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I'm here between the pain and sorrow

  "E il naufragar m'è dolce in questo mare."

-L'infinito, Giacomo Leopardi-

(T/n)'s pov

Eravamo seduti sul terreno freddo a gambe incrociate da una buona mezz'ora a pensare a metodi per far sì che lei prendesse il sopravvento.

"Quindi quando hai mal di testa vuol dire che sta arrivando, no?"

Avevo raccontato a Jeff cosa succedeva ogni volta che perdevo conoscenza, sia prima che dopo, e i periodi di perdita di memoria e lui aveva ascoltato attentamente ogni mia singola parola con un atteggiamento pensieroso.

"Fare finta di ammazzarti non funziona quindi..."

Si era alzato e aveva estratto il coltello dalla tasca completamente calmo come se mi stesse per  per offrire un caffè con lui in un normale bar di periferia.

Il mio sguardo passò dalla sua figura alla lama, perfettamente curata e con l'impugnatura consumata, che mi incuté più paura del solito dandomi la spiacevole sensazione di un buco allo stomaco.

Deglutii ripetendomi che andava tutto bene, mentire a se stessi poteva diventare una brutta abitudine e io non avevo mai smesso dal giorno dell'incidente, forse se fossi stata più sincera con me stessa tutto questo non sarebbe successo.

"...proviamo con la tortura"

Cercai con tutta me stessa di non avere paura e repressi il bisogno di alzarmi e scappare.

Avevo promesso di aiutarlo e fare ciò che mi avrebbe detto ma ora che era il momento avevo perso buona parte della mia determinazione.

Non ero masochista, la prospettiva di soffrire non mi piaceva affatto.

"Okay"

Dissi sospirando seguendolo con lo sguardo, il cuore che batteva a mille e le mani che si torcevano per il nervoso.

"Che devo fare?"

Jeff mi ispezionò a fondo con lo sguardo mentre pensieroso si avvicinava la lama alle labbra innaturalmente sorridenti.

Sentire i suoi occhi addosso mi mise a disagio e presto dovetti distogliere lo sguardo per l'imbarazzo.

"Spogliati"

Appena lo disse, il tono della voce serio e deciso, tornai a guardarlo incredula, spalancai gli occhi per l'imbarazzo e sentii le mie guance scaldarsi ma lui ricambiò il mio sguardo con uno scocciato e spazientito.

"Sei sorda? Ho detto spogliati, e comunque basta che ti togliti la maglietta"

Ma anche no, avrei voluto rispondere, invece mi limitai a balbettare abbracciandomi la vita e stringendomi nelle spalle.

"N-non mi sembra... necessario"

Jeff si avvicinò in fretta e si abbassò fino a che i nostri occhi non furono a pochi centimetri di distanza, mi puntò il coltello alla gola costringendomi a sporgermi all'indietro per non ferirmi e obliandomi così a sorreggermi sui gomiti.

Era così vicino che potevo vedermi riflessa nei suoi occhi privi di palpebre e cerchiati di nero.

"Io dico di si, se non te la togli tu te la tolgo io. Sto cercando di essere... gentile con te, ma se mi fai incazzare i miei piani andranno a puttane e non posso e non voglio permettermelo"

Parlava a fatica, come se cercasse di scegliere attentamente le parole o stesse cercando di non esplodere.

Con una smorfia annuii e iniziai a togliermi la maglietta, già notevolmente rovinata, che avevo dalla mia evasione, cercando di non guardarlo per non morire dall'imbarazzo.

"Se volevi essere gentile avresti potuto essere più cortese...ad esempio: Cara (t/n) potresti cortesemente accingerti a esportare il capo superiore del tuo vestiario? Una cosa simile ecco..."

Rimanere in reggiseno davanti a lui mi metteva a disagio e continuare a parlare era l'unica cosa che potessi fare per distrarmi.

Jeff intanto si era rialzato e si era posizionato alle mie spalle.

Stavo per aggiungere altro quando sentii una delle sue mani venire a contatto con la mia pelle, sfiorare il collo mentre lentamente mi sistemava i capelli lasciandoli ricadere oltre le spalle e lasciando il collo e le spalle scoperti.

Il mio cuore saltò un battito e mi si mozzò il respiro quando mi accarezzò la spalla e indugiò sulla spallina del mio reggiseno, abbassandola.

Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo.

CHI ME LO HA FATTO FARE?!

Gli scenari più orribili mi passarono per la testa, tortura? Che GENERE di tortura intendeva Jeff?! Che cosa mi stava per fare?!

Il cuore mi batteva così forte che minacciava di rompermi le costole, mi ero irrigidita ed ero un concentrato vivente di ansia e panico mentre la sua mano scivolava lentamente sulla mia pelle, i miei muscoli erano tesi come una corda di violino e pronti a scappare al minimo avviso di pericolo.

Poi la sua presa si rafforzò sul braccio, poco sotto la mia spalla sinistra, e un dolore lancinante mi colpì all'altezza della spalla facendomi spalancare gli occhi e urlare di dolore.

Cercare di scappare era inutile, era stato previdente e al primo accenno mi aveva subito immobilizzata.

La lama del suo coltello affondò lateralmente nella carne per poi iniziare ad asportarne pezzi di pelle.

Nessuno avrebbe sentito le mie grida di dolore in quella landa desolata e nulla potevo se non urlare.

Urlavo.

Urlavo ogni volta che lui rafforzava la presa sul suo coltello, lacrime calde iniziavano a scendere dai miei occhi mentre del sangue caldo scivolava lungo la mia schiena, bagnava poi il terreno sotto di me e sporcava le sue mani.

Non riuscii a resistere neanche pochi minuti, ogni singolo pezzo di me mi pregava e mi urlava di scappare da quella tortura ma Jeff, nonostante le urla e le preghiere che urlavo, sgolandomi e graffiandomi quasi la gola, mi teneva sempre più stretta, però, la cosa che mi fece più male in quel momento, fu constatare che mia sorella non si sarebbe mostrata per porre fine a quella tortura.

Sapevo che era cosciente in quel momento, sapevo che mi vedeva soffrire eppure mi aveva completamente voltato le spalle, così come, in fondo, avevo fatto anche io adesso, tradendola e passando dalla parte di Jeff e come aveva fatto lei dal primo omicidio di tre mesi fa, usando il mio corpo e la mia identità per uccidere e ferire, per sfogare la sua rabbia sul prossimo.

Evidentemente pensava che un prezzo simile potesse essere pagato pur di raggiungere i suoi scopi.

Per lei ero meno di niente.

La mia sofferenza era diventata la sua felicità.

Quando pensai di non poter più sopportare altro, quando il dolore ormai era un fuoco vivo sulla mia pelle, Jeff si fermò.

"Non serve a un cazzo, sei completamente inutile!"

Si alzò, stringendo il coltello in mano e guardandomi con odio.

No, mi sbagliavo, non guardava me, guardava lei, dentro di me e guardandolo negli occhi potevo vedere il senso di sconfitta che gli bruciava dentro e, in me, potei giurare di sentire una risata vittoriosa riecheggiare per la testa.

Non avevo più forza per fare qualunque cose, volevo solo annegare nel mio mare di dolore e sparire per sempre.

Ero niente, meno di niente.

Ero un ostacolo per Jeff, un scudo da usare fino allo stremo per mia sorella, una sfortuna per i miei compagni di classe, un'assassina per il resto del mondo.

Per tutti ero un qualcosa privo di qualunque valore, indegno di qualunque attenzione o cura e forse anche privo di umanità.

La spalla era un'inferno vivente ad ogni movimento, singhiozzavo e piangevo mentre un nuovo dolore mi stringeva il cuore e rimanevo lì, impotente, ferita, sola e umiliata.

Alla fine gli occhi di Jeff mi misero a fuoco e il suo volto tornò indecifrabile mentre mi osservava.

Non so cosa vide, una ragazza distrutta sia nel corpo che nell'anima o uno strumento di cui prendersi cura, fatto sta che, imprecando, rinfilò il suo coltello nella tasca dopo averlo pulito sull'erba secca, prese la mia maglietta da terra e mi si avvicinò prendendomi in braccio senza alcuno sforzo.

Fece attenzione a non toccare la spalla che aveva ferito che continuava a perdere sangue imbrattando la sua felpa bianca e tingendola di rosso e si incamminò per la foresta andando chissà dove.

Mi lasciai prendere senza alcuna obbiezione, mi sentii sollevare da terra, un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la vita e avvicinarmi a lui per tenermi stretta e non farmi cadere, mi appoggiai a lui e mi concessi un'altra bugia per scaldarmi dal freddo che provavo nel petto e che minacciava di uccidermi, avvicinandomi ancora di più a lui e appoggiandomi al suo petto mi concessi di credere che ci fosse ancora qualcuno a cui potesse importare di me e che mi avrebbe protetta da me stessa.

Mentire a se stessi era proprio un brutto vizio.

Non avevo più le forze per singhiozzare ma le lacrime mi rigavano ancora il volto, non avevo le forze neanche per protestare per quello che mi aveva fatto e non provai neanche a pregarlo di lasciarmi andare.

Che senso avrebbe avuto poi?

Infondo mi sentivo alla stregua di un oggetto, inoltre, non potevo scappare da nessuna parte, ovunque andassi alla fine avrei sofferto e incontrato qualcuno per il quale non valevo niente.

Tanto vale rimanere con lui e continuare ad illudermi.

Dopo chissà quanto arrivammo lungo la riva di un grande fiume, le sue acque erano limpide sulla sponda e sempre più scure e profonde verso il centro, alcuni alberi si specchiavano nelle sue acque facendo ricadere i loro rami fino a toccarla, in alcuni punti il fiume scorreva furioso verso valle, rigirando le acque e creando un forte rumore scrosciante, in altre, come il punto verso il quale ci stavamo dirigendo, alcuni grossi massi o altri ostacoli naturali ne avevano rallentato il cammino, allargando il letto e formando una sorta di piccoli laghi.

Se non fossi stata in lacrime e sul baratro della disperazione, con la spalla che doleva solo a pensarci, una taglia sulla testa e il pensiero inesorabile che di lì a pochi giorni sarei morta, sono sicura che avrei trovato quel posto bellissimo.

Jeff, in silenzio e con uno sguardo indecifrabile in volto, mi lasciò seduta su un ampio masso della piccola spiaggia sassosa e si avvicinò all'acqua con le mani nella tasca dalla quale tirò fuori il coltello e la mia maglietta che, con dei tagli precisi, fece a pezzi.

Il suo comportamento mi incuriosì e cercai di distrarmi osservandolo mentre prendeva alcuni di quei pezzi e li immergeva nell'acqua per poi strizzarli e infine tornare verso di me.

Senza aggiungere una parola, mentre mi asciugavo velocemente le lacrime che continuavano a scendere con il dorso della mano sinistra, muovere la destra era una sofferenza continua, iniziò a passare i resti della mia maglietta bagnata sulla schiena, pulendola dal sangue, e sulla ferita, facendomi sussultare più volte per il dolore.

Non fu il massimo della delicatezza, nei suoi movimenti era rude e impacciato, eppure cercò di non farmi altro male e, dentro di me, apprezzai il suo gesto.

Forse non mi illudevo troppo, forse potevo credere un minimo in lui.

Un assassino, un mostro, dicevano, eppure quale mostro avrebbe fatto questo?

O ero davvero troppo ingenua o infondo lui era qualcosa di più di quello che raccontavano.

Una volta pulita la ferita, prese il resto della maglietta e le usò come pezze per coprire la ferita che, da quello che potevo sentire, copriva praticamente tutta la spalla destra, poi, sempre in silenzio, si sedette ai piedi del masso, dandomi le spalle, nascondendo gli occhi nel braccio destro appoggiato sul ginocchio piegato, infastidito probabilmente dalla luce del sole che saliva nel cielo e si rifletteva nell'acqua.

"....grazie"

Sussurrai sperando che mi sentisse per poi raggomitolarmi su me stessa e immergermi completamente nel mio mare di dolore.






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E si, questo sarebbe stato il capitolo di venerdì ma come sostengo da sempre il tempo non esiste, è una pura convenzione dell'uomo e quindi ve lo sorbite di martedì.

Sto avendo una serie inimmaginabile di compiti in classe, mi sembra di attraversare una tempesta di sabbia e già faccio i conti per quanto anca alle vacanze.

Mi sembra che la scuola sia iniziata solo ieri, probabilmente solo io vivo in quest'illusione, cado dalle nuvole insomma....

Vabbè, che ne pensate? 

Vi piace?

Spero di si.

Che poi ultimamente mi sono resa conto che c'è gente che inizia a leggere la mia storia e io sto tipo "wow, grazie, ma grazie davvero"

Quiiiiindi, lasciate che vi dica quanto tutto questo sia importante per me e grazie mille davvero.

Spero davvero di non deludere le vostre aspettative.

Grazie mille e addio.

Poitre1234

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