ferite per tutto il corpo e provavo una forte stretta al petto, non mi ci volle molto per capire che non potevo rimanere lì un secondo di più.

Quindi correvo, sotto la furia del vento e della pioggia, e non osavo girarmi, per la paura di ritrovarmelo alle spalle e dover dire addio a tutto e questa volta per sempre, non sarei più potuta scappare in quel caso.

Raggiunsi la porta di casa percorrendo di corsa il vialetto e rischiando di scivolare sui gradini in pietra del porticato.

Cercai le chiavi con le mani tremanti, non solo per il freddo, nelle tasche dei pantaloni ma ovviamente non c'erano.

Stavo per imprecare quando un suono mi gelò sul posto, i muscoli si irrigidirono e spalancai gli occhi per la sorpresa e il terrore mentre il cuore sembrava l'unica cosa in grado di funzionare ancora e batteva furiosamente rischiando di scoppiare.

Anche il respiro si era bloccato.

Una risata, alle mie spalle, che conoscevo anche fin troppo bene per poterla confondere con altre anche sotto quell'intenso scrosciare.

Rigidamente e lentamente mi girai e mi parve di vedere un ombra muoversi verso di me con i contorni completamente indefinita dalla pioggia.

Non era Jeff però, magari fosse stato lui, almeno lui sarebbe stato possibile, questo invece... no, non era possibile, non era reale.

Provai a respirare ma l'aria si rifiutava di entrare nei polmoni e solo quello mi impedì di urlare.

E' un'incubo.

Mi ridestai dal mio blocco e non persi altro tempo a cercare la chiave di scorta ma afferrai con foga un vaso di coccio con una pianta dentro, mi era piaciuto dedicarmi al giardinaggio, mi era piaciuto davvero finché era durato, e con quello ruppi il vetro della finestra.

Non riuscivo ancora a respirare bene, l'aria entrava e si rifiutava di rimanere nei polmoni, sentivo la sua figura alle mie spalle, ma non era possibile.

Non era fottutamente possibile!

Mi ferii maggiormente la mano nel tentativo di rompere gli ultimi pezzi di vetro che caddero a terra tintinnando ma ero talmente in preda al panico che non ne sentii neanche il dolore e con le mie ultime forze mi issai sul cornicione ricoperto di schegge e polvere di vetro e mi lanciai dentro chiudendo subito la serranda il più velocemente possibile

Mi accasciai al suolo con la schiena che strusciava giù per la parete e con la testa tra le mani tremanti, una pozza d'acqua si stava allargando intorno a me ed ero scossa da violenti brividi di freddo e di paura.

Non era possibile.

Era dietro di me.

Stavo impazzendo.

Eppure era lì.

Non ancora.

Ora.

Non è reale.

L'ho visto.

Non di nuovo.

Ancora una volta e per sempre.

Perché?

Perché io ero viva.

In quel momento, gelata, paralizzata e spaventata com'ero, realizzai una cosa che ritenni importante e presi una decisione di conseguenza.

Quello che realizzai era che due paia di mura non avrebbero fermato nessuno, ne Jeff ne, sicuramente, il mio incubo.

Decisi quindi che dovevo andarmene.

Via.

Lontano.

Il più possibile.

Con le ultime forze, o sarebbe meglio dire sotto la spinta del panico e la paura, che avevo mi issai in piedi rischiando di cadere a terra a causa delle gambe malferme.

Strinsi i denti e mi feci forza.

Non potevo arrendermi.

Non ora.

Dovevo sopravvivere.

Il miraggio, perché era solo un'illusione e una bugia che raccontavo a me stessa, di una vita futura mi diede le ultime forze per correre su per le scale, sempre di corsa presi il borsone che tenevo sotto al letto, spalancai l'armadio e afferrai una serie di vestiti a caso che buttai nel borsone.

Dovevo andarmene.

Dovevo andarmene il più in fretta possibile.

Continuai a correre per la casa raccattando roba da buttare nel borsone.

Cibo, coperta, vestiti e lo stretto indispensabile.

Correvo e non mi fermavo più perché avevo l'impressione che se lo avessi fatto poi non mi sarei più mossa.

Per ultimo raggiunsi l'armadietto dei medicinali nel bagno.

Afferrai cinque confezioni e stavo per portarle fuori dal bagno per metterle nel borsone ma qualcosa mi fermò.

Non prenderle.

Mi girai guardandomi alle spalle e lanciai i contenitori con forza.

"LASCIAMI IN PACE!"

I miei occhi stanchi, rossi e infossati per le lacrime, incontrarono il mio riflesso nello specchio.

Sporca, tremante e ricoperta di sangue e pioggia la mia figura mi rimandava indietro lo sguardo eppure, anche così, mi ricordava un'altro volto, un'altra persona, un'altra epoca quasi, una in cui ero ancora felice e in cui l'amore della mia famiglia era un fatto quasi scontato.

Urlando e in preda alla frustrazione afferrai un vasetto di porcellana che conteneva gli spazzolini e lo gettai sul vetro dello specchio riducendolo in pezzi e frantumando completamente la mia immagine fino a renderla distorta e frammentata.

Non volevo più vedere quel volto, perché era toccato a me?

Ansimavo e tremavo quando le sirene delle auto della polizia che correvano in strada sotto il diluvio attirarono la mia attenzione oltre il rumore incessante della pioggia.

Mi gelai sul posto quando mi accorsi che si erano fermate sotto casa mia e che un violento bussare tempestava ora la mia porta d'ingresso.

"APRA LA PORTA ED ESCA CON LE MANI IN ALTO SIGNORINA  (T/C) O SAREMO COSTRETTI A SFONDARLA E FARE IRRUZIONE!!"

Col cuore in gola, stringendomi nelle spalle e infilandomi le unghie nella carne ghiacciata e umida delle braccia, mi mossi lentamente verso le scale per scendere al piano di sotto.

Io non avevo fatto niente.

Io non avevo colpe.

Perché erano qui?

Non ho fatto niente io.

Niente.

Niente.

Niente.

Mentre aprivo la porta mi sembrava di vedermi in terza persona, una terza persona che sembrava volersi chiudere su se stessa fino a sparire, tremante e con gli occhi spalancati per lo shock.

Presi le chiavi di scorta da dove le tenevo di solito e tolsi la doppia mandata.

Lentamente e come in un sogno.

Un poliziotto armato mi si presentò davanti mentre altri si riversavano in casa mia insieme al vento e alla pioggia che bagnava il pavimento tutto intorno a me e subito dopo la porta d'ingresso, accerchiandomi e tenendomi sotto tiro con le pistole.

"(T/n) (t/c) ti dichiaro in arresto per tutti gli omicidi degli ultimi tre mesi e cooperazione con il famigerato assassino conosciuto come Jeff the Killer. Seguici senza fare storie e andrà tutto bene"

Cosa?

Io?

Un'assassina?

E Jeff il mio complice?

Avevo capito bene?

Nuove lacrime mi rigarono il volto senza che neanche me ne accorgessi come se, per quel giorno, non avessi ancora pianto a sufficienza e una risata incredula e nervosa mi usciva dalla gola mentre mi passavo ripetutamente le mani tra i capelli.

Di che cazzo stavano parlando?

Guardai il mio volto che si rispecchiava sulla visiera del caschetto del poliziotto che avevo davanti e a momenti non mi spaventai da sola.

Mi ero rotta.

Proprio come quella bambola, proprio come la mia immagine allo specchio, il mondo mi aveva finalmente schiacciata e nessuno mi avrebbe aiutata.

Ero sola. 

Anche se avessi voluto protestare non ne avevo più le forze.

Le ginocchia mi cedettero e caddi a terra.

"Qui pattuglia 9 a tutte le unità. L'obbiettivo si è arreso, ripeto, l'obbiettivo si è arreso"



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Pensavo di fare uno speciale per 1k di visualizzazioni.

A caso, vi va? 

E siete state arrestate, penso che questo metta una certa svolta alla storia se pensavate fosse piatta, a mio avviso una storia non inizia mai prima delle prime 100 pagine.

Ed ecco un'altra nota autrice che, come faccio io, quasi nessuno legge.

In genere le leggo dalla fine e dal basso verso l'alto perché non mi interessano ma poi una parola attirare la mia attenzione.

Tipo così.

Ma questi sono dettagli.

Chiunque voglia commentare e qualunque tipo di commento è ben'accetto, ditemi cosa ne pensate e sono ben'accette critiche.

Non a caso i miei amici dicono che mi faccio bullizzare.

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