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"FOLLIA

/fol·lì·a/

sostantivo femminile

Stato di alienazione mentale determinato dall'abbandono di ogni criterio di giudizio;

 pazzia, demenza."

Jacob e Jeff

Jeff aveva continuato a camminare nella foresta per tutta la mattina e buona parte del pomeriggio.

Si era inoltrato così a fondo tra quegli alberi che, alti e fitti com'erano, schermarono le luci del sole  fino a mezzogiorno.

Apparentemente quella foresta era desolatamente vuota ma, chiunque vi avesse fatto più attenzione, avrebbe sicuramente sentito e visto la vita che si muoveva per quelle terre.

Più frequenti erano i rumori dei voli degli uccelli e i loro canti che si zittivano al suo passaggio spedito ma non mancavano certo i rumori dei mammiferi, predatori o prede, erbivori o carnivori, che pestavano e schiacciavano quel terreno accidentato e ricoperto di erbe e cespugli che a loro volta nascondevano insetti e altri animali ancora.

Una volta raggiunto il luogo che gli sembrava più nascosto e distante, distrutto per la marcia più faticosa del solito, aveva posato a terra il bambino che ovviamente e senza troppi complimenti, si era lamentato del freddo e Jeff si era ritrovato ad accendere un piccolo fuoco senza sapere neanche lui il perché.

Una volta che il bambino si era riaddormentato Jeff aveva disteso la mappa, il libro e tutto quello che aveva preso intorno a lui, orientati verso il fuoco ad una distanza tale dalla quale avrebbe potuto avere abbastanza luce per leggere, ma non abbastanza calore da far prendere fuoco alle carte, e si era messo a cercare una risposta a quell'enigma.

Sfogliò il grande libro che si era accollato fino a quel momento e lo aprì alla pagine della Virginia e poi a quella della Virginia-Occidentale.

Che cosa avevano quegli stati?

Confinavano tra di loro e poi?

Che cosa stavi cercando di dirgli?

Che cosa volevi fargli trovare (T/n)?

Era così vicino, si sentiva così vicino a te che non riusciva quasi più a trattenersi, se solo avesse saputo dove fossi sarebbe corso immediatamente da te e non ti avrebbe più lasciata.

Gli sembrava di esplodere, voleva andare, ogni parte di lui voleva andare da te ma non sapeva dove, in che direzione andare, e questo lo faceva impazzire, gli faceva venire voglia di urlare e sfogare la sua frustrazione su ogni cosa gli fosse passato tra le mani.

Sua, eri sua sua sua e di nessun'altro.

Dovevi stare con lui e lui doveva stare con te, lo sapeva, Jeff se lo sentiva dentro che era così ma era come se, con quell'indovinello non scritto, ti stessi nascondendo dietro un muro di vetro.

Ti vedeva, ti sentiva, ti percepiva, se avesse allungato la mano avrebbe potuto avere quasi l'illusione di toccarti, a momenti poteva persino sentire la tua voce.

Lo faceva impazzire più di quanto già non fosse, era come essere tenuti per sempre sulla soglia di un paradiso promesso, pota vederti, sentirti, bramarti ma non poteva averti veramente.

Eri dietro a quel cazzo di muro di vetro che non poteva aggirare in nessun modo se non senza risolvere quell'enigma, lo sapeva, eri vicini, gli sorridevi dall'altra parte del muro e gli tendevi la mano e lui non riusciva a prenderti.

Che cosa avevi pensato?

Che cosa avevi escogitato per quell'indovinello?

Non ti aveva mai capita, non aveva mai cercato di capire che cosa ti passasse per quella testa, ti aveva sempre considerato una stupida di cui non poteva fare a meno e ora lo stavi mettendo in difficoltà.

Chi avrebbe mai pensato che la geografia gli sarebbe servita nella vita?

Che gli importava a lui se uno stato apparteneva a qualcuno o meno?

Lui non aveva una casa e meno gliene fregava di quella degli altri, non apparteneva a nessuno stato ormai, non era sotto il governo di nessuno se non il suo.

Jeff iniziava ad innervosirsi, vedeva strade, leggeva nomi di città eppure dov'eri? 

Non poteva essere così imprecisa l'informazione che stava cercando.

Poi ebbe un'illuminazione.

E se non l'avesse lasciata per lui?

Non voleva certo pensare che ci fosse qualcun'altro nella vita di (T/n), anche perché questo qualcuno non sarebbe sopravvissuto abbastanza a lungo se lo avesse scoperto, ma non poteva escludere a priori quell'idea solo per il suo egocentrismo.

Ma se non a lui a chi poteva tenere (T/n)?

Domanda stupida, si rispose Jeff mentre un grande e inquietante sorriso gli si allargava sul volto e gli occhi gli si illuminavano alla luce del fuoco dandogli un certo bagliore sinistro.

Ovviamente la risposta era Jacob.

Quel bambino piccolo e stupido che dormiva beato al suo fianco incurante e innocente di chi avesse accanto.

Era stata una vera e propria fortuna portarselo dietro se sarebbe stato la chiave per risolvere quell'enigma.

Non ci pensò due volte, si alzò e si diresse verso il bambino ma prima di svegliarlo si concesse un secondo per riflettere.

Quale sarebbe stato il modo migliore per assicurarsi la sua collaborazione?

Era meglio svegliarlo a calci in culo e cercare una "collaborazione" immediata oppure doveva essere ancora paziente con quel microbo?

Era molto tentato dalla prima opzione, quando voleva qualcosa la voleva subito e non gli piaceva aspettare specie se era una cosa così importante come (T/n), ma si disse anche che i ragazzini non lavorano bene sotto pressione e certo se gli avesse detto che era per trovare la mamma si sarebbe impegnato sicuramente di più.

Fece un profondo respiro per accumulare tutta la pazienza di cui ancora disponeva e si inginocchiò per mettersi all'altezza del bambino.

Sarebbe stata dura svegliarlo contando quanto dormiva profondamente ma non aveva altra scelta se non averlo vivo e vegeto per ottenere un aiuto che avrebbe potuto fruttare molto più di altri.

"Jacob, Jacob svegliati, ho bisogno di te per trovare (T/n)"

Non ricevendo risposta iniziò a scuotere il bambino per le spalle continuando a chiamarlo fino a che, sbadigliando e lamentandosi, Jacob non si alzò, ancora mezzo addormentato e mezzo intontito dal sonno interrotto.

Si era appena svegliato e il suo bellissimo sogno stava già svanendo nella sua mente, aveva sognato la mamma e il papà, finalmente insieme, la sua famiglia riunita in uno splendido pic-nic all'aperto, quando ad un tratto aveva sentito la voce di Jeff che lo richiamava dal sonno e una mano che lo scuoteva.

"...Jeff...?"

Mugolando e stropicciandosi gli occhi si mise a sedere per poi guardarsi intorno.

Era tutto quasi come prima, il fuoco, la foresta e Jeff, quest'ultimo leggermente più sinistro di prima ed anche visibilmente stanco, lo fissava dritto negli occhi con il suo solito sorriso.

Jacob non ci aveva fatto caso prima, vuoi per il fuoco o per la stanchezza che in ogni caso non era molta più di quella che si sentiva addosso in quel momento, ma ora poteva vedere distintamente quanto anche Jeff fosse distrutto e trascurato.

I capelli gli ricadevano sporchi lungo il volto, forse anche un po troppo lunghi dato quanto erano rovinati, il volto era pallido come non mai e in mezzo a quel pallore, contornati da profonde occhiaie nere, si potevano intravedere nel mezzo degli occhi bianchi e lattiginosi un'ombra di iride e due pupille piccole, nere e profonde, che nascondevano sotto uno stato di stanchezza uno sguardo meno vispo del solito ma sempre sinistro e furbo.

"Ma non hai sonno tu?"

Gli chiese il bambino mentre faticava a tenere aperte le palpebre che gli sembravano ogni minuto sempre più pesanti.

"Non ti preoccupare Jacob, ti ho svegliato per un motivo sai?"

La voce di Jeff sembrava carezzevole e calma eppure quel sorriso e quello sguardo non facevano altro che stonare con quel tono di voce.

Jacob non ci fece caso, era Jeff quello che aveva davanti, non poteva essere tanto diverso dal solito.

"Che cosa c'è?"

Chiese con voce stanca il bambino mentre gli occhi gli si chiudevano di nuovo.

"No no no, non così Jacob, devi essere sveglio per aiutarmi"

Jeff aveva preso la testa del bambino tra le mani e gli aveva aperto le palpebre con le dita, erano davvero fastidiose quando si aveva sonno ma dubitava che Jacob non avrebbe opposto resistenza alla sua proposta di bruciarle.

"Dai su, svegliati e vieni un'attimo con me, se sarai bravo e sarai veloce, potrai tornare a dormire"

Senza opporre troppa resistenza il bambino si fece aiutare ad alzarsi e poi accompagnare in mezzo a tutte quelle cose che Jeff aveva disposto a terra.

"Che devo fare?"

Chiese ancora una volta il bambino mentre si stropicciava gli occhi.

Jeff fece sedere il bambino a terra con il grande libro davanti e gli sorrise con calore.

O almeno questa era la sua intenzione principale quando fece un sorriso che poté esprimere tutto tranne che fiducia e calore.

Jacob continuò a non farci caso, aveva sonno e quello che era con lui era Jeff, sarebbe stato strano se tutto ad un tratto si fosse davvero preso cura di lui parlandogli con lo stesso amore ed affetto con il quale gli parlavano la sua mamma e il suo papà.

"Guarda bene queste immagini Jacob, guardale con tutta la tua attenzione possibile e dimmi secondo te cosa possono nascondere"

Jacob guardò le immagini del libro e della sua mappa, guardò Jeff e cercò di svegliarsi un po di più.

"E' per la mamma vero?"

Un largo e vittorioso sorriso si dipinse sul volto di Jeff mentre rispondeva al bambino ciò che voleva sentirsi dire.

"Certo Jacob, è per trovare la mamma"

E anche se quella volta la sua risposta corrispondeva al vero Jeff sapeva che in una situazione simile avrebbe comunque risposto nell'esatto modo in cui la persona che stava manipolando voleva sentirsi rispondere perché infondo, Jeff lo sapeva, il mondo si riduceva in soli due tipi di persone, quelle che comandano, che manipolano nel buio e che ottengono ciò che vogliono tirando i fili del loro destino, usando ogni mezzo possibile e quelli che si fanno comandare, che nel buio ci cadono e non riemergono, quelli che si fanno manipolare e schiacciare fino a perdere tutto e lui, Jeff the killer, non era sicuramente quest'ultimo tipo di persone.

Dal canto suo Jacob, una volta sentito ciò che desiderava sentirsi dire, non aveva motivo più valido per impegnarsi.

Poggiò le mani a terra e si piegò su quelle carte fissandole più intensamente che poteva.

Le immagini gli si incrociavano davanti agli occhi, le palpebre si facevano pesanti ed era una lotta continua quella contro il sonno ma lui doveva farcela.

Carte, linee, strade, città dai nomi per lui impronunciabili gli scorrevano davanti agli occhi e mentre guardava quelle immagini con la più grande attenzione che era in grado di darle, la sua mente non poteva fare a meno di lavorare e rimuginare andando a finire in ricordi lontani.

Erano le carte della mamma quelle, le avevano disegnate insieme, le aveva disegnate per lui, la mamma sapeva a cosa andava incontro?

Guardava le linee di quelle isole e ricordava la mano della mamma mentre precisa ne tracciava i contorni, quella stessa dolce mano che spesso lo aveva accarezzato in volto, che gli aveva pettinato i capelli e che lo aveva avvicinato a lei.

Guardava quelle immagini senza vederle davvero, vedeva la mamma e mai, pensò in quel momento, si sarebbe dimenticato del sentimento di vuoto e tristezza che provò in quel momento.

Era grande, profondo, una voragine alla bocca dello stomaco che minacciava di inghiottirlo e farlo cadere per sempre.

Gli si bloccò la gola e strinse i denti, non poteva piangere, non ora che doveva essere utile alla mamma, non ora che era davvero importante essere forte.

Ma piangere non era una debolezza, non lo è ora e mai lo è stata come mai lo sarà, il pianto sarà per sempre l'espressione della nostra anima, il modo più profondo in cui mettere a nudo se stessi ed essere forti.

Fu tra le lacrime infatti, mente Jacob guardava quelle immagini ora sfocate e mentre si mordeva il labbro per fermare le lacrime con il dolore, che trovò la soluzione.

Jeff ascoltava in silenzio il pianto muto di quel bambino e iniziava ad avvolgersi in un sentimento di gelida rabbia per la sua inefficienza quando il ragazzino sussultò e a quel segnale Jeff non poté fare a meno che slanciarsi verso di lui con una fretta e un urgenza che neanche lui avrebbe potuto mai pensare di provare.

"Che c'è? cos'hai trovato?!"

Il bambino si mise dritto sulla schiena, guardava la mappa e le lacrime che fino a quel momento gli avevano offuscato la vista ora iniziavano a rigargli le guance paffute e arrossate.

Non ricevendo risposta Jeff prese Jacob per le spalle e iniziò a scuoterlo con forza.

"COSA?! DIMMI COSA CAZZO HAI TROVATO!"

Gli urlava in faccia, il cuore che gli batteva fino a scoppiare nel petto e il suo sguardo che guizzava da un parte e l'altra del volto piangente di quel bambino nell'estremo tentativo di riuscire a leggere su quel volto cosa esso avesse scoperto.

"..I-i colori.."

Aveva balbettato Jacob e aveva ripreso a guardare la mappa.

Jeff fece lo stesso e cercò di capire anche lui.

I colori?

Cosa cazzo dicevano i colori?

Vedendo che Jeff non capiva Jacob prese il libro e lo avvicinò alla grande isola al centro del foglio.

Mentre stava cercando di capire cosa nascondesse quella mappa le lacrime gli avevano riempito gli occhi e la vista gli si era offuscata.

Nomi, luoghi, confini, tutto era sbiadito davanti alle sue lacrime e l'unica cosa che era rimasta erano stati i colori e lì aveva capito.

Non importavano i confini, non avevano senso tutti quei nomi strani di città di cui non sapeva neanche l'esistenza, tutte quelle strade non lo avrebbero portato da nessuna parte, la strada che doveva seguire su quella mappa era quella che non era stata segnata.

Il messaggio era semplice, forse elementare, era solo stato nascosto con cura, rivestito e abbellito di una dorata cornice che una volta eliminata avrebbe lasciato solo l'essenziale.

Poteva sbagliarsi certo ma in cuor suo sapeva di avere ragione e mentre le lacrime gli rigavano il volto e un sapore ferroso gli si diffondeva dal labbro nella bocca, iniziò a spiegare con voce prima tremante e poi sempre più sicura.

"I-i colori... tutte le isole... tutte le isole hanno un solo grande colore che c'è sempre e non esce mai dai bordi, è sempre dentro le linee e la mamma le ha colorate lei stessa..."

Il bambino, lottava contro i suoi ricordi della mamma e si sforzò di continuare a spiegare senza perdere il filo del discorso mentre Jeff pendeva dalle sue labbra.

"Anche nel libro della cartine ci sono queste zone, sono verdi... quindi sono foreste, la mamma è lì Jeff... è in quella foresta vero Jeff?! Dimmi di si Jeff... TI PREGO!"

Jacob non poteva più tenersi quel vuoto dentro e mentre fissava Jeff e indicava con un dito quella grande isola al centro della sua mappa dei pirati non poté fare a meno di piangere sempre più forte.

Dal canto suo Jeff, appena finite le parole del bambino, non poté fare a meno di scansarlo con uno spintone e fiondarsi su quella mappa e quel libro di geografia.

Era un'idea assurda eppure così semplice.

Gli occhi schizzavano frenetici da un mappa all'altra.  

Doveva controllare.

Leggeva nomi e li cercava sulle cartine

Doveva cercare bene.

Tennessee, Carolina del Nord.

Nella fretta di cercare lei aveva perso di vista chi era il suo nemico.  

Cherokee national Forest.

Come aveva potuto essere così ceco?

Era un nome ma gliene servivano altri per essere sicuro.

Idaho, Wyoming, Nuovo Messico, Georgia...

Leggeva il nome di uno stato dopo un'altro e non poteva fare a meno di cercarlo con il ritmo scandito dal rimbombare del suo cuore.

Foresta nazionale di Caribou-Targhee, Foresta nazionale di Carson, Foresta nazionale di Chattahoochee-Oconee....

Non poteva credere che non gli fosse ancora scoppiato il cuore da quanto forte battesse.

Foreste foreste foreste.

Ovunque cercasse, qualunque stato scegliesse, qualunque isola cercasse, la risposta era sempre la stessa.

Così ceco!

Come cazzo aveva fatto a non pensarci?!

Tutta l'ansia, tutta la rabbia, tutto quel logorarsi all'infinito durante la sua ricerca.

Non poteva essere altrove!!

Non potevano averla messa che in uno dei suoi territori!

Tutto quello che aveva provato fino a quel momento, tutto il caos che aveva dentro iniziò ad uscire fuori da lui e mentre nel sottofondo della calma notturna il pianto sommesso di un bambino disturbava la calma di quei luoghi, un folle risata si levò sopra ogni cosa.

Gli occhi di Jacob, che fino a poco prima si era accucciato a piangere in un angolo con la testa fra le gambe, si levarono al suono di quella risata e un brivido gelido lo percorse per tutto il corpo quando assisté a quella macabra scena.

Jeff, che fino a poco prima era rimasto piegato sulle mappe con uno sguardo da far invidia al miglio cane da caccia del mondo, ora rideva e cercava di alzarsi in una maniera così disarticolata da farlo sembrare quasi ubriaco.

Rideva come non mai, le gambe quasi non lo reggevano, fece un passo indietro per non cadere che fu così vicino al fuoco che Jacob ebbe la paura che vi cadesse dentro e ci rimanesse secco.

La testa era rivolta verso il basso, coperto il volto dai lunghi capelli e celandone così lo sguardo così come le braccia che erano abbandonate lungo i fianchi ma che dovette alzare presto perché, a causa della gambe malferme per le risate, rischiò di cadere e sbatté contro il tronco di un'albero.

La risata persisteva, era sempre presente, si alzava e si abbassava, irregolare e affannosa come il respiro di una carogna morente e Jacob fu seriamente preoccupato se Jeff si sarebbe strozzato con le sue stesse risate o meno.

Jeff si portò un braccio a reggere lo stomaco che ora gli faceva un male cane, sia per le ristate che per la fame, ma cos'era quel dolore rispetto alla felicità che provava?!

Nulla! 

Non era niente!

Piano piano, iniziò a scivolare lungo il tronco dell'albero,le gambe non lo reggevano più e non sarebbe riuscito comunque a rimanere in piedi un secondo di più.

Era distrutto, tutta la stanchezza che aveva addosso, tutta la fatica che aveva fatto in quei giorni gli era ora improvvisamente apparsa a pesare sulle spalle.

Raggiunse il suolo e cercò di respirare, con una mano si portò i capelli all'indietro e così facendo si scoprì il volto.

Jacob, che anche senza riuscirlo a vedere era rimasto paralizzato da quel macabro spettacolo, ora si ritrovò a trattenere il respiro per la paura.

Gli occhi vuoti e spalancati di quello che non sapeva più se riuscire a definire umano o meno erano aperti nel vuoto.

Erano folli, neri e profondi, eppure brillavano e bruciavano più del fuoco davanti a loro.

Erano gli occhi di un'indecifrabile e folle gioia quelli, gli occhi di chi avrebbe commesso ogni follia ma non erano solo quelli a rapirgli lo sguardo innocente.

Il sorriso.

Quel dannato sorriso, così tanto inquietante che forse avrebbe potuto tormentarlo in uno dei suoi incubi peggiori.

Un sorriso aperto fino all'inimmaginabile, un sorriso che distorceva il senso di ciò che doveva essere la felicità e trasmetteva in chi lo guardava angoscia a paura allo stato puro.

La gioia di Jeff era follia e terrore in chi la guardava.

Era una follia che toccava l'insano, che ti faceva sentire piccolo e indifeso, che ti piegava le ginocchia e ti prostrava il capo.

La rista di Jeff era quella che accompagnava le urla nel tunnel degli orrori, era la risata di chi vive immerso nell'abisso, era la rista che ti segue mentre corri nel buio, mentre cerchi di fuggire, quella che è sempre nelle tue orecchie mentre cerchi invano di nasconderti, quella che sembra essere perennemente alle tue spalle mentre l'angoscia ti divora e ti schiaccia il cuore.

La risata di Jeff era il terrore di chi lo incontrava.

Una lacrima, una sola giurò Jacob, uscì dagli occhi di quell'incubo fatto uomo.

Jeff non era mai stato così felice in vita sua. 



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Sta per arrivare una delle parti che mi piace di più

Spero possa piacere

Addio

Poitre1234


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