38 ~ L'ultima lettera
Portare la nostra parte di notte –
La nostra parte di aurora –Riempire il nostro spazio di felicità
Il nostro spazio di risentimento –Qui una stella, e là una stella, alcuni si perdono! Qui una nebbia, e là una nebbia, infine – il giorno! *
Ricordo la nostra prima volta, la delicatezza che sta adottando adesso sembra persino più cauta di quella che usò allora. Quando mi spinge di nuovo sul letto, si prende la premura di mettersi sopra di me, puntellando le mani sul materasso accanto alla mia testa. Mi lascia sfilargli i pantaloni alzando il bacino e io lascio che mi baci il retro del collo e la mandibola, poi entrambe le clavicole.
I suoi jeans finiscono sul pavimento con un tonfo mentre le mie mani sono dappertutto.
Adesso, che tutto è chiaro, che siamo arrivati a destinazione, stare insieme in questo modo sembra ancora più potente. So di dovermelo ricordare, questo momento, devo tener presente che, anche se ci siamo persi in Italia e poi ritrovati in Grecia, adesso stiamo insieme. È questo che conta, l'unica cosa.
Chris mi carezza la schiena, facendomi tornare nel presente con tutta la mia concentrazione, e me la inclina abbastanza da far aderire tutti i punti importanti. Allargo così le gambe, facendolo sprofondare verso di me, e le stringo al suo bacino. I suoi fianchi strusciano sui miei, facendomi gemere e tremare, le coperte cominciano a inumidirsi mentre del vento soffia sul legno secco delle finestre. Chris struscia ancora impaziente e io armeggio per togliermi anche il reggiseno. Devo sentilo aderire al mio corpo completamente.
Quando stacca le labbra dalle mie, decide di scendere verso il bacino e incastrare le dita tra i passanti della cintura per sfilarmi i pantaloncini. Ci riesce, mentre io ancheggio un po', e assieme a loro mi toglie ogni altra barriera.
Parla piano contro la mia pelle, perché è così che si parla d'amore. Arriva alla meta con decisione mentre io boccheggio tra le lenzuola, stringendole, afferrando il cuscino sopra la mia testa. Mi tiene ferme le caviglie, carezza le cosce, mi fa sentire come se ogni parte di me dovesse essere venerata, degna di quelle attenzioni. Quando tremo più del dovuto, fa scorrere una mano verso il borsone sotto il letto.
<<Non dirmi che li hai portati>> boccheggio con il fiatone, capendo la sua mossa. Chris estrae una piccola scatolina blu di preservativi, mi sorride come fosse il bambino più felice del mondo.
<<La tua frase in macchina, prima che arrivassimo in aeroporto, mi ha dato il giusto incentivo per comprali all'aeroporto>>
Tremiamo entrambi scossi da delle risate, poi l'atmosfera torna seria; si sfila i boxer e mi fa alzare il busto, così che possa proteggerlo con le mie mani. Si regge alle mie spalle, facendomi sentire pronta per lui, per noi, per quello che verrà.
Non affonda in me piano, come mi sarei aspettata, ma mi fa sentire tutto. Sussulto mentre entrambi siamo sobbalzati sui cuscini. I suoi baci mi bruciano la pelle e i brividi mi fanno quasi il solletico, tanto si ripetono e tanto mi tormentano. Anche se è delicato, non si trattiene e questo mi fa piacere, è come se dovessimo recuperare tutto il tempo perduto e questa corsa fosse il premio finale. Il più ambito, dolce ed entusiasmante premio. La nostra ricompensa. Il suo odore mi riempie le narici, i suoi sussulti le orecchie e le sue mani il corpo. Stringo le dita attorno alle sue braccia e poi attorno al suo bacino, assecondando ogni suo movimento, e sono certa di avergli lasciato dei segni.
Ti amo.
Non so se lo grido, se sussurro, o se lo penso. Ma lo provo, questo è sicuro. Lo amo da così tanto che non ricordo il tempo in cui non era così. So solo che appena il pensiero mi perfora la mente, Chris aumenta il ritmo in una maniera perfetta. Costringe il mio bacino ad alzarsi e abbassarsi al suo tempo, le mie gambe ad aggrapparsi a lui e le mani alle lenzuola.
<<Chris!>> Grido, così quando lui grido il mio nome, e non ho paura della notte che presto ci avvolgerà, perché ci stiamo abbracciando ed entrambi siamo al sicuro, adesso.
La sua schiena è liscia, abbronzata e si alza a un ritmo regolare. Vorrei allungare una mano e carezzarlo ma rischierei di svegliarlo mentre voglio rimanere a osservare la sua figura che dorme per qualche istante ancora. È tranquillo con la fronte un po' aggrottata e le guance un po' ruvide. Scommetto che se si girasse da un lato, sulla guancia avrebbe i segni del cuscino e delle lenzuola che stringe in un pugno sopra la testa. Sembra che abbia lottato con quelle coperte.
Se io mi vedessi allo specchio, probabilmente sarei un disastro: capelli spettinati, guance rosse, labbra turgide; mentre lui riesce a rendere armonioso perfino il più entusiasmante dei risvegli.
È quasi un'ora che lo osservo, che faccio vagare gli occhi per questa stanza bianca, le tende che svolazzano all'interno a causa della leggera brezza estiva. Ho preso in considerazione l'idea di alzarmi e affacciarmi al balconcino, osservare per un po' il mare e calmarmi, ma non ho avuto il coraggio di abbandonare il suo fianco. Lui si è addormentato, dopo avermi parlato d'amore, ma io sono rimasta sveglia. Non sono riuscita a farmi portare via dalla stanchezza.
E sono rimasta immobile in questo letto caldo, con le coperte umide e il suo corpo forte e tranquillo che mi regala equilibrio mentale. Mi sono rilassata sotto il rumore dei suoi respiri.
Ho avuto sete e fame ma non mi sono mossa, avrei sofferto per contemplarlo ancora un po'.
Come se i miei occhi non fossero mai sazi della sua visione, come se potessi vederlo mille altre volte ancora e provare sempre più. Prima o poi, arriverò a un punto di non ritorno, prima o poi mi perderò. Con le prime luci dell'alba il sole gli ha illuminato le palpebre chiuse mettendo in ombra le sue ciglia sulle guance e la sua sagoma sul muro. Ho seguito la linea delle spalle, delle scapole, fin sotto tutta quella della schiena. Ho osservato attentamente le sue mani abbandonate sul materasso, le incisioni dell'inchiostro sulla sua ruvida pelle, i solchi delle ossa. Ho ammirato la sua figura intera, ogni centimetro, ogni difetto, ogni piccolo spazio di pelle a mia disposizione. L'ho fatto per poterlo conservare gelosamente nella memoria, per avere questo vivido ricordo di lui.
Così afferro il telefono e gli faccio una foto, solo del viso che dorme, che mi serva da promemoria. E subito dopo navigo su internet, compro un biglietto per il primo aereo disponibile e mi metto a dormire, finalmente calma. Ho tutte le risposte che mi servono.
Lo sento grugnire prima che le sue mani mi stringano i fianchi nudi. Mi lascio sfuggire una risata ma le sue intenzioni non sono quelle di giocare, mi tira a sé, facendomi rotolare a pancia in giù sul materasso.
<<Non ho ancora finito, sai?>>
<<Buongiorno anche a te. Dormito bene?>>
Le sue dita mi fanno il solletico. Ridacchio ancora ma non dura molto perché ogni mio nervo è concentrato a seguire i movimenti di Chris, o delle sue mani, che si spostano su e giù sulla mia schiena, lentamente.
Mi muovo un po' sotto le coperte e ottengo solamente la sua reazione di stringermi la vita con più forza, negli stessi punti cui questa notte si è aggrappato come se ne dipendesse della sua vita.
<<Sei stanca?>> La sua voce di mattina e post-sesso è ancora più roca e scura. Struscia una guancia sul cuscino e i segni dei miei baci ardono sul suo collo e sul suo petto come una traccia.
<<Mh>> Non so bene se la mia è una risposta negativa oppure un gemito, ma non importa dal momento che Chris mi ha attirata ancora più vicino, intrappolandomi tra le sue braccia. Poi con un movimento fluido e veloce, ha alzato il busto e si è messo sopra di me, sulle lenzuola, puntando le ginocchia sul materasso accanto ai miei fianchi.
<<Chris!>> esclamo, sentendo il peso del suo corpo schiacciarmi contro il letto. Lui spinge le sue mani sulla mia schiena, apre il palmo e mi carezza. <<Come sei comoda>>
Giro un poco la testa e alzo gli occhi su di lui, vedo solo la parte della sua spalla, del bacino e del braccio, tutti nudi.
<<Che cosa vuoi fare?>>
Non riesco a vederlo ma so che sta sorridendo, non teneramente, come un predatore piuttosto. <<Oh, non ne hai la minima idea>>
Le sue mani scendono dalle spalle, fino ad accarezzarmi le costole e poi giù dritte ai fianchi. Quando lo sento scostare le lenzuola che coprono parte delle mie nudità e che dividono le sue dalle mie, mi giro ancora, sussultando.
<<Un massaggio, magari?>>
<<Mh...>>
<<Chris?>>
Le sue mani scendono e mi scoprono mentre lui si alza e si riappoggia sui miei polpacci. Rabbrividisco ancora quando la sua mano si chiude a coppa su una delle mie sfere rotonda. Poi scoppio a ridere. <<Mi spieghi cosa stai facendo?>>
Non risponde subito, poggia l'altra mano sulla seconda chiappa, come se mi stesse contenendo e io non la smetto di ridere.
<<È incredibile. Contengo il tuo sedere con le mani>>
Appena le parole gli escono dalla bocca, ride anche lui, producendo un suono bellissimo. Non c'è cosa più bella che sentire una voce scura ridere di gusto. Giro le braccia e le stendo dietro la schiena, toccando le sue mani e spostandole dolcemente. <<E io che ho sempre creduto fosse la parte più ingombrante di me>>
Chris scende ancora più basso, verso le caviglie, e si alza sulle ginocchia. Poi stringe le mani suoi miei fianchi e mi esorta ad alzarmi. Per non farmi vedere così vulnerabile ed esposta ai suoi occhi, punto le mani sul materasso e alzo il busto, poggiandomi sulle ginocchia anch'io e dandogli la schiena. Senza dire una parola, poggia il mento su una mia spalla e mi stringe il ventre tra le braccia. Non dico nulla nemmeno io quando qualcosa di duro e pulsante mi preme contro la schiena, ma reprimo un sorriso, o un sospiro.
<<Che ne dici, terzo round?>>
Invece di rispondere, spingo il bacino verso il suo e lo esorto a prendere la situazione in mano. È quello che fa, letteralmente. Non poterlo vedere in faccia mi dispiace, ma questa posizione rende il suo tocco più potente e presto mi dimentico come si fa a respirare. Chiudo gli occhi, non solo a causa della luce di metà mattina che mi ferisce espandendosi nella stanza. C'è odore di noi, di quello che abbiamo fatto durante la notte. Mi riempio di quell'odore e della presenza di Chris. Mi sussurra all'orecchio frasi che hanno il potere di farmi vergognare come una ragazzina ed eccitarmi allo stesso tempo, così spingo anche la schiena verso di lui e lui afferra a coppa il mio seno.
Porto un braccio dietro le nostre schiene e lo stringo, lui geme e mi mordicchia la spalla. <<Hai il mio sapore>>
<<E tu il mio>> riesco a dire, prima di gridare ancora. Lui mi segue qualche istante dopo, quando mi sono accasciata sulle coperte e quando la sua presa si è concentrata sui fianchi.
<<Abbiamo bisogno di una doccia>> mormora sulle mie labbra una volta che ci siamo sdraiati l'uno accanto all'altra. Sento le gambe ancora molli, i fianchi stretti alla sua morsa, le dita dei piedi arricciate. Alzo una mano e gli carezzo i capelli.
<<Se ci facciamo la doccia insieme, poi toccherà farcene un'altra>>
Chris ride, non ho mai visto i suoi occhi così tanto illuminati. Ricordo ancora la notte in cui un incubo mi svegliò, quando credetti che non avrei mai più visto i suoi occhi. Ero terrorizzata, non avevo nemmeno una sua foto a ricordarmeli.
<<Vai tu>> dico poi. <<Devo riprendermi>>
Ride ancora, mi bacia ancora, e poi si alza, in tutta la sua nudità.
<<Aspettami così>> Mi fa l'occhiolino e scompare in bagno. So che ci metterà poco, che poi vorrà di nuovo stare con me. Lo so perché lo voglio anch'io. Ma approfitto di questo momento non per riprendermi, ma per organizzare le mie cose. Afferro la sua maglia, la prima che ho trovato sul pavimento, e me la infilo senza mezzi termini. Spreco due secondi a inspirare sul merletto e poi mi do da fare. Afferro lo zaino e lo infagotto con tutte le mie poche cose che ho lasciato sul piccolo comodino accanto al letto; lascio fuori solamente i vestiti che indosserò una volta uscita dalla doccia.
Poi mi ributto sul letto, cercando di dare un senso ai miei capelli con l'elastico. Per ingannare il tempo, infine, controllo la prenotazione sulla stessa linea aerea che abbiamo usato per arrivare qui e ripongo il telefono solo quando Chris esce dal bagno. Bello, profumato, con l'asciugamano che gli stringe i fianchi e le macchie viola sparse per il corpo. È bellissimo.
<<Hai la bava, Maggie>>
Afferro un cuscino e me lo stringo al petto. <<Sembri succulento>>
Chris ride. Sembra che non sappia fare altro da questa notte.
<<Allora assaggiami>>
<<Oh, l'ho già fatto. Migliaia di volte>> Gli faccio l'occhiolino e non mi spaventa più essere sfacciata o imbarazzante. Ormai ogni velo tra di noi è calato, siamo arrivati l'uno alla meta più oscura e più profonda dell'altro.
Scappo appena in tempo, prima che mi afferri le guance e mi costringa a ritardare la mia doccia. <<Vestiti!>> gli ordino mentre scompaio in bagno.
Chris non ha sprecato molta acqua calda per cui, appena giro la manovella, un getto rovente mi colpisce e il vapore che si era già creato mi avvolge.
Mi strofino bene i capelli e sento un leggero dolore in diverse parti del corpo. Non è fastidioso, sembrano solo indolenzite.
Esco dalla doccia dopo un quarto d'ora, ci avrei messo di meno, ma la decisione preso questa notte mi ha improvvisamente spaventato. Chris è in camera che mi aspetta, vestito, profumato, ancora bellissimo. Mi sorride e alza una spazzola che tiene nella sua mano. Mi fa spazio sul letto e io mi acciambello davanti a lui lasciando che mi pettini i capelli.
<<Non hai nessuna frase shakespeariana da tirare fuori in un momento come questo?>>
Scuoto piano la testa, per evitare che mi tiri i capelli. <<Nulla sarebbe all'altezza>>
Sbalordito, mi sposta le spalle per vedermi negli occhi. <<Non lo hai ammesso sul serio>>
<<Invece l'ho fatto>>
<<Ho superato William?>>
<<Non c'è mai stata competizione>>
E questo la dice lunga. Mi fa un sorrisone enorme scoprendo i denti bianchi e mi stampa un bacio sul naso. Poi continua a pettinarmi.
<<Hai fame?>>
In risposta alla sua domanda, mi porto le mani sullo stomaco. <<Moltissima. Qual è il programma di oggi?>>
<<Nessuna visita>> risponde lui riponendo la spazzola accanto a me, i capelli lisci e pettinati mi bagnano la schiena. <<Staremo tutto il giorno rintanati qui dentro>>
<<Come hai intenzione di sfamarmi? Credimi, non vuoi vedermi affamata>>
Chris scende dal letto con un saltello e mi porge i vestiti che avevo messo da parte. <<Vado a prenderti qualcosa>>
<<Vuoi che ti accompagni?>>
<<No, rimani pure qui. Solo, lasciami un'ordinazione.>>
Ci penso mentre mi vesto, tenendo i lembi dell'asciugamano stretti sotto le ascelle. <<Cioccolata>>
Chris inclina la testa da un lato. <<Credevo più a qualcosa del tipo, pizza o patatine. Ma se vuoi il cioccolato...>>
<<Anche la pizza>> gli grido dietro mentre si avvicina alla porta. Ridacchia e porta la mano alla testa, imitando il segnale del soldato. Non ci ho mai visti così felci, così spensierati, così sorridenti.
<<Chris?>> lo chiamo quando è quasi fuori. Cammino a ginocchiate sul letto fino a raggiungere il bordo. Poi allungo le braccia nella sua direzione e aspetto che capisca. Non ci mette molto. Torna indietro e mi raggiunge con due falcate. Gli stringo le guance e lui mi stringe i polsi. Insinuo la lingua per prima, perché voglio che capisca tutto con questo bacio. Lo stringo forte e trattengo il fiato più di una volta per non lasciarlo andare. Ma poi devo farlo, così lo lascio con un sorriso. Lui mi pizzica la punta del naso. <<Aspettami>>
Trovo la lettera infondo al suo borsone e la infilo nella mia. Indosso le scarpe in fretta come se dovessi fuggire, e lo faccio perché non so quanto tempo ho prima che Chris torni. Se lo facesse, non avrei scuse o giustificazioni. Vorrei poter lasciare un biglietto o un messaggio anche ad Ariston ed Eudokia che sono stati tanto gentili da lasciarci la stanza e ospitarci senza nessun costo ma non so come potrei dire, così mi limito a sistemare la stanza come posso, togliendo le lenzuola sporche e sistemandole ordinatamente da una parte. Mi dedico velocemente al bagno e infine sono pronta. Con un inglese un po' precario –il suo, non il mio- ho dato al taxi le istruzioni di vederci nella piazzetta davanti a San Rocco, giusto perché so arrivarci senza perdermi. Sgattaiolo via dalla trattoria senza farmi vedere e quando sono per strada, sento un'enorme malinconia attanagliarmi il petto. Per farmi coraggio tiro fuori la foto di Chris che ho scattato questa notte, lo stringo tra le mani e m'incammino.
Arrivata all'aeroporto, poco prima dell'ora di pranzo, mostro attraverso il cellulare la prenotazione al check-in e mi nascondo nel bagno delle donne per il restante tempo. Non posso rischiare che Chris mi trovi, anche se è improbabile che riesca a entrare in aeroporto senza biglietto. Ma potrebbe sempre comprarne uno dell'ultimo momento, come ho fatto io. Per sicurezza, rimango nascosta. Ed è lì, di nuovo in un bagno pubblico e precariamente igienico, che leggo la sua ultima lettera.
Maggie,
sono arrivato alla fine, ed era anche ora, dopo un anno! Questa sarà l'ultima lettera che ti scriverò, o almeno l'ultima del mio viaggio. Perché è finito, finalmente. Mi sono trovato e mi sono capito.
Quindi, niente parole dolci, niente pensieri che riguardano te o quanto tu mi sia mancata. Ti darò delle spiegazioni, le uniche che mi hanno spinto a questo gesto. La verità, finalmente la verità.
Sono partito con l'idea che tutti i miei pensieri e le parole che avrei scritto sulla carta e conservato gelosamente non ti sarebbero mai arrivati. Nulla di quello che avrei scritto sarebbe servito a qualcosa, sarebbe tutto stato vano.
Ma no, non sarà così. E lo dico perché ho appena fatto visita alla tua amica, Elena; cavoli, adoro quella ragazza. Mi ha dato un pugno, così, appena mi ha visto. Ha detto che stava rivendicando la tua integrità. Ho cercato di non ridere, ma la sua faccia imbronciata era più tenera di quella di un bambino. Comunque, ho parlato con lei, perché sono tornato. E sono tornato perché ho fatto la mia scelta.
Quindi, diamo il via alle spiegazioni.
Inizierò da quella più banale, la più semplice. Sono andato via perché ero terrorizzato da due cose: te e il futuro. Il futuro, Maggie, mi ha sempre spaventato, fin da bambino. Se non conoscevo qualcosa, quella cosa mi metteva paura. E come si fa a conoscere il futuro? Non si può, e io me la facevo sotto ogni volta che ci riflettevo. Gli anni della mia adolescenza, adolescenza che ormai sento star svanendo da me, li ho passati come meglio credevo, cercando di creare ricordi che sarebbero durati per sempre. È stato proprio così in fin dei conti; mi sono divertito, non lo nego, e quegli anni sono stati i migliori della mia vita, per ora. Ho avuto amici, ragazze, divertimento, momenti di gioia, momenti di crescita, momenti importanti. È stato tutto molto bello. Persino con mia madre tutto andava bene. Di tanto in tanto mio fratello tornava, mia madre stava a lavoro, io uscivo o mi prendevo cura di Leonardo. Stavamo tutti bene, entro i limiti della decenza. Di cosa potevo lamentarmi? Alla fine lo avevo un tetto sulla testa, da mangiare, amici, bei voti. Infatti, non mi lamentavo.
Ma perché ero terrorizzato anche da te?
Avevo appena finito di dovermi occupare di un bambino piccolo, del mio fratellino appena nato, quando ti ho incontrato.
Tu mi sei incuriosita da subito, devo ammetterlo, e tutto il resto so che te lo ricordi bene come me lo ricordo io. Ma appena sono entrato nella tua vita, appena ti ho conosciuto così bene da crearmi un ricordo permanente di te, ho capito quanto tu fossi fortunata. Eri fedele a te stessa, Maggie. Non ti spaventava ciò che eri, com'eri, ciò che ti piaceva. Difendevi i tuoi gusti con coraggio, lottavi per ciò in cui credevi. Avevi dei progetti, tantissimi sogni.
Ricordo ancora il giorno in cui mi dicesti di averti sconvolto il futuro e fu lì che capii. Ti avevo distrutto il piano com'era distrutto, o forse inesistente, il mio. Mi ringraziasti, perfino, e non capisco ancora adesso per cosa, ma tu eri felice così.
Ti avevo contaminato con il mio stato di non appartenenza al mondo. Ma tu lo avevi un posto, un posto che ti stavi costruendo e se non fosse stato per me lo avresti ancora adesso. Io, il posto, non lo avevo mai avuto, non avevo mai speso tempo a costruirlo. E allora capii un'altra cosa: non solo dovevo andare via da te per permetterti di costruire qualcosa di vero, ma dovevo anche trovare le fondamenta per costruire qualcosa di mio. Se non lo avessi fatto, Maggie, come avrei potuto continuare a starti accanto?
Se non me ne fossi andato, ma ti avessi costretto a costruire comunque qualcosa senza che io facessi altrettanto, davvero credi che saremmo potuti stare assieme, affrontando il futuro?
Io ho pensato di no. Ci sarebbero state due possibilità: o ti avrei riportato in basso con me, condannandoti a non avere mai un posto nel mondo; oppure, alla fine, la corda che ci legava si sarebbe spezzata, facendoci sanguinare perché ormai troppo legati.
Io ho deciso di porre a entrambi una terza scelta: cercare me stesso, prelevare lontano da te ciò che mi serviva per costruire un futuro, e poi iniziare a realizzarmi. Tu avresti avuto un futuro, io avrei avuto un futuro, e forse i nostri futuri avrebbero combaciato un giorno.
Credo che tutti, almeno una volta nella vita, si pongano questa domanda: quale futuro aspetta un ragazzo come me? Che cosa posso fare per trovarmi?
Io ho deciso di intraprendere un viaggio, mi serviva per capire: lo volevo un futuro? Ma soprattutto, che tipo di futuro volevo?
Quando sono andato via, volevo solo una cosa: te.
Ma non bastava, non meritavi tutto questo. Insomma, per tutta la mia vita la mia casa è stato un camper, niente televisione corrente, niente banalità da bambino piccolo. La mia vita era alla giornata, e ho creduto di amarla così. Ma a un certo punto non era più abbastanza, sono arrivato al limite in cui non vedevo più strade e mi sono spaventato. Mi sono terrorizzato. Quindi... eccomi qui.
Ti chiederai forse perché mi è servito il viaggio per tutto quel casino? Te lo spiego subito.
Da Francesco ho capito come si gestisce la propria autonomia, come si deve essere coraggiosi per prendere tutto ciò che si ha e andare via, come bisogna costruire qualcosa di proprio, dal niente, e renderlo per sempre. A Venezia ho imparato a gestirmi, a vivere da solo e a sentirmi perso. Non conoscevo il posto, non conoscevo la gente e non avevo niente. Delle volte, bisogna restare da soli, bisogna essere soli; perché è davvero solo chi non riesce a esserlo. A Firenze ho riflettuto sul mio futuro, lavorativo e da uomo. Ho visitato molte università, ho frequentato qualche seminario, mi sono autogestito le ultime finanze che avevo guadagnato; lì ho capito di voler insegnare, ho capito di voler istruire le persone e dare un po' di me al mondo, ma non un mondo misto, il mondo delle generazioni future perché è nelle loro mani che andremo avanti. In Umbria ho pianificato la mia vita, o forse ci ho pensato per la prima volta. Ricordo quando mi hai detto di avere già in mente la tua casa ideale, il tuo matrimonio, il tuo futuro e persino la tua vecchiaia. Con la famiglia Rossi, sono riuscito a proiettare me stesso nel futuro, per la prima vera volta. Ho assimilato il concetto di famiglia, di casa, di ordine e disciplina, di una vita costruita con il sudore e la fatica, con l'impegno di un sogno che vuole essere realizzato. La voglio anch'io una famiglia, Maggie, un giorno. Voglio comprare una casa tutta mia, lavorare su quella casa, fare felice la mia donna, entrare nel letto stanco dopo una giornata piena, bere birra con i miei amici in rari e meravigliosi momenti. Ho capito, ho percepito nella pelle, che anche il mio futuro doveva seguire quella strada.
Solo a quel punto ho compreso quanto il futuro valesse, quanto era importante ricordarsi di averne uno e di costruire qualcosa. E il resto del viaggio l'ho speso cercando di tornare da te, cercando di ricordare perché dovevo tornare e cercando di capire come avrei fatto quando e se ti avessi rivisto.
E quindi sono tornato e non avevo più difese, non avevo più scuse per tormentarmi e starti lontano. Dovevo tornare da te, per stare con te, altrimenti sarei stato io a non andare avanti.
Se mi stai leggendo adesso, Maggie, vuol dire che ce l'ho fatta, che ho avuto la faccia da culo da presentarmi di nuovo da te e darti tutte le altre lettere. Perché ho deciso di avere coraggio anch'io, affrontare la vita di petto. E riprendermi te. Se mi stai leggendo, forse ci sono riuscito, forse no. Se mi stai leggendo, però, so che c'è ancora una speranza.
Maggie, mi sono trovato!
E ti pongo questa domanda, perché ho fede nel fatto che stiamo insieme nel momento in cui leggerai queste parole: anche tu mi hai trovato?
Dimmi, sono cambiato? Ti aspettavi il mio cambiamento?
Mi ami ancora?
Ho usato la parola con la A, lo so. Perché so anche mi ami, Maggie, o almeno lo hai fatto. Quindi, perché non usarla? Adesso non mi spaventa più nemmeno lei.
Non ti ho mai detto quanto significassi per me, quanto valessi, anche se avrei dovuto farlo. Per questo ti ricorderò per sempre, anche se ora mi stai odiando, anche se non mi ami più come faccio io. Perché è così: ti amo, Maggie.
Mi sono innamorato di te così lentamente che quando l'ho compreso, era troppo tardi, non potevo più tornare indietro. Mi sei entrata dentro e non sei più uscita. Anche tu mi hai cambiato la vita, hai stravolto il mio piano inesistente; grazie a te ho capito di volerlo, un piano. Grazie a te ho potuto avere la forza per costruirmi un futuro sentito.
Quindi, grazie, Maggie. Per avermi amato. Per avermi smarrito. Per avermi trovato. Solo, grazie.
Con amore,
Tuo, Chris.
La leggo una, due, dieci volte, a ognuna una lacrima scende sulla mia guancia. Non perché sono triste, tutto il contrario. Sono felice, come mai prima di adesso. So tutto, ho compreso affondo ogni sua ragione, e tutto il dolore improvvisamente scompare. Tutto quello che ho passato, e quello che ha passato lui, improvvisamente ha senso.
Non solo posso perdonarlo e capirlo, ma posso sostenerlo. Sono così fiera di quello che ha fatto, del punto in cui è arrivato. Perché ha sofferto anche lui, si è sudato queste scoperte. Si è sudato il suo posto. E so che sarà abbastanza forte per combattere nella vita e continuare per la sua strada, ora che ne vuole una.
Salgo sull'aereo senza che nessuno mi abbia intercettata, Chris non mi ha trovata, e l'ultimo pensiero è per lui prima che il mezzo prenda quota e mi allontani per sempre da questa terra. Stringo la lettera tra le mani, assieme alla sua foto, perché mi ricordino che tutto il dolore buono che sto provando in questo momento è importante come ogni altro momento passato in sua compagnia. Non rimpiango quasi niente, solo una piccola e fondamentale parte. Quella in cui mi dimentico di dirgli che lo amo anch'io. Avrei dovuto farlo, prima di andare via.
****
*Poesia numero 113, Emily Dickinson
Xoxo❤
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro