Fear
"I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
-Simone Cristicchi, Ti regalerò una rosa-
Jacob e Jeff
Il pezzo di carbone freddo che Jacob teneva in mano scorreva veloce sulla carta gialla del diario che aveva trovato.
Decise e marcate, grandi linee nere si aprivano morbide sulla pagina ingiallita e consunta dal tempo, il carbone sporcava le dita del bambino e di conseguenza ne macchiava le pagine di piccole impronte nere lì dove teneva ferma la pagina.
Una pagina, un'altra e una ancora.
Il bambino disegnava ogni volta sempre più insoddisfatto di prima vicino al tepore della brace e con il sottofondo del carbone che, grattando sul foglio, gli si sgretolava sotto le dita.
Non era soddisfatto del suo disegno e voleva che fosse perfetto per quando Jeff si sarebbe svegliato perché si, ne era abbastanza certo nonostante quegli inquietanti occhi sempre aperti, Jeff stava dormendo.
La sera prima, o almeno pensava fosse sera, non era poi così facile capire il tempo all'interno di un bosco, dopo che si era accasciato contro l'albero, immerso in quella folle risata che solo lui possedeva, Jeff aveva poco dopo smesso di muoversi ed era rimasto così immobile per così tanto tempo che Jacob, trattenuto dalla paura di andare a controllare, non avrebbe saputo dire se fosse stato vivo o morto.
Dopo un po però aveva decretato che, anche se di poco, il petto di quello strano uomo si abbassava e si alzava, quindi respirava, e allora era vivo.
Non era poi passato troppo tempo da quel momento che Jacob, vinto anche lui dalla stanchezza, fosse in poco tempo portato via nell'incoscienza di un sonno senza sogni e senza incubi.
La mente del bambino era troppo stanca per pensare oltre eppure era stato il primo dei due a svegliarsi e questo voleva dire che Jeff era stato completamente distrutto dalla stanchezza il giorno prima.
Quando Jacob si era svegliato, la luce timida del primo pomeriggio probabilmente che trapassava la fitta coltre di foglie, aveva visto quell'uomo ancora addormentato e subito un'immagine gli era passata per la testa.
Immediatamente aveva preso un vecchio diario che Jeff si era portato dietro insieme al libro e alla cartina, non sembrava importante, era rovinato, rilegato in cuoio e nonostante alcune pagine fossero scritte fitte fitte che quasi non si riusciva a leggere verso le ultime erano di nuovo vuote e lì, con un pezzo di carbone che aveva preso dal focolare improvvisato là dove persino le braci si erano spente, aveva iniziato a disegnare.
Un'immagine gli era passata per la mente.
Lui, la mamma e il papà e ovviamente, perché no?, anche Jeff.
Stavano insieme, si tenevano per mano, erano felici.
Perché no infondo?
Tutto andava bene, Jeff aveva capito dove si trovava la mamma, lo aveva aiutato, era strano ma ci si era un po affezionato, se lo aveva aiutato ed era amico della mamma allora perché non poteva essere anche suo amico? O, addirittura, uno di famiglia.
Lui e Jeff avrebbero trovato la mamma, si sarebbero abbracciati forte forte e non si sarebbero più separati, sarebbero tornati dal papà e si sarebbero abbracciati di nuovo e poi tutti insieme, mano nella mano come aveva visto, sarebbero stati contenti per sempre.
Jacob era felice, aveva la speranza di poter essere di nuovo felice con chi amava, aveva la gioia di chi sa che presto andrà tutto al suo posto e la convinzione che tutta quella strana e assurda avventura sarebbe rimasta nel passato come un strana e assurda storia della buonanotte.
Jacob era solo un bambino, aveva l'innocenza e la fortuna di riuscire a credere che il mondo fosse in realtà migliore di ciò che era.
Certo, il suo era un mondo piccolo ma nel suo piccolo era perfetto così, era solo un bambino.
Solo un bambino.
E non si rendeva conto nella sua innocenza della serie di eventi che avrebbero avuto inizio di lì a poco a partire da quel piccolo e a suo dire innocuo disegno di speranza.
Non passò molto tempo prima che Jeff, richiamato dal sonno da quel leggero rumore di sottofondo, ritornasse cosciente, vigile e attento.
Non si mosse di scatto, non si stiracchiò ne sbadigliò, immobile come era stato mentre dormiva si limitò a guardarsi intorno con occhio vigile per capire la natura del rumore e decidere se fosse un pericolo o meno per poi agire di conseguenza.
Aveva il corpo teso e intorpidito dal sonno ma si rilassò un poco quando si rese conte che la causa del rumore era solo Jacob, era di spalle, non vedeva bene cosa stesse facendo.
Sembrava assorto in qualcosa, concentrato nel suo lavoro e poteva indovinare i capelli bruni che gli stavano certamente ricadendo sugli occhi.
Anche lui una volta aveva avuto i capelli bruni, in un'altra vita quasi e lo fece sorridere il pensiero che anche i suoi erano discretamente lunghi allora, non come adesso ma abbastanza da ricadergli davanti agli occhi.
Prima di muoversi e poter allarmare Jacob, Jeff si perse pigramente tra i suoi pensieri, aveva finalmente trovato (T/n) anche se in un certo senso aveva avuto una parte di lei accanto per tutto quel tempo.
Anche quello allora gli apparteneva.
Se solo fosse stato possibile con il suo coltello non avrebbe esitato a tagliare via la parte "malata" di quel bambino per poi tenersi solo quella che di lei gli apparteneva.
Sarebbe stato scomodo portarsi appresso un paio di occhi (c/o) ma forse li avrebbe potuti tenere in tasca, d'altronde erano della grandezza di due biglie quasi, non avrebbe occupato troppo spazio.
Ma come avrebbe potuto fare per gli organi interni?
Ne aveva viste tante di budella e bene o male erano tutte uguali, come avrebbe potuto riconoscere quelle che assomigliavano a quelle di (T/n) e quali no?
Insomma, un rene, un fegato o un cuore e due polmoni?
Rischiava di lasciare ciò che era prezioso e portarsi dietro lo schifo di qualcun'altro.
Bene o male avrebbe dovuto accettare di portarselo dietro intero.
Ma infondo si, perché no?
Aveva le gambe, camminava, fastidioso quando aveva fame ma nulla che con una sberla non si potesse risolvere, sarebbe stato come avere un cane un po troppo rumoroso.
Mentre Jeff pensava Jacob cambiò posizione rendendo possibile vedere dalla posizione del killer ciò che il bambino stesse facendo.
Ecco infatti, si disse Jeff riallacciandosi ai suoi pensieri, non fa nulla di male la pulce, disegna.
Un secondo di pausa, forse anche meno e gli occhi di Jeff si sgranarono più di quanto non fosse già possibile, il respiro si fermò e il cuore furioso iniziò a pompare l'ira nella vene nell'esatto istante in cui realizzò dove, su quale carta, quell'animale stesse disegnando.
Jacob non se ne accorse neanche, in meno di un secondo si ritrovò a terra, il respiro mozzato dalla mano di Jeff che gli stringeva feroce il collo e con la testa che gli faceva un male cane.
Jeff non aveva perso tempo, il suo corpo si era mosso da solo e aveva colpito il bambino con una forza tale che avrebbe potuto renderlo incosciente per un bel po se non per sempre, mentre la mano destra colpiva, la sinistra di Jeff era subito corsa al collo del bambino e ora lo stringeva con il preciso volere di frantumarlo e ammazzarlo per sempre.
Il bambino guardava Jeff ancora mezzo intontito per la botta e incontrò degli occhi che non potevano essere quasi considerati umani, grandi e vuoti, privi di qualunque compassione umana, paragonabili solo a quelli di un'animale feroce tenuto troppo a lungo in cattività.
Il corpo di Jeff ansimava, non riusciva a respirare correttamente e il sangue gli stava andando al cervello perdendo ogni cognizione di ciò che fosse la ragione e lasciando solo la presenza di ciò che erano gli istinti animali che lo guidavano alimentati dalla sete del sangue.
Uno sguardo inumano, la paura di perdere ciò che si ha di più caro al mondo davanti ai propri occhi e la rabbia incontrollata per chi ha minacciato ciò che lo rendeva umano, una sola voce nella testa che gli diceva di ucciderlo, ucciderlo nel modo peggiore possibile, fracassargli il cranio sbattendolo più e più volte contro il terreno fino ad aprirlo come una noce, prendere il coltello e affondarlo in quel sacco di carne sotto di lui fino a che il sangue non avrebbe ricoperto ogni cosa.
Quello sguardo e quei pensieri incontrarono gli occhi del bambino pieni solo di panico, il suo cuore si agitava come un uccellino in gabbia ma non è mai una buona idea cedere al panico quando si è a corto di ossigeno.
Il cuoricino batteva furioso, distribuiva sangue ai tessuti e cercava di fare forza al corpo per scappare, mettersi in salvo con l'adrenalina che scorreva nelle vene ma in contemporanea chiedeva ossigeno ai polmoni, i polmoni non lo avevano.
Quella macchina perfetta che è il corpo umano era nel panico, Jacob era nel caos sia dentro che fuori nella parte più profonda del suo essere.
Quelle piccole mani sporche di carbone si gettarono su quella grande mano di un bianco smorto, quasi grigio che lo minacciava e gli impediva di respirare, ruvida e quasi paragonabile al cuoio stringeva la pelle morbida e delicata del bambino che voleva urlare, chiedere aiuto ma non aveva quasi più la forza neanche di resistere mentre gli occhi lacrimavano e rischiavano di uscirgli dalla orbite.
La vista si annebbiava, una miriade di puntini neri gli impedivano di vedere bene e forse era meglio da un lato perché aveva paura di quel demone feroce che vedeva davanti a se e di quel pugno tenuto alto che ora si sarebbe abbattuto su di lui.
Lo avrebbe ammazzato, non aveva mai saputo fino ad allora cosa fosse la morte, sul momento non avrebbe saputo dargli nome ma ne era certo, qualcosa di brutto e doloroso stava per accadergli.
Jeff stringeva alto il pugno e stretta la mano su quel piccolo collo, lo avrebbe ammazzato, lo avrebbe riempito di pugni fino a renderne irriconoscibile la faccia, non avrebbe dovuto farlo, non avrebbe dovuto non avrebbe dovuto non avrebbe dovuto toccare ciò che era suo, non doveva toccare ciò che era di lei non doveva farlo NON DOVEVA FARLO!
Jeff sferrò il colpo.
Il pugno si abbatté sul suolo gelato spaccandogli le nocche.
"NON GUARDARMI!"
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola mentre tutto il suo corpo tremava scosso dai brividi e la mano sul collo del bambino di allargava per un secondo per poi stringersi più forte di prima e allargarsi di nuovo.
"NON GUARDARMI CON QUEGLI OCCHI DEL CAZZO!"
Urlava con rabbia mentre quegli occhi (c/o) lo fissavano terrorizzati e delle lacrime scesero involontariamente giù per il volto di Jeff e il cuore gli si faceva pesante.
No no no no no no no NO CAZZO!
Tutto quello che vedeva erano quei fottuti occhi (c/o), perché (T/n) lo guardava così?
"Perché mi guardi così? Perché hai paura di me?!"
La voce rotta, rauca e bassa sembrò quella di qualcuno disperso nel nulla, che, nella disperazione della sua anima, si vedeva negata l'unica cosa che sapeva poterlo salvare.
Perché (T/n) aveva paura di lui?
Si avvicinò ancora di più a quegli occhi (c/o) ma tutto quello che vide erano terrore e voglia di fuggire per non parlare del riflesso dei suoi occhi in quelli (c/o) lucidi di pianto.
Una disperazione folle che avrebbe fatto paura anche al più coraggioso degli uomini.
"(T/n)"
no no no no no no
"...(T/n)?"
Perché perché perché?!
"(T/n)?!"
No, no
"Tu mi ami (T/n) vero? Tu non scapperesti mai da me vero?!"
Il cuore era pensate e non sapeva più cosa stesse facendo, perché (T/n) lo guardava così? perché aveva paura di lui?
Quando era arrivata? Da quanto tempo era lì?
Lui non lo sapeva, non ne aveva idea, non se lo ricordava.
Le lacrime scorrevano implacabili lungo il volto di Jeff senza che lui se ne accorgesse mentre Jacob, ormai sull'orlo dell'incoscienza, non riusciva a sentire nulla del folle discorso di Jeff.
"Io non ti farò mai del male (T/n), NON LO FAREI MAI! torna da me (T/n) Torna da me, non avere paura, ti prego ti prego, TI STO' PREGANDO CAZZO NON AVERE PAURA! Torna da me, torna da me..."
No, lui non voleva, non voleva fargli del male, non voleva fare del male a (T/n), LEI NON DOVEVA AVERE PAURA DI LUI!
"Io ti amo, lo sai che ti amo, non avere paura..."
Lo sguardo fisso in quegli occhi, mentre continuava a tenere la presa sul collo, con l'altra, tremante di chissà quale emozione tra paura di fare del male o disperazione di perdere, accarezzava la testa del bambino mentre nella sua folle immagine mentale passava le dita tra i capelli (c/c) di (t/n).
Lui le voleva bene, lui la amava, lei era sua doveva stare con lui non doveva avere paura, lui non doveva farle del male.
"Ecco brava, così..."
Sentiva le mani che cercavano di liberarsi dalla sua presa farsi sempre più molli e vide gli occhi (c/o) farsi più calmi e non si rese conto che in realtà quella calma apparente era solo il lento scivolare verso l'incoscienza della morte.
Un ultimo verso strozzato venne dal corpo del bambino ma Jeff, che nella sua follia vedeva solo quegli occhi verdi, credette di uccidere (T/n) e allora si mise ad urlare.
Urlò forte, con tutto il fiato che aveva in gola, urlò così forte da credere di aver distrutto le sue corde vocali, gettandosi all'indietro e coprendosi il volto con le mani.
Era l'immagine della disperazione.
Lo aveva fatto, aveva fatto del male alla sua (T/n)!
"No!....no....NO!"
Indietreggiava dal corpo steso a terra, non sapeva se morto o vivo, si afferrava la testa tra le mani, stringeva forte i capelli fino a tirarli e a strapparli, si menava con le mani, cercava di punirsi per ciò che aveva fatto.
Lui (T/n) doveva proteggerla, non ucciderla!
Era sua sua e doveva rimanere viva!
Urlava e si dimenava e nel mentre vaneggiava.
"perdonami, io non voleva non volevo non volevo... perdonami non volevo, non volevo perdonami.."
Le parole gli uscivano di bocca come un lunga litania e non sembrava saper dire altro, nella sua disperazione, nel suo intimo, sapeva di essere pazzo ma lei non doveva essere l'ennesima vittima della sua follia.
Lei era la sua salvezza e al contempo era stata la sua rovina, senza di lei non poteva fare altro che sprofondare nella sua follia ma se non l'avesse mai incontrata non sarebbe mai arrivato a quello.
Con ancora una mano tra i capelli che si reggeva la testa Jeff spostò l'altra sul cuore, batteva veloce come non mai e non si era reso conto prima del suo respiro irregolare.
Se andava avanti così avrebbe rischiato l'infarto, se andava avanti così non avrebbe potuto aiutare (T/n).
Ma non ci riusciva!
Non poteva fermare il suo cuore e l'unica cosa che gli passava per la testa era che (T/n) poteva già essere un cadavere per colpa sua.
Doveva concentrarsi su altro, riacquistare la ragione o sarebbe finita male e conosceva solo un modo per farlo.
Con la mano tremante prese il coltello che teneva sempre con se, guardò la lama, lucida promessa di morte e nel riflesso di essa quasi non riconobbe il suo stesso volto.
Non perse un'instante.
Alzò la lama, il corpo ancora tremante e la presa sull'elsa non tanto salda, e con un colpo secco fece affondare la lama nella sua stessa mano, quella libera, trafiggendola da parte a parte.
Urlò, urlò non tanto per il dolore al quale era quasi abituato quanto perché sentiva in se il bisogno di urlare e liberarsi, lasciar uscire da se stesso, tutto il caos che animava e tormentava la sua anima.
Lo fece più volte, il sangue scuro che scorreva lungo il polso, viscido e caldo, si impregnava nella felpa e poi coagulava a terra, sentiva il dolore, l'impulso di smetterla e il desiderio ancora più grande di continuare.
Affondò la lama diverse volte fino a che non si sentì abbastanza sicuro di se e allora, non senza timore, spostò lo sguardo lì dove sapeva di trovare (T/n) ma, invece di lei, con la ragione era tornato anche Jacob e in poco tempo Jeff capì cosa fosse successo.
"... oh cazzo"
Si alzò da terra e corse dal bambino.
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E nulla disegnare è pericolo ragazze
Questa è la parte che mi piace di più, era da un pezzo che Jeff non mostrava di essere un pochetto andato ma scrivendo questo pezzo la prima volta mi sono resa anche un po' conto di quanto.
La tranquillità con cui parla di dividere Jacob in pezzi e poi la follia che lo porta a vedere l'oggetto del suo desiderio, il possesso e la dipendenza verso Tn che per lui sono diventati davvero una droga e ogni volta che pensa a lei lontano da lui, per sua colpa poi, per Jeff è come annegare e morire di asfissia.
Spero si sia trasmesso un qualcosa di almeno simile ahahaha
Per tutto questo tempo si potrebbe definire la follia di Jeff come "il can che dorme"c'è sempre ed è pericolosa ma quando uccide in realtà è per lo meno ancora lucido, il problema di Jeff è quando perde se stesso in quella follia.
Quando si perde, quando "sveglia il can che dorme" ogni sentimenti che prova si amplifica, la felicità diventa gioia, la rabbia ira, la tristezza disperazione e l'amore diventa ossessione.
Jeff è, visto dal mio punto di vista, una macchina umana che crolla su se stessa fino a distruggersi da sola arrivando a spingersi da un limite ad un altro fino a spezzarsi completamente.
Per stare bene dovrebbe stare nel mezzo di questa follia, di questa tempesta di emozione, ha bisogno di "respirare" ma da solo non arriverà mai alla pace.
Questo è il Jeff che in tutta questa storia volevo descrivere.
Spero solo di esserci riuscita
Addio
poitre1234
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